Massima n. 290838
Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 55/C Riunione del 8 maggio 2006 n. 3 - www.figc.it Decisione impugnata: Delibera Giudice di Ultima Istanza in Materia di Doping – CONI – n. 5/06 del 19.04.2006 Impugnazione - istanza: 3. RINVIO DEL GIUDICE DI ULTIMA ISTANZA IN MATERIA DI DOPING PER NUOVO ESAME NEL MERITO, SEGUITO ACCOGLIMENTO RICORSO PROCURA ANTIDOPING C.O.N.I., AVVERSO DECISIONE C.A.F. (COM.UFF.N. 41/C DEL 9.3.2006), PER INCOGRUITA’ DELLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE F.A. SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE ART.1 REGOLAMENTO ANTIDOPING DI CUI ALLA DELIBERA DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE PRESSO LA LEGA PROFESSIONISTI SERIE C – COM. UFF. N. 218/C DEL 15.2.2006 – Massima: Il calciatore è sanzionato con la sanzione della squalifica di anni 1 a decorrere dalla sospensione cautelare del 6.1.2006 per essere risultato positivo per la presenza di carboxy-finasteride in esito alle analisi del campione biologico prelevatogli in data 4 dicembre 2005, in occasione del controllo antidoping disposto al termine della gara, valida per il Campionato di calcio di Serie C2. La positività era riscontrata all’uso di un farmaco (Propecia) contenente il principio attivo finasteride, assunto quotidianamente fin dal maggio 2002 per curare una forma di alopecia, come risulta dalla certificazione medica in atti. Il calciatore riferiva, altresì, di non sapere che il farmaco da lui assunto contenesse principi attivi vietati dalla normativa antidoping, precisando altresì che quando si era rivolto nel maggio 2002 alla dermatologa. E’ notorio che la finasteride non rientra nella lista WADA delle sostanze specifiche e pertanto, contrariamente a quanto affermato dal Giudice di primo grado (che ha erroneamente richiamato l’art. 19.3), la violazione in argomento non merita il peculiare regime sanzionatorio per esse previsto. Né può entrare in gioco alcuna procedura di esenzione a fini terapeutici. È, infatti, evidente che l’impianto regolamentare in vigore non lascia più quei margini di apprezzamento discrezionale precedentemente previsti in capo alla Corte giudicante, ed in particolare non consente più di esercitare il potere atipico modificativo (in senso riduttivo) della sanzione di cui all’art. 13, comma 1, lett. b), punto III), del Regolamento antidoping vigente fino al 31 dicembre 2003. Sulla base del regime applicabile alla fattispecie de qua (ed applicato a partire dal “caso B.”), si è invece specificato, all’articolo 19.5, che l’annullamento o la riduzione della squalifica possono intervenire, infatti, solo per “circostanze realmente eccezionali” ed esclusivamente nei termini di seguito indicati dalle norme e per la sola irrogazione delle sanzioni (non al fine, dunque, di accertare se vi è stata o meno una violazione del Regolamento). Si ha, così, che la sanzione della squalifica non debba applicarsi in caso di “nessuna colpa e negligenza” (art. 19.5.1), ovvero quando l’atleta dimostri che la violazione è avvenuta del tutto senza sua colpa o negligenza, con l’avvertenza però che in caso di presenza di una sostanza vietata o dei relativi metaboliti o marker nel campione biologico dell’atleta, l’atleta medesimo, per conseguire l’annullamento della sanzione, deve dimostrare in quale modo la sostanza vietata sia penetrata nel suo organismo. La sanzione edittale può, invece, essere ridotta, ma in ogni caso “non in misura inferiore alla metà del periodo minimo di squalifica teoricamente applicabile” (quando questa è a vita il periodo ridotto non può essere inferiore a otto anni), in caso di assenza di colpa o negligenza “significativa” (art. 19.5.2), con onere probatorio sempre a carico dell’atleta ed anche qui con l’avvertenza che in caso di presenza di una sostanza vietata o dei relativi metaboliti o marker nel campione biologico dell’atleta, l’atleta medesimo per conseguire la riduzione della sanzione deve dimostrare in quale modo la sostanza vietata sia penetrata nel suo organismo, nonché in caso di collaborazione fattiva dell’atleta stesso per la scoperta e/o l’accertamento di violazioni del Regolamento da parte del personale di supporto dell’atleta e di altri (art. 19.5.3).