Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 13 giugno 2007 – www.coni.it Decisione impugnata: Delibera della Corte Federale (FIGC) pubblicata sul C.U. n. 1/CF del 25 luglio 2006  - www.figc.it Parti: Dott. T.L. contro F.I.G.C. Massima: Il Collegio della Camera di Conciliazione dichiara la competenza in merito all’istanza di arbitrato formulata dal Presidente dell’AIA, affermando il potere di piena cognizione della controversia, in ragione del carattere devolutivo del giudizio arbitrale. Il Regolamento conferisce alla Camera il potere integrale di riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso posti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i poteri sono di volta in volta fondati, legati al tipo di vizio denunciabile, con la conseguenza che innanzi al Collegio sono deducibili questioni attinenti non solo alla legittimità, ma anche al merito della decisione impugnata. Il meccanismo di risoluzione delle controversie in materia sportiva è esterno ai sistemi disciplinari delle federazioni sportive ed alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria (ai sensi dell’art. 3.1. del D. L. n. 220 del 18 agosto 2003, convertito nella L. n. 280 del 2003). L’attività della Camera, per quanto riferibile anche all’ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotta al sistema della federazione sportiva di volta in volta interessata, né l’organo arbitrale che conosca dell’impugnazione di un provvedimento disciplinare può essere ritenuto organo della federazione. Dunque, competono al Collegio tutti i poteri in forza del principio devolutivo del giudizio avanti la Camera, come già espresso in precedenti pronuncie « […] tale controversia può riguardare l’applicazione delle norme così come l’apprezzamento dei fatti alla base del provvedimento in cui quella volontà è espressa; sulla sua estensione e sulle modalità della sua risoluzione non influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella volontà si è formata […]». Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 27 aprile 2007– www.coni.it Decisione impugnata: Procedimento di promozione arbitri alla C.A.N. Serie A/B Parti: P.A. Contro F.I.G.C. Massima: E’ improponibile alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport la domanda di arbitrato con la quale l’assistente arbitrale in organico della Commissione Arbitri Nazionale (C.A.N.) serie C, aspirante alla promozione alla C.A.N. Serie A/B, non essendo stato promosso, ha impugnato il procedimento di selezione dei promossi in sua vece perché ritenuto caratterizzato da illegittimità. Il Regolamento che il Collegio deve applicare prevede: a) “il tentativo di conciliazione [della controversia come] obbligatorio” in funzione - non tanto della procedibilità, quanto- della stessa “instaurazione di un procedimento arbitrale”(art. 4.5); b) a tal fine, la preventiva sottoposizione della “controversia”, e non della domanda giudiziale, alla Camera, “con istanza da presentare -a pena di decadenza- entro e non oltre il termine di trenta giorni dalla data di conoscenza del fatto o dell’atto da cui trae origine la controversia” (art. 5.1); c) l’istanza de qua deve quindi contenere soltanto una “breve descrizione dei fatti e delle pretese, con eventuale presentazione della documentazione ritenuta utile”, con disposizione significamente differente dall’omologo requisito della domanda di arbitrato, che invero deve compiutamente essere munita dell’ “esposizione dei fatti e delle pretese”, e dell’ “indicazione dei mezzi di prova” oltre che di “ogni documento ritenuto utile” [art. 9.1.sub e) ed f)]. Si tratta di un valido sistema di “decadenze stabilite contrattualmente” (art. 2965 c.c.), per effetto del quale “entro e non oltre il termine di trenta giorni dalla data di conoscenza del fatto o dell’atto da cui trae origine la controversia”, quest’ultima (individuata nei suoi estremi di massima), onde impedire la decadenza dal diritto di proporre l’azione presso gli arbitri, deve andare soggetta al compimento di un atto, l’istanza preventiva di conciliazione, senza del quale rimane precluso l’avveramento di una vera e propria condizione di proponibilità dell’ arbitrato (artt. 2969 c.c.; 382, ult. co., c.p.c.); non di sola procedibilità del giudizio, dunque, poiché il carattere perentorio del termine per l’accesso alla fase di conciliazione impedisce, allorchè sia spirato, e diversamente da altri luoghi normativi che pure delineano tentativi obbligatori di negoziato in funzione precontenziosa [artt. 410-412 bis c.p.c.], di concepirne l’esperimento come accessibile sine die al fine di garantire la mera procedibilità ulteriore dell’azione. Nella fattispecie, la decadenza dell’assistente arbitrale in relazione al termine perentorio di cui all’art.5, comma 1, Reg. Camera è stata eccepita dalla F.I.G.C., a norma dell’art. 2969 c.c., sia durante l’incontro di conciliazione che nel corso del presente giudizio, talchè risulta esclusa, in funzione impeditiva della decadenza medesima, ogni ipotesi di (seppure implicito) “riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza” (art. 2966 c.c.). Si dà il caso, infatti, che l’assistente arbitrale apprendeva dal c.u. in data 13.7.2006, pubblicato in pari data, la mancata promozione alla C.A.N. serie A/B; apprendeva -cioè- della determinazione immediatamente lesiva della posizione soggettiva del cui ristoro adesso si controverte. Di seguito, egli ha proposto istanza di conciliazione con prot. n. 1495 del 19.9.2006, peraltro avendo medio tempore dato conto di conoscere la determinazione in parola, in particolare rendendosi autore di una nota in data 19.7.2006 indirizzata all’A.I.A., debitamente acquisita agli atti di causa. Pertanto, ricorrono tutti gli elementi che rendono incontrovertibile l’affermazione per cui l’assistente arbitrale non ha impedito la decadenza maturata col “termine di trenta giorni dalla data di conoscenza […] dell’atto da cui trae origine la controversia”, decadenza che è stata quindi eccepita e per l’effetto della quale la domanda di arbitrato dev’essere sanzionata con l’improponibilità. Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 20 gennaio 2007– www.coni.it Decisione impugnata: Decisione del Commissario Straordinario dell’A.I.A. della F.I.G.C.,del 25 luglio seguente, con cui il sig. M.M., al termine della stagione 2005/2006, non veniva confermato nel ruolo degli Arbitri a disposizione della Commissione Arbitri Nazionale, transitando nel ruolo degli “Arbitri Fuori Quadro”- www.figc.it Parti: Signor M.M. contro F.I.G.C. Massima: L’art. 27, comma 3, dello Statuto Federale dispone: « […] Non sono soggette al procedimento di conciliazione o arbitrato le controversie decise con lodo arbitrale in applicazione delle clausole compromissorie previste dagli accordi collettivi o di categoria, e fermo restando il tentativo obbligatorio di conciliazione ai sensi dell’art. 12 dello Statuto C.O.N.I., non sono soggette a procedimento di arbitrato le controversie di natura tecnico disciplinare decise in via definitiva dagli organi di giustizia federale relative ad omologazioni di risultati sportivi o che abbiano dato luogo a sanzioni soltanto pecuniarie, ovvero a sanzioni comportanti: a) la squalifica o inibizione di tesserati, anche se in aggiunta a sanzioni pecuniarie, inferiore a 120 giorni; b) la squalifica del campo; c) penalizzazioni in classifica». La deroga alla competenza della Camera nella sua funzione arbitrale non è prevista per tutte le controversie di natura tecnicodisciplinare, bensì solo per quelle che riguardino l’omologazione di risultati sportivi ovvero l’irrogazione di sanzioni pecuniarie; di squalifica o inibizione di tesserati inferiore a 120 giorni; di squalifica del campo o, infine, di penalizzazioni in classifica. La controversia per cui è causa, ove anche avesse un contenuto tecnico-disciplinare, non potrebbe, comunque, essere ricondotta nell’alveo della deroga, non avendo ad oggetto alcuna delle sanzioni espressamente indicate nella norma. Né è possibile predicare un’estensione della portata applicativa della deroga, attesa la natura eccezionale che preclude ogni applicazione analogica della disposizione. Massima: E’ inammissibile alla Camera di Conciliazione l’istanza di arbitrato formulata dall’arbitro per non essere stato confermato nel ruolo degli Arbitri a disposizione della Commissione Arbitri Nazionale e transitato nel ruolo degli “Arbitri Fuori Quadro”, giusta quanto disposto dall’art. 47, 1° comma, del Regolamento A.I.A. Tale disposizione prevede che «dopo dieci anni di attività, gli arbitri effettivi che abbiano compiuto i 28 anni possono altresì essere transitati nella categoria degli arbitri fuori quadro con decisione, non soggetta a ricorso, assunta dal Comitato Nazionale su proposta del competente Organo Tecnico». Ebbene, nel caso di specie non risulta contestato che il ricorrente soddisfi entrambi i requisiti temporali previsti dalla disposizione. La norma esclude qualunque sindacato, evidentemente anche di questo Collegio, in ordine alla determinazione di collocare gli arbitri fuori quadro. L’unico limite è costituito dall’esistenza dei requisiti anagrafici e di carriera espressamente individuati. Si tratta, in altri termini, di una decisione espressione di un potere discrezionale, rispetto al quale il Collegio arbitrale, come del resto gli organi di giustizia federale, non possono svolgere alcun sindacato di merito – come pretenderebbe il ricorrente – ma solo di legittimità.
DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it