Massima n. 287055

 Decisione G.U.I. DOPING – C.O.N.I.: Decisione n. 7/05 del 29 settembre 2005 – www.coni.itDecisione impugnata: Delibera dalla C.A.F. (F.I.G.C.) pubblicata sul C.U. 5/C del 01 agosto 2005 - www.figc.itImpugnazione – istanza: Ufficio di Procura Antidoping del CONI contro l’atleta S.S..Massima Il regolamento antidoping del C.O.N.I. non prevede, nell’ambito della disciplina dei controlli svolti nei confronti di atleti minori, alcun obbligo di comunicazione, da parte del Coordinamento, a chi esercita la potestà genitoriale. Né un siffatto onere trova riconoscimento nel codice WADA, quale disciplina sovraordinata di riferimento ed espressione dei principi generali in materia sportiva. Non esiste, nel Regolamento antidoping, una norma che svolge una funzione di rinvio ad altri rami dell’ordinamento statuale. Né, stante l’autonomia dell’ordinamento sportivo (vedi ad es. art. 2 legge 13 dicembre 1989, n. 401), risultano immediatamente applicabili norme dettate in relazione a procedimenti aventi differente natura, presupposti e finalità. Il procedimento disciplinare per doping (che, peraltro, a norma di regolamento prende avvio in una fase successiva a quella dello svolgimento delle analisi e controanalisi) si caratterizza per la sua peculiare individualità che lo distingue sia da quello penale, civile ed amministrativo. Si fonda su un fatto, l’illecito sportivo, si differenzia per molteplici aspetti dall’illecito civile, penale ed amministrativo (natura, presupposti, tipologia violazione, autore, accertamento ecc.). Le sanzioni previste per la violazione del regolamento antidoping non incidono né direttamente né indirettamente sulla libertà personale dell’atleta. Non hanno carattere pecuniario. Non prevedono l’obbligo del risarcimento del danno né, in genere, quello di restituzione (salva la consegna di medaglie e premi se il controllo avviene durante una competizione). Sono, poi, destinate, ad avere efficacia esclusivamente nell’ambito dell’ordinamento sportivo. In ragione di ciò e delle esigenze di continuità degli eventi sportivi, le modalità di svolgimento del procedimento debbono rispondere sempre ai canoni di semplificazione, celerità (tanto che, per la fase disciplinare, non è prevista l’assistenza tecnica) e certezza (riguardo la normativa da osservare e da applicare). Non può, pertanto, in mancanza di un’espressa previsione regolamentare, trarsi un vizio di nullità dell’intero procedimento disciplinare per doping in conseguenza, nei casi di atleta minorenne, dell’omessa comunicazione di cui all’art. 15.8 anche a coloro che esercitano la potestà genitoriale. Né una tale sanzione è comunque ricavabile dal sistema dell’ordinamento sportivo nel suo complesso che non prevede, in caso di accertamenti e di procedimento svoltosi nei confronti di atleta minorenne, forme di comunicazione a chi ne esercita la potestà genitoriale. Né un tale obbligo può essere introdotto dal G.U.I. che, altrimenti, verrebbe a svolgere una funzione di nomopoiesi invadendo la sfera riservata alla esclusiva competenza del Consiglio Nazionale e della Giunta del C.O.N.I. (quali organi competenti a “legiferare” in materia antidoping). Secondo la normativa attualmente vigente in materia di doping il minore, infatti, risulta equiparato, quale soggetto destinatario degli obblighi derivanti dal regolamento, all’atleta maggiorenne.   Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 5/C Riunione del 1 agosto 2005 n. 2 - www.figc.itDecisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 4 del 13.7.2005Impugnazione – istanza: Appello della Procura Antidoping del C.O.N.I. avverso il proscioglimento del calciatore S.S. a seguito di proprio deferimentoMassima: Assume portata dirimente ed assorbente l’aspetto della violazione delle garanzie difensive, oggettivamente rilevante in base ai più elementari e generalissimi principi di tutela dei diritti di difesa, di matrice costituzionale e necessariamente applicabili anche alla fattispecie, atteso che prima del compimento della maggiore età (12 gennaio 2005) sono stati disposti atti e controlli nei confronti dell’atleta, di portata anche invasiva per la sua sfera personale, senza che risultasse prova di formale comunicazione o notifica alcuna nei confronti di chi esercitava la potestà genitoriale sul calciatore, allora minore. Cosicché è risultata vulnerata in maniera decisiva (con effetti che non possono non considerarsi rilevanti anche per l’ordinamento sportivo, ed in particolare per la disciplina settoriale dell’antidoping) la possibilità dell’atleta di assumere, nel pieno delle proprie capacità, iniziative a tutela dei propri diritti ricadenti sul procedimento stesso (ad esempio in ordine all’effettuazione delle controanalisi).
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