Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezione Prima: Decisione n. 79 del 13/11/2025

Decisione impugnata: Dispositivo n. 0004/CSA-2025-2026, procedimento n. 0002/CSA/2025-2026, emesso dalla Corte Sportiva d’Appello FIGC, Sezioni Unite, il 25 luglio 2025, e le relative motivazioni, pubblicate in data 6 agosto 2025, con decisione numero 0008/CSA, con cui, nel giudizio di rinvio ex art. 62, comma 2, CGS CONI, disposto dal Collegio di Garanzia dello Sport, Prima Sezione, con la decisione n. 54/2025 depositata in data 24 giugno 2025, concernente la decisione della Corte Sportiva di Appello Nazionale FIGC, Sezione III, n. 0155/CSA-2024-2025, depositata in data 18 marzo 2025, è stato accolto parzialmente il reclamo del suddetto ricorrente e, per l'effetto, sono state ridotte le sanzioni della inibizione fino al 28 febbraio 2026 e del divieto di accedere agli impianti sportivi in cui si svolgono manifestazioni o gare calcistiche, anche amichevoli, in ambito FIGC, fino al 31 maggio 2025.

Impugnazione Istanza: omissis / Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Il termine di 60 giorni per la definizione del giudizio di rinvio e conseguente estinzione decorre dalla comunicazione della decisione del Collegio di Garanzia al Giudice Federale…Come correttamente affermato dalla CSA, le norme che governano la durata dei giudizi sportivi sono gli artt. 54 e 110 del CGS FIGC e gli artt. 38 e 58 del CGS CONI (art. 54 del CGS FIGC, secondo il cui comma 1 le controversie sono decise dagli organi di giustizia sportiva entro sessanta giorni dalla proposizione del reclamo di secondo grado, termine che, per effetto del comma 2, opera anche in caso di annullamento con rinvio o comunque in caso di regressione alla fase procedimentale precedente; art. 110 del CGS FIGC, secondo il cui comma 3, se la decisione di merito è annullata in tutto o in parte a seguito di reclamo al Collegio di Garanzia dello Sport, il termine per la pronuncia nell'eventuale giudizio di rinvio è di sessanta giorni; art. 38 del CGS CONI, secondo il cui comma 3, se la decisione di merito è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso al Collegio di Garanzia dello sport, il termine per la pronuncia nell'eventuale giudizio di rinvio è di sessanta giorni). Osserva il Collegio che, in termini generali e valevoli per ogni tipo di procedimento, il termine di sessanta giorni per la pronuncia del giudizio di rinvio non decorre affatto dal giorno del deposito del dispositivo da parte del Collegio di Garanzia dello Sport, come sostenuto dal ricorrente, bensì dal momento in cui il Collegio restituisce gli atti all’organo a cui ha rinviato, ivi naturalmente comprese le motivazioni della decisione attraverso le quali è possibile adempiere all’osservanza del dovere che incombe sulla Corte di merito di uniformarsi al principio di rinvio fissato. Invero, il medesimo art. 38 CGS CONI, al comma 3, stabilisce il termine di decorrenza dei sessanta giorni “dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento dal Collegio di garanzia dello sport”; ebbene, «la chiara disposizione normativa di cui all’art. 38, comma 3, CGS CONI citato non può lasciare spazio ad altre interpretazioni: in claris non fit interpretatio. È di tutta evidenza che il dies a quo per la decorrenza del termine di conclusione del giudizio disciplinare debba essere individuato dalla data in cui il Giudice del rinvio riceve gli atti del procedimento da parte del Collegio di Garanzia e non nella data di comunicazione della decisione del Collegio di Garanzia» (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione n. 26/2018, in cui, inoltre, si afferma che «Non ha pregio, infatti, l’argomentazione proposta dai ricorrenti sulla presunta conoscenza di tutti gli atti del procedimento rinviato da parte del Giudice del rinvio, avendo scelto il legislatore sportivo di far decorrere il termine dalla ricezione effettiva degli atti da parte del Collegio di Garanzia. Nè trova fondamento la tesi secondo cui nel concetto di giudizio di rinvio andrebbero compresi entrambi i gradi di giudizio, per cui il termine di sessanta giorni dovrebbe comprendere sia la fase dinanzi al Tribunale che quella dinanzi alla Corte Federale d’Appello. Infatti, il giudizio di rinvio è quello dinanzi al Giudice cui il Collegio di Garanzia rinvia, che, nel caso di specie, è il Giudice di primo grado. Tale giudizio deve concludersi entro sessanta giorni, mentre il giudizio di impugnazione – che, peraltro, è del tutto eventuale, il che determinerebbe una variabilità dei termini di conclusione del giudizio, a seconda che vi siano o meno due gradi di giudizio – seguirà i termini ordinari (pertanto, quelli previsti dall’art. 38, comma 2, CGS CONI, il quale prevede che “Il termine per la pronuncia della decisione di secondo grado è di sessanta giorni dalla data di proposizione del reclamo”). A seguire la tesi dei ricorrenti – come ha ben motivato la Corte Federale d’Appello – “dovrebbe computarsi – nel giudizio di rinvio – anche l’eventuale fase di impugnazione dinanzi al Collegio di Garanzia. Il che renderebbe sicuramente il termine di sessanta giorni impossibile da rispettare”»). Nel caso di specie, il Collegio ha provveduto a restituire formalmente gli atti alla CSA con apposita comunicazione, trasmessa in data 24 giugno 2025, a mezzo di Posta Elettronica Certificata, dall’indirizzo collegiogaranziasport@cert.coni.it all’indirizzo cortesportiva.appello@pec.figc.it; ergo, dalla ora riportata data di restituzione degli atti del procedimento R.G. ricorsi n. 32/2025, conclusosi con decisione munita di motivazioni depositata il 24 giugno 2025, alla data di celebrazione dell’udienza del 25 luglio 2025 dinanzi alla Corte Sportiva di Appello Nazionale della FIGC, risultano essere decorsi 31 giorni, termine inferiore a quello di 60 giorni previsto dalle norme sopra richiamate, con conseguente rigetto dell’eccezione.

Massima: Nel caso di ulteriore impugnazione dinanzi al Collegio, della decisione emessa a seguito di giudizio di rinvio, il controllo del Collegio, rimane circoscritto, alla verifica dell’attività del giudice del rinvio sia con riguardo alle norme di diritto evocate, sia con riguardo all’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, con l’avvertenza di comprendere tra i parametri di commisurazione i principi di diritto enunciati in caso di rinvio, ai sensi dell’articolo 62, comma 2, CGS CONI…È d’uopo ricordare i principi che governano il giudizio dinanzi al Collegio di Garanzia adito in sede di impugnazione avverso la decisione del giudice del rinvio che ha chiuso la fase rescissoria, nonché ribadire il crisma di vincolatività del principio di diritto enunciato dal Collegio di Garanzia in fase rescindente. Per costante giurisprudenza del Collegio (cfr., Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione n. 13/2023, decisione n. 98/2023 e precedentemente, Sezioni Unite, decisioni nn. 95/2019, 83/2019 e 17/2019), il principio di diritto enunciato dal Collegio di Garanzia - così come quello enunciato dalla Suprema Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c. - costituisce la regola iuris per la decisione della fattispecie specificamente dedotta in giudizio, cui il giudice di rinvio deve attenersi; quest’ultimo, infatti, potrà decidere la causa secondo il suo convincimento in relazione ai fatti, i quali, però, andranno necessariamente valutati alla luce della regola stabilita dal Collegio di Garanzia. In particolare, «il giudice di rinvio, nel rinnovare il giudizio, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato, ritenuti illogici, e  con  necessità,  a  seconda  dei  casi,  di  eliminare  le  contraddizioni  e  sopperire  ai  difetti argomentativi riscontrati» (ex multis, Cass. Civ., Sez. III, ord. 4 ottobre 2018, n. 24200).  Pertanto, in caso di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, così come per il difetto di motivazione o di istruttoria, il Collegio di Garanzia ha già avuto modo di puntualizzare che «il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla regola giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione adottata, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione» (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, decisione n. 76/2018). Norma che governa tali ipotesi è, come noto, l’art. 12 bis, comma 3, dello Statuto del CONI: “Quando il Collegio di Garanzia dello Sport riforma la decisione impugnata decide, in tutto o in parte, la controversia, oppure la rinvia all’organo di giustizia federale competente che, in diversa composizione, dovrà pronunciarsi definitivamente entro sessanta giorni applicando il principio di diritto dichiarato dalla Corte. In tal caso non è ammesso nuovo ricorso salvo che per la violazione del principio di diritto”. In pratica, pertanto, si tratta di verificare se il Giudice di appello abbia correttamente rinnovato la sua valutazione tenendo conto degli aspetti sottolineati dal Collegio di Garanzia nel suo provvedimento, rispettando il principio ivi espresso (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, decisione n. 41/2019, nonché, recentemente, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione III, decisione n. 42/2021: «L’art. 62, c.2 del Codice della Giustizia Sportiva, per il quale, in caso di rinvio, il Collegio di Garanzia dello Sport, con la decisione di accoglimento, enuncia specificatamente il/i principio/i a cui il giudice di rinvio deve uniformarsi, deve essere interpretato alla stregua di quanto previsto dall’art. 384 cod. proc. civ. Pertanto, da una parte, tali “principi di diritto” possono essere enunciati anche soltanto in modo implicito, anziché espresso, e possono essere enucleati dall’intero corpo della decisione; dall’altra, il giudice di rinvio è vincolato dalla sentenza  di  cassazione,  che  disponga  appunto  il  rinvio,  anche  nell’ipotesi in  cui  sia  stato riscontrato un vizio di motivazione. Ne consegue che il giudice del rinvio - pur chiamato ad una nuova valutazione dei fatti già accertati, ed eventualmente ad indagare su altri, tenendo conto delle preclusioni e decadenze già verificatesi - è comunque vincolato dalla sentenza che il rinvio ha disposto anche quando sia stato riscontrato un vizio di motivazione.  E ciò gli impone, innanzitutto, di individuare il ‘principio’ ovvero i ‘principi’ in forza dei quali il ricorso al Collegio di Garanzia è stato accolto ed è stata assunta la relativa decisione»). È, d’altronde, principio cardine dell’ordinamento giudiziario statale quello per cui il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione in relazione ai punti decisivi non congruamente valutati dalla sentenza cassata e, se non può rimetterne in discussione il carattere di decisività, conserva il potere di procedere ad una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza di annullamento (Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 2024, n. 3150) e che la riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio si configura non già come atto di impugnazione, ma come attività di impulso processuale volta alla prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata e, come tale, instaura un processo chiuso, nel quale, da un lato, è alle parti preclusa ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, prove (eccetto il giuramento decisorio), nonché conclusioni diverse, salvo che queste siano rese necessarie da statuizioni della sentenza dì cassazione, e, dall'altro, al giudice di rinvio competono gli stessi poteri del giudice di merito che ha pronunciato la sentenza cassata. Con la precisazione che, nel rinnovare il giudizio, egli è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza logica del discorso giustificativo, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrati (Cass. civ., sez. II, 14 novembre 2017, n. 26894). Come già affermato da questo Collegio a Sezioni Unite (decisione n. 17/2019, cit.), nei casi in cui il Collegio di Garanzia dello Sport annulli la decisione del giudice di merito con rinvio, i poteri del giudice di rinvio sono diversi a seconda che l’annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della legge, ovvero per mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Nel primo caso, il giudice di rinvio è tenuto a uniformarsi al principio di diritto senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti ormai acquisiti al processo. Nel secondo caso, la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà, non limita il potere del giudice di rinvio, che conserva la libertà di decisione mediante autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al capo della sentenza oggetto del giudizio di legittimità. Tuttavia, in quest’ultimo caso, il giudice di rinvio è tenuto a giustificare e motivare il proprio convincimento, secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato e con necessità di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrati. A tal fine, rileva l’obbligo di motivazione che grava su ogni organo giurisdizionale, secondo i parametri del giusto processo sanciti dall’art. 111 Cost. e dall’art. 6 CEDU, quale strumento diretto a consentire alle parti il controllo e la censura della decisione, nonché al giudice dell’impugnazione di sindacare compiutamente il provvedimento oggetto di gravame. Nel caso di ulteriore impugnazione dinanzi al Collegio, come nel caso di specie, l’applicazione di questo principio non erode il confine dei poteri assegnati al Collegio di Garanzia, rimanendo comunque estranea al giudizio innanzi a quest’ultimo ogni sollecitazione estranea all’art. 12 bis, comma 2, dello Statuto del CONI e all’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva, e quindi “fuori” dalle violazioni di norme di diritto ovvero da statuizioni della decisione impugnata che siano assolutamente carenti di motivazione. In altri termini, il controllo del Collegio, ai sensi dell’articolo 54, primo comma, CGS CONI, rimane dunque circoscritto, col filtro dei motivi di ricorso, alla verifica dell’attività del giudice del rinvio sia con riguardo alle norme di diritto evocate, sia con riguardo all’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, con l’avvertenza di comprendere tra i parametri di commisurazione i principi di diritto enunciati in caso di rinvio, ai sensi dell’articolo 62, comma 2, CGS CONI (sul tema, cfr., altresì, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, decisione n. 69/2019 e Collegio di Garanzia, Sez. Un., decisione n. 120/2021).

Massima: Annullata la decisione della CFA che a seguito del giudizio di rinvio disposto dal Collegio di Garanzia, ha sanzionato l’amministratore di fatto della società non attenendosi al prinicpio di diritto formulato secondo cui, ai fini dell'attribuzione ad un soggetto della qualifica di amministratore di fatto di una società, deve essere valorizzato l'esercizio in modo continuativo e significativo, e non meramente episodico od occasionale, di tutti i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione, od anche soltanto di alcuni di essi….Su tali basi deve scrutinarsi il ricorso proposto dal [omissis], verificando se effettivamente la CSA abbia rinnovato la sua valutazione, tenendo conto degli aspetti sottolineati dal Collegio di Garanzia nel suo provvedimento, rispettando i principi ivi espressi, nonché verificando se effettivamente il ricorso proposto sia nel segno testé tracciato, vale a dire se nello stesso si censuri effettivamente la violazione del principio di diritto espresso dal Collegio secondo i canoni di cui all’art. 54 CGS CONI ed all’art. 12 bis dello Statuto del CONI. Ebbene, le “linee guida” tracciate dalla decisione di Questa Sezione, descritte supra sub. § 4, possono essere, per facilità di trattazione, riassunte nel senso di ritenere: - che il motivo di ricorso in cui il sig. [omissis] sosteneva l’inapplicabilità ai dirigenti del paragrafo 4 “Terminal of activity” del F.I.F.A. Regulations on the Status and Transfers of Player, nonché l’insussistenza dei presupposti perché il sig. [omissis] potesse considerarsi amministratore di fatto e, quindi, soggetto alla giurisdizione sportiva, era fondato e andava accolto; - che il paragrafo 4 del Regulations è riferito esclusivamente agli atleti ed è stato introdotto dalla F.I.F.A. a tutela degli atleti stessi ovvero per favorire la ripresa dell’attività agonistica sia in ambito professionistico che amatoriale; - che estendere i suoi effetti anche ai dirigenti contrasta con il dato letterale della disposizione e, in ogni caso, significherebbe, paradossalmente, penalizzare piuttosto che favorire la categoria dei dirigenti, i quali rimarrebbero assoggettati alla giustizia sportiva pur in assenza di tesseramento; - che, pertanto, considerata la specialità della norma in commento, la stessa, anche in ragione della sua natura sostanzialmente afflittiva perché, appunto, estenderebbe il regime sanzionatorio, non è suscettibile di applicazione analogica e tanto in ossequio al principio di tassatività nelle norme incriminatrici codificato nell’art. 14 delle Disposizioni sulla Legge in generale; -      che, per quanto concerne il dedotto ruolo di amministratore di fatto ascritto al sig. [omissis], ribadito che, in forza del vincolo di giustizia, sono soggetti alla amministrazione degli organi di giustizia sportiva, i tesserati e gli affiliati, affinché possa invocarsi il vincolo, laddove si invoca la sussistenza dell’amministrazione di fatto ex art. 2639 c.c., è necessario che il giudice del merito accerti in maniera incontrovertibile e non concettuale e deduttiva la sussistenza dei presupposti oggettivi; - che, la qualifica di amministratore di fatto di una società si desume dal concreto esercizio, in modo continuativo e significativo, di poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione (Cassazione penale, sentenza n. 34381/2022), richiamando il principio di diritto secondo cui, ai fini dell'attribuzione ad un soggetto della qualifica di amministratore di fatto di una società, deve essere valorizzato l'esercizio in modo continuativo e significativo, e non meramente episodico od occasionale, di tutti i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione, od anche soltanto di alcuni di essi e in tale ultimo caso spetta ai giudici del merito valutare la pregnanza, ai fini dell'attribuzione della qualifica o della funzione, dei singoli poteri in concreto esercitati, come validamente individuabili in elementi sintomatici di gestione o cogestione della società: - 1. il conferimento di deleghe in suo favore in fondamentali settori dell'attività di impresa; 2. la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria; 3. la costante assenza dell'amministratore di diritto; 4. la mancata conoscenza di quest'ultimo da parte dei dipendenti - risultanti dall'organico inserimento del soggetto in qualunque fase dell'iter gestionale, decisionale, organizzativo, amministrativo, produttivo e disciplinare dell’azienda; - che, in pratica, il ruolo di amministratore di fatto si configura quando un soggetto partecipa attivamente alla gestione aziendale, ovvero assume decisioni rilevanti in materia di strategia o operazioni, ovvero controlla la contabilità e le finanze dell’impresa (Cass. Civ., n. 34381/2022, n. 1546/2022, n. 27163/2018, Trib. Venezia, 21 settembre 2024, Trib. Milano, 28 maggio 2017, n. 8336); - che la Corte Sportiva d’Appello ha utilizzato argomentazioni, mai valorizzate dalla giurisprudenza di legittimità, che non possono ritenersi idonee per la qualificazione giuridica del sig. [omissis] come amministratore di fatto; - che, inoltre, la Suprema Corte, con un recente arresto (Cass. Pen., Sez. V, n. 16414 del 28 febbraio 2024), ha ribadito in modo inequivoco l’ambito dei requisiti per il riconoscimento della qualifica di amministratore di fatto di una società, rilevando che “la prova della ritenuta funzione gestoria, esercitata in fatto da parte di un soggetto non formalmente investito di tale carica, si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico di tale soggetto in qualunque settore gestionale dell’attività economica, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare”; e tale accertamento risulta “insindacabile in sede di legittimità […] solo se sostenuto da motivazione congrua e logica […] in quanto oggetto di un apprezzamento di fatto riservato ai giudici di merito ”; - che, di conseguenza, il motivo di ricorso andava accolto in parte qua, ma riqualificato, secondo il principio iura novit curia, nel senso che la Corte Sportiva d’Appello non ha correttamente applicato i principi di diritto utili alla configurazione dell’amministratore di fatto e che, come tale, non può essere ritenuto il presupposto delle sanzioni inflitte al ricorrente; - che tali considerazioni prescindono dal dato fattuale, che sfugge allo scrutinio del Collegio, attesane la funzione di legittimità e non di merito, sicché, quale Giudice dell’atto e non del fatto, il Collegio rilevava che la responsabilità ascritta al ricorrente per il suo comportamento non appariva configurabile in quanto non correttamente profilato come amministratore di fatto. Ebbene, a fronte dell’indicazione fornita dal Collegio circa la necessità di individuare gli elementi di cui all’art. 2639 c.c. in capo al [omissis], la CSA ha tuttavia eluso tale vincolo introducendo una, alternativa e diversa, qualificazione del ricorrente secondo il crisma del “rapporto qualificato ex art. 2, co. 2, CGS FIGC”. A ben osservare, invero, la Corte ha ritenuto “innegabile come il Sig. OMISSIS, in base alle emergenze documentali in atti, non possa essere inquadrato nella figura dell’amministratore di fatto della società [omissis]” (p. 10 della decisione impugnata), e, pertanto, si è determinata nel senso di ritenere che il [omissis] fosse imputabile e sanzionabile sulla base del predetto art. 2, comma 2, “disancorandosi dalla qualificazione dell’incolpato quale amministratore di fatto della società, non ricorrendone i requisiti delineati dal Collegio in sede di rinvio” (p. 11 della decisone impugnata). Siffatta impostazione della CSA - che ha sostituito il principio di diritto con un diverso criterio interpretativo -, considerati i principi generali ribaditi nel precedente par. II, si traduce inevitabilmente in un eccesso del potere decisorio affidatole da questo Collegio con la conseguente violazione del citato art. 62, comma 2, CGS CONI. Logico precipitato è l’annullamento della decisione impugnata e la conseguente revoca delle sanzioni irrogate.

DECISIONE C.S.A. – SEZIONE I: DECISIONE PUBBLICATA SUL C.U. n.  055/CSA del 16/11/2018 (motivazioni) con riferimento al C.U. n.  038- 50/CSA del 11 Ottobre 2018

Decisione Impugnata: Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. – Prima Sezione – Decisione n. 56/2018 del 10.9.2018

Impugnazione – istanza: C.O.N.I. - COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT - GIUDIZIO DI RINVIO EX ART. 62 COMMA 2 C.G.S. C.O.N.I.IN ORDINE ALL’ANNULLAMENTO DELLE SENTENZE DELLA CORTE SPORTIVA D’APPELLO DI CUI AI COM. UFF. NN. 172/CSA DEL 27.6.2018 E 002/CSA DEL 6.7.2018 RELATIVI ALLA GARA FROSINONE – PALERMO DEL 16.6.2018

Massima: Questa Corte osserva che il Collegio di Garanzia, appare essere organo di giustizia sportiva di ultimo grado che ai sensi dell’art. 54, comma 1, C.G.S. giudica esclusivamente “per violazione di norme di diritto nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia e che abbia formato oggetto di disputa fra le parti”. L’intendimento del C.G.S. è di assegnare all’organo di giustizia di ultimo grado istituito presso il CONI una funzione decisoria di natura limitata ad un sindacato di pura legittimità. Ad una palese ed evidente interpretazione del dato letterale dell’art. 54 C.G.S. si evince che la norma esclude che il Collegio, possa svolgere un rinnovato esame di merito della controversia, esteso ad una diversa ricostruzione della quaestio facti posta a fondamento della decisione impugnata. Pertanto limite invalicabile della competenza del Collegio di Garanzia è quella di vagliare la sola legittimità della motivazione per illogicità e/o insufficienza espressa nella sentenza endofederale impugnata. Al riguardo va richiamata la stessa giurisprudenza del Collegio di Garanzia secondo cui “il Collegio di Garanzia deve limitarsi, infatti, a verificare la legittimità della decisione emessa dagli organi della giustizia sportiva e non può estendere le sue valutazioni sul merito delle valutazioni che sono state fatte anche in tema di assunzione delle prove, dagli organi della giustizia federale” (Sezioni Unite decisione n. 11 del 2018). Ed inoltre che “il Collegio di Garanzia può valutare la legittimità della misura di una sanzione solo se la stessa è stata irrogata in palese violazione dei presupposti di fatto o di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza” (Sezioni Unite decisione n. 35 del 2015).

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 53/C - Riunione del 27 aprile 2006 n. 2 - www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Calabria – Com. Uff. n. 111 del 28.3.2006 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: Appello del F.C. Calcio Acri avverso decisioni merito gara Calcio Acri/Luzzese Calcio del 16.10.2005

Massima: La tardività dell’originario reclamo non può più essere eccepita alla CAF, la quale si pronuncia nuovamente a seguito del procedimento di rinvio degli atti alla Commissione Disciplinare che ha nuovamente deciso nel merito.

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