Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0029/CFA del 28 Ottobre 2021 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale federale territoriale c/o Comitato regionale Puglia Com. Uff. n. 31 del 15.09.2021

Impugnazione – istanza: U.G. Manduria Sport-Sig. L.E.-Procura Federale

Massima: Su reclamo della Procura Federale viene riformata la decisione di proscioglimento adottata dal TFT per cui il dirigente è sanzionato con l’inibizione di mesi 6 per la "violazione dell'art. 4, comma 1, CGS, per aver omesso di trasmettere al Comitato Regionale Puglia della LND il verbale dell'Assemblea dei soci della società U.G. Manduria Sport del 10.11.2020 contenente le proprie dimissioni da associato di quest’ultima e, comunque per avere omesso di vigilare perché la stesa procedesse a farlo, in modo tale da conservare la qualifica di dirigente della società e, conseguentemente, essere in possesso del relativo requisito di candidabilità previsto dall'art. 8 delle Norme procedurali per le assemblee della Lega Nazionale Dilettanti [...] al fine di poter presentare la propria candidatura a Delegato assembleare (effettivamente presentata il 4.12.2021 e determinare, così da un lato l’ammissione della candidatura stessa accertata dal Tribunale Federale territoriale presso il Comitato regionale Puglia della Lega Nazionale Dilettanti, operante nelle forme del collegio di Garanzia elettorale e dall’altro, la successiva elezione da parte dell’Assemblea elettiva”; nonché la società Manduria Sport per la “violazione dell’art. 6, comma 2, del Codice di Giustizia sportiva a titolo di responsabilità oggettiva per le condotte disciplinarmente rilevanti poste in essere dal Sig. L. E.”. La società a titolo di responsabilità oggettiva è sanzionata con l’ammenda di € 2.000,00…Come sopra osservato, ciò che viene in rilievo, con efficacia dirimente, è il comportamento di E. L. successivo alle dimissioni, consistente sia nella mancata comunicazione dell’atto di dimissioni sia nel fatto di essersi comunque candidato a dispetto di tale atto di dimissioni e della norma che vietava quel comportamento…Inconferente, e comunque superabile, risulta il rilievo formulato dalla difesa dell’appellato in ordine alla inesistenza di un obbligo, all’interno dell’ordinamento federale, di comunicare immediatamente le proprie dimissioni. Al di là del fatto che gli adempimenti di comunicazione agli organi preposti rispondono anche ad un generale dovere di trasparenza, affinché gli eventi che coinvolgono la società siano percepibili all’esterno e, dunque, dovrebbero comunque essere assolti entro un termine ragionevole, affinché i fatti che interessano la società nei rapporti con i terzi siano debitamente registrati, occorre rammentare quanto più volte affermato dalla giurisprudenza federale in ordine ai caratteri propri dell’illecito sportivo. Come anche da ultimo ribadito dalla recente decisione n. 24/CFA.2021-2022, infatti, non è revocabile in dubbio “il carattere speciale e peculiare dell’illecito sportivo rispetto all’illecito conosciuto in altri ambiti e ordinamenti, a partire dal diritto penale. Tali specialità e peculiarità si riverberano sia sotto il profilo sostanziale sia sotto il profilo processuale. Quanto al primo, non può essere invocato il principio di tassatività e determinatezza proprio del sistema penale, volto a riconoscere la sussistenza di un illecito in presenza di una fattispecie normativa nettamente delineata nei suoi tratti principali e specifici. Al contrario, la specialità dell’ordinamento sportivo e il suo radicamento diretto in criteri di natura valoriale, espressi chiaramente dall’art. 4, comma 2, CGS, con i riferimenti agli obblighi di lealtà, correttezza e probità, impediscono di enucleare un analogo criterio di tassatività e determinatezza delle fattispecie illecite, la cui individuazione caso per caso è rimessa, in ultima istanza, al prudente apprezzamento degli organi di giustizia sportiva, chiamati a ricondurre – come nel caso di specie – le singole condotte alla fattispecie generale che impone i richiamati obblighi di lealtà, correttezza e probità e ne sanziona la violazione.  Questa Corte Federale ha già avuto modo di precisare gli specifici contorni che presenta l’illecito sportivo. “La maggiore ampiezza dell’ambito applicativo dell’illecito sportivo rispetto all’illecito penale è funzionale a perseguire lo scopo specifico della sanzione disciplinare sportiva, ossia la generica prevenzione di condotte suscettibili di alterare il buon andamento della competizione atletica. Il perseguimento di tale obiettivo comporta non soltanto una compressione dei principi di materialità e colpevolezza, ma anche una declinazione maggiormente flessibile del principio di legalità, con particolare riguardo ai corollari della tassatività e determinatezza della disposizione sanzionatoria” (CFA, Sezioni Unite, Decisione n. 0012/CFA/2021-2022). Anche alla luce di tali principi risulta contrario ai principi di correttezza e buona fede il comportamento del L. che peraltro, viene in rilievo, anche nella prospettazione della Procura federale, sia sotto il profilo omissivo che commissivo, e quindi non solo per il fatto di non avere dato comunicazione delle dimissioni o essersi assicurato che dello stesso venisse data comunicazione dalla società – il che spiega anche per quale motivo l’azione disciplinare non abbia coinvolto gli altri soci parimenti dimissionari – ma anche per essersi candidato ed avere conseguito la carica che presuppone la qualifica di dirigente, attestando, dunque, il possesso di detta qualifica, circostanza tuttavia non veridica alla luce dell’anzidetto verbale assembleare del 10.11.2020. Il che si evince dalla proposta di candidatura a firma di E. L., in atti, in cui si dichiara la sussistenza di tutti i requisiti per assumere la carica regionale di delegato assembleare.  D’altra parte, in relazione all’eccezione formulata dalla parte resistente, per cui tali principi sarebbero riferibili alle sole condotte sportive in campo, detto rilievo trova smentita sia nella formulazione dell’art. 4 del Codice vigente sia nella consolidata giurisprudenza di questa Corte. In base al citato art. 4, comma 1, del CGS, infatti, tutti i soggetti appartenenti all’ordinamento sportivo «sono tenuti all’osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva». Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il dovere di tenere una condotta rigorosamente ispirata ai principi della lealtà, della correttezza e della probità, sebbene solitamente riconducibile al canone di lealtà sportiva in senso stretto (c.d. “fair play”), ha assunto una dimensione più ampia, che si estende anche oltre l’ambito della competizione sportiva in sé e per sé considerata e della corretta applicazione delle regole di gioco, traducendosi in una regola di condotta generale che investe qualsiasi attività comunque rilevante per l’ordinamento federale, in ogni rapporto a qualsiasi titolo riferibile all’attività sportiva (CFA, sez. I, n. 38-2019/2020). In altri termini, la “lealtà sportiva” costituisce una clausola generale che si sostanzia, da un lato, in una regola di comportamento oggettivamente valutabile e, dall’altro, in un parametro di legittimità del comportamento in concreto tenuto da ciascun associato e affiliato all’ordinamento sportivo. (CFA Sez. I, n. 47/2020-2021; CFA, Sez. IV n. 49/2020-2021). Ciò anche in coerenza con la previsione di cui all’art. 2 del CGS che, al pari dell’art. 1 bis del Codice previgente, riferisce l’obbligo di osservanza delle norme del codice – tra cui anche il canone di condotta di cui all’art. 4 - a tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo nel senso di tutti coloro che svolgano attività rilevante per l’ordinamento federale. (CFA, sez. IV, n. 29/2019-2020 ; SS.UU. – CFA - sent. n.17/2019 del 31.10.2019).

Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezione Terza: Decisione n. 86 del 07/10/2021

Decisione impugnata: Declaratoria di inammissibilità delle candidature – stante il difetto dei pertinenti requisiti di eleggibilità – alla carica, rispettivamente, di Presidente (sig. Z.) e di Consigliere (signori C., P. e S.), con riferimento alla Assemblea elettiva del Comitato Regionale Lazio della FIGC/LND, indetta per il giorno 9 gennaio 2021, alle ore 16.00.

Impugnazione Istanza: L. L./M. Z.-F. C.-F. P.-D. S.-Comitato Regionale Lazio FIGC-LND

Massima: Infondato è il ricorso con il quale è stata contestata la presentazione delle candidature dei signori M. Z. (in veste di candidato Presidente), F.C., F. P. e D.S. (in veste di candidati Consiglieri) all’Assemblea elettiva del Comitato Regionale Lazio della FIGC, siccome prevista per il successivo 9 gennaio 2021 perchè tutti gli intimati sarebbero in carica “oltre il limite dei tre mandati”…Ed invero, ai sensi dell’art. 6, comma 4, della legge 11 gennaio 2018, n. 8, i presidenti e i membri degli organi direttivi nazionali e territoriali delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate e degli Enti di Promozione Sportiva, che sono in carica alla data di entrata in vigore della legge medesima - e che abbiano già raggiunto il limite di cui all’art. 16, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, “come sostituito dall’art. 2” della legge ridetta - possono svolgere, se eletti, un ulteriore mandato. La norma aggiunge nell’ultimo periodo, del pari testualmente, che, “nel caso di cui al periodo precedente, il Presidente uscente candidato è confermato qualora raggiunga una maggioranza non inferiore al 55% dei votanti”. Tanto premesso, la versione aggiornata del ridetto art. 16, comma 2, del decreto legislativo n. 242 del 1999 - dopo la novella di cui alla legge n. 8 del 2018 più volte citata dal ricorrente - recita testualmente: “gli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate prevedono le procedure per l’elezione del Presidente e dei membri degli organi direttivi promuovendo le pari opportunità tra donne e uomini. Il Presidente e i membri degli organi direttivi restano in carica quattro anni e non possono svolgere più di tre mandati”. In sostanza, dunque, dal combinato disposto delle norme menzionate si evince expressis verbis la possibilità di un “ulteriore” quarto mandato, seppure con elezione a maggioranza qualificata, rispetto a chi ha già raggiunto il limite massimo di tre mandati: circostanza che il ricorrente oblitera nel contesto letterale del proprio ricorso, muovendo dal diverso presupposto del limite massimo complessivo di (soli) tre mandati.

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 55CFA DEL  29/11/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 041CFA DEL  25/10/2018 (DISPOSITIVO)

Impugnazione Istanza: RICHIESTA DI GIUDIZIO DEL PROCURATORE FEDERALE EX ART. 34, COMMA 11, LETT. D) STATUTO FIGC IN ORDINE ALLA SUSSISTENZA DEI REQUISITI DI ELEGGIBILITÀ ALLA CARICA DI CONSIGLIERE FEDERALE DEI SIGG.RI T.D. E C.U..

Massima: Su richiesta del Procuratore Federale, ex art. 34, comma 11, lett. d), dello Statuto della FIGC, in virù del quale la Corte federale d’Appello “su richiesta del Procuratore federale, giudica in ordine alla sussistenza dei requisiti di eleggibilità dei candidati alle cariche federali e alle incompatibilità dei dirigenti federali”: In capo al Presidente dell’AIC, sussistono i requisiti per far parte del Consiglio federale….Orbene, come già affermato da questa Corte in relazione ad analoga richiesta del Procuratore Federale relativa alla verifica della sussistenza dei requisiti di eleggibilità alla carica di consigliere federale del sig. … (v. C.U. n. 38/A del 19 ottobre 2018), la modifica – come operata – dell’art. 4, comma 3, NOIF sembra in contrasto con lo Statuto. Infatti, la novella di cui trattasi avrebbe dovuto essere dapprima introdotta nello Statuto federale, attraverso l’adozione del relativo iter specificamente ed appositamente disciplinato per le modifiche statutarie, anche alla luce delle esigenze di osservanza delle garanzie a tal riguardo previste dall’Ordinamento federale. Del resto, a ben vedere, la stessa disposizione  legislativa  di  cui  trattasi  (legge  n.  8  del  2018)  si rivolge espressamente agli Statuti delle Federazioni.  Infatti,  l’art.  2,  comma  1,  così  recita:  «Gli  statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate prevedono …». Sotto siffatto angolo visuale deve, dunque, qui ribadirsi come le disposizioni della legge n. 8 del 2018 difettino di diretta efficacia precettiva nei confronti dei singoli tesserati. Come detto, infatti, i destinatari della novella legislativa sono le Federazioni e le Discipline sportive associate, che dovranno, appunto, provvedere ad apportare le relative necessarie modifiche agli Statuti, con correlata indicazione, quindi, del limite dei tre mandati. Conferma se ne trae dalla circostanza che la medesima legge di cui trattasi prevede un meccanismo di chiusura del sistema, a garanzia dell’effettività della riforma. Così, infatti, dispone l’art. 2: «Qualora le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate non adeguino i propri statuti alle predette disposizioni, il CONI, previa diffida, nomina un commissario ad acta  che  vi provvede entro sessanta giorni dalla data della nomina. Gli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate possono prevedere un numero di mandati inferiore al limite di cui al presente comma, fatti salvi gli effetti delle disposizioni transitorie in vigore». In definitiva, quindi, le Leghe e le Componenti tecniche, per quanto riguarda il contesto federale di cui trattasi, saranno tenute ad adeguare i loro rispettivi statuti e/o regolamenti elettorali che presiedono alla nomina / elezione degli organi direttivi, compresi i consiglieri federali, non appena la FIGC avrà adeguato il proprio Statuto alle disposizioni della legge sopra ricordata. Se ne desume che la regola introdotta con il C. U. n. 62 del 31 agosto 2018 dal Commissario straordinario della FIGC e, segnatamente, per quanto qui rileva, l’art. 4 delle NOIF («non può assumere la carica di Consigliere federale, in quanto membro dell’organo direttivo, chi abbia già svolto tre mandati») e quella correlata di cui al C.U. n. 63 del 31 agosto 2018 («ai sensi dell’art. 2 della Legge 11 gennaio 2018, n. 8, non può assumere la carica di Consigliere federale, in quanto membro dell’organo direttivo, chi abbia già svolto tre mandati»)  appaiono in contrasto con lo Statuto  federale  tuttora vigente. Questo, infatti, al momento, non prevede alcuna limitazione relativa al numero dei mandati dei Consiglieri federali. In particolare, l’art. 26, comma 4, dello Statuto FIGC così recita: «L’elezione dei Consiglieri federali da parte delle Leghe nonché da parte degli atleti e dei tecnici, avviene prima della data fissata per lo svolgimento dell’Assemblea federale elettiva secondo i regolamenti elettorali emanati rispettivamente dalle Leghe e dalle associazioni rappresentative delle Componenti tecniche». Passando, ora, alla disamina della fattispecie dedotta in giudizio, questa Corte ritiene che una lettura costituzionalmente orientata delle regole introdotte con i sopra ricordati C.U. del 31 agosto 2018 conduca ad affermare che le stesse non possano, nel caso di specie, rivestire efficacia retroattiva. In tale prospettiva occorre prendere atto del fatto che in data 1 ottobre 2018 (quindi, «prima della data fissata per lo svolgimento dell’Assemblea federale elettiva», come, appunto, espressamente previsto dallo Statuto federale), sulla base ed in forza delle vigenti disposizioni regolamentari interne, l’Associazione Italiana Calciatori ha provveduto alla elezione, di competenza, dei componenti del Consiglio federale. Orbene, atteso che lo Statuto della FIGC dispone espressamente che l’elezione dei Consiglieri federali da parte delle Leghe e delle Componenti tecniche avvenga, prima della data fissata per lo svolgimento dell’Assemblea federale elettiva, secondo i rispettivi regolamenti elettorali, ne consegue che le elezioni dei consiglieri AIC Tommasi e Calcagno, in seno al costituendo Consiglio federale, effettuate in base al regolamento elettorale interno vigente, sono, dunque, pienamente  valide  ed efficaci. Occorre, poi, sotto altro profilo, considerare che, come già osservato dalla Sezione Consultiva di questa Corte Federale d’appello, «deve ritenersi che la legge n. 8 del 2018 abbia (e non possa avere che) disposto per il futuro. Dunque, la regola del tetto dei tre mandati non può che operare per il futuro e non può, invece, anche riferirsi a tutti coloro che abbiano già svolto in passato tre mandati quale – per quanto qui rileva – presidente o consigliere federale. In tale direzione, del resto, non occorre dimenticare che la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che “l'eleggibilità è la regola, e l'ineleggibilità l'eccezione” (cfr., ad esempio, sentenze n. 46/1969 e n. 141/1996). Ne consegue anche che le disposizioni che derogano al principio della generalità del diritto elettorale passivo non possono che essere di stretta interpretazione e devono essere contenute entro i limiti di quanto è necessario ai fini della soddisfazione delle esigenze di pubblico interesse cui le medesime sono preordinate. Proprio in tale direzione, si è – di recente – anche pronunciato, in analaga fattispecie, il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza in data 21 giugno 2018» (CFA, Sezione Consultiva, C.U. n. 034/CFA del 1° ottobre 2018). «Del resto», afferma ancora la Sezione Consultiva della Corte, «in una prospettiva ermeneutica, gli elementi testuali, da un lato, e quelli logico-sistematici, dall’altro, devono essere composti, in  un rapporto dialettico, in funzione della ragionevolezza della soluzione interpretativa, alla luce dei principi propri dell’ordinamento giuridico generale. Rapporto dialettico, questo, che, peraltro, affonda le sue radici e trova formale codificazione nell’art. 12 delle preleggi, che pur nella sua non perfetta formulazione, fa sicuro riferimento tanto al dato letterale, quanto alla ratio legis riassunta nella formula della “intenzione del legislatore”. Si aggiunga, peraltro, che l’interpretazione dei profili testuali della norma deve essere condotta senza il pregiudizio che ogni e qualsiasi termine sia stato usato dal legislatore nel suo significato proprio e in modo sempre tecnico. Ogni termine, del resto, può assumere diversi significati o diverse sfumature anche in ragione del relativo contesto di riferimento. La disposizione normativa che introduce il limite dei tre mandati non può, dunque, che essere interpretata alla luce dei consueti canoni ermeneutici. Muovendo, pertanto, dalla non rigorosa struttura letterale e linguistico-concettuale della disposizione, tenuto conto che la legge non dispone che per l’avvenire, all’esito di una analisi interpretativa che passando per la ricostruzione spazio- temporale dell’enunciato normativo, avuto anche riguardo al contesto politico-sportivo nel quale lo stesso interviene, deve giungersi, ad avviso di questa Corte, ad una interpretazione teologico- sistematica necessariamente fondata sulla ricerca della ratio della disposizione all’interno delle tradizionali regole di base dell’ordinamento giuridico e del complesso sistema logico-normativo. Tale percorso interpretativo depone nel senso che il limite all’espletamento dei mandati di cui trattasi non possa valere per il passato (per chi, cioè, abbia già svolto in passato tre incarichi quale presidente o consigliere federale) e possa (i.e. debba) essere applicato (solo) a coloro che, dal momento dell’entrata in vigore della legge di cui trattasi (o del relativo recepimento nello statuto federale) svolgeranno tre mandati». Orbene, ciò premesso, considerato che la disposizione qui in esame della legge n. 8 del 2018 non può ritenersi rivestire efficacia retroattiva, attesa la particolarità, in fatto, della fattispecie sopra descritta, occorre procedere ad una lettura della disposizione di cui al novellato art. 4, comma 3, NOIF che sia legittima ed aderente ai principi generali dell’ordinamento giuridico statale e dello stesso Statuto federale. In difetto di una specifica regolamentazione transitoria, la disciplina del caso concreto non può, di conseguenza, che essere ricostruita dall’interprete alla luce dei principi generali sopra indicati e del criterio della interpretazione in bonam partem, anche considerato che si tratta, come sopra già evidenziato, di norme che incidono su diritti fondamentali della persona (libertà di elettorato passivo). Percorso ermeneutico, questo prima tracciato, che conduce a ritenere che l’elezione dei sigg.ri D. T. e U. C. quale consigliere federale designato per l’Associazione calciatori, già avvenuta con le modalità sopra descritte, sia legittima ed efficace e non si ponga in contrasto con una lettura legittimamente orientata del disposto di cui all’art. 4, comma 3, NOIF. Ciò detto, in via generale, occorre ulteriormente evidenziare, con riferimento alla specifica posizione del sig. …, che quest’ultimo risulta essere presidente dell’Associazione Italiana Calciatori. In tale veste e qualità, dunque, lo stesso, anche alla luce del principio di democrazia, appare componente necessario del Consiglio federale. Ne consegue che, nei confronti del presidente dell’AIC, ed a maggiore ragione per il presidente di una Lega, a stretto rigor di termini, non sembra porsi neppure l’esigenza di una “preliminare verifica” dei requisiti di eleggibilità. Infatti, l’art. 26 dello Statuto FIGC così recita: «Il Consiglio federale si compone, senza possibilità di delegare ad altri la partecipazione, oltre al Presidente federale, di diciannove componenti eletti in numero di: a) sei dalla Lega Nazionale Dilettanti, ivi compreso il Presidente della Lega; b) sette dalle Leghe professionistiche, ivi compresi i rispettivi Presidenti, ripartiti in numero di tre per la Lega Nazionale Professionisti Serie A, uno per la Lega Nazionale Professionisti Serie B, tre per la Lega Italiana Calcio Professionistico». Non vi è dubbio, pertanto, che i presidenti delle Leghe sono componenti necessari del Consiglio federale e altrettanto, deve ritenersi possibile affermare per i presidenti delle Componenti tecniche, non essendovi ragione di differenziare, sotto questo profilo, il contributo di partecipazione alla gestione della FIGC delle Leghe rispetto a quella delle Componenti tecniche.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 55CFA DEL  29/11/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 041CFA DEL  25/10/2018 (DISPOSITIVO)

Impugnazione Istanza: RICHIESTA DI GIUDIZIO DEL PROCURATORE FEDERALE EX ART. 34, COMMA 11, LETT. D) STATUTO FIGC IN ORDINE ALLA SUSSISTENZA DEI REQUISITI IN CAPO AL PRESIDENTE DELL’AIA DOTT. M.N. DI FAR PARTE DEL CONSIGLIO FEDERALE

Massima: Su richiesta del Procuratore Federale, ex art. 34, comma 11, lett. d), dello Statuto della FIGC, in virù del quale la Corte federale d’Appello “su richiesta del Procuratore federale, giudica in ordine alla sussistenza dei requisiti di eleggibilità dei candidati alle cariche federali e alle incompatibilità dei dirigenti federali”: In capo al Presidente dell’AIA, sussistono i requisiti per far parte del Consiglio federale….Orbene, come già affermato da questa Corte in relazione ad analoga richiesta del Procuratore Federale relativa alla verifica della sussistenza dei requisiti di eleggibilità alla carica di consigliere federale del sig. … (v. Com. Uff. n. 38/A del 19.10.2018), la modifica – come operata – dell’art. 4, comma 3, NOIF, sembra in contrasto con lo Statuto. Infatti, la novella di cui trattasi avrebbe dovuto essere dapprima introdotta nello Statuto federale, attraverso l’adozione del relativo iter specificamente ed appositamente disciplinato per le modifiche statutarie, anche alla luce delle esigenze di osservanza delle garanzie a tal riguardo previste dall’Ordinamento federale. Del resto, a ben vedere, la stessa disposizione  legislativa  di  cui  trattasi  (legge  n.  8  del  2018)  si rivolge espressamente agli Statuti delle Federazioni.  Infatti,  l’art.  2,  comma  1,  così  recita:  «Gli  statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate prevedono …». Sotto siffatto angolo visuale deve, dunque, qui ribadirsi come le disposizioni della legge n. 8 del 2018 difettino di diretta efficacia precettiva nei confronti dei singoli tesserati. Come detto, infatti, i destinatari della novella legislativa sono le Federazioni e le Discipline sportive associate, che dovranno, appunto, provvedere ad apportare le relative necessarie modifiche agli Statuti, con correlata indicazione, quindi, del limite dei tre mandati. Conferma se ne trae dalla circostanza che la medesima legge di cui trattasi prevede un meccanismo di chiusura del sistema, a garanzia dell’effettività della riforma. Così, infatti, dispone l’art. 2: «Qualora le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate non adeguino i propri statuti alle predette disposizioni, il CONI, previa diffida, nomina un commissario ad acta  che  vi provvede entro sessanta giorni dalla data della nomina. Gli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate possono prevedere un numero di mandati inferiore al limite di cui al presente comma, fatti salvi gli effetti delle disposizioni transitorie in vigore». In definitiva, quindi, le Leghe e le Componenti tecniche, per quanto riguarda il contesto federale di cui trattasi, saranno tenute ad adeguare i loro rispettivi statuti e/o regolamenti elettorali che presiedono alla nomina / elezione degli organi direttivi, compresi i consiglieri federali, non appena la FIGC avrà adeguato il proprio Statuto alle disposizioni della legge sopra ricordata. Se ne desume che la regola introdotta con il Com. Uff. n. 62 del 31.8.2018 dal Commissario straordinario della FIGC e, segnatamente, per quanto qui rileva, l’art. 4 delle NOIF («non può assumere la  carica  di  Consigliere  federale,  in  quanto  membro  dell’organo  direttivo,  chi  abbia  già svolto  tre mandati») e quella correlata di cui al Com. Uff. n. 63 del 31.8.2018 («ai sensi dell’art. 2 della Legge 11.1.2018, n. 8, non può assumere la carica di Consigliere federale, in quanto membro dell’organo direttivo, chi abbia già svolto tre mandati») appaiono in contrasto con lo Statuto  federale tuttora vigente. Questo, infatti, al momento, non prevede alcuna limitazione relativa al numero dei mandati dei Consiglieri federali. In particolare, l’art. 26, comma 4, dello Statuto FIGC così recita: «L’elezione dei Consiglieri federali da parte delle Leghe nonché da parte degli atleti e dei tecnici, avviene prima della data fissata per lo svolgimento dell’Assemblea federale elettiva secondo i regolamenti elettorali emanati rispettivamente dalle Leghe e dalle associazioni rappresentative delle Componenti tecniche». Passando, ora, alla disamina della fattispecie dedotta in giudizio, questa Corte ritiene che una lettura costituzionalmente orientata delle regole introdotte con i sopra ricordati Com. Uff. del 31.1.2018 conduca ad affermare che le stesse non possano, nel caso di specie, rivestire efficacia retroattiva. In tale prospettiva occorre prendere atto del fatto che in data 24.9.2016 (quindi, «prima della data fissata per lo svolgimento dell’Assemblea federale elettiva», come, appunto, espressamente previsto dallo Statuto federale), sulla base ed in forza delle vigenti disposizioni regolamentari interne, l’Associazione Italiana Arbitri ha provveduto alla designazione del sig. … quale consigliere federale per il quadrienno olimpico 2016 – 2020. Orbene, atteso che lo Statuto della FIGC dispone espressamente che l’elezione dei Consiglieri federali da parte delle Leghe e delle Componenti tecniche avvenga, prima della data fissata per lo svolgimento dell’Assemblea federale elettiva, secondo i rispettivi regolamenti elettorali, ne consegue che la nomina/designazione del consigliere Nicchi, in seno al costituendo Consiglio federale, effettuata in base al vigente regolamento interno AIA, è, dunque, pienamente valida ed efficace. Occorre, poi, sotto altro profilo, considerare che, come già osservato dalla Sezione Consultiva di questa Corte Federale d’appello, «deve ritenersi che la legge n. 8 del 2018 abbia (e non possa avere che) disposto per il futuro. Dunque, la regola del tetto dei tre mandati non può che operare per il futuro e non può, invece, anche riferirsi a tutti coloro che abbiano già svolto in passato tre mandati quale – per quanto qui rileva – presidente o consigliere federale. In tale direzione, del resto, non occorre dimenticare che la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che “l'eleggibilità è la regola, e l'ineleggibilità l'eccezione” (cfr., ad esempio, sentenze n. 46/1969 e n. 141/1996). Ne consegue anche che le disposizioni che derogano al principio della generalità del diritto elettorale passivo non possono che essere di stretta interpretazione e devono essere contenute entro i limiti di quanto è necessario ai fini della soddisfazione delle esigenze di pubblico interesse cui le medesime sono preordinate. Proprio in tale direzione, si è – di recente – anche pronunciato, in analaga fattispecie, il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza in data 21 giugno 2018» (CFA, Sezione Consultiva, Com. Uff. n. 034/CFA del 1°.10.2018). «Del resto», afferma ancora la Sezione Consultiva della Corte, «in una prospettiva ermeneutica, gli elementi testuali, da un lato, e quelli logico-sistematici, dall’altro, devono essere composti, in  un rapporto dialettico, in funzione della ragionevolezza della soluzione interpretativa, alla luce dei principi propri dell’ordinamento giuridico generale. Rapporto dialettico, questo, che, peraltro, affonda le sue radici e trova formale codificazione nell’art. 12 delle preleggi, che pur nella sua non perfetta formulazione, fa sicuro riferimento tanto al dato letterale, quanto alla ratio legis riassunta nella formula della “intenzione del legislatore”. Si aggiunga, peraltro, che l’interpretazione dei profili testuali della norma deve essere condotta senza il pregiudizio che ogni e qualsiasi termine sia stato usato dal legislatore nel suo significato proprio e in modo sempre tecnico. Ogni termine, del resto, può assumere diversi significati o diverse sfumature anche in ragione del relativo contesto di riferimento. La disposizione normativa che introduce il limite dei tre mandati non può, dunque, che essere interpretata alla luce dei consueti canoni ermeneutici. Muovendo, pertanto, dalla non rigorosa struttura letterale e linguistico-concettuale della disposizione, tenuto conto che la legge non dispone che per l’avvenire, all’esito di una analisi interpretativa che passando per la ricostruzione spazio- temporale dell’enunciato normativo, avuto anche riguardo al contesto politico-sportivo nel quale lo stesso interviene, deve giungersi, ad avviso di questa Corte, ad una interpretazione teologico- sistematica necessariamente fondata sulla ricerca della ratio della disposizione all’interno delle tradizionali regole di base dell’ordinamento giuridico e del complesso sistema logico-normativo. Tale percorso interpretativo depone nel senso che il limite all’espletamento dei mandati di cui trattasi non possa valere per il passato (per chi, cioè, abbia già svolto in passato tre incarichi quale presidente o consigliere federale) e possa (i.e. debba) essere applicato (solo) a coloro che, dal momento dell’entrata in vigore della legge di cui trattasi (o del relativo recepimento nello statuto federale) svolgeranno tre mandati». Atteso dunque il difetto di efficacia retroattiva della disposizione della legge n. 8 del 2018, considerata la particolarità, in fatto, della fattispecie sopra descritta, occorre procedere ad una lettura della disposizione di cui al novellato art. 4, comma 3, NOIF che sia legittima ed aderente ai principi generali dell’ordinamento giuridico statale e dello stesso Statuto federale. In difetto di una specifica regolamentazione transitoria, la disciplina del caso concreto non può, di conseguenza, che essere ricostruita dall’interprete alla luce dei principi generali sopra indicati e del criterio della interpretazione in bonam partem, anche considerato che si tratta, come sopra già evidenziato, di norme che incidono su diritti fondamentali della persona (libertà di elettorato passivo). Percorso ermeneutico, questo prima tracciato, che conduce a ritenere che la designazione del sig. …. quale consigliere federale designato per l’AIA, già avvenuta con le modalità sopra descritte, sia legittima ed efficace e non si ponga in contrasto con una lettura legittimamente orientata del disposto di cui all’art. 4, comma 3, NOIF. Ciò detto, in via generale, occorre ulteriormente evidenziare con specifico riferimento alla posizione del sig. …, che quest’ultimo è membro di diritto del Consiglio federale nella sua qualità di Presidente dell’Associazione Italiana Arbitri, in forza delle  vigenti  disposizioni  federali.  Inequivoco,  sul punto, è l’art. 26, comma 1, Statuto FIGC: «In conformità all’art. 4, comma 2, del Regolamento FIFA sugli arbitri e ai Principi Fondamentali del CONI, il Presidente dell’AIA è membro di diritto  del  Consiglio federale». Ne consegue che, nei confronti  del Presidente dell’AIA, a stretto rigor  di termini, non si pone neppure l’esigenza di una “preliminare verifica” dei requisiti di eleggibilità, dal momento che la Egli non appartiene alla componente elettiva dei 19 Consiglieri federali ma, come detto, a quella lo dei membri di diritto, cui la carica di Consigliere federale compete, ai sensi del citato art. 26 dello Statuto federale, in ragione e per effetto della nomina alla carica di vertice dell’AIA. In ragione di ciò, a ben vedere, appare dubbia la stessa applicabilità al caso di  specie della disposizione normativa di cui alla legge n. 8 del 2018, che si riferisce alle «procedure per “l'elezione” del presidente e dei membri degli organi direttivi», atteso che, come detto, il Presidente AIA, per far parte del Consiglio federale, non necessita di alcuna “elezione”.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 035CFA DEL  04 OTTOBRE 2018 CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 029/CFA DEL 13 SETTEMBRE 2018

Impugnazione Istanza: RICHIESTA DI GIUDIZIO DEL PROCURATORE FEDERALE EX ART. 34, COMMA 11, LETT. D) STATUTO FIGC IN ORDINE ALLA SUSSISTENZA DEI REQUISITI DI ELEGGIBILITÀ ALLA CARICA DI CONSIGLIERE FEDERALE DEL SIG. L.C..

Massima:….sussistono i requisiti di eleggibilità  del sig. …. quale Consigliere federale per la Lega Nazionale Professionisti Serie A….Ritiene, questa Corte, che la modifica – come operata – dell’art. 4, comma 3, NOIF non possa essere interpretata nel senso di precludere l’accesso alla consiliatura a chi, già in passato, ha svolto tre mandati e, tuttavia, si trova in una situazione del tutto particolare, per essere stato già designato ed eletto prima della emanazione della modifica della norma federale prima indicata. Ancor prima, tuttavia, si ritiene utile osservare come la modifica delle NOIF potrebbe rivelarsi in contrasto con lo Statuto. La  novella  di  cui  trattasi,  infatti,  avrebbe  dovuto  essere  dapprima  introdotta  nello  Statuto  federale, il che avrebbe richiesto, dunque,  l’adozione  del  relativo  iter  specificamente  ed  appositamente disciplinato per le modifiche statutarie e rispettare le garanzie a tal riguardo previste dall’Ordinamento federale. Del resto, a ben vedere, la stessa disposizione legislativa di cui trattasi (legge n. 8 del 2018) si rivolge espressamente agli Statuti delle Federazioni. Infatti, l’art. 2, comma 1, così recita: «Gli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate prevedono …»….Se ne desume che la regola introdotta con il Com. Uff. n. 62 del 31.8.2018 dal Commissario straordinario della FIGC e, segnatamente, per quanto qui rileva, l’art. 4 delle NOIF («non può assumere la carica di Consigliere federale, in  quanto membro dell’organo direttivo, chi abbia  già svolto tre mandati») e quella correlata di cui al Com. Uff. n. 63 del 31.8.2018 («ai sensi dell’art. 2 della Legge 11.1.2018, n. 8, non può assumere la carica di Consigliere federale, in quanto membro dell’organo direttivo, chi abbia già svolto tre mandati») appaiono in contrasto con lo Statuto federale tuttora vigente. Questo, infatti, al momento, non prevede alcuna limitazione relativa al numero dei mandati dei Consiglieri federali. In particolare, l’art. 26, comma 4, dello Statuto FIGC così recita: «L’elezione dei Consiglieri federali da parte delle Leghe nonché da parte degli atleti e dei tecnici, avviene prima della data fissata per lo svolgimento dell’Assemblea federale elettiva secondo i regolamenti elettorali emanati rispettivamente dalle Leghe e dalle associazioni rappresentative delle Componenti tecniche»….Passando, ora, alla disamina della fattispecie, come detto, particolare, oggetto del presente giudizio, ritiene, questa Corte, che, una lettura costituzionalmente orientata delle regole introdotte con i sopra ricordati Com. Uff. del 31.8.2018 conduca ad affermare che le stesse non possano, nel caso di specie, rivestire efficacia retroattiva…Orbene, ciò premesso, atteso il difetto di efficacia retroattiva della disposizione della legge n. 8 del 2018, considerata la particolarità, in fatto, della fattispecie sopra descritta, occorre procedere ad una lettura della disposizione di cui al novellato art. 4, comma 3, NOIF che sia legittima ed aderente ai principi generali dell’ordinamento giuridico statale e dello stesso Statuto federale. In difetto di una specifica regolamentazione transitoria, la disciplina del caso concreto non può, di conseguenza, che essere ricostruita dall’interprete alla luce dei principi generali sopra indicati e del criterio della interpretazione in bonam partem, anche considerato che si tratta di norme che incidono su diritti fondamentali della persona (libertà di elettorato passivo). Percorso ermeneutico, questo prima tracciato, che conduce a ritenere che l’elezione del sig. Lotito quale consigliere federale designato per la Lega di serie A, già avvenuta – con le modalità sopra descritte – prima della entrata in vigore dei Com. Uff. del 31.8.2018, sia legittima ed efficace e non si ponga in contrasto con una lettura legittimamente orientata del disposto di cui all’art. 4, comma 3, NOIF. In conclusione, per le ragioni sopra sinteticamente rappresentate, questa Corte condivide il parere reso dalla Sezione Consultiva (cfr. Com. Uff. n. 034/CFA del 1°.10.2018) secondo cui «la designazione, effettuata – in data 28.5.2018 – dalla LNPA, del sig. ….. quale componente del prossimo Consiglio federale della FIGC è pienamente legittima e valida e la sua efficacia» [id est piena operatività] «sarà perfezionata all’atto della costituzione del Consiglio federale e, dunque, al momento della elezione del Presidente da parte dell’Assemblea federale».

 

PARERE C.F.A. – SEZIONE CONSULTIVA: PARERE N. 034CFA DEL  01/10/2018 (MOTIVI)

Istanza: RICHIESTA DI PARERE INTERPRETATIVO DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO, INTERPRETATIVO SULLA ELEZIONE DA PARTE DELLA LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI SERIE A DEL CONSIGLIERE FEDERALE C.L.

Massima: …la designazione, effettuata – in data 28 maggio 2018 – dalla LNPA, del sig. … quale componente del prossimo Consiglio federale della FIGC è pienamente legittima e valida e la  sua efficacia sarà perfezionata all’atto della costituzione del Consiglio federale e,  dunque,  al momento della elezione del Presidente da parte dell’Assemblea federale.

Massima: SULLA IRRETROATTIVITA’ DELLA NORMA CHE INTRODUCE IL LIMITE DEI TRE MANDATI In ogni caso, deve ritenersi che la legge n. 8 del 2018 abbia (e non possa avere che) disposto per il futuro. Dunque, la regola del tetto dei tre mandati non può che operare per il futuro e non può, invece, anche riferirsi a tutti coloro che abbiano già svolto in passato tre mandati quale –per quanto qui rileva – presidente o consigliere federale.

 

Parere Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Consultiva:  Parere n. 6/2019 del 1 ottobre 2018

Richiesta: (SU RICHIESTA FIGC)

Quesito: 1) la Lega Nazionale Professionisti Serie A, il 28 maggio scorso, ha eletto i due Consiglieri Federali diversi dal Presidente di Lega, che partecipa al Consiglio quale membro di diritto. Uno dei Consiglieri Federali ha già ricoperto più di tre mandati e la Lega chiede di conoscere se a) l'elezione, in quanto votata antecedentemente alla emanazione del Regolamento elettorale, resiste alle disposizioni dello stesso; ovvero se: b) l'elezione è retroattivamente travolta dal Regolamento sopravvenuto. 2) La Lega Italiana Calcio Professionistico, sempre in tema di limite dei mandati, previsione derivata dal necessario adeguamento alla legge 11 gennaio 2018, n. 8 ha chiesto di conoscere se: a. la preclusione di cui all'art. 4, comma 2 - limite dei tre mandati - debba applicarsi anche nei confronti di coloro i quali abbiano svolto il mandato di Presidente federale prima della entrata in vigore della legge 11 gennaio 2018, n. 8; b. se il Consigliere federale che abbia svolto tre mandati abbia comunque la possibilità di candidarsi quale Presidente federale. C. se il mandato di Consigliere federale, in qualità di Presidente di Lega, ex art. 26 dello Statuto della FIGC, sia da calcolarsi al fine della limitazione dei tre mandati; d. se il mandato da Consigliere federale svolto in qualità di Presidente della Associazione Italiana Calciatori (cioè in passato come membro di diritto) sia da calcolarsi ai fini dei tre mandati. Per completezza informativa, la Lega Pro ha richiesto altresì di chiarire innanzi a quale organo possa impugnarsi l'eventuale valutazione sfavorevole alla candidatura espressa dal Collegio di Garanzia.

Massima: In virtù di questa interpretazione, pertanto, la risposta ai quesiti indicati come 1a) e 1b) può così esprimersi: 1) Con riferimento alla Lega Nazionale Professionisti Serie A, il Consigliere Federale (eletto il 28 maggio scorso e non in carica alla data di entrata in vigore della legge n. 8/2018) che partecipa al Consiglio quale membro di diritto ed ha già ricoperto più di tre mandati, decade perché privo, inter alia, dei requisiti di legge per la permanenza in carica. Peraltro, anche il Regolamento elettorale della Assemblea Federale Elettiva (C.U. FIGC n. 63 del 31 agosto 2018) richiama espressamente la legge n. 8/2018 sotto tale profilo di ineleggibilità alla carica di Consigliere federale oltre il terzo mandato (art. 4 comma 3). Sulla preclusione per chi abbia esaurito i mandati come Presidente, prima della entrata in vigore della l. 2018/8. La decorrenza delle disposizioni normative transitorie e finali. Si tratta di profilo abbastanza chiaro, inequivocamente disponendo in tal senso la l. 2018/8. Ed in vero, l’art. 6, delle Disposizioni transitorie e finali6, comma 2, prescrive che entro quattro mesi dalla data di approvazione delle modifiche statutarie del CONI, le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate, nonché gli enti di promozione sportiva, adeguano i loro statuti alle disposizioni di cui all'articolo 16, comma 2, del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, come sostituito dall'articolo 2 della presente legge. Decorso il termine di cui al comma 1, l’Autorità di Governo competente in materia di sport, con proprio decreto da adottare entro i quindici giorni successivi, dichiara decaduti i componenti degli organi del CONI privi dei requisiti di legge per la permanenza in carica. Il comma 4, dal canto suo, prevede che i Presidenti e i membri degli organi direttivi nazionali e territoriali delle federazioni sportive nazionali, che sono in carica alla data di entrata in vigore della presente legge e che hanno già raggiunto il limite di cui all'articolo 16, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, come sostituito dall'articolo 2 della presente legge, possono svolgere, se eletti, un ulteriore mandato. Nel caso di cui al periodo precedente, il presidente uscente candidato è confermato qualora raggiunga una maggioranza non inferiore al 55 per cento dei votanti. Sull’abbrivio del ragionamento ut sopra spiegato e delle conclusioni a cui si perviene, si può rispondere anche al quesito identificato come 2a) e cioè se il limite dei tre mandati debba applicarsi anche nei confronti di coloro che abbiano svolto il mandato di Presidente federale prima dell’entrata in vigore della L.8/2018. La risposta è positiva, per quanto stabilisce la stessa legge. Il limite si applica a coloro che abbiano ricoperto tale incarico con le seguenti modalità applicative: a) Qualora, alla data di entrata in vigore della legge, il candidato rivestiva l’incarico di presidente, potrà essere eletto per un ulteriore mandato (abbisognando comunque di una maggioranza qualificata); b) Qualora, alla data di entrata in vigore della legge, il candidato non rivestiva l’incarico di presidente (sia per non essere stato precedentemente eletto o per essere decaduto a seguito di Commissariamento), questi non potrà essere eletto per un ulteriore mandato, non ricomprendendosi tale fattispecie nella tassativa ipotesi derogatoria prevista dall’art.6, comma 4 e 7. Ad avvalorare ulteriormente l’inclusione nel computo dei mandati anche di quelli già svolti prima dell’entrata in vigore della Legge del 2018 valga il richiamo alle previsioni di cui al d.lgs. 8 gennaio 2004, n. 15. L’art. 2, comma 4, statuiva: “Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 3 e 25, il computo dei mandati si effettua a decorrere da quello che ha inizio a seguito di elezioni al comma 2 del presente articolo" (id est, a decorrere dalle elezioni tenutesi immediatamente  dopo  l'approvazione  del  decreto  legislativo  15/2004);  tale  previsione  risulta espressamente abrogata dall’art. 5 della l. 8/2018, proprio a volere sottolineare la filosofia di fondo che ha ispirato il legislatore. A voler sintetizzare, ne consegue che la risposta al quesito 2a) non può che essere nel senso che: “la preclusione del limite dei tre mandati si applica anche ai Presidenti (e consiglieri) eletti precedentemente all’entrata in vigore della L.8/2018 nei limiti e modi di cui alle precedenti lettere a) e b)”. Sulla questione del computo del mandato di Consigliere svolto quale membro di diritto dell’organo. Poste le premesse del ragionamento, pare a codesto Collegio di poter rispondere agevolmente anche al quesito 2b) e cioè se, in buona sostanza, nel computo dei mandati si sommino quelli espletati come Consigliere e quelli adempiuti come Presidente. Ritiene il Collegio che la norma, nel porre il limite dei tre mandati, abbia voluto dare rilevanza alla qualità dell’incarico ricoperto, differenziando nello specifico il ruolo del presidente da quello del semplice componente.Pertanto, la risposta al quesito 2b) è: “Il consigliere federale che ha svolto tre mandati può candidarsi come presidente federale”…Pertanto, la risposta ai quesiti 2c) e 2d) è: “Il mandato di Consigliere federale deve essere calcolato ai fini dell’applicazione del limite di legge per il suo solo ottenimento, a prescindere se di diritto o elettivo”. Questo Collegio ritiene che le risposte fornite possano applicarsi anche ai quesiti identificati con i numeri 1); 3); 4) e 5) posti dell’Associazione Italiana Calciatori, con un’ulteriore precisazione quanto al quesito 5)….Pertanto, la risposta al quesito 2) dell’Associazione Italiana Calciatori è: “I mandati  che abbiano avuto una durata inferiore al quadriennio olimpico debbono considerarsi al fine del computo del raggiungimento della soglia dei tre”. Gli ulteriori quesiti posti riguardano: a) volersi indicare l’organo competente a pronunciarsi sull’eventuale valutazione sfavorevole alla candidatura espressa dal Collegio di Garanzia; b) l’applicabilità della regola 5 dei Principi Informatori degli Statuti delle Federazioni Sportive nazionali in tema di garanzie sulla partecipazione di componenti di genere diverse. Quanto al primo di essi, vengono, adesso, in trattazione congiunta i quesiti nn. 6 e 7 prospettati anche dalla Associazione Italiana Calciatori. Le ragioni della trattazione congiunta sono da ravvisarsi nel nesso di subordinazione tra le due richieste prospettato dall’istante in quanto, secondo la prospettiva di quest’ultimo, il quesito n. 7 dovrà essere esaminato soltanto nel caso di risposta affermativa al quesito n. 6. La formulazione letterale del quesito prospettato con il n. 6, nella misura in cui richiede che il Collegio di Garanzia, nella sua composizione in sezione consultiva, esprima un giudizio di legittimità sugli artt. 3 e 4 delle NOIF della FIGC e dell’art. 4 del regolamento dell’Assemblea Federale Elettiva e, pertanto, implica un’attività di tipo deliberativo che presuppone l’individuazione dei profili di violazione di diritto conseguenti all’eventuale conflitto con regole di natura sovraordinata - conflitto tra norme che, peraltro, sarebbe facilmente valutabile con la mera ricognizione di quali siano le competenze che, tassativamente, solo le norme statutarie e del C.G.S. possono attribuire al Collegio di Garanzia - preclude la sua trattazione. Ciò in quanto le funzioni di questa Sezione sono esclusivamente quelle delineate dall’art. 12 bis, c. 4, dello Statuto del CONI, ossia quelle di prospettare la soluzione di questioni tecnico-giuridiche ed interpretative al fine di indirizzare preventivamente l’organo od ente assistito nello svolgimento della propria attività. Pertanto, con riferimento al quesito di cui sopra, si deve ritenere che lo stesso, così come formulato, sia inammissibile. Si resta, ovviamente, a disposizione dell’istante nell’eventualità in cui dovesse ritenere utile per la propria attività un parere in ordine a questioni tecniche che non richiedono valutazioni di tipo deliberativo sulla validità di atti. Le ragioni di cui sopra non consentono, altresì, la trattazione del quesito subordinato indicato con il n. 7. Quanto al secondo profilo relativo alla partecipazione delle componenti di genere diverso, si deve rilevare che, malgrado la condivisibilità della previsione contenuta nella regola 5 dei Principi e che ben si attaglia alla realizzazione di democraticità da essi perseguiti, si deve rilevare come la previsione necessiti di una trasposizione normativa che ne consenta la concreta applicabilità. Sicché pur auspicando che siffatto adeguamento abbia a realizzarsi in tempi brevi, non pare esistano al momento le condizioni perché ad essa possa essere data immediata attuazione.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Sezione Consultiva: Parere n. 8 del 06/11/2017www.coni.it

Parere: Su richiesta FIGC

Massima: Non potendosi reputare, che le Leghe siano organismi direttamente riconosciti dal CONI, non è dato ritenere attesa la indiscussa natura giuridica della Lega – che la posizione di Consigliere della Lega sia espressione di carica federale. In tal senso va letto l’art. 29, comma 2, dello Statuto della FIGC nella parte in cui si riferisce a «qualsiasi altra carica elettiva federale»

 

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite  : Comunicato ufficiale n.  116/CFA del 23 Marzo 2017 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 128/CFA del 08 Maggio 2017  e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 58 del 3.3.2017

Impugnazione – istanza:  RICORSO DEL SIG. ALBERICO MARCHESI AVVERSO LA REGOLARITÀ DELLE ELEZIONI PER LA RAPPRESENTANZA DEGLI ALLENATORI IN ASSEMBLEA E CONSIGLIO FEDERALE F.I.G.C. PER L’AREA SUD

Massima: La Corte respinge il ricorso avverso la delibera del TFN che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto ex art. 43 bis C.G.S. con cui era contestata la regolarità delle elezioni per la rappresentanza degli allenatori in assemblea e consiglio federale della FIGC per l’area sud per l’omessa indicazione dell’atto gravato e della omessa notificazione del ricorso agli eletti in seno alle contestate elezioni, in quanto pregiudicati da un eventuale annullamento delle stesse. Anche a voler superare la questione della omessa indicazione dell’atto espressamente gravato, potendosi dalla formulazione dei motivi di ricorso desumere che quanto contestato era l’esito delle votazioni di che trattasi, va comunque condiviso l’avviso del primo giudice in ordine alla ritenuta inammissibilità del reclamo per omessa notifica ai controinteressati, e cioè agli eletti in sede di  votazioni, la cui posizione giuridica sarebbe risultata incisa dall’eventuale accoglimento del ricorso. La pubblicazione sul sito on line dei risultati elettorali e delle singole votazioni, intervenuta in data precedente la proposizione del ricorso di primo grado, avrebbe consentito agevolmente al reclamante di individuare i detti controinteressati cui notificare il ricorso. L’omissione di detto adempimento rende, ai sensi dell’art. 43 bis C.G.S. appunto inammissibile il ricorso proposto in primo grado. Così come merita conferma l’ulteriore assunto del primo giudice per cui il ricorso sarebbe comunque inammissibile per difetto di interesse del reclamante non avendo questi fornito la prova per cui l’acclaramento della fondatezza di quanto dedotto nel merito avrebbe condotto alla sua elezione. Anche in sede di reclamo avverso la decisione di prime cure il Sig. – omissis - si è limitato alla apodittica affermazione di avere un interesse personale a coltivare la proposta impugnativa senza tuttavia articolare questo interesse con riferimento al dato elettorale. Il primo giudice, peraltro, aveva anche espressamente richiamato la regola della prova di resistenza che presidia quale principio generale la verifica della legittimità delle operazioni elettorali quale che sia il corpo elettorale interessato. Meritando dunque conferma la pronuncia di primo grado nel segno della inammissibilità del ricorso presentato innanzi al Tribunale Federale Nazionale, il presente reclamo deve essere respinto siccome infondato e comunque inammissibile quanto ai motivi ed agli elementi per la prima volta dedotti in sede di reclamo a questa Corte.

 

Parere Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Sezione Consultiva : Parere n. 2 del 13/03/2017 – www.coni.it

Parti: Parere su richiesta FIGC: legittimazione ad intervenire alla assemblea del Consiglio Federale da parte dei rappresentanti del Consiglio della Lega eletti per il precedente quadriennio, tenuto conto della previsione di cui all’art. 6.1 dei principi Fondamentali FSN/DSA, secondo cui “Entro il 15 marzo dell’anno successivo alla celebrazione dei Giochi Olimpici Estivi devono essere svolte le Assemblee ordinarie elettive delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate”. In discussione è la questione se, attesa la mancata elezione dei nuovi Consiglieri federali da parte della Lega e al fine di garantire il regolare funzionamento dell’organo consiliare della Federazione, i consiglieri della Lega eletti per il precedente quadriennio possano operare in prorogatio, ovvero venga meno per costoro la possibilità di partecipare alle riunioni del Consiglio federale. In questo senso, la vicenda che, nello specifico, investe la FIGC acquista un rilievo generale sollevando una serie di problematiche le quali investono la funzione ed il ruolo esercitato dalla Lega in rapporto alla Federazione, alla luce del complessivo quadro normativo che regola il funzionamento di siffatti enti, nonché una riflessione sulla funzione dell’istituto della prorogatio.

Massima: In ipotesi di mancata elezione dei Presidenti delle Leghe e dei Consiglieri Federali non possa in alcun modo farsi spazio all’istituto della prorogatio. Sui rapporti fra Federazione e Lega. Nella maggior parte degli sport  di squadra, la necessità delle Federazioni di raggrupparsi in enti di secondo grado (le leghe di società) risponde – come noto – alla necessità sia di creare forme di aggregazione a tutela degli interessi corporativi degli aderenti (come può essere l’attività di consulenza nei confronti delle società a queste aderenti o la comunicazione e gestione nei confronti del governo federale) sia di meglio assolvere a funzioni organizzative. Al pari delle Federazioni che assolvono a compiti pubblici, anche sulle loro articolazioni interne (Leghe, associazioni Arbitri ecc.) si riverbera, tuttavia, la funzione di garantire il regolare svolgimento delle competizioni. Profilo, questo, di assoluto rilievo e che non è sfuggito (sia pur con riferimento all’AIA) agli stessi giudici del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, 14 novembre 2006, n. 6673, i quali non a caso discorrono “di funzioni essenziali per il perseguimento degli interessi primari inerenti all’’organizzazione ed al potenziamento dello sport nazionale’ che l’art. 2 del d.lgs. n. 242/1999 demanda al C.O.N.I.”. La articolazione in Leghe, sebbene funzionale  al miglior perseguimento  di quell’interesse di cui si è detto, non compromette però il principio di “centralità della Federazione“ così come chiaramente desumibile dall’art. 10 Principi Fondamentali FSNED. Le Leghe, insomma, pur nella autonomia “vigilata” di cui godono, assolvono ad una funzione strumentale al perseguimento degli obiettivi della Federazione a cui fanno capo. Di questa centralità della Federazione si avverte il riflesso sugli stessi Statuti delle Leghe, nonché sui loro Regolamenti i quali devono allinearsi ai principi contenuti negli Statuti delle Federazioni, nonché al rispetto dei principi generali dell’ordinamento sportivo. Le Leghe, infatti, non possono che “avere Statuti e regolamenti, approvati dal Consiglio Federale, nel rispetto delle norme del C.O.N.I. e della Federazione Sportiva che provvede al riconoscimento” (art. 10, comma 2, Principi FSN/DSA). Tra i principi generali dell’ordinamento sportivo trova sicuramente spazio quello che misura la durata delle cariche sul quadriennio olimpico. La rappresentatività si lega qui ad un consenso il quale è chiamato a rinnovarsi periodicamente (ogni 4 anni, appunto, cfr. art. 5 Statuto Coni), in quanto espressione massima del principio di democraticità, imparzialità e buon andamento, che non può non ispirare l’attività dei massimi organi deputati alla promozione e allo sviluppo della pratica sportiva, in linea con lo spirito della Carta Olimpica. Ma v’è più. Anche a voler spostare l’attenzione su un piano più squisitamente tecnico, quale quello del procedimento che regola il rinnovo degli organi – e dunque alla luce di un approccio per dir così di sistema – è agevole accorgersi di come il legislatore sportivo si sia preoccupato di articolare un percorso che mira ad assicurare l’effettività della regola del quadriennio. Questo, ovviamente, vale per tutte le Federazioni e la FIGC non fa eccezione. L’art. 26 dello Statuto della FIGC stabilisce che “L’elezione dei Consiglieri Federali da parte delle Leghe, nonché da parte degli atleti e dei tecnici,  avviene prima dell’Assemblea federale elettiva” e si effettua ovviamente nel rispetto dei regolamenti approvati. Dunque è vero  che manca, nello Statuto,  l’indicazione di  un termine tassativamente espresso entro il quale procedere alla elezione dei Consiglieri Federali. Tuttavia, l’individuazione della proposizione normativa è il risultato di una combinazione fra norma e sistema o, ancora, fra norma e principi generali che consente di identificare – nell’ambito dell’ordinamento qui sportivo – collegamenti e valutazioni onde approdare (nel rispetto della razionalità del sistema) alla soluzione maggiormente idonea al caso concreto. Alla luce di quanto premesso, valga osservare che, se è vero che lo Statuto della FIGC non indica una data precisa per la elezione dei Consiglieri, è anche vero che il comma 5 dell’art. 26 dello Statuto FIGC stabilisce che la “costituzione del Consiglio Federale si perfeziona con l’elezione del Presidente”, il che comporta che solo in quel momento tutto l’iter si è positivamente concluso, nel rispetto di quella logica, più volte richiamata, che sottende il rinvio al quadriennio olimpico. Tanto, senza considerare che – come appare evidente – il procedimento che passa attraverso la elezione dei Consiglieri federali non può che essere funzionale a garantire, in primis, la corretta partecipazione e rappresentatività degli interessi della Lega all’alba del nuovo quadriennio. La delicata architettura per il rinnovamento degli organi si regge, infatti, su un ferreo meccanismo normativo il quale delinea un procedimento volto a salvaguardare un principio di avvicendamento nella composizione degli organi, a chiusura del quadriennio olimpico. Il termine del 15 marzo rappresenta – nel disegno del legislatore – il momento entro il quale devono considerarsi esaurite tutte le fasi che conducono ad un eventuale mutamento dei soggetti chiamati a far parte del Consiglio Federale, in ossequio a quel principio assembleare di cui all’art. 6.1 dei Principi Fondamentali FSN/DSA posto a salvaguardia di esigenze di partecipazione e imparzialità. Laddove non v’è chi non veda co me anche l’eventuale conf erma (pur   possibile, entro i limiti stabiliti) dei membri uscenti debba essere, sempre, subordinata ad una reiterazione espressa, e giammai tacita, della volontà degli associati. Per contro, la mancanza – alla data del 15 marzo – del rinnovo delle cariche rappresentative, lungi dal risolversi in un fatto avente mera rilevanza “interna” (nel caso di specie, alla Lega) è rivelatore di un “malfunzionamento” dell’organo deputato ad esprimere il rinnovo che non può che mettere in pericolo lo stesso funzionamento corretto del CF. Con esiti, a voler essere conseguenziali, che potrebbero ridondare in danno della stessa Federazione – ben potendosi ipotizzare un intervento in via sostitutiva del Coni – in caso si appurasse un inadeguato esercizio dei poteri di controllo della Federazione sulla Lega, laddove (la prima) dovesse manifestare acquiescenza o anche semplice tolleranza dinanzi all’inerzia della seconda (art. 23 Statuto Coni). Rinnovo delle cariche e limite del quadriennio olimpico – In realtà è l’analisi dell’intero quadro normativo che fa emergere come il limite del quadriennio definisca in maniera piuttosto rigorosa la durata temporale della carica, affermandosi un principio (quello del quadriennio olimpico, appunto) il quale è in armonia con una consolidata tradizione giuridica che si rinviene nella regola 10 della Carta Olimpica.  Dal canto suo, l’art. 16, comma 2, d.lgs. 23 lug lio 1999, n. 242 sul "Riordino del   Comitato Olimpico Nazionale Italiano – CONI" espressamente stabilisce, per quanto attiene agli Statuti delle Federazioni sportive nazionali e delle discipline associate  che “Gli statuti prevedono le procedure per l’ele zione del Presidente e dei membri   degli organi direttivi che restano in carica per un quadriennio e possono essere riconfermati”. Sì che è alla riconferma e solo ad essa, vale a dire ad una nuova manifestazione di volontà, la quale avvalori la determinazione di ribadire il consenso alle rappresentanze uscenti, che è subordinata la possibilità di lasciare invariata la rappresentanza. La ratio è quella di assicurare – attraverso questo necessario meccanismo di rinnovo che si affida al termine decadenziale dei quattro anni – la persistente attualità del consenso ai fini della rappresentanza dei diversi interessi. Si tratta di una regola che mira a creare le condizioni, oltre che per il miglior perseguimento dell’interesse allo sviluppo e alla promozione dello sport, anche per una tutela effettiva degli interessi degli associati, assicurando loro la possibilità di contribuire al processo di assunzione delle decisioni nella prospettiva di quell’obiettivo che si è detto. In senso opposto non vale argomentare che una eventuale esclusione delle rappresentanze non rinnovate finirebbe con il compromettere il corretto funzionamento della Federazione, perché condurrebbe ad una alterazione del processo di manifestazione della volontà assembleare. Sul ruolo e la funzione della prorogatio - La prorogatio risponde ad un interesse molto chiaro: assicurare l’ultrattività di un organo cessato, per evitare la vacatio, in attesa dell’insediamento di quello successivo. Obiettivo della prorogatio (in ambito civilistico) è, in altri termini, non quello di dare spazio a dinamiche istituzionali (come accade in ambito pubblicistico) ma di assicurare la continuità dell’organo. In questo senso depone senz’altro la regola di cui agli artt. 1129 cc., nonché artt. 2385 e 2400 c.c. Pur, nondimeno, caricandosi del valore della continuità, il problema dell’ampiezza dei poteri esercitabili in prorogatio rimane ad alimentare un interessante dibattito dottrinale che contrappone attività ordinaria/straordinaria; dibattito il quale recupera unità di vedute nella conclusione relativa alla impossibilità di definire la prorogatio come un momento di operatività ordinaria degli organi cessati, atteso che l’organo cessato non può certo operare con la pienezza dei propri poteri. La prorogatio, in altri termini, implica lo svolgimento esclusivo di quelle attività che  sono essenziali ed indila zionab ili e, dunq ue, si sostanzia nell’esercizio di poteri ben   circoscritti. In q uesta direzione muove anche la previsione di cui all’a rt. 8.5 dei  Principi Fondamentali FSNED la  q uale, ineq uivocamente, stabilisce  che  “ la prorogatio è volta a garantire un sia pur minimo funzionamento degli organi nel periodo intercorrente tra la decadenza degli stessi e l'immissione dei nuovi, ragione per la quale in regime di prorogatio la competenza è limitata agli atti conservativi o indifferibili o di ordinaria amministrazione”.  Il principio espresso è univoco nel senso di circoscrivere il compimento degli atti a quanto assolutamente indispensabile per la vita della Federazione. Né si dica che qui si tratta di norma destinata a valere solo per le ipotesi di conflitto di interessi o dimissioni. Netta è, ex adverso,  la portata generale dell’articolo che discorre di decadenza e rinnovo, e disciplina “altresì” (cfr. comma 2, art. 8.5 Principi Fondamentali FSNED) le situazioni di  decadenza legate  a ragioni diverse  dalla fisiologica scadenza del termine.   La previsione non può non valere anche per le Leghe, in forza del loro operare – come detto – come enti di secondo grado delle Federazioni, al cui apparato regolatorio afferiscono. Ad opinare diversamente si approderebbe ad una sorta di  legalizzazione della “prorogatio imperii” che troverebbe fondamento nella presunzione che la continuità a gestire la Lega sia conforme alla volontà degli associati e conforme al loro interesse. Si finirebbe così con l’attribuire rilievo ad un consenso implicito da ritenere manifestato proprio attraverso  l’inerzia e,  quindi,  attraverso  un atteggiamento di sostanziale acquiescenza. Ora, anche a prescindere da questioni più specifiche sul rilievo giuridico che assume il silenzio, quello che qui importa sottolineare è il fatto che il ricorso alla prorogatio (come opportunamente non si manca di porre in rilievo nei Principi FSNED) ha sempre carattere eccezionale e deve essere circondato da una serie di cautele, onde evitare di incorrere in pericolose forme di abuso del diritto. In altri termini, non solo il ricorso alla prorogatio non è consentito fuori dei casi espressamente previsti, ma essa (con buona pace di esigenze di continuità) deve essere rigorosamente circoscritta nel tempo. A siffatta conclusione, conduce anche altra considerazione. Se, infatti è vero che le Leghe di società sono associazioni non riconosciute attratte alla disciplina di cui agli artt. 36 ss.cc., è anche vero che la funzione che esse svolgono (accanto alla Federazione e sotto il controllo di Federazione e Coni), vale a dire il perseguimento degli interessi primari inerenti all’’organizzazione ed al potenziamento dello sport nazionale, determina una sorta di permeabilità dell’impianto codicistico a discipline speciali; permeabilità che favorisce la creazione di modelli per dir così “eterodossi”. Altrimenti detto, e recuperando al ragionamento una prospettiva funzionale, si osserva come quell’interesse pubblico e primario all’organizzazione dello sport nazionale, reagendo sulla struttura giuridica dell’associazione (nella specie la Lega), ne condizioni anche la disciplina. In questi casi, il contatto con gli interessi pubblici finisce con l’attenuare la purezza del modello civilistico. Conferma del fatto che la sovrapposizione a modelli civilistici possa approdare ad uno “snaturamento” dello schema originario, si ricava – in altro ambito – dalla previsione di cui alla legge 444/1994 che disciplina la proroga degli organi di amministrazione e controllo, delle società sia dello Stato che degli enti pubblici, dove (cfr. art. 1.1), il legislatore statale – non diversamente da quello sportivo, non solo stabilisce un termine preciso per la ricostituzione degli organi, ma prevede che il suo inutile decorso importi decadenza degli stessi, con conseguente nullità degli atti compiuti. Se ciò è si deve ritenere che a dispetto del principio di continuità, proprio la particolarità degli interessi che le Leghe sono chiamate a perseguire esclude in nuce  il ricorso alla prorogatio, salve le ipotesi di cui ai Principi Fondamentali FSNED. L’eccezionalità della prorogatio e, dunque, la sua applicabilità solo a situazioni impreviste e straordinarie si desume dalla tassatività dei casi in cui la prorogatio è ammessa, nonché dalla esigenza di contenerla comunque entro un periodo temporalmente circoscritto, evitando forme pericolose di prorogatio ad libitum che potrebbero celare pericolose manovre di aggiramento e abuso del diritto. Riferita all’ordinamento sportivo, la prorogatio si presenta, quindi, quale istituto eccezionale, non solo perchè sono tassativamente stabiliti i casi in cui può farsi ricorso ad essa, sicchè ulteriori fattispecie non sono ammissibili, ma anche perché si è intesa circoscriverne rigorosamente la durata nel tempo in ossequio ad un principio di verifica periodica (il quadriennio olimpico appunto) della volontà degli associati. Né potrebbe essere diversamente, atteso che la prorogatio – specie se sine die – finirebbe con il demandare (cfr., C.Cost. 208/1992) “all’arbitrio di chi debba provvedere alla sostituzione di determinarne la durata pur prevista a termine dal legislatore” violandosi così un fondamentale principio di imparzialità e corretto funzionamento dell’organo.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: C.U. n. 58/TFN-SD del 03 Marzo 2017 (motivazioni) - www.figc.it

Impugnazione Istanza: RICORSO EX ART. 43 BIS, COMMA 5 DEL SIG. A.M.(ELEZIONI DEGLI ALLENATORI COMPONENTI L’ASSEMBLEA E IL CONSIGLIO FEDERALE).

Massima: E’ inammissibile il ricorso proposto ai sensi dell’ art. 43 bis del Codice di Giustizia Sportiva F.I.G.C. con il quale si contestava la regolarità delle elezioni per la rappresentanza degli allenatori in assemblea e consiglio federale della FIGC per l’area sud, senza, tuttavia, individuare alcuna delibera della quale chiedeva l’annullamento. Innanzitutto, il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 43 bis del C.G.S. in quanto il ricorrente nel ricorso, nella successiva memoria e nell’audizione ha omesso di indicare l’atto gravato. Il ricorso è altresì inammissibile per omessa notificazione del ricorso alle parti interessate.   Il Sig. – omissis - nel corso dell’udienza ha confermato che con l’impugnazione de qua chiedeva l’annullamento delle elezioni per l’intera area sud. Conseguentemente il ricorso sarebbe dovuto essere notificato anche a tutti gli eletti, in quanto pregiudicati da un eventuale annullamento delle elezioni. Del resto il terzo comma dell’art. 43 bis del C.G.S. prevede espressamente che il ricorso deve essere notificato a tutte le parti interessate. Inoltre il ricorso è inammissibile anche per carenza d’interesse, poiché il Sig. – omissis -  non ha dimostrato che l’eventuale accoglimento dei motivi dedotti avrebbe determinato l’elezione del medesimo. Secondo il principio della prova di resistenza, infatti, nel quadro di una giusta composizione tra l'esigenza di reintegrare la legittimità violata nel corso delle operazioni elettorali e quella di salvaguardare la volontà espressa dal corpo elettorale, non è consentito pronunciare l'annullamento dei voti in contestazione, se l'illegittimità denunciata al riguardo non abbia influito in concreto sui risultati elettorali, sicché l'eliminazione di tale illegittimità non determinerebbe alcuna modifica dei risultati medesimi.

 

Decisione C.F.A.- Sezione Consultiva : Comunicato ufficiale n. 086/CFA del  09 Gennaio 2017 e  su  www.figc.it

Impugnazione – istanza: 1. RICHIESTA DI PARERE INTERPRETATIVO DEL PRESIDENTE FEDERALE (AI SENSI DELL’ART. 31, COMMA 1, LETT. D) C.G.S.), IN ORDINE ALL’ART. 26 DELLO STATUTO F.I.G.C., COMPONENTI DI DIRITTO DEL CONSIGLIO FEDERALE.

Massima: Con riferimento all’art. 26 Statuto Federale tutti i nuovi consiglieri federali eletti e/o espressi quali consiglieri di diritto trovano la loro collocazione nel Consiglio federale, che verrà ad insediarsi dopo la elezione del Presidente Federale per il quadriennio olimpico 2017/2020. Fino a quel momento resteranno in carica i componenti del precedente consiglio, eletti per il quadriennio olimpico 2013/2016.

 

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 076/CFA del 02 Dicembre 2016 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 079/CFA del 06 Dicembre 2016 e su www.figc.it

Decisione impugnata: COLLEGIO DI GARANZIA ELETTORALE PRESSO IL COMITATO REGIONALE EMILIA ROMAGNA DEL 29.11.2016

Impugnazione – istanza: 1. RICORSO DEL SIG. F.G. CON RICHIESTA DI PROCEDIMENTO D’URGENZA, AVVERSO LA DECLARATORIA DI NON AMMISSIBILITÀ ALLA CANDIDATURA ALLA CARICA DI DELEGATO ASSEMBLEARE COMITATO REGIONALE EMILIA ROMAGNA.

Massima: Si deve ricordare che il giudizio di impugnazione delle determinazioni relative al procedimento elettorale federale, adottate dal collegio di garanzia, deve estendersi al merito della fondatezza della pretesa fatta valere dall’interessato e non potrebbe fermarsi alla verifica della mera congruità della motivazione. Resta fermo che per elementari esigenze di trasparenza e di funzionalità del sistema di partecipazione democratica agli organi federali elettivi, il collegio di garanzia, in tutti i casi in cui stabilisca l’esclusione di una candidatura, indichi con assoluta precisione le ragioni della determinazione adottata, specificando le norme violate e le circostanze di fatto rilevanti, valutando, inoltre, la possibile sussistenza di forme di “soccorso istruttorio” e di collaborazione con i soggetti interessati, dirette a colmare tempestivamente le eventuali carenze e irregolarità della procedura. La massima nitidezza delle decisioni, del resto, potrebbe prevenire l’avvio di contenziosi inutili e costosi per il buon funzionamento del sistema di giustizia sportiva, rafforzando, al contrario, il rapporto di fiducia tra i tesserati e gli organi di garanzia.

Massima: La Corte conferma la  deliberazione del Tribunale Federale Territoriale dell’Emilia Romagna, in funzione di Collegio di Garanzia elettorale, che ha disposto l’esclusione del candidato dalle elezioni alla carica di delegato assembleare, ritenendo che, per effetto della “nullità” di alcune delle sottoscrizioni allegate alla candidatura, sia carente il prescritto requisito delle designazioni da parte di almeno 15 società LND, previsto dall’art. 8, in materia di norme procedurali per le assemblee della LND. Ciò chiarito, il collegio osserva, nel merito, che il candidato ha presentato la propria candidatura, corredata da 22 firme. Per la rituale ammissione alla competizione elettorale è necessaria e sufficiente l’allegazione di 15 firme e nessuna disposizione federale sancisce (come previsto, invece, nel procedimento elettorale amministrativo statale) un numero massimo di sottoscrizioni a sostegno della medesima candidatura. Il Tribunale Federale, però, ha rilevato che alcune delle designazioni dovevano considerarsi irregolari e non conteggiabili. In particolare, ha ritenuto irrituali le sottoscrizioni delle seguenti società: - perché la firma non appare corrispondente a quella del foglio di censimento; - perché sei società hanno sottoscritto più di dieci designazioni, tutte giudicate inefficaci e nulle; -, perché società di puro calcio femminile; perché società di puro settore giovanile. In sostanza, secondo il Tribunale territoriale, poiché delle 22 firme presentate, ben nove sono inefficaci, il candidato non ha allegato un numero di sottoscrizioni valide idoneo a superare il minimo di 15, previsto dalla normativa federale.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 065/CFA del 24 Novembre 2016 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 071/CFA del 30 Novembre 2016  e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera n. 1 del Collegio di Garanzia elettorale L.N.D. del 10.11.2016

Impugnazione – istanza: 6. RICORSO DEL SIG. M.A. AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL DEPOSITO DELLA PROPRIA CANDIDATURA A PRESIDENTE DELLA DIVISIONE CALCIO A 5 PER IL QUADRIENNIO OLIMPICO 2016-2020, CANDIDATURA PRESENTATA L’8 NOVEMBRE 2016

Massima: La Corte, annulla la delibera adottata dal Collegio di Garanzia Elettorale con la quale dichiarava inammissibile il deposito della candidatura a Presidente della Divisione Calcio a 5 sul presupposto che l’art. 9, 2° comma, delle norme procedurali per le Assemblee della LND, prevederebbe che le candidature debbono essere presentate almeno 7 giorni prima della data fissata per la relativa assemblea elettiva  in considerazione che alla data di presentazione della candidatura da parte del candidato non era stata ancora fissata la data dell’assemblea. Con il C.U. n. 104/2016 della Divisione Calcio a 5 della LND veniva data comunicazione dell’avvio del percorso elettorale secondo le deliberazioni del Consiglio Direttivo della LND in data 18.10.2016. Che il percorso elettorale fosse indubbiamente iniziato e fosse stato ritualmente incardinato, si evince poi dalla considerazione che al citato C.U. n. 104/2016 era allegato il modulo tipo predisposto dalla LND per la raccolta delle designazioni alle cariche elettive “…ed al connesso avvio del percorso elettorale…”. In questo contesto – ed a prescindere dall’esistenza o meno di un termine iniziale, che la normativa nemmeno pone – il fatto che la data dell’Assemblea non risultasse ancora fissata appare ininfluente in quanto appunto erano indubbiamente stati promossi tutti gli atti prodromici al percorso elettorale. Il tale ambito quindi legittimamente gli interessati potevano produrre la propria candidatura. L’esistenza dell’inizio del percorso elettorale è dato del resto dal fatto che il provvedimento contestato è stato adottato proprio dal Collegio di Garanzia Elettorale, Organo appunto che si costituisce solo ed esclusivamente in vista delle elezioni.

 

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 070/CFA del 28 Novembre 2016 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 072/CFA del 30 Novembre 2016 e su www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Marche – Com. Uff. n. 87 del 23.11.2016

Impugnazione – istanza: 1. RICORSO CON RICHIESTA DI PROCEDIMENTO D’URGENZA DEL SIG. C.M. AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ ALLA CANDIDATURA A RESPONSABILE REGIONALE MARCHE DEL CALCIO A CINQUE

Massima: La Corte, annulla la delibera adottata dal Collegio di Garanzia Elettorale del Comitato Regionale Marche F.I.G.C.-L.N.D. che -  in vista del rinnovo delle cariche in seno al Comitato per cui veniva indetta l’Assemblea ordinaria elettiva del Comitato -  aveva dichiarata inammissibile la candidatura proposta dall’allenatore tesserato in attività con una società per l’elezione a Responsabile Regionale del Calcio a Cinque (cfr. punto 9 dell’ordine del giorno dell’Assemblea Ordinaria elettiva). Il Responsabile Regionale del Calcio a Cinque ricopre, una funzione nell’ambito degli Organi primari essendo membro – ai sensi dell’art. 14 del Regolamento della L.N.D. – del Consiglio Direttivo del Comitato Regionale. L’art. 49, punto a) detta i principi fondanti i divieti e le incompatibilità in base ai quali il membro di un Organo primario – tra cui, come visto in precedenza, rientra il Responsabile Regionale Calcio a Cinque – non può rivestire alcuna carica a qualsivoglia titolo in seno alla Società affiliata alla F.I.G.C. Si tratta di un divieto che non può colpire un allenatore il quale in seno alla società di appartenenza non ha alcuna carica. In tema di elezioni vige il generale principio della massima partecipazione per cui le cause di incompatibilità e/o ineleggibilità sono di stretta interpretazione, non potendo le norme essere estensivamente lette. Il richiamo effettuato dalla Commissione di Garanzia alla qualifica del candidato - essere allenatore ad oggi in attività - sembra offrire una interpretazione estensiva dell’art. 49 che al contrario è limitato solo ed esclusivamente a coloro i quali ricoprono cariche all’interno di una società. La carica nella sua etimologia appare e sembra essere cosa affatto diversa rispetto alla mera posizione di tesserato (quale è un allenatore), implicando un regime rappresentativo esterno alla società di appartenenza, che appunto il mero tesserato non sembra possedere. Ciò che connota una carica è la preposizione nell’ambito di un organo in seno alla società a rilevanza esterna che non tutti i tesserati della società possiedono essendo distinta la componente tecnica rispetto appunto alla componente amministrativo-gestionale e rappresentativa cui la carica è connessa.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.020/TFN del 04 Ottobre 2016 - www.figc.it

Impugnazione Istanza: IMPUGNAZIONE EX ART. 43BIS DEL SIG. P.F.DELLA DELIBERA DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DI LEGA PRO, CON CUI È STATA FISSATA L’ASSEMBLEA ELETTIVA DI LEGA PRO AL 12 SETTEMBRE 2016.

Impugnazione Istanza: IMPUGNAZIONE EX ART. 43BIS DEL SIG. A.G. P. DELLA DELIBERA DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DI LEGA PRO, CON CUI È STATA FISSATA L’ASSEMBLEA ELETTIVA DI LEGA PRO AL 12 SETTEMBRE 2016.

Impugnazione Istanza: IMPUGNAZIONE EX ART. 43BIS DELLA SOCIETÀ AC RENATE 1947 SRL DELLA DELIBERA DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DI LEGA PRO, CON CUI È STATA FISSATA L’ASSEMBLEA ELETTIVA DI LEGA PRO AL 12 SETTEMBRE 2016.

Massima: Il Tribunale Federale Nazionale, dichiara improcedibili, i ricorsi presentati  avverso l’annullamento, , della delibera del 22 Agosto 2016 del Consiglio Direttivo della Lega Pro nella parte in cui veniva convocata l’assemblea elettiva per il giorno 12 Settembre 2016, lamentandone l’illegittimità sotto diversi profili, per sopravvenuta carenza di interesse, tenuto conto della fissazione della nuova data dell’assemblea elettiva - sostitutiva della precedente oggetto di contestazione - disposta dal Consiglio Direttivo della Lega Pro nella riunione del 20 Settembre 2016, giusta comunicato del 22 Settembre 2016, con il quale, fra l’altro, l’Assemblea è stata convocata trentadue giorni prima della data della riunione, vale a dire il 24 Ottobre 2016. La nuova convocazione fa venire meno ogni interesse dei ricorrenti e dei resistenti ad una decisione nel merito dei ricorsi.

 

Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Sezione Consultiva: Parere n. 7 del 11/07/2016 – www.coni.it

Parti: Parere su richiesta CONI: quale sia il rilievo da attribuire alla previsione di cui all’art. 7.4., comma 7, dei Principi Fondamentali delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate (di seguito Principi Fondamentali FSN/DSA)  a norma del quale «Sono, altresì, ineleggibili quanti abbiano in essere controversie giudiziarie contro il CONI, le Federazioni, le Discipline Sportive Associate, o contro altri organismi riconosciuti dal CONI stesso»; nonché dell’art. 25, commi 7 e 8, dello Statuto FIN che, nel comma 7, riprende la formulazione di cui ai Principi Fondamentali FSN/DSA «7) E’ ineleggibile chiunque abbia in essere controversie giudiziarie contro il C.O.N.I. le Federazioni sportive nazionali, le Discipline sportive associate o contro altri organismi riconosciuti dal C.O.N.I. stesso», salvo poi integrare la disposizione al successivo comma, stabilendo che «8) La mancanza anche di uno solo dei requisiti accertata dopo l’elezione o comunque intervenuta nel corso del mandato comporta la decadenza della carica». In particolare, appurare quale la ratio e, dunque, la lettura da ascrivere a siffatte disposizioni sull’incompatibilità, alla luce – appunto – della articolata e complessa vicenda che coinvolge il CONI, da un lato, e la FIN, nella persona di un suo tesserato, dall’altro, senza che in alcun modo ne sia coinvolto il merito (cfr., art. 56, comma 3, CGS).

Massima: La ragion d’essere del presente parere riposa, infatti, sul significato che assume l’articolato de quo, essendo di palese evidenza che la decadenza scatti, quale sanzione, solo in presenza di una chiara rottura di quell’armonia dell’ordinamento sportivo nazionale e internazionale di cui all’art. 7.4. comma 7, Principi Fondamentali FSN/DSA e all’art. 25, commi 7 e 8, Statuto FIN; rottura che la presenza di una controversia giudiziaria in essere (comma 7), ovvero sopravvenuta (comma 8), evidentemente conclama. Gli aspetti controversi travolgono profili soggettivi ed oggettivi, occorrendo verificare: a) la ratio della disposizione, anche alla luce dei principi generali dell’ordinamento, non solo sportivo; b) quale ampiezza vada riconosciuta – da un punto di vista soggettivo all’espressione «controversie giudiziarie contro il CONI e le Federazioni sportive nazionali»; c) quale sia il raggio di azione della previsione normativa, ovverossia  la  portata  del  rapporto  fra  significante  e  significato  che  attiva  l’espressione «chiunque» (comma 7, art. 25 Statuto FIN). Abuso del diritto e clausole generali di correttezza e lealtà. Punto di partenza di questa analisi è la previsione di cui al Codice di Comportamento sportivo del 30 ottobre 2012 che, in premessa, sotto la rubrica «Principi Fondamentali», stabilisce che i principi cui atleti, affiliati, associati, amministratori devono ispirare la loro condotta sono quelli «inderogabili e obbligatori, di lealtà, correttezza e probità previsti e sanzionati dagli Statuti e dai regolamenti del CONI, delle Federazioni sportive nazionali, ivi compresi quelli degli organismi rappresentativi delle società, delle Discipline sportive associate, degli Enti di promozione sportiva e delle Associazioni benemerite». Sebbene non sia agevole attribuire un contenuto preciso a questi doveri, per il loro partecipare della natura di clausole generali, non v’è dubbio che obiettivo del Codice sia quello di delineare una serie di regole di condotta, che devono ispirare «i tesserati alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline sportive associate, agli Enti di promozione sportiva e alle Associazioni benemerite, in qualità di atleti, tecnici, dirigenti, ufficiali di gara, e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo, in eventuali altre qualifiche diverse da quelle predette, comprese quelle di socio cui è riferibile direttamente o indirettamente il controllo delle società sportive» (comma 2 della Premessa). La scelta strutturale compiuta dal legislatore, ovverossia, quella di indicare, in incipit, i criteri di formazione giudiziale della regola da applicare (Mengoni, Spunti per una teoria delle clausole generali, RCDP, 1986, 10) risulta assolutamente decisiva. Essa, infatti, assolve alla funzione di rendere palesi gli obiettivi di policy che con siffatto codice si è inteso perseguire e, al tempo stesso, mira a delineare una sorta di «manifesto» dell’ordinamento sportivo. L’obiettivo è evidente, trattandosi di garantire una più esplicita e palese valenza di quei principi  di  eguaglianza,  non  discriminazione,  solidarietà  che  connotano  l’essenza  stessa dell’attività sportiva. Vero è che quelle clausole generali contenute nei codici di condotta, quali values statement, null’altro fanno che elencare i valori dell’ordinamento di riferimento e fissare le linee guida di una condotta, promettendo che essa sia conforme alla così individuata gerarchia. Sarebbe però impreciso ritenere che, nel caso dell’ordinamento sportivo, siffatti obblighi abbiano un rilievo meramente etico. Proprio la peculiarità dell’ordinamento sportivo fa si, infatti, che i principi etici, si trasformino in altrettanti principi giuridici dell’ordinamento sportivo. Analogamente a quanto accade per l’ordinamento statale – dove il richiamo ai doveri inderogabili di lealtà, correttezza e integrità acquista una caratteristica connotazione giuridica, che affiora proprio dalla necessità di porre limiti a situazioni giuridiche soggettive, alla luce dei valori costituzionali che ispirano l’ordinamento – nel caso dell’ordinamento sportivo g li obblighi di  lealtà, correttezza, non violenza, non discriminazione, appaiono interpretare l’essenza stessa  dell’ordinamento al punto che la loro viola zione si traduce nella negazione stessa dell’attività   sportiva. Né la difficoltà di offrire una definizione esaustiva dei doveri di lealtà, correttezza, probità impedisce di considerarne la rilevanza dal punto di vista giuridico. Quali clausole generali, siffatti doveri presentano all’opposto un contenuto la cui precettività non è messa in discussione dalla loro naturale storicità e relatività. L’importanza di richiamare compiti, doveri, funzioni, lungi allora dall’apparire sterile esercizio letterario, assolve, piuttosto, il compito di «fare il punto» sui valori che devono permeare il diritto inteso come «etica codificata» (G. Visentini, L’etica degli affari, in Scritti in onore di Buonocore, I, 881). Quando il legislatore richiama questi obblighi lo fa per creare affidamento e delineare, in ultima analisi, il contesto normativo entro il quale tutta la comunità si riconosce ed andrà ad operare. La flessibilità che è propria delle clausole generali sottintende un complesso processo di «concretizzazione» che non può che essere operato dall’interprete chiamato a verificare il rispetto dei doveri di lealtà, correttezza e buona fede. Il rinvio al dibattito dottrinale che su questi temi occupa la dottrina civilistica è evidente. Ma se, in ambito civilistico, il collegamento fra un generale dovere di correttezza e «quell’aspirazione generalizzata alla instaurazione di  una garanzia di sostanziale rispetto della personalità dei soggetti, che, come è noto, rappresenta la direttiva fondamentale di svolgimento delle strutture dell’intero sistema» (Natoli, L’attuazione del rapporto obbligatorio, I, p. 36), porta la dottrina a riflettere ora sul ruolo dell’art. 1175 c.c. e 1375 c.c., ora sul rilievo che assumono concetti quali quelli di solidarietà, affidamento reciproco, lealtà (Rodotà, Perlingieri), nel caso dell’ordinamento sportivo il problema si semplifica. La normativa di correttezza – proprio in considerazione della peculiarità del sistema –  non può che riposare su principi di solidarietà e affidamento reciproco, la cui violazione determina sanzioni giuridiche (S. Romano, Principi di diritto costituzionale generale,  Milano,  1946,  p.  92; P.  Biscaretti di Ruffia, Norme sulla correttezza  costituzionale,  Milano,  1939,  p.  94  ss.;  G.  Codacci Pisanelli, L’invalidità come sanzione di norme non giuridiche, Milano, 1940, p. 24 ss.; G. Sicchiero, Appunti sul fondamento costituzionale del principio di buona fede, in Giur. It., 1993, I, 1, p. 2129; F. Merusi, L’affidamento del cittadino, Milano, 1970; M. Santilli, Il diritto civile dello stato. Momenti di una vicenda tra pubblico e privato, Milano, 1985). Il quadro normativo di riferimento è qui rappresentato non solo dal Codice di Comportamento Coni, ma, in maniera più pregnante per la differenza logica e ontologica fra principi e clausole generali, dai principi contenuti nella Carta Olimpica che fissano le coordinate cui deve ispirarsi la condotta fra consociati, all’interno dell’universo sportivo. I principi della Carta Olimpica strutturano, infatti, un sistema in cui eguaglianza e non discriminazione, democraticità, partecipazione, sono strumento e affermazione di un più generale principio di solidarietà. Né si deve ritenere che tali principi riguardino il mero campo relazionale più che quello  del  diritto  in  senso  stretto,  dovendosi  interpretare  la  norma della  Carta Olimpica  in  maniera da permetterne l’attuazione. Da un punto di vista pratico, allora, il richiamo ai doveri di correttezza, lealtà e probità, - come vivificati dal contatto con i principi di cui si è discorso – assume il valore di manifestazione di una vera e propria tecnica di formazione giudiziale della regola, che opera non soltanto in funzione integrativa, ma anche valutativa della condotta tenuta.Se così è, ne consegue che il richiamo alla lealtà e correttezza deve considerarsi manifestazione della necessità per l’ordinamento (a maggior ragione quello sportivo)  di limitare condotte che, pur formalisticamente espressione di posizioni riconosciute dall’ordinamento, in realtà sono tenute per far valere pretese contrarie ai fini propri dell’ordinamento di riferimento. Ed è in questo senso argomentando che si comprende come il riferimento alle clausole generali non possa che collegarsi alla complessa problematica del diritto soggettivo e dei limiti al suo esercizio. Un discorso a parte vale per il Codice Europeo di Etica sportiva, approvato dai Ministri europei responsabili per lo Sport, a Rodi il 13-15 maggio 1992, che, pur non potendosi tecnicamente ritenere una fonte, comunque rileva ai fini del presente parere, nella parte in cui dispone: «Il principio fondamentale del Codice è che le considerazioni etiche insite nel gioco leale (fair play) non sono elementi facoltativi, ma qualcosa d’essenziale in ogni attività sportiva, in ogni fase della politica e della gestione del settore sportivo». L’imposizione di specifici criteri di valutazione della stessa evita, infatti, «di dover considerare permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna norma rende obbligatorio» (F. Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1990, p. 462).Non v’è dubbio, infatti, che il titolare di un diritto possa sempre agire per  vedere realizzata la sua pretesa. Del pari indubbio, tuttavia, che tale diritto debba essere esercitato nel rispetto di precise condizioni di tempo, di luogo, di modo, di circostanze. I limiti alla condotta sono imposti affinchè del diritto sia fatto un uso «ragionevole» proibendo il raggiungimento di finalità diverse da quelle cui esso è naturalisticamente rivolto. La connessione fra erosione del diritto soggettivo e abuso del diritto è, in tal senso, del tutto evidente.   L’abuso, infatti, si  sostanzia nell’uso eccessivo di un potere che pure si possiede, al solo f ine di arrecare danno a   terzi, ovvero per ricavarne, in qualche modo, un indebito vantaggio. Esso è violazione di principi basilari nella vita di relazione giuridica, recte, di quei principi di collaborazione cui ogni ordinamento moderno deve ispirarsi, e che si spingono al punto di giustificare «l’affidamento per ciascuno di vedersi trattato dagli altri secondo norme di onestà e correttezza» (Trabucchi, Istituzioni di diritto privato, 1992, 489). Ciò che, tuttavia, ridonda in abuso non è il mero superamento dei limiti astrattamente imposti ad una condotta. Il concetto di abuso è, infatti, da mettere in relazione alla più ampia funzione della situazione giuridica soggettiva di cui la persona è titolare; situazione che, per il suo investire poteri, facoltà, oneri, etc., deve, dunque, essere guardata nella sua complessità, dovendosi analizzare non la singola condotta isolatamente considerata, ma l’insieme delle circostanze che la hanno accompagnata (Taruffo, L'abuso del processo: profili generali, in L'abuso del processo, Atti del XXVIII convegno nazionale, Urbino, 23-24 settembre 2011, Bologna, 2012 ). In altri termini l’esercizio di un diritto è abusivo se il titolare ha intenzionalmente recato un danno ad una controparte, facendosi schermo dell’apparenza di legittimità della propria condotta, come offertagli dalla titolarità di un diritto soggettivo. Laddove l’abusività della condotta è la risultante di un giudizio complesso – il quale non può che fare applicazione dei criteri della ragionevolezza e proporzionalità – che abbraccia momenti, situazioni, circostanze da cui emerge quella «eterogenesi dei fini» di cui discorre la dottrina (D’Amelio, Abuso del diritto, in Nov.Dig.it, 1957, 95-56 ); una eterogenesi vieppiù evidente in presenza di più condotte, da cui emerga una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto e il sacrificio ricadente su una qualche «controparte». La difficoltà di accertare la situazione di abuso – come sembra ricavarsi dallo sforzo euristico di una giurisprudenza che però mostra di farvi sempre più spesso ricorso – non impedisce di andare alla ricerca, e sanzionare per le ragioni dette, ogni ingiustificata e eccessiva amplificazione del proprio diritto; una amplificazione che (come si diceva) può anche sciogliersi in una serie di condotte le quali, pur singolarmente legittime, manifestano, assunte nel loro succedersi, la sola volontà di arrecare danno a terzi, senza che  vantaggio alcuno ne derivi per l’autore della stessa o, pegg io, portate avanti al solo scopo di   danneggiare. Sulla valenza dell’espressione controversie giudiziarie – Tanto l’art. 7, comma 4, dei Principi Fondamentali FSN/DSA, quanto l’art. 25, comma 7, dello Statuto Fin, così come i principi contenuti nella Carta Olimpica, muovono in una medesima direzione. L’obiettivo, ben espresso dall’art. 3 della Carta, è quello di mettere lo sport al servizio dell’uomo per favorire lo sviluppo di una società «pacifica». Dal canto suo, la Regola 25.2.1, dichiarando di voler sanzionare in maniera esplicita ogni comportamento che arrechi danno al C.I.O., fa uscire i Principi Fondamentali (segnatamente i punti 1-8) dal limbo della programmaticità per assegnare ad essi quella diretta rilevanza giuridica di cui si è detto. Un quadro normativo sufficientemente delineato finisce così con il fissare le coordinate che definiscono il comportamento eticamente corretto; coordinate entro le quali devono muoversi tutti gli attori del variegato universo sportivo (dirigenti, atleti, tecnici, funzionari etc.). Orbene, senza entrare nel merito di una vicenda che da tempo vede coinvolti Coni, da un lato e Fin, dall’altro, trattandosi di attività che esula dalla competenza di questa Sezione come adamantinamente fissata dall’art. 56, comma 3, CGS, pare a codesto Collegio che elemento centrale del parere sia la questione di cosa, in concreto, costituisca abuso del diritto e, più precisamente, quale la portata e l’ampiezza della formula «controversie giudiziarie contro il Coni». A scanso di equivoci è necessario – alla luce delle considerazioni svolte – sgomberare il campo da ogni approccio formalistico nella considerazione degli atti/comportamenti dei soggetti e precisare, altresì, come, all’interno della tematica dell’abuso del diritto, si collochi il filone processualistico dell’abuso del processo, quale sviamento dello strumento giurisdizionale. Laddove chiaro è il riferimento all’esplicitarsi di comportamenti legittimi delle parti (o del giudice), ma che tuttavia perseguono finalità differenti rispetto a quella naturale. Un esempio per tutti, è certo dato dall’uso strumentale della prescrizione, quale unica meta dell’attività difensiva ovvero, da tutte quelle attività volte ad ostacolare l’esercizio del diritto dell’altra parte, come, ad esempio, potrebbe dirsi, avuto riguardo all’ordinamento sportivo, allorchè si pongano in essere condotte volte ad impedire, ostacolare o rendere più complesso l’esercizio del diritto di difesa dilatando oltre il necessario i tempi per depositi di atti, documenti, etc., senza offrire all’altra parte la possibilità di elaborare una seria controargomentazione. Con abuso del processo deve, pertanto, intendersi un uso incongruo del diritto di compiere attività processuale, si tratti dell'avvio del processo, della proposizione di eccezioni, della formulazione di istanze istruttorie, e così via. Gli indici da cui desumere un abuso del processo sono assai eterogenei fra loro e si risolvono (senza pretesa di esaustività): a) nella volontà di nuocere da parte del suo autore; b) nel difetto di un reale interesse in capo al medesimo; c) nella non meritevolezza di tutela di tale interesse o comunque nella necessità di operare un bilanciamento con quello della controparte, o delle controparti; d) nella scorrettezza delle modalità di esercizio del diritto; e) nell'uso di quest'ultimo per uno scopo diverso rispetto a quello per il quale esso è conferito e così via enumerando. L’abuso del processo, come ben osservano i giudici in Cass., 22 luglio 2014, n. 16627, che si richiamano alla giurisprudenza europea, «discende dal fatto che ogni ordinamento che aspiri a completezza e funzionalità deve “tutelarsi” per evitare che i diritti da esso garantiti siano esercitati o realizzati, pure a mezzo di un intervento giurisdizionale, in maniera “abusiva”, ovvero eccessiva e/o distorta». L'abuso del processo, così, consiste (Cass., Sez. Un., sentenza n. 155 del 29/09/2011, in Ced Cass., Rv. 251496) «in un vizio, per sviamento, della funzione, ovvero in una frode alla funzione, e si realizza allorché un diritto o una facoltà processuali sono esercitati per scopi diversi da quelli per i quali l'ordinamento processuale astrattamente li riconosce all'imputato, il quale non può in tale caso invocare la tutela di interessi che non sono stati lesi e che non erano in realtà effettivamente perseguiti». In tale sede, in tema di abuso di ufficio, è stata esclusa qualsiasi violazione del diritto alla difesa. I giudici, all’opposto, hanno censurato l’eccessivo numero di iniziative processuali, ravvisando in esse un concreto pregiudizio dell'interesse obiettivo dell'ordinamento, e di ciascuna delle parti. Di siffatta complessa rilevanza della figura di abuso del diritto/del processo ben si rende conto lo stesso legislatore sportivo (cfr., Premessa dei Principi Fondamentali di cui al Codice di Comportamento) ove di siffatta figura egli discorre in chiave dogmatica e riassuntiva (violazione dell'obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede), ma altresì, processuale, (violazione degli obblighi di lealtà e probità). Ed allora, vero è che l’attribuzione, in via generale ed astratta, di un diritto soggettivo rappresenta l’esito della scelta di formalizzare l’interesse sottostante (il «bene della vita», nella terminologia di alcuni giuristi), attribuendogli una determinata forma di protezione giuridica. Del pari indubbio che l’esercizio di questo diritto non può sostanziarsi, come si diceva, in un right to do wrong  e  cioè  nella  possibilità,  pure  offerta  dall’ordinamento,  di  compiere  atti  che «pervertono» la funzione o il «senso» del diritto stesso.  Se così è, ne discende che l’intrecciarsi di azioni, deferimenti, denunce presentate nella  consapevolezza dell’innocenza della parte denunciata (specie se seguita da archiviazione senza che si sia arrivati al dibattimento), opposizioni all’archivia zione, uso strumentale di rimedi   processuali,   enfatizzazione   mediatica   di   vicende   processuali   che   esulino   dal   diritto  all’informazione sono indicativi d i una condotta contraria a quei doveri di correttezza, lealtà e   probità di cui si è discorso. Ed ancora in tal senso depone, ogni allontanamento – mascherato da motivazioni fittizie o in assenza di un interesse specifico – dalla indiscutibile procedimentalizzazione delle controversie sportive,  chiamando in causa il giudice statale a dispetto del vincolo di giustizia «momento fondamentale dell’ordinamento sportivo, essendo fisiologicamente finalizzato a garantirne l’autonomia, quanto alla gestione di interessi settoriali, rispetto a quello statale» (Cass. 2005/18919). Ammessa, infatti, la rilevanza giuridica di quegli obblighi di correttezza, lealtà, probità etc. occorre  giocoforza  riconoscere  che  è  sulla  sanzione  che  inevitabilmente  è  destinato  a «scaricarsi» per dir così il peso della precettività di siffatti obblighi, pena l’attrazione di quei doveri all’ambito dell’irrilevante giuridico (cosa che non è). Sul piano delle sanzioni, nel caso dell’ordinamento statale (ma il discorso con gli opportuni adattamenti è destinato a valere anche per l’ordinamento sportivo) occorre operare una distinzione fra ciò che attiene la sorte del processo e il profilo delle eventuali ulteriori sanzioni. Nel primo caso, l’assenza del diritto di compiere un atto, ovvero la presentazione di una domanda non assistita dal diritto di azione (neppure astrattamente intesa), non può che condurre al rigetto della stessa. Nel secondo, e cioè sotto il profilo delle conseguenze economiche, dubbio alcuno riveste l’applicazione dell’art. 92, comma 1º, c.p.c. ovvero dell’art. 96 c.p.c., in caso di richiesta di risarcimento. Il punto di partenza, come ovvio, è rappresentato dalla violazione dei doveri di lealtà e probità di cui all’art. 88 c.p.c. Che si tratti di un principio, quello della lite temeraria che trovi riconoscimento anche nell’ordinamento sportivo è testimoniato dal rilievo riconosciuto a questa regola (cfr. art. 16, Reg. Giustizia Fin). Nel caso dell’ordinamento sportivo,  tuttavia,  il discorso  non può che assumere  una intensità maggiore, che non si appiattisce né si risolve nella sola dimensione risarcitoria. Questa intensità emerge dal fatto che, anche a prescindere da situazioni di abuso processuale, si prevede la sanzione dell’ineleggibilità per «chiunque» abbia in essere controversie giudiziarie conto il Coni (così i Principi Fondamentali FSN/DSA e così anche l’art. 25, comma 7, Statuto Fin). Laddove chiara è la ratio dell’ineleggibilità, qui disposta a tutela di quell’armonia, accordo, serenità di rapporti che tanto più devono riscontrarsi in chi assume responsabilità gestorie e di amministrazione. Ma se così è, se cioè, anche l’agire a tutela di un proprio interesse crea i presupposti dell’ineleggibilità, a maggior ragione ciò deve sostenersi nel caso in cui la condotta sia espressione di abuso. Ed ancora, a conferma della forza che possiede il principio dell’armonia del sistema sportivo, vale la disposizione di cui all’art. 25, comma 8, che commina la decadenza al verificarsi, anche durante il mandato, di una di quelle condizioni. Non trovano spazio qui considerazioni formalistiche – e non lo potrebbero, a meno di negare la ratio stessa della norma – sul persistere della mancanza del requisito al momento dell’accertamento. La prospettiva assiologica, da cui a parere di questo Collegio non è dato allontanarsi, impone di ritenere che se principio generale è quello della salvaguardia di quell’armonia, concordia e trasparenza, che nell’ordinamento sportivo devono essere al massimo assicurate, allora sia procedimenti in atto, sia conclusi (art. 25, comma 8, Statuto Fin) negano quel principio. Ne consegue che il dare inizio ad una controversia ora si risolve in causa di ineleggibilità, ove l’azione sia intentata da un possibile candidato, ora sfocia in causa di decadenza, per «chiunque», in corso di mandato, dia comunque avvio ad una controversia; ipotesi per la quale è stata, evidentemente, prevista la sanzione della decadenza. Abuso del diritto e superamento della personalità giuridica. Ora, proprio l’espressione «chiunque» adoperata dal legislatore fa ben intendere la portata espansiva del principio enunciato. «Chiunque», infatti, è qualsiasi persona e la sua riferibilità ai «requisiti personali» di eleggibilità di coloro che possono rivestire cariche federali non è, in vero, in discussione. Ma se ciò è, se, vale a dire, la valenza soggettiva della norma è ben delineata, per cui l’ineleggibilità/decadenza scatta solo nel caso in cui la controversia sia proposta da una persona fisica – per cui in presenza di controversia sollevata da una Federazione non si realizza la casistica di cui al comma 7 dell’art. 25 Statuto Fin - altrettanto vero è che la persona giuridica non può mai rappresentare il comodo schermo dietro cui trincerarsi per far valere interessi personali. Il problema dell'abuso della personalità giuridica si manifesta, infatti,  laddove si usi l'esenzione dal diritto comune oltre i limiti in cui il legislatore ha previsto e voluto contenerla. In tutti questi casi, ogni qual volta, vale a dire, vengano meno i presupposti che giustificano le ragioni del privilegio normativo offerto dalla disciplina codicistica, la repressione dell'abuso della personalità giuridica importa inevitabilmente la disapplicazione della disciplina speciale prevista, ed il ritorno al diritto comune. Abusare della personalità giuridica, tecnicamente, significa godere della disciplina speciale in situazioni diverse da quelle che ne giustificano l'applicazione: significa in altri termini, fruire dell'esenzione dal diritto comune oltre i limiti entro i quali il legislatore ha inteso contenerla. Il ricorso analogico alle posizioni giurisprudenziali sugli abusi della persona giuridica, in caso (ad esempio) di socio unico, permette di vedere come la reazione dell’ordinamento inevitabilmente segua alla condotta «dolosa» e si concentri sulla sanzione della decadenza dal beneficio della responsabilità limitata (fino alla previsione dello stesso fallimento). Nel caso del diritto societario, le tecniche di repressione sono diverse a seconda del tipo di abuso, spingendosi, nei casi piú gravi, allorchè una società di capitali risulti costituita al solo scopo di procurare ai soci il beneficio della responsabilità limitata e questi abbiano agito nel piú assoluto disprezzo delle regole di organizzazione e di funzionamento del tipo di società prescelto, ad un superamento dello schermo della personalità giuridica che consente, addirittura, di perseguire i soci, illimitatamente e solidalmente, per tutte le obbligazioni sociali. In altri casi, superando lo schermo della personalità giuridica si arriva ad imputare direttamente ai soci i rapporti giuridici posti in essere dalla società (in questo senso, v. App. Roma, 28 ottobre 1986, in Giur. it., 1987, I, 2, c. 460, commentata da GALGANO, L'abuso della personalità giuridica, p. 365 ss.). L’utilità del ricorso al diritto societario, così come la possibilità di fare applicazione analogica delle soluzioni adottate, è evidente. Qui come lì, l’abuso della personalità giuridica non è niente altro che abuso dei diritti nascenti dalle norme che la legge «riassume» nel concetto di  persona giuridica. La possibilità di  fare  appello all’abuso della personalità giuridica ed all’esigenza di superarne lo schermo si realizza, quindi, ogni qual volta la personalità giuridica sia ridotta a mero simulacro formale, comodo schermo dietro il quale si celano interessi specifici dei singoli. Si tratta di condotta che l’ordinamento sanziona perché contraria a quei doveri di correttezza e buona fede di cui si è discorso, con la conseguenza che, laddove si verifichi questa eventualità, responsabile non potrà che essere il singolo, avuto riguardo al ruolo svolto. Ne consegue che, così come  nel caso del diritto societario la condotta abusiva del socio conduce alla disapplicazione della disciplina speciale prevista ed il ritorno al diritto comune, anche nell’ordinamento sportivo, in presenza di una condotta che mostra di far uso della disciplina speciale in situazioni diverse da quelle che ne giustificano l'applicazione, lo schermo della Federazione non può che cadere.

Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n. 062/CFA del 18 Dicembre 2015 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: 1. RICHIESTA DI PARERE INTERPRETATIVO DEL PRESIDENTE FEDERALE (AI SENSI DELL’ART. 31, COMMA 1, LETT. D) C.G.S.), IN ORDINE ALL’ART. 26, COMMA 1, LETT. A) E B) STATUTO F.I.G.C.

Massima: Chiarisca la Corte Federale d’Appello Sezione Consultiva se il rinnovo delle cariche direttive, a seguito del commissariamento, implica anche la necessaria contestuale elezione dei consiglieri federali nella medesima assemblea, con decadenza di quelli in carica. In tal caso la Corte chiarisca ulteriormente se un soggetto possa presentare più di una candidatura per diverse cariche (ad es. il candidato Presidente non eletto può a sua volta successivamente candidarsi per la carica di Consigliere Federale?) L’articolo 26 del vigente statuto FIGC disciplina l’elezione e la composizione del Consiglio Federale. In particolare, stabilisce che il Consiglio federale si compone, «senza la possibilità di delegare ad altri la partecipazione», anche di tre componenti «eletti» dalla Lega Italiana Calcio Professionistico, ivi compreso il relativo Presidente. Il comma 4 della disposizione citata precisa, poi, che l’elezione dei Consiglieri federali da parte delle Leghe «avviene prima della data fissata per lo svolgimento dell’Assemblea Federale elettiva secondo i regolamenti elettorali emanati dalle Leghe». La formulazione del testo induce a ritenere, in virtù, in particolare, dell’indicazione della “non delegabilità” della funzione e della stretta connessione con l’assemblea elettiva, che l’elezione dei rappresentanti sia strettamente “funzionale” alla costituzione del Consiglio federale ed al suo funzionamento; anzi, la costituzione stessa del Consiglio federale, ai sensi del comma 5, «si perfeziona con l’elezione del Presidente da parte dell’Assemblea federale». In sostanza, una volta eletti, i rappresentanti non hanno più un “vincolo di mandato” o, se si preferisce, di derivazione dalle rispettive leghe, ma assumono lo “status” autonomo di componenti del Consiglio Federale e garanti e partecipi del suo funzionamento. D’altronde, a mente dell’art. 9, comma 13.3, del vigente Statuto LICP, “alla carica di Consigliere Federale possono essere eletti anche persone che non siano rappresentanti di società associate alla Lega”, quasi a sottolineare l’autonomia della funzione, pur nella logica della rappresentanza, appunto, della Lega stessa. L’art. 8, poi, dello Statuto vigente del C.O.N.I., disciplinando in generale, il “Principio di decadenza degli organi federali”, rafforza ancora di più il legame tra il Presidente ed i Consiglieri federali, laddove, al comma 6, lett. a), prevede la “decadenza immediata del Consiglio federale” in caso di dimissioni del Presidente. E’ anche vero, di contro, che non vi è una preclusione generale alla sostituzione del Consigliere federale, espressione della Lega, in corso di mandato, atteso che è possibile provvedervi ex art. 9, comma 13.5, dello Statuto LICP, ma ciò soltanto in caso di decadenza per una delle ipotesi espressamente previste, nel rispetto dell’art. 26, comma 4, dello Statuto federale FIGC. La questione di fondo, attiene, dunque, alla situazione dei Consiglieri federali attualmente in carica, eletti dalla Lega, e se per gli stessi possa farsi riferimento ad una qualche causa di decadenza. In realtà il provvedimento di commissariamento della Lega non li ha, a suo tempo, colpiti, tanto è che essi hanno continuato l’esercizio della funzione anche durante la gestione commissariale. Si può, pertanto, concludere che i medesimi debbano ritenersi ancora regolarmente in carica fino alla naturale scadenza del mandato, considerata l’autonomia formale e soprattutto funzionale della propria carica, e la stretta connessione alla regolare costituzione del Consiglio Federale. Quanto affermato risulta in linea con un importante precedente della Corte di giustizia federale, Sezione Consultiva, da cui non vi sono ragioni, allo stato ed in base alla normativa vigente, per discostarsi, ove è stato precisato che l’elezione delle componenti del Consiglio Federale “costituisce una delle fasi propedeutiche al perfezionamento ed elezione del nuovo Consiglio Federale”, con la precisa indicazione del termine di almeno otto giorni prima della data fissata per lo svolgimento dell’Assemblea Federale elettiva, alla stregua dell’art. 26, comma 4, Statuto FIGC all’epoca vigente e confermato nella formulazione attuale. Deve, pertanto, ritenersi, prosegue la Corte, “che il Consiglio Federale, nell’attuale composizione, sia tuttora in carica sino al definitivo perfezionamento della costituzione del nuovo Consiglio Federale” e che pertanto l’eventuale elezione dei membri, anziché già in parte intervenuta, “potrà esplicare i propri effetti solo a partire da tale momento” (cfr. Com. Uff. n. 125/CGF, riunione del 25.2.2009, Stagione 2008/2009). Non vi è luogo a parere, a questo punto, quanto alla seconda parte del quesito, salvo quanto si dirà appresso, in termini generali, con riguardo al quesito successivo.

Massima: Chiarisca la Corte Federale d’Appello Sezione Consultiva se il consigliere federale, eletto quota Lega Pro, possa concorrere alla carica di Presidente dell’associazione della Terza Serie calcistica alla luce delle norme vigenti e se, in caso affermativo, ricorra una ipotesi ineleggibilità o incompatibilità. Non sussistono, invero, dubbi in ordine alla incompatibilità della contemporanea copertura degli uffici di Presidente della Lega e di Consigliere Federale, ai sensi del chiaro disposto dell’art. 29, commi 2 e 3, del vigente Statuto FIGC. Il quesito, dunque, se ciò si risolva in una causa di ineleggibilità o incompatibilità, è risolto chiaramente dalla richiamata disposizione normativa, che prevede, altresì, al comma 4, che “in caso di incompatibilità l’interessato è tenuto ad esercitare l’opzione entro sette giorni. In difetto, se entrambe le cariche sono federali, decade dall’ultima”. Anzi, proprio la formulazione della disposizione corrobora ulteriormente l’avviso che le assemblee di Lega per l’elezione delle cariche di Lega e dei consiglieri federali debbano tenersi preferibilmente in momenti distinti, così da assicurare effettività al diritto di opzione previsto dallo Statuto FIGC. Si può, comunque, concludere che non vi sia una preclusione alla candidatura a Presidente di Lega del Consigliere federale in carica, salvo dover provvedere, ove eletto, all’opzione innanzi indicata.

Massima: Chiarisca la Corte Federale d’Appello Sezione Consultiva quante preferenze può esprimere, in assenza di Regolamento Elettorale, ogni società per eleggere n. 8 consiglieri del Direttivo di Lega Pro e quante per le cariche di n. 2 Vice Presidenti.” Alla luce di tali istanze, con nota prot. 7712 del 14 dicembre 2015, il Presidente Federale chiede che la Corte Federale di Appello, Sezione Consultiva, fornisca parere in ordine a ciascuna delle questioni interpretative sollevate dalle indicate società. Si deve registrare l’assenza (accennata nello stesso quesito) del necessario Regolamento elettorale, normativa di garanzia che deve chiaramente preesistere alle operazioni elettorali. A differenza dell’elezione dei Consiglieri federali (cfr. art. 9, comma 13.1 Statuto LICP), manca, altresì, una previsione statutaria che possa supplire, al riguardo, in ordine alle preferenze che possono essere espresse per eleggere i Vice-Presidenti ed i componenti del Consiglio Direttivo della Lega medesima. L’assemblea convocata non può che prendere atto, sul punto, di tale situazione, ove essa permanga, dovendosi segnalare che l’adozione del regolamento elettorale disciplinante l’Assemblea elettiva rientra nelle attribuzioni del Consiglio Direttivo, alla stregua dell’art. 13, comma 1, lett. o), dello Statuto LICP, e pertanto all’attualità, per esso, al Commissario straordinario.

 

 

Decisione C.F.A. – Sezione Consultiva: Comunicato ufficiale n. 002/CFA del 14 Ottobre 2014 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 012/CFA del 10 Dicembre 2014 e  su  www.figc.it

Impugnazione – istanza: 1) RICHIESTA DI PARERE INTERPRETATIVO DEL PRESIDENTE FEDERALE, AI SENSI DELL’ART. 31, COMMA 1, LETT. D) C.G.S., IN ORDINE ALL’ART. 43 BIS C.G.S. ED A DISPOSIZIONI DEL REGOLAMENTO LND. IN PARTICOLARE, È STATO RICHIESTO: - SE L’ART. 9, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO DELLA LEGA NAZIONALE DILETTANTI. LADDOVE PREVEDE CHE “IN CASO DI VACANZA DELLA CARICA DI PRESIDENTE DELLA LEGA… SI VERIFICA LA DECADENZA IMMEDIATA DEL CONSIGLIO DIRETTIVO, CON CONSEGUENTE ORDINARIA AMMINISTRAZIONE AFFIDATA AL VICE PRESIDENTE VICARIO” COMPORTI CHE QUEST’ULTIMO CONCENTRI TUTTI I POTERI DI ORDINARIA AMMINISTRAZIONE DEL DIRETTIVO E CHE QUINDI POSSA PROCEDERE AD ADEGUARE LE NORME PROCEDURALI PER LE ASSEMBLEE DELLA LND AL NUOVO CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA; IN ALTERNATIVA - SE, A SEGUITO DEL RECEPIMENTO DA PARTE DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA DEL NUOVO PRINCIPIO DEL CONI, LE NORME DI RANGO INFERIORE, QUALI SONO LE NORME PROCEDURALI DELLE ASSEMBLEE DI LEGA, DEBBANO INTENDERSI AUTOMATICAMENTE ADEGUATE A DETTE PREVISIONI E PERTANTO SI POSSA CONSIDERARE, IN VIA INTERPRETATIVA, CHE GLI ARTT. 4, 6 E 9 DELLE SUDDETTE NORME DEVOLVANO LA COMPETENZA SULLE CONTROVERSIE IN MATERIA ASSEMBLEARE E SULLE RELATIVE CANDIDATURE AL TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE — SEZ. DISCIPLINARE

Massima: L’affidamento ai sensi dell’art. 9, comma 3, del Regolamento della Lega Nazionale Dilettanti, al Vice Presidente Vicario dell’ordinaria amministrazione consente nondimeno a quest’ultimo di agire per l’adeguamento delle norme procedurali per le assemblee della LND al nuovo codice di giustizia sportiva, essendo questi subentrato nelle competenze del Consiglio Direttivo previste dall’art. 11, lettera h) del Regolamento della L.N.D., salva l’approvazione e ratifica ai sensi della normativa vigente.

 

 Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n.11/Cf dell’ 8 febbraio 2007 n. 2 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: Ricorso del Procuratore Federale ai sensi dell’ art. 22, comma 1, lett. b), codice Giustizia Sportiva, per l’accertamento dell’incompatibilità a carico del dott. A.G.

Massima: La Corte Federale dichiara improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, il ricorso con il quale è stato promosso ai sensi degli artt. 32, comma 7, Statuto F.I.G.C. e 22, comma 1, lett. b) C.G.S., il giudizio di incompatibilità nei confronti di chi rivestiva la carica sia di Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti della Lega Nazionale Professionisti e, nel contempo, di Consigliere della Società di calcio, nel caso in cui vengono rassegnate le proprie dimissioni dalla carica di Presidente del Collegio dei Revisori della Lega Nazionale Professionisti.

 

Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n. 6/Cf del 29 novembre 2002 n. 4 - www.figc.it

Impugnazione - istanza:Richiesta del Presidente Federale di interpretazione dell’art. 26, comma 2, dello Statuto Federale, in ordine alla compatibilità della carica di consigliere federale con quella di vice presidente vicario della Lega Nazionale Professionisti.

Interpretazione: Non sussiste incompatibilità tra la carica di Vice Presidente Vicario della Lega Nazionale Professionisti e quella di Consigliere Federale. Ciò in quanto il secondo comma dell’art. 26 dello Statuto Federale stabilisce che “la qualifica di componente eletto degli organi federali centrali è incompatibile con qualsiasi carica federale elettiva” ed il comma terzo, stabilisce che “le cariche di Presidente e Vice Presidente Federale sono incompatibili con ogni altra carica federale elettiva, di Lega o di società od associazione. Le cariche di Presidente, Vice Presidente e Consigliere Federale sono incompatibili con la carica di componente della Giunta Nazionale del CONI”. Dunque si deduce, dal tenore letterale della norma e della relativa formula espressiva, che quelle delle Leghe, delle società o delle associazioni non sono cariche federali, ciò perché esse vengono esplicitamente tenute distinte dalle cariche federali stesse, citate separatamente e preliminarmente rispetto alle altre tre, che sono, invece, accomunate dalla circostanza della loro provenienza da organismi (Leghe, società, associazioni) privi della qualifica di federale.

Interpretazione: Le norme che limitano o escludono, in termini di ineleggibilità, incompatibilità, decadenza, etc., l’accesso o la permanenza in cariche istituzionali sono, nel diritto comune e nell’ordinamento federale, di stretta interpretazione, e, come tali, insuscettibili di interpretazione estensiva o di applicazione analogica.

 

Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n. 3/Cf del 21 Gennaio 2002 n. 2 – www.figc.it

Impugnazione - istanza:Quesito sulla compatibilità della carica di componente del Consiglio Federale con quella di componente del consiglio direttivo del settore tecnico.

Massima: Nessuna incompatibilità sussiste per la nomina di un componente del Consiglio Federale a componente del Consiglio Direttivo del Settore Tecnico. I requisiti di elegibilità e di compatibilità per la nomina a componente del Consiglio Direttivo del Settore Tecnico sono, dunque, quelli previsti dall’articolo 26 per le cariche federali. Quest’ultima disposizione espressamente prevede che la qualifica di componente eletto è incompatibile con qualsiasi altra carica federale elettiva. Trattasi di incompatibilità che, ponendo un divieto di accesso alle cariche federali, è di stretta interpretazione. Essa non può, dunque, estendersi a cariche diverse da quelle elettive quale quella di componente del Consiglio Direttivo del Settore Tecnico. L’art. 11 dello Statuto della Federazione stabilisce, infatti, che la F.I.G.C. svolge direttamente attività di studio e di qualificazione per la diffusione ed il miglioramento della tecnica del giuoco del calcio, avvalendosi di un apposito Settore Tecnico, cui è preposto un Presidente con un Consiglio Direttivo. Ne consegue che le cariche di Presidente e di componente del Consiglio Direttivo sono qualificabili come carica federale.

 

Decisione CF: Comunicato Ufficiale 17/CF del 7 maggio 1999 n. 1 – www.figc.it

Impugnazione - istanza: Giudizio sulla legittimità dell’art. 10, comma 5, delle N.O.I.F. in relazione all’art. 23, comma 1, dello Statuto Federale.

Interpretazione: E’ legittima la norma contenuta nell'art. 10, comma 5 N.O.I.F., in quanto tale norma è compatibile, per combinato disposto, con l'art. 23 comma 1 dello Statuto, con riferimento al possesso della capacità elettorale politica attiva e passiva ai sensi delle vigenti disposizioni di legge. La norma delle N.O.I.F. è da considerarsi integrativa e non contraddittoria con quanto disposto dallo Statuto Federale, regolarmente in vigore dopo l'approvazione del C.O.N.I. La norma dall'art. 10 comma 5 N.O.I.F. deve infatti, con normale procedimento di interpretazione sistematica, essere letta congiuntamente con quanto disposto dell'art. 23, comma 1, dello Statuto. Il combinato disposto conduce infatti ad una formulazione complessiva del seguente tenore: "non possono ricoprire cariche federali elettive o di nomina coloro che incorrono in delitti non colposi sanzionati con condanna del giudice penale” (art. 10, comma 5, N.O.I.F.) che comporti la perdita "della capacità elettorale politica attiva e passiva” (art. 23, comma 1, dello Statuto). Per quanto concerne il possesso di tale capacità e le cause della sua perdita, è evidente che lo Statuto opera un rinvio recettizio mobile alle disposizioni di legge che regolano l'elettorato politico. Così come è evidente che lo statuto ricomprenda nella sua previsione anche cause di ineleggibilità diverse da quelle originate da condanna penale (e si ponga, pertanto, anche sotto questo profilo – non rilevante peraltro ai fini del presente giudizio - in rapporto di necessaria integrazione con le N.O.I.F.). Di conseguenza, la norma di cui all'art. 10 comma 5 N.O.I.F., intanto, può essere considerata legittima in quanto consente la predetta integrazione. Una considerazione autonoma di tale norma condurrebbe, infatti, ad una evidente violazione statutaria, perché porterebbe ad allargare anche ai delitti non colposi, che non comportano la perdita della capacità elettorale politica attiva e passiva, l'ineleggibilità a cariche federali. Si verificherebbe, cioè, una insanabile contraddizione con lo Statuto, in una materia, quale quella della restrizione dei diritti, che non consente di essere ampliata attraverso una normativa di rango inferiore a quello della prescrizione principale. L'applicazione integrata della disposizione delle N.O.I.F. e della disposizione statutaria consente, invece, di giudicare statutariamente legittima tale norma secondaria.

 

Decisione CF: Comunicato Ufficiale 20/CF del 4 agosto 1999 n.5 – www.figc.it

Impugnazione - istanza: Deferimento del Procuratore Federale a carico del sig. P.D., Giudice Sportivo presso il Comitato Provinciale di Siena, per violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S., per condotta antiregolamentare posta in essere nell'ambito dell’attività svolta in seno al comitato.

Massima: Il Giudice Sportivo, di professione avvocato,è responsabile della violazione dei principi di lealtà e correttezza sanciti dall’art. 1 C.G.S. in relazione all’art. 24 comma 6 C.G.S., che fa espressamente divieto alle persone, che ricoprono cariche federali, di assistere le parti in procedimenti che si svolgono dinanzi alla Giustizia Sportiva, allorquando aiuta una società ad stendere il reclamo avverso la decisione del Giudice Sportivo.

 

 

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