Massima n. 287123

 Decisione G.U.I. DOPING – C.O.N.I.: Decisione n. 8/05 del 22 novembre 2005 – www.coni.itDecisione impugnata: Delibera dalla C.A.F. (F.I.G.C.) pubblicata sul C.U. 9/C del 29 settembre 2005 - www.figc.itImpugnazione – istanza: Medico socialeW.G.U.Massima: Secondo la miglior scienza ed esperienza medica deve darsi risposta negativa: “non esiste nessuna indicazione terapeutica che bisogna far assumere furosemide per assunzione volontaria e orale di acqua .. nemmeno un’eventuale presenza di vomito e di dolori addominali può giustificare l’assunzione di un diuretico”. “Il lasix serve esclusivamente per l’eliminazione di liquidi già assorbiti e non di masse d’acqua ancora presenti nell’apparato gastro intestinale”. Di conseguenza, essendo avvenuta la somministrazione, a detta anche degli stessi atleti, proprio dopo che questi avevano assunto notevoli quantità di acqua, l’indicazione terapeutica del medico, secondo cui occorreva somministrare un diuretico, risulta non solo inutile, ma sfornita del tutto di adeguato supporto medicoscientifico. Va anche precisato, inoltre, che, nel caso di specie, non risultano assolutamente presenti gli estremi fattuali dello stato di necessità. Nessun pericolo di vita e all’integrità fisica corsero, quindi, gli atleti di guisa che dovesse loro somministrarsi un farmaco (del tipo salva vita), tanto più un farmaco non idoneo.Né, ai fini della sussistenza dell’illecito per doping, è necessario dimostrare che la indicazione del medico di far assumere il diuretico ai calciatori sia avvenuto per mascherare la presenza di altre sostanze vietate e, quindi, per eludere il controllo antidoping. Costituisce violazione del regolamento antidoping, ai sensi dell’art. 1.9, la somministrazione ad un atleta di una sostanza vietata. Se ciò avviene da parte di chi esercita la professione medica, il fatto illecito deve considerarsi aggravato (di conseguenza nell’atto di deferimento doveva essere richiesta l’applicazione della sanzione di cui all’art. 19.4.2. aumentata per la presenza della circostanza aggravante di tipo soggettivo).   Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale 42/C Riunione del 9 Maggio 2005 n. 3 – www.figc.itDecisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 308/C del 13.4.2005Impugnazione - istanza:Appello del calciatore P.G. avverso la sanzione della squalifica per anni due a seguito di deferimento della Procura Antidoping del C.O.N.I.Massima: Il calciatore che a spiegazione del fatto di essere risultato positivo in occasione della gara (circostanza, questa, che non ha minimamente contestato) ha chiamato in causa l’assunzione di una certa medicina fatta in Brasile allorché, colpito accidentalmente al naso (peraltro sottoposto ad intervento chirurgico nel maggio precedente), aveva cominciato a sanguinare ed allo scopo di dimostrare la propria buona fede si è preso cura di far giungere dal Sud America i farmaci e di farli sottoporre (a sue cura e spese) ad analisi chimico-tossicologica. È ben vero che dette analisi hanno dato esito sfavorevole alla tesi del calciatore e che le ragioni della sua positività sono rimaste sconosciute, ma ciò non fa venire meno l’impegno e la serietà della sua condotta nel cercar di risalire alle cause della sua positività. Non entra in discussione a questo proposito l’art. 18.5.3 del Regolamento antidoping (nel cui ambito la “collaborazione” ha riferimenti fattuali che non ricorrono nel caso in esame), ma la necessità che i prima richiamati “impegno e serietà” abbiano riconoscimento sotto il differente profilo dell’assenza di colpa o di negligenza significativa. Consegue che la positività del calciatore difficilmente può discendere da colpa o da negligenza significativa, considerata la loro incompatibilità con la lealtà e più in generale con il modo di agire di cui il calciatore stesso ha dato dimostrazione proprio nell’ambito del procedimento.   Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale 34/C Riunione del 14 Marzo 2005 n. 1 – www.figc.itDecisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 206/C dell’11.2.2005Impugnazione - istanza:Appello del calciatore R.A. avverso la sanzione della squalifica per mesi 6 per violazione del Regolamento AntidopingMassima: In materia antidoping, l’omessa notifica al difensore di fiducia. della data di discussione del procedimento innanzi alla Commissione Disciplinare, non integra alcuna violazione del contraddittorio. A norma di quanto previsto dal Codice di Giustizia Sportiva la società e/o il tesserato nei cui confronti si celebra il giudizio ha certamente la facoltà di farsi assistere da un proprio legale di fiducia, ma, non ritenendosi necessaria, in via di principio, la presenza di detta figura nel procedimento sportivo, non è previsto da norma alcuna che questi, eventualmente nominato dalla società e/o dal tesserato, debba essere “notificato” della data di trattazione del procedimento. Ne discende che la mancata presenza del difensore (cui la parte - regolarmente avvisata della data del giudizio - avrebbe potuto facilmente ovviare facendosi carico di dargliene notizia) non dà luogo a violazione di alcun genere.   Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 14/C Riunione del 18 novembre 2002 n. 8 – www.figc.itDecisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 57/C del 28.10.2002Impugnazione - istanza:Appello del calciatore M.O. avverso la sanzione della squalifica per 8 mesi, decorrenti dalla data della sospensione cautelare disposta il 9.7.2002, inflitta a seguito di deferimento dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I.Massima: Il calciatore che ha colposamente omesso di consultare il medico della Società prima di intraprendere la terapia prescrittagli dal proprio medico e di rendere edotti l’allenatore ed i dirigenti della Società in merito all’assunzione di sostanze vietate, perché affetto dalla sindrome di Sudek, (ossia un’osteoporosi acuta delle ossa dell’articolazione della spalla sinistra, sottoposta ad intervento chirurgico nel dicembre 2001, curata attraverso l’assunzione del farmaco, il “deca-durabolin”, contenente steroidi anabolizzanti, prescrittogli dal proprio ortopedico a fronte di una effettiva esigenza terapeutica). Per cui il fatto che l’incolpato abbia accettato di partecipare come calciatore di riserva alla finale dei play-off (con la possibilità di eventuale partecipazione alla gara) malgrado l’ortopedico lo avesse reso edotto dalla necessità di astenersi dall’attività agonistica fino a totale smaltimento degli steroidi anabolizzanti somministratigli, è ampiamente sufficiente ad integrare la violazione della normativa antidoping. Né giova al ricorrente invocare quale scriminante la necessità terapeutica che escluderebbe l’intento di assumere sostanze vietate al fine di migliorare la propria prestazione agonistica e/o di alterare l’esito della gara. Come ripetutamente rilevato dalla CAF in precedenti delibere, la disciplina regolamentare vigente in materia di doping configura chiaramente due ben distinte tipologie: il doping intenzionale e quello non intenzionale, per il quale opera, se non una vera e propria responsabilità di tipo oggettivo, quanto meno una presunzione di responsabilità colpevole. Solo nella prima ipotesi (doping intenzionale) è richiesta una specifica dimostrazione dell’elemento soggettivo qualificato nell’agire dell’atleta. Nel secondo caso (doping non intenzionale) è sufficiente l’accertamento della presenza della sostanza proibita nel campione ed il superamento della soglia prescritta dal C.I.O. per integrare la violazione, che si presume colpevole. Compete all’atleta, in quest’ultimo caso, fornire seri ed obiettivi elementi di discolpa, che possano dimostrare un’assunzione non solo non intenzionale e inconsapevole, ma anche incolpevole. Nel caso del calciatore, la sussistenza di un’esigenza terapeutica non preventivamente dichiarata è insufficiente, per le ragioni in precedenza esposte, a vincere la presunzione di responsabilità vigente a carico dell’incolpato.  Massima: La CAF ha affermato che la F.I.G.C., attraverso le decisioni dei propri organi disciplinari, deve uniformarsi agli orientamenti degli organismi internazionali preposti al governo del calcio i quali, in materia di doping non intenzionale e non abituale, hanno chiaramente perseguito e consigliato una linea di cautela e di prudenza, anche nella determinazione delle sanzioni in simili casi.
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