Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Quarta - Decisione n. 92 del 06/11/2023
Decisione impugnata: Illegittimità della pretesa della LNPB al pagamento del "Contributo solidaristico a carico delle neo retrocesse in Serie B", come disciplinato dal Capo I, art. 3, e dal Capo II, art. 7, del Codice di Autoregolamentazione, nonché per la declaratoria di nullità/annullamento/inefficacia delle disposizioni contenute agli artt. 3, Capo I, e 7, Capo II, del Codice di Autoregolamentazione LNPB e delle relative deliberazioni che hanno introdotto le predette disposizioni, nonché di tutti gli ulteriori atti e provvedimenti antecedenti e/o conseguenti, presupposti, collegati e/o consequenziali, anche ove non conosciuti dalla Società ricorrente.
Impugnazione Istanza: Unione Sportiva Sampdoria S.p.A. / LNP Serie B
Massima: Rigettato il ricorso tendente alla declaratoria illegittimità della pretesa della LNPB al pagamento del "Contributo solidaristico a carico delle neo retrocesse in Serie B", come disciplinato dal Capo I, art. 3, e dal Capo II, art. 7, del Codice di Autoregolamentazione, nonché per la declaratoria di nullità/annullamento/inefficacia delle disposizioni contenute agli artt. 3, Capo I, e 7, Capo II, del Codice di Autoregolamentazione LNPB e delle relative deliberazioni che hanno introdotto le predette disposizioni, nonché di tutti gli ulteriori atti e provvedimenti antecedenti e/o conseguenti, presupposti, collegati e/o consequenziali, anche ove non conosciuti dalla Società ricorrente…Il “Contributo solidaristico, a carico delle neo retrocesse in Serie B”, è disciplinato dall’art. 3 del Capo I del Codice di Autoregolamentazione della LNPB, il quale dispone, al comma 1, che «Ciascuna società che, in virtù della effettiva partecipazione al Campionato di Serie B a seguito di retrocessione dal Campionato di Serie A (Retrocesse), abbia titolo per ricevere dalla LNPA il contributo per la retrocessione o altra erogazione derivante dalla retrocessione dalla Serie A alla Serie B (“Contributo Paracadute”) sarà obbligata a corrispondere alla Lega il 10% del corrispettivo totale del Contributo Paracadute (“Solidarietà Retrocesse”) da distribuire alle società della Lega che non beneficiano del “Contributo Paracadute”. Sono escluse dalla ripartizione della “Solidarietà Retrocesse” le Retrocesse che, per qualsiasi ragione, non abbiano maturato il diritto a percepire il Contributo Paracadute». L’art. 7 del Capo II del citato Codice di Autoregolamentazione fissa, poi, i criteri di ripartizione del contributo di solidarietà in parola stabilendo, al riguardo, che «La Solidarietà Retrocesse sarà versata dalle Retrocesse alla Lega entro 90 (novanta) giorni dall’effettiva erogazione del Contributo Paracadute o di quota dello stesso proporzionalmente all’importo erogato», prevedendo al contempo che, in caso di omesso versamento, la Lega possa trattenere il relativo importo operando quale stanza di compensazione rispetto ad eventuali crediti della Retrocessa e, ove ciò non sia possibile, il mancato pagamento del contributo di solidarietà comporti il diniego del rilascio della Licenza Nazionale nella stagione sportiva successiva e la segnalazione del fatto alla Procura Federale per le correlate responsabilità disciplinari. Il contributo di solidarietà in questione rappresenta una forma di solidarietà interna tra le associate della LNPB che, unitamente agli altri contributi solidaristici, mira ad assicurare una migliore distribuzione delle risorse tra le predette associate e, dunque, un maggiore equilibrio competitivo del Campionato di Serie B. La finalità di assicurare l’equilibrio competitivo tra le squadre partecipanti ai campionati italiani rappresenta la ratio principale del D.lgs. n. 9/2008, attuativo della legge delega n. 106/2007, che, nell’abrogare la previgente disciplina contenuta nella L. n. 78/1999, ha optato per il sistema della vendita centralizzata in luogo della vendita individuale dei diritti televisivi. Alla sopra detta finalità si correla quella della ‘mutualità’, sancita dall’art. 1, comma 2, lett. h, della legge delega n. 106/2007, che, infatti, include, tra i principi dettati al Governo per l’esercizio della delega, quello della «destinazione di una quota delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 a fini di mutualità generale del sistema», che il legislatore delegato ha inteso perseguire incidendo sulla regolamentazione dei criteri di riparto dei proventi derivanti dalla vendita centralizzata. La nozione di mutualità è impiegata dal legislatore nella duplice accezione della c.d. ‘mutualità generale’ e della ‘mutualità per le categorie inferiori’. Quest’ultima - denominata nella prassi ‘mutualità indiretta’ per distinguerla dalla cosiddetta ‘mutualità diretta’, che è quella erogata direttamente dalla LNPA alle società che perdono il titolo per la partecipazione al Campionato di Serie A, mediante il c.d. paracadute – originariamente disciplinata dall’art. 24 del d.lgs. n. 9/2008 e comprendente le somme erogate dalla Lega calcio di Serie A alle Serie minori, per essere poi da queste redistribuite tra le proprie associate, è stata abrogata per effetto dell’art. 14, comma 1–bis, del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, nella l. 1° dicembre 2016, n. 225, la cui entrata in vigore è stata postergata al 1° luglio 2017 dall’art. 11, comma 2-bis, del c.d. decreto milleproroghe (d.l. 30 dicembre 2016, n. 244, convertito in l. 27 febbraio 2017, n. 19). La mutualità generale, disciplinata dall’art. 22 del d.lgs. n. 9/2008, è stata, d’altra parte, anch’essa modificata dalla citata legge n. 225/2016 che ne ha ristretto l’ambito applicativo al solo settore del calcio rispetto alle intenzioni originarie del legislatore, dirette, invece, a beneficiare anche discipline sportive diverse da quelle calcistiche. L’intervenuta modifica dell’art. 22 è stata nel segno, infatti, da un lato, di aumentare sensibilmente la quota destinata alla mutualità generale (dalla originaria misura fissata alla quota pari ad almeno il 4% alla misura del 10%) e di restringere, dall’altro, il soggetto onerato alla sola Lega di Serie A e la platea dei beneficiari ai soli attori del mondo del calcio, secondo criteri di ripartizione che prevedono la destinazione delle somme a titolo di mutualità nella misura del 6% alla LNPB, nella misura del 2% alla Lega Pro, e nella misura dell’1% ciascuno alla LND e alla FIGC. L’interrelazione tra mutualità e riparto dei proventi della negoziazione dei diritti audiovisivi è accentuata, peraltro, dalla scelta, operata dal legislatore all’art. 21 del d.lgs. n. 9/2008, e confermata nel nuovo testo dell’art. 26, come da ultimo modificato dalla L. n. 205/2017, di subordinare la ripartizione delle risorse da parte della Lega alle proprie associate alla previa deduzione delle quote da versare a titolo di mutualità. Sebbene, dunque, il soggetto oggi onerato della mutualità sia la sola LNPA, ciò non priva di valore universale la nozione di mutualità nel sistema calcio, che risulta, quindi, applicabile in genere a tutte le squadre economicamente più forti, a vantaggio di quelle più deboli, al fine di assicurare l’equilibrio competitivo dei campionati. Ciò premesso, le disposizioni contestate con il ricorso in esame non confliggono con la normativa di fonte statale; né, invero, può convenirsi con quanto sostenuto dalla ricorrente in ordine al primo motivo di ricorso concernente la pretesa violazione del vincolo di destinazione delle somme assegnate dalla LNPA a titolo di “Paracadute retrocesse”. Infatti, come puntualmente già osservato dalle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia dello Sport nel precedente richiamato dalla resistente (decisione n. 87/2019), è «vero che il c.d. “paracadute”, che hanno percepito le ricorrenti, costituisce un beneficio economico che è stato liberamente determinato nel suo ammontare dalla Lega di Serie A, utilizzando le risorse economiche di cui può disporre, ed è stato ripartito fra i soggetti partecipanti al campionato di Serie A, retrocessi nella serie inferiore, per mitigare gli effetti anche economici della retrocessione; tuttavia, una volta che le somme sono entrate nella disponibilità delle società retrocesse esse non appartengono più alla Lega di A, con la conseguenza che non può censurarsi la disposizione secondo cui, per effetto di un meccanismo perequativo, una parte (non eccessiva) delle risorse entrate nella disponibilità delle società retrocesse debbano essere poi versate alla Lega di B nel momento della loro associazione alla Lega». Va incidentalmente osservato, peraltro, che l’importo del contributo di solidarietà in parola, dalla percentuale del 20% (vigente al tempo della sopra richiamata decisione) è stato da ultimo ridotto alla percentuale del 10%, che è quella applicata nel caso oggetto del presente giudizio. Non risulta parimenti accoglibile il secondo motivo di ricorso concernente il preteso abuso del diritto e la violazione dei principi di buona fede e correttezza ai danni della ricorrente per le motivazioni già espresse nel citato precedente delle SS.UU., che qui vengono richiamate. La deliberazione istitutiva del “Contributo solidaristico a carico delle neo retrocesse in Serie B”, infatti, non può rappresentare esemplificazione dell’abuso di un diritto, giacché essa è espressione della volontà assembleare formatasi nel rispetto delle regole e delle procedure legislativamente e statutariamente previste e con il medesimo peso di voto in capo a ciascun associato. Non possono, quindi, applicarsi al caso oggetto del presente giudizio regole proprie degli enti associativi, quali le società, in cui la formazione della volontà assembleare risente della diversa quota sociale in capo a ciascun socio, come puntualmente sottolineato dalle SS.UU. nel sopra citato precedente, allorché si è osservato che «non possono applicarsi all’Assemblea degli aderenti alla Lega di B regole proprie delle società in cui vi sono soci di maggioranza e soci di minoranza. In ogni caso la lamentata violazione può escludersi tenuto conto della evidenziata finalità perequativa della contestata disposizione, che non è stata adottata a danno di soggetti predeterminati, ma che riguarda associati solo successivamente individuabili». Anche gli ultimi due motivi di ricorso non risultano accoglibili. I dati numerici ivi riportati, seppur possano rivestire interesse sotto il profilo conoscitivo, possono valere ad attestare, come rilevato dalla ricorrente, che i costi assunti in dipendenza della partecipazione al campionato di Serie A «non potrebbero essere sopportati in assenza di un valido e funzionale supporto economico della Lega Serie A» e che «il campionato di Serie B in realtà è sempre stato altamente competitivo, e ciò indipendentemente dall’incidenza delle somme erogate ai club retrocessi a titolo di paracadute», ma non già a fondare la declaratoria di illegittimità delle disposizioni qui contestate. Non spetta, quindi, a chi giudica della legittimità di una disposizione normativa valutarne l’impatto concreto in termini economici, bensì, se del caso, alla stessa autorità che l’ha posta ai fini di una sua eventuale rivisitazione.
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Quarta - Decisione n. 80 del 25/09/2023
Decisione impugnata: Accertamento del diritto della suddetta ricorrente a percepire, in parte qua, il contributo economico denominato “paracadute”, di cui all’art. 19, Regolamento-Statuto di Lega, approvato in data 1° luglio 2010, in qualità di club retrocesso all’esito del Campionato Nazionale di Serie A nella stagione sportiva 2011/2012, originariamente riconosciuto alla società U.S. Lecce S.p.A.; nonché per la conseguente condanna della Lega Nazionale Professionisti Serie A al pagamento, in favore del ricorrente, nella misura di 2.5 milioni di euro, corrispondente alla metà dell’ammontare del cosiddetto “paracadute” originariamente riconosciuto alla società U.S. Lecce S.p.A., accantonato dalla Lega Nazionale Professionisti Serie A, residuato a seguito della mancata partecipazione al campionato di Serie B nella stagione sportiva 2012/2013 della stessa società U.S. Lecce S.p.A., oltre agli interessi moratori dal dovuto sino al soddisfo.
Impugnazione Istanza: A.C. Cesena S.p.A. / FIGC / LNP Serie A / Fallimento Novara Calcio S.r.l. / U.S. Lecce S.p.A.
Massima: Rigettato il ricorso proposto dal Fallimento della società con il quale ha chiesto che, previo accertamento del proprio diritto, la Lega sia condannata a corrispondergli la somma di 2,5 milioni di euro «corrispondente alla metà dell'ammontare del ”paracadute” originariamente riconosciuto alla società U.S. Lecce S.p.A. (d'ora in poi, Lecce), accantonato dalla Lega Nazionale Professionisti Serie A, residuato a seguito della mancata partecipazione al Campionato di Serie B nella stagione sportiva 2012/2013 della stessa società U.S. Lecce S.p.A., oltre agli interessi moratori dal dovuto sino al soddisfo»….L'erroneità della pretesa del ricorrente è efficacemente riassumibile nella proposizione, di cui si è dato conto nel punto 7, secondo la quale il proprio diritto alla metà della quota non goduta dal Lecce nascerebbe dall'assenza di disposizioni diverse. In altre parole, la tesi stessa sembra orientata all'affermazione di una sorta di presunzione dell'automatico accrescimento delle quote delle altre società aventi diritto al medesimo beneficio e già destinatarie della relativa percezione. Tale conclusione non può essere condivisa. Ed infatti, il sistema mutualistico mira nella sua essenza a proteggere le società la cui posizione sportiva si sia deteriorata dalle conseguenze di siffatto evento. La costituzione di un fondo ricavato dai proventi della disposizione dei diritti radiotelevisivi assolve razionalmente questa funzione. Essa, a propria volta, può dirsi pienamente realizzata dal punto di vista soggettivo del beneficiario, dalla concreta erogazione della somma di sua spettanza secondo i criteri assemblearmente approvati. Nessuna previsione integrativa di tale somma, per qualsivoglia evenienza ulteriore rispetto a quelle puntualmente disciplinate nella deliberazione “quadro” - che costituisce la fonte negoziale del diritto del percipiente - offre il benché minimo appiglio alla tesi del ricorrente, mai fatta propria, peraltro, dall'altra società, il Novara, versante nella medesima condizione. E poiché l'intera costruzione del sistema mutualistico trova il proprio perno nella logica deliberativa propria degli organi collegiali, l'Assemblea della Lega, la semplice circostanza che il caso di cui oggi - dopo 12 anni - non sia stato contemplato o, comunque, non lo sia stato nel modo postulato dal ricorrente, priva la relativa pretesa dell'unica possibile piattaforma costitutiva. Questa considerazione da sola serve a far risaltare l'infondatezza della domanda proposta dal fallimento. Due osservazioni complementari possono essere utili a non lasciar inesplorata qualsiasi altra strada che in astratto potrebbe apportare argomenti favorevoli al ricorrente. In primo luogo, la giustamente evocata esigenza di non pregiudicare la posizione delle società che abbiano cessato di appartenere alla Serie A, tutelata attraverso la previsione del cosiddetto “paracadute”, è stata pienamente soddisfatta a vantaggio del ricorrente attraverso il percepimento, incontestato e tempestivo, della quota spettante e assegnata. Sarebbe, pertanto, contrario a regole anche di buon senso ed equità ampliare, in difetto di una base giustificativa negoziale, l'area delle sue spettanze e, in ultima analisi, determinare l'effetto di un arricchimento del tutto avulso da una plausibile causa giuridica. Specularmente, una simile impostazione si tradurrebbe in una corrispondente, altrettanto sprovvista di fondamento giuridico, perdita a danno di tutte le altre società partecipanti al campionato di riferimento, le quali si vedrebbero destituite della possibilità di un'equa ripartizione tra di esse della quota residua non goduta, frutto, peraltro, di una volontaria, iniziale destinazione ad un esclusivo scopo mutualistico-solidaristico (e di contestuale rinuncia ad avvalersi della frazione idealmente spettante dei diritti nascenti dalla diffusione mediatica delle competizioni organizzate dalla Lega). E, proprio muovendosi in questo territorio di riflessione, la Lega ha deliberato, come si evince dalla comunicazione inviata al ricorrente di cui al punto che precede, di redistribuire le somme tra tutte le società partecipanti al campionato 2011/2012 secondo un rigoroso criterio di proporzionalità. Ora, proprio grazie a questa aggiuntiva attribuzione di risorse economiche, il Fallimento può beneficiare della nuova somma di 128.670,00 euro, che, comunque, accresce - ma questa volta in virtù di adeguato titolo negoziale - l'assegnazione iniziale. In conclusione, il ricorso va rigettato, dovendosi in tale formula dispositiva assorbire la statuizione di decadenza, poi seguita dalla dichiarazione di infondatezza.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezioni Unite : Decisione n. 87/2019 del 23 ottobre 2019
Decisione impugnata: Pretesa della LNPB di obbligare le società ricorrenti, al momento della loro iscrizione al Campionato ed all’adesione alla Lega stessa, a provvedere al pagamento del “Contributo solidaristico a carico delle neo retrocesse in Serie B, come disciplinato dal Capo I, art. 3, e come ripartito secondo quanto previsto dal Capo II, art. 7, del Codice di Autoregolamentazione e quindi avverso la validità e per la declaratoria di nullità/annullamento/inefficacia, ed in ogni caso per la privazione di effetti, di quanto previsto dagli artt. 3, Capo I, art. 7 Capo II, del Codice di Autoregolamentazione LNPB e delle relative deliberazioni che hanno introdotto dette previsioni, nonché di tutti gli atti e provvedimenti alla stessa antecedenti e/o conseguenti, presupposti, collegati e/o consequenziali, anche ove non conosciuti dalle società ricorrenti.
Parti: A.C. Chievo Verona S.r.l. ed Empoli F.C. S.p.A./Lega Nazionale Professionisti Serie B
Massima: Confermato il provvedimento della LNPB di obbligare le società ricorrenti, al momento della loro iscrizione al Campionato ed all’adesione alla Lega stessa, a provvedere al pagamento del “Contributo solidaristico a carico delle neo retrocesse in Serie B….Il Collegio di Garanzia si è già espresso sulle articolate disposizioni che la Lega di B ha assunto sul tema della mutualità interna. In particolare, con la decisione n. 63 del 2017, riguardante il cd. “contributo di solidarietà promozione” (ora art. 1, del Codice di Autoregolamentazione della Lega di B), la Sezione IV ha affermato che lo stesso “risponde a un’evidente finalità solidaristica, giacché pone a carico delle società neopromosse nella massima serie, che usufruiscono di un cospicuo incremento degli introiti derivanti, in particolare, dalla cessione dei diritti televisivi, un onere mirante all’innalzamento del livello competitivo del Campionato dal quale provengono e, quindi, delle singole società che aspirano, a loro volta, ad accedere alla serie superiore. Lo spostamento patrimoniale che esso realizza risulta non eccessivo nella misura e non è affatto privo di giustificazione sul piano della causa del contratto associativo. Al riguardo, occorre tenere presente che l’adesione stessa alla Lega importa la fruizione del beneficio derivante dal pagamento del contributo. Da tale beneficio non sono escluse le società neopromosse nella serie superiore, che, avendo partecipato al Campionato di Serie B, lo hanno ricevuto e che, in caso di retrocessione, potranno percepirlo in futuro. Non può, quindi, sostenersi che lo spostamento patrimoniale abbia carattere unilaterale e non sia caratterizzato, quindi, da sinallagmaticità. È anche grazie ad esso che le società neopromosse sono poste in condizione di raggiungere un livello tale da poter competere con le altre società partecipanti al massimo campionato. Quanto fin qui detto, riguardo all’aspetto causale, vale anche ad escludere, sul piano dell’ordinamento sportivo, il carattere iniquo del contributo di solidarietà promozione e la violazione dei principi di lealtà e regolarità sportiva. Il meccanismo del contributo in questione si inserisce, innanzi tutto, nel quadro più vasto di un sistema di contribuzione con finalità solidaristiche previsto in relazione ad eventi quali la promozione e la retrocessione, che coinvolge le tre Leghe professionistiche. Il contributo di solidarietà promozione non crea un effettivo squilibrio competitivo, ma, al contrario, come evidenziato, esso concorre a porre le basi anche per una partecipazione competitiva nella massima serie delle società che, provenendo dalla serie inferiore, hanno usufruito di introiti di gran lunga inferiori. La ripartizione del contributo di solidarietà promozione tra le società che partecipano al Campionato di Serie B è volto, pertanto, a favorire l’equilibrio competitivo, mediante un incremento dei mezzi finanziari a disposizione delle stesse società. Esso, quindi, mira ad elevare il livello tecnico e sportivo del Campionato della serie inferiore e di ciò si giovano tutte le squadre che partecipano ad esso, comprese le squadre che, al termine del campionato, conquistano la promozione e che hanno potuto acquisire la competitività necessaria ai fini della partecipazione al successivo Campionato di Serie A. La previsione di un contributo a carico di queste ultime appare, quindi, del tutto conforme all’obiettivo di una distribuzione delle risorse che, in ottica solidaristica, tiene conto dell’esigenza che gli introiti assai maggiori derivanti dalla partecipazione delle neopromosse al massimo Campionato siano in piccola parte destinati ad accrescere il livello della competizione nel Campionato di provenienza”. Il Collegio di Garanzia, a Sezioni Unite, ritiene che i principi indicati debbano essere confermati anche con riferimento al “Contributo solidaristico a carico delle neo retrocesse in Serie B”, di cui all’art. 3 del Codice di Autoregolamentazione della Lega di B, oggetto del ricorso delle società Chievo Verona ed Empoli. Anche il contributo in questione, determinato sulla base dell’importo percepito dalle neoretrocesse a titolo di “paracadute” dalla LNPA può farsi rientrare, infatti, fra quelle disposizioni che la Lega di B, con il consenso dei suoi associati, ha inteso dettare per assicurare una migliore distribuzione di risorse fra le squadre iscritte al campionato di B, nella specie facendone carico alle società che, per aver militato nella precedente stagione nella massima Serie, hanno ottenuto dalla Lega di A consistenti importi a titolo di “paracadute”. Si tratta quindi di una particolare forma di solidarietà interna che, insieme alle altre forme solidaristiche previste al capo I del Codice di Autoregolamentazione, mira ad assicurare una migliore distribuzione delle risorse fra le associate ed un maggiore equilibrio competitivo della Lega di B. Il contributo solidaristico a carico delle neoretrocesse, pertanto, determina un onere patrimoniale a carico di determinate società (le neo retrocesse dalla A) che hanno ottenuto, a seguito della loro retrocessione, un consistente contributo dalla Lega di A, e che sono (per questo) chiamate ad una maggiore contribuzione al momento della loro adesione alla Lega di B, al fine di assicurare maggiori risorse al complesso delle squadre partecipanti al campionato di Serie B. Tale contributo non può ritenersi, peraltro, eccessivo nella sua misura (il 20% di quanto percepito a titolo di contributo “paracadute”) e non è affatto privo di giustificazione, come si è accennato, sul piano della causa del contratto associativo. Non sono quindi fondate le censure sollevate dalle ricorrenti avverso la richiesta di contribuzione in questione. Quanto all’affermato contrasto con il “decreto Melandri”, si deve osservare che la disposizione contestata non si pone in chiaro contrasto con alcuna disposizione dello stesso: del resto le stesse ricorrenti non indicano la disposizione che risulterebbe violata, censurando, piuttosto, la violazione delle contestata richiesta con il complesso delle disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 9 del 2008 (cd. Decreto Melandri). Ma il fatto che la legge abbia imposto specifici obblighi di solidarietà a carico della Lega di A e a beneficio delle altre Leghe non può escludere che altri meccanismi di solidarietà (esterna) siano stabiliti d’intesa fra le Leghe ed altri meccanismi di solidarietà interna, come nella fattispecie, siano stabiliti dagli associati ad una Lega. E ciò anche se tali meccanismi incidono (in una determinata stagione sportiva) su quegli associati che si trovano in particolari condizioni (anche economiche), per effetto della loro promozione o retrocessione in diversa categoria. E’ quindi vero che il cd. “paracadute”, che hanno percepito le ricorrenti, costituisce un beneficio economico che è stato liberamente determinato nel suo ammontare dalla Lega di A, utilizzando le risorse di cui può disporre, ed è stato ripartito fra i soggetti partecipanti al campionato di Serie A, retrocessi nella serie inferiore, per mitigare gli effetti anche economici della retrocessione; tuttavia, una volta che le somme sono entrate nella disponibilità delle società retrocesse esse non appartengono più alla Lega di A, con la conseguenza che non può censurarsi la disposizione secondo cui, per effetto di un meccanismo perequativo, una parte (non eccessiva) delle risorse entrate nella disponibilità delle società retrocesse debbano essere poi versate alla Lega di B nel momento della loro associazione alla Lega. Nel momento in cui un soggetto aderisce ad una struttura associativa deve, infatti, rispettare le regole dettate per gli aderenti delle quali, peraltro, possono a loro volta beneficiare come associati. Ed infatti le stesse società ricorrenti possono a loro volta beneficiare, nell’immediato, di altre forme di mutualità previste dalle (altre) disposizioni che sono contenute in quel complesso di regole dettate a beneficio complessivo degli associati: come il contributo di solidarietà promozione, di cui all’art. 1 del Codice di Autoregolamentazione, e come le somme rivenienti dalla mutualità generale; e possono beneficiare anche dell’eventuale attribuzione, in una diversa stagione sportiva, della quota delle risorse di cui allo stesso contestato articolo 3 del Codice di Autoregolamentazione. Non sussiste, poi, il lamentato abuso del principio maggioritario, tenuto conto che, come ha giustamente rilevato la Lega di B nella sua memoria, non possono applicarsi all’Assemblea degli aderenti alla Lega di B regole proprie delle società in cui vi sono soci di maggioranza e soci di minoranza. In ogni caso la lamentata violazione può escludersi tenuto conto della evidenziata finalità perequativa della contestata disposizione, che non è stata adottata a danno di soggetti predeterminati, ma che riguarda associati solo successivamente individuabili. Peraltro, come si è anche ricordato, le stesse ricorrenti potrebbero in altra stagione, eventualmente, beneficiare dell’applicazione (a carico di altre società) della stessa contestata disposizione.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezione Quarta: Decisione n. 63 del 06/09/2017 – www.coni.it
Decisione impugnata: Dichiarazione di illegittimità della pretesa della Lega di Serie B di far gravare sulle ricorrenti un prelievo sulle somme che la Lega Nazionale Professionisti di Serie A distribuisce tra le squadre militanti nel massimo campionato di calcio, derivanti dalla commercializzazione dei diritti televisivi, nonché per l’annullamento delle delibere dell’8 luglio 2009, 29 novembre 2012, 20 gennaio 2014 e 15 aprile 2014, di approvazione della norma oggi trasfusa nel Codice di Autoregolamentazione, all’art. 1, punto 1.1, Capo I, a base della pretesa, e di ogni altro atto presupposto o consequenziale, tra cui la nota n. 769 del 13 giugno 2017, avente ad oggetto, “comunicazione adempimenti Serie B stagione sportiva 2017/2018”, con cui la Lega di Serie B ha imposto, a garanzia del pagamento del contributo di solidarietà promozione, l’invio entro il 30 giugno 2017, quale condizione per l’ammissione al Campionato di Serie B, di un triplice atto di cessione di crediti futuri che le società odierne ricorrenti dovessero maturare nei confronti della Lega Nazionale Professionisti di Serie A, condizionato alla conquista del titolo sportivo per la partecipazione al Campionato di Serie A.
Parti: U.S. Città di Palermo S.p.A./Delfino Pescara S.p.A./Empoli Football Club S.p.A./Lega Nazionale Professionisti Serie B (contributo promozione)
Massima: Il Collegio di Garanzia dello Sport dichiara inammissibile il ricorso presentato dall’Empoli Football Club S.p.A., mentre rigetta i ricorsi presentati dalla U.S. Città di Palermo S.p.A. e dalla Delfino Pescara 1936 S.p.A. finalizzati ad ottenere la dichiarazione di illegittimità della pretesa della Lega di Serie B di far gravare sulle ricorrenti un prelievo sulle somme che la Lega Nazionale Professionisti di Serie A distribuisce tra le squadre militanti nel massimo campionato di calcio, derivanti dalla commercializzazione dei diritti televisivi, nonché per l’annullamento delle delibere dell’8 luglio 2009, 29 novembre 2012, 20 gennaio 2014 e 15 aprile 2014, di approvazione della norma oggi trasfusa nel Codice di Autoregolamentazione, all’art. 1, punto 1.1, Capo I, a base della pretesa, e di ogni altro atto presupposto o consequenziale, tra cui la nota n. 769 del 13 giugno 2017, avente ad oggetto, “comunicazione adempimenti Serie B stagione sportiva 2017/2018”, con cui la Lega di Serie B ha imposto, a garanzia del pagamento del contributo di solidarietà promozione, l’invio entro il 30 giugno 2017, quale condizione per l’ammissione al Campionato di Serie B, di un triplice atto di cessione di crediti futuri che le società odierne ricorrenti dovessero maturare nei confronti della Lega Nazionale Professionisti di Serie A, condizionato alla conquista del titolo sportivo per la partecipazione al Campionato di Serie A. Appare opportuno premettere una breve ricostruzione degli atti deliberativi che hanno determinato l’insorgere della controversia. Con delibera dell’8 luglio 2009, la Lega Nazionale Professionisti ha previsto, in relazione alla stagione calcistica 2010/2011, il versamento in favore della Lega di Serie B, da parte delle squadre neopromosse in Serie A, della somma di euro 2,5 milioni, derivante dal riparto dei diritti televisivi acquisiti a seguito dell’approdo nella massima serie. Con delibera del 29 novembre 2012, assunta nella stagione 2012/2013, nella quale il Palermo e il Pescara militavano in Serie A e l’Empoli in Serie B, l’Assemblea della Lega di Serie B ha stabilito una modifica della disciplina, essendosi previsto, oltre al versamento del contributo relativo al primo anno, nel frattempo elevato ad euro 3 milioni, in caso di ulteriore permanenza nella Serie A per due anni successivi a quello della promozione, il versamento: 1. di euro 1,5 milioni per il secondo anno di permanenza; 2. di euro 2 milioni per il terzo anno di permanenza. La disciplina del contributo è contenuta essenzialmente nella delibera richiamata, che ha subìto alcune marginali modifiche con delibere del 20 gennaio e 15 aprile 2014 ed oggi è rinvenibile nell’art. 1 del Codice di Autoregolamentazione della Lega di Serie B. Per quel che interessa in questa sede, il punto 1.1 dell’art. 1 del Codice di Autoregolamentazione prevede, quindi, che: “Ciascuna Società che, al termine di una stagione sportiva, consegue il titolo sportivo per partecipare al Campionato di Serie A ed iscriversi alla LNPA nella stagione sportiva successiva, dovrà corrispondere alla Lega una somma, per ciascun anno di partecipazione effettiva e consecutiva al Campionato di Serie A, pari ad Euro 3.000.000,00 per il primo anno, Euro 1.500.000,00 per il secondo anno, Euro 2.000.000,00 per il terzo anno (“Contributo di Solidarietà Promozione”) ...Omissis”. Il punto 1.2 dell’art. 1 prevede, inoltre, che: “Il Contributo di Solidarietà Promozione dovrà essere versato dalle Società promosse alla Lega in tre rate di pari importo, con scadenza al 30 settembre, 30 novembre e 31 marzo delle stagioni sportive successive a quella in cui il Contributo di Solidarietà Promozione è maturato... Omissis”. Il punto 1.3 dell’art. 1, infine, dispone che “A garanzia del pagamento del Contributo di Solidarietà Promozione, tutte le Società, contestualmente all’iscrizione e quale condizione di ammissione al Campionato di Serie B, dovranno depositare presso la Lega, esclusivamente tramite Posta Elettronica Certificata, un triplice atto di cessione di credito futuro condizionato alla conquista del titolo sportivo per la partecipazione al Campionato di Serie A, conforme ai modelli di cui agli allegati I.A, I.A- bis e I.A- ter... Omissis”. Le società Unione Sportiva Città di Palermo S.p.A., Delfino Pescara 1936 S.p.A. ed Empoli Football Club S.p.A. nella stagione 2016/2017 hanno disputato il Campionato di calcio di Serie A, in esito al quale sono state retrocesse nella serie inferiore. In conseguenza, la Lega Nazionale Professionisti Serie B, con comunicazioni del 13 giugno 2017, ha chiesto alle società ricorrenti, per l’iscrizione al campionato di Serie B, l’invio della cessione di credito futuro condizionato a garanzia, di cui al punto 1.3 del Codice di Autoregolamentazione. Le tre società hanno, quindi, adito il Collegio di Garanzia dello Sport, ritenendo illegittima e infondata la pretesa della LNPB. Il Collegio prende atto, innanzi tutto, di quanto precisato dalla Lega resistente con riferimento alla previsione, contenuta al citato punto 1.3 dell’art. 1 del Codice di Autoregolamentazione, che subordina l’iscrizione al Campionato al deposito dell’atto di cessione di credito. La Lega ha, infatti, precisato che la disciplina delle condizioni di ammissione ai campionati spetta unicamente alla FIGC e che la citata disposizione di cui al menzionato punto 1.3, che si è impegnata a modificare, deve ritenersi priva di validità ed efficacia. La Lega si è, quindi, impegnata a non applicare, come ha poi fatto, la sanzione prevista al punto 1.3 dell’art. 1 del Codice di Autoregolamentazione e le ricorrenti sono state comunque iscritte al Campionato di Serie B. Ciò, tuttavia, non determina la cessazione della materia del contendere, giacché la controversia investe lo stesso fondamento delle pretese che sono state avanzate dalla Lega, qualunque sia la conseguenza derivante dalla mancata cessione di credito prevista a garanzia. Va, quindi, esaminata, in via preliminare, l’eccezione con la quale la Lega di Serie B ha dedotto l’inammissibilità dell’impugnazione della deliberazione dell’8 luglio 2009, con la quale la Lega Nazionale Professionisti, oggi in liquidazione, ha introdotto per la prima volta il contributo di solidarietà promozione. Questo in quanto le società ricorrenti non hanno convenuto in giudizio (anche) la Lega Nazionale Professionisti. L’eccezione può essere respinta, atteso che le questioni poste nel presente giudizio riguardano comunque il contributo di promozione nella sua configurazione attuale, che è stata delineata con la deliberazione del 29 novembre 2012 dell’Assemblea della Lega Nazionale Professionisti Serie B ed è oggi contenuta nell’art. 1 del Codice di Autoregolamentazione della Lega di Serie B. Altra eccezione riguarda l’ammissibilità del ricorso proposto dall’Empoli Football Club S.p.a., in quanto la deliberazione del 29 novembre 2012, ora richiamata, è stata adottata con il voto favorevole di tutte le società che hanno partecipato alla relativa assemblea, tra le quali l’Empoli. L’eccezione è fondata. Va considerato, innanzi tutto, il principio generale valevole in materia di associazioni e di società per il quale l’associato o il socio non è legittimato a proporre impugnazione al fine di far valere l’annullabilità di deliberazioni adottate con il voto favorevole dello stesso, essendo legittimati (a proporre l’impugnazione) i soli associati o soci assenti o dissenzienti (i principi in materia di impugnazione delle delibere assembleari sono richiamati, sia pure in termini problematici, da Cass. civ., sez. III, 2 marzo 1973, n. 579). Va rilevato, inoltre, un ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso dell’Empoli, legato alle previsioni statutarie che importano l’incompetenza dell’adito Collegio di Garanzia dello Sport. L’art. 6.15 dello Statuto della Lega di Serie B prevede: “Reclami. Contro la validità delle Assemblee e delle deliberazioni adottate può essere proposto reclamo alla Corte di Giustizia Federale entro il decimo giorno lavorativo successivo alla data dell’Assemblea da parte delle società presenti e ad essa validamente partecipanti, purché le stesse abbiano presentato riserva scritta prima della chiusura del lavori dell’Assemblea. Le società che non hanno partecipato all’Assemblea possono proporre reclamo entro il decimo giorno lavorativo successivo a quello di ricevimento del relativo verbale”. La norma prevede, dunque, che possono proporre reclamo alla Corte di Giustizia Federale, nel termine di dieci giorni, le società presenti all’Assemblea che abbiano formulato riserva scritta. Orbene, tale previsione conduce ad escludere, nella fattispecie, la competenza del Collegio di Garanzia dello Sport. L’art. 12 bis, comma 2, dello Statuto del CONI e l’art. 54, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva ammettono il “...ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento sportivo emesse dagli organi di giustizia federale esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti”. L’art. 30, comma 3, dello Statuto della FIGC dispone che “Le controversie tra i soggetti di cui al comma 1 o tra gli stessi e la FIGC, per le quali non siano previsti o siano esauriti i gradi interni di giustizia federale secondo quanto previsto dallo Statuto del CONI, sono devolute, su istanza della parte interessata, unicamente alla cognizione del Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI, in conformità con quanto disposto dallo Statuto e dai relativi regolamenti e atti attuativi, nonché dalle norme federali”. Alla luce delle norme ora richiamate, considerato che la menzionata norma dello Statuto della Lega prevede esplicitamente un rimedio avverso le deliberazioni adottate dall’Assembla di Lega, proponibile dagli associati, quale era la società dell’Empoli al momento dell’adozione della deliberazione del 29 novembre 2012, non sussiste la competenza di questo Collegio in relazione al ricorso proposto dall’Empoli Football Club S.p.a. Il ricorso proposto dall’Empoli deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Problemi analoghi non si pongono, invece, nei confronti delle società del Palermo e del Pescara, che, alla data di adozione della deliberazione indicata, non erano associate alla Lega di Serie B. Il fatto che sia previsto un rimedio esperibile dagli associati non può, infatti, escludere le possibilità di tutela innanzi al Collegio di Garanzia da parte dei soggetti che, non essendo associati al momento dell’adozione della deliberazione, non hanno avuto la possibilità di avvalersi di tale rimedio. A tali società deve essere, pertanto, riconosciuta la possibilità di tutelare i propri interessi, non attraverso un reclamo avverso la delibera, ma mediante la diretta contestazione delle pretese avanzate sulla base delle previsioni della delibera stessa. Altra questione sollevata dalla Lega di Serie B attiene alla tempestività del ricorso. Il Collegio di Garanzia ha già avuto occasione di occuparsi di questione concernente la tempestività del ricorso proposto avverso le pretese della Lega di B, relative al contributo di solidarietà promozione, in relazione ad altra controversia a suo tempo instaurata con ricorso proposto dalla società del Palermo. In quella occasione il Collegio, con decisione n. 71, deliberata il 16 dicembre 2015 e depositata il successivo 29 dicembre, ha affermato, innanzitutto, il carattere vincolante delle decisioni della Lega nei confronti delle società che abbiano aderito ad essa, in qualità di associate, anche in epoca successiva all’adozione della deliberazione. Il Collegio di Garanzia ha poi ritenuto, anche in ossequio al principio di concentrazione che caratterizza in maniera particolare l’intero sistema di giustizia sportiva, che la proponibilità del ricorso debba essere contenuta entro un breve termine di decadenza, fatto coincidere con quello di trenta giorni previsto in via generale per la proposizione dei ricorsi dall’art. 59, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva. Quanto all’individuazione del dies a quo, il Collegio, in quella occasione, ha affermato che il termine non può decorrere da un momento antecedente a quello in cui la deliberazione in questione è divenuta vincolante nei confronti della società, mediante la sua adesione alla Lega di Serie B, con l’iscrizione della società alla Lega di Serie B e la sottoscrizione degli atti di ricognizione di debito con contestuale cessione di credito a garanzia, per gli importi di € 3.000.000,00, € 1.500.000,00 ed € 2.000.000,00, dovuti a titolo di contributo promozione, rispettivamente, per il primo, per il secondo e per il terzo anno di permanenza nella massima serie. Tale momento è stato individuato come quello in cui le previsioni della deliberazione hanno acquisito efficacia vincolante anche nei confronti della società del Palermo e in cui quest’ultima ha acquisito piena conoscenza della portata e degli effetti di tali previsioni, con l’assunzione delle obbligazioni che ne sono derivate. Il Collegio, infine, ha precisato, ma tale specificazione non rileva in questa sede, che il dies a quo non avrebbe comunque potuto collocarsi in un momento successivo a quello in cui la società del Palermo si è assicurata la permanenza nella massima serie per il secondo anno consecutivo. Per quanto sopra, la domanda a suo tempo proposta dal Palermo è stata dichiarata inammissibile per tardività. Nel caso di specie, un problema di tempestività del ricorso, almeno nei confronti degli atti con i quali è stato chiesto alle società ricorrenti, per l’iscrizione al campionato di Serie B, l’invio della cessione di credito futuro condizionato a garanzia, di cui al punto 1.3 del Codice di Autoregolamentazione, non si pone, giacché il ricorso è stato proposto ampiamente nel termine di trenta giorni, decorrente dalla comunicazione della nota del 13 giugno 2017 e, precisamente, il 27 giugno 2017. Ogni obbligazione, infatti, è legata, non solo all’efficacia vincolante esplicata dalla citata delibera dell’Assemblea di Lega, ma anche al verificarsi dei presupposti richiesti dalla stessa delibera e, naturalmente, all’acquisizione della qualità di associato mediante l’iscrizione alla Lega. Nessun effetto preclusivo, d’altra parte, può derivare, nei confronti della società del Palermo, dalla precedente decisione n. 71/2015 del Collegio di Garanzia, trattandosi di decisione in rito, che ha affermato l’inammissibilità del ricorso per tardività, senza alcuna statuizione in ordine al merito della controversia. Peraltro, la circostanza che le società del Palermo e del Pescara sono state già associate alla Lega di Serie B ed hanno già corrisposto (in diverse precedenti stagioni sportive) il contributo promozione, in applicazione delle delibere impugnate, non può consentire alle stesse, per le ragioni che si sono già esposte nel precedente punto 10 (e nella citata decisione del Collegio di Garanzia n. 71/2015), di mettere nuovamente in discussione nel merito il contenuto delle delibere in questione che non siano state tempestivamente impugnate. Con la conseguenza che l’impugnazione dovrebbe ritenersi ammessa nei soli limiti riguardanti la corretta applicazione delle medesime delibere. Ma anche a voler ritenere ancora ammissibile la contestazione dei contenuti delle delibere, in virtù della rinnovata associazione delle due citate ricorrenti alla Lega di Serie B, il ricorso risulta comunque infondato nel merito. Al riguardo, va rilevato che le società ricorrenti hanno dedotto che il principio per il quale ogni spostamento patrimoniale deve avere una valida giustificazione, valevole anche in ambito associativo, sarebbe rafforzato nell’ordinamento sportivo, nel quale ogni discriminazione in danno di singoli concorrenti importa un vantaggio per gli altri concorrenti che, con deliberazione assunta in seno agli organi associativi, ne hanno stabilito l’introduzione. Ciò implicherebbe una netta violazione dei principi di lealtà e regolarità sportiva, che informano lo Statuto della FIGC, al quale devono attenersi statuti e regolamenti delle Leghe aderenti alla Federazione. Le Leghe, cui è delegata l’organizzazione dei Campionati, non potrebbero imporre oneri ingiustificati, adempimenti o restrizioni a carico solo di alcuni soggetti. L’imposizione del contributo di solidarietà promozione, prevista con le attuali modalità da una delibera del 29 novembre 2012 dell’Assemblea della Lega, risulterebbe manifestamente iniqua e priva di giuridico fondamento. Gli atti di cessione che le società ricorrenti sono costrette a sottoscrivere ai fini dell’iscrizione al Campionato di Serie B sarebbero nulli per l’assenza di sinallagma e di uno scopo comune alla base della fattispecie negoziale. Le ricorrenti non sarebbero tenute ad alcuna controprestazione per il risultato ottenuto, vale a dire la retrocessione in Serie B, non avendo ricevuto alcuna prestazione da parte della Lega di Serie B. La cessione di credito sarebbe, pertanto, priva di giustificazione causale. Il meccanismo del contributo di solidarietà promozione delineato dalle deliberazioni della Lega sarebbe iniquo, in quanto porrebbe a carico di una sola società un onere che, al più, dovrebbe gravare sulla Lega di Serie A oppure su tutte le società di Serie A e contrasterebbe con le norme del d.lgs. n. 9/2008, che hanno introdotto un meccanismo di distribuzione dei proventi derivanti dai diritti televisivi teso a realizzare un equilibrio competitivo (40% dei proventi in uguale misura ai partecipanti al campionato; 30% in base al bacino di utenza; 30% in base ai meriti sportivi). La questione relativa al contributo di solidarietà promozione sarebbe, inoltre, per molti versi analoga a quella che aveva riguardato il prelievo forzoso della somma di € 2.500.000,00 a carico delle società neopromosse da destinare alle società qualificate in Europa League. Le ricorrenti hanno evidenziato che, in quella occasione, l’Alta Corte di Giustizia, con la decisione n. 21/2010, aveva censurato il meccanismo previsto. Le ricorrenti hanno poi sottolineato che la previsione del contributo di solidarietà sarebbe stata determinata da un inadempimento della Lega di Serie A, che non avrebbe onorato l’accordo relativo al trasferimento alla serie cadetta del 7,5% dei proventi derivanti dai diritti televisivi, a suo tempo assunto in occasione della separazione dell’originaria Lega Nazionale Professionisti. Ulteriore censura è relativa alla mancata opposizione della Lega di Serie A, che importerebbe un abuso del principio maggioritario, giacché le altre squadre militanti nella massima serie sarebbero ben liete di addossare l’onere solo su alcune società. Le società ricorrenti hanno, infine, dedotto che il contributo di solidarietà, per il caso di permanenza in Serie A per altre due stagioni oltre la prima, sarebbe in contrasto con l’art. 16, punto 16.1.j, dello Statuto della Lega di Serie B. La Lega di Serie B, al fine di contrastare le argomentazioni avversarie, ha specificato che il contributo promozione mira alla remunerazione del valore tecnico organizzativo della categoria e a mantenerne elevato il valore tecnico competitivo, anche al fine di consentire il salto delle società nella categoria superiore. Esso, ha aggiunto la resistente, ha una funzione perequativa, tenendo conto del significativo aumento delle risorse finanziarie delle società che sono promosse in Serie A. Secondo la Lega resistente sarebbe del tutto fuorviante e fuor di luogo il richiamo alle norme concernenti la mutualità per le categorie inferiori, di cui all’art. 24 del d.lgs. n. 9/2008 (c.d. decreto Melandri), in forza delle quali “l’organizzatore del campionato di calcio di Serie A, per valorizzare e incentivare l’attività delle categorie professionistiche di calcio inferiori, destina una quota annua non inferiore al sei per cento del totale delle risorse assicurate dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi del campionato di Serie A, alle società sportive delle categorie professionistiche inferiori”. Il contributo promozione non sarebbe, infatti, legato a tale previsione, basandosi esso su un’obbligazione a carico di una singola società alla Lega, assunto su base volontaria, con finalità solidaristiche. Il Palermo, ha sottolineato la Lega resistente, ha regolarmente pagato due annualità del contributo promozione. Il Pescara ha pagato € 3.000.000,00 alla LNPB per la stagione sportiva 2016/2017. L’Empoli ha pagato le tre annualità per le stagioni sportive 2014/2015, 2015/2016, 2016/2017. La Lega di Serie B ha proseguito deducendo l’infondatezza delle censure mosse dalla ricorrente, in quanto la deliberazione del 29 novembre 2012, assunta nel rispetto dell’autonomia concessa alla Lega, non creerebbe alcuna discriminazione. Il previsto meccanismo del contributo promozione si inserirebbe, infatti, in un sistema perfettamente bilanciato e coordinato di contribuzione, previsto in relazione ad eventi quali la promozione e la retrocessione. Ciò, tra l’altro, sarebbe dimostrato dal fatto che il contributo promozione subisce una decurtazione pari a quanto eventualmente dovuto dalla società alla Lega Pro in caso di doppia promozione consecutiva. Il vero squilibrio sarebbe determinato dalla soppressione del contributo promozione, a causa della penalizzazione che subirebbero le squadre militanti in Serie B, che non hanno accesso agli introiti ben più sostanziosi delle associate alla Lega di Serie A e che sarebbero comunque costrette a versare il contributo promozione alla Lega Pro. Non sarebbe fondata, infine, la censura relativa alla violazione dell’art. 16, punto 16.1.j, dello Statuto della Lega di Serie B, che, nel contemplare, tra le entrate della Lega, i contributi a carico delle società partecipanti al campionato di Serie A che nella stagione sportiva precedente erano associate alla Lega, limiterebbe l’onere di contribuzione alle società neopromosse. Le argomentazioni delle ricorrenti sono prive di fondamento. Il contributo di solidarietà promozione risponde a un’evidente finalità solidaristica, giacché pone a carico delle società neopromosse nella massima serie, che usufruiscono di un cospicuo incremento degli introiti derivanti, in particolare, dalla cessione dei diritti televisivi, un onere mirante all’innalzamento del livello competitivo del Campionato dal quale provengono e, quindi, delle singole società che aspirano, a loro volta, ad accedere alla serie superiore. Lo spostamento patrimoniale che esso realizza risulta non eccessivo nella misura e non è affatto privo di giustificazione sul piano della causa del contratto associativo. Al riguardo, occorre tenere presente che l’adesione stessa alla Lega importa la fruizione del beneficio derivante dal pagamento del contributo. Da tale beneficio non sono escluse le società neopromosse nella serie superiore, che, avendo partecipato al Campionato di Serie B, lo hanno ricevuto e che, in caso di retrocessione, potranno percepirlo in futuro. Non può, quindi, sostenersi che lo spostamento patrimoniale abbia carattere unilaterale e non sia caratterizzato, quindi, da sinallagmaticità. È anche grazie ad esso che le società neopromosse sono poste in condizione di raggiungere un livello tale da poter competere con le altre società partecipanti al massimo campionato. Quanto fin qui detto, riguardo all’aspetto causale, vale anche ad escludere, sul piano dell’ordinamento sportivo, il carattere iniquo del contributo di solidarietà promozione e la violazione dei principi di lealtà e regolarità sportiva. Il meccanismo del contributo in questione si inserisce, innanzi tutto, nel quadro più vasto di un sistema di contribuzione con finalità solidaristiche previsto in relazione ad eventi quali la promozione e la retrocessione, che coinvolge le tre Leghe professionistiche. Il contributo di solidarietà promozione non crea un effettivo squilibrio competitivo, ma, al contrario, come evidenziato, esso concorre a porre le basi anche per una partecipazione competitiva nella massima serie delle società che, provenendo dalla serie inferiore, hanno usufruito di introiti di gran lunga inferiori. La ripartizione del contributo di solidarietà promozione tra le società che partecipano al Campionato di Serie B è volto, pertanto, a favorire l’equilibrio competitivo, mediante un incremento dei mezzi finanziari a disposizione delle stesse società. Esso, quindi, mira ad elevare il livello tecnico e sportivo del Campionato della serie inferiore e di ciò si giovano tutte le squadre che partecipano ad esso, comprese le squadre che, al termine del campionato, conquistano la promozione e che hanno potuto acquisire la competitività necessaria ai fini della partecipazione al successivo Campionato di Serie A. La previsione di un contributo a carico di queste ultime appare, quindi, del tutto conforme all’obiettivo di una distribuzione delle risorse che, in ottica solidaristica, tiene conto dell’esigenza che gli introiti assai maggiori derivanti dalla partecipazione delle neopromosse al massimo Campionato siano in piccola parte destinati ad accrescere il livello della competizione nel Campionato di provenienza. a) Come rilevato dalla Lega di Serie B, non appare poi appropriato il riferimento alla decisione n. 21/2010, a suo tempo presa dall’Alta Corte di Giustizia in relazione al prelievo forzoso di € 2,5 milioni a carico della squadre neopromosse in Serie A in favore delle squadre qualificate in Europa League. b) In quel caso, infatti, era del tutto assente la logica solidaristica di cui si è detto, giacché si disponevano, in effetti, operazioni finalizzate ad accrescere la competitività delle (sole) squadre partecipanti al torneo europeo. Il meccanismo previsto finiva, quindi, per alterare l’equilibrio competitivo in danno proprio delle società neopromosse rispetto alle altre società, partecipanti allo stesso Campionato nazionale, che fruivano di introiti uguali o addirittura superiori. c) Le ricorrenti hanno rilevato che l’introduzione del contributo di solidarietà sarebbe dovuta al fatto che la Lega di Serie A non avrebbe onorato l’impegno di trasferire alla serie cadetta il 7,5% dei proventi derivanti dai diritti televisivi. L’assunto è del tutto indimostrato, ma esso, comunque, è irrilevante, giacché le motivazioni di carattere economico che possono avere indotto a prevedere il contributo non sono in grado di influire sulla legittimità delle decisioni adottate. Peraltro risulta inconferente il richiamo, operato dalle ricorrenti, alle previsioni del d.lgs. n. 9/2008, in materia di distribuzione delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti televisivi, in quanto le delibere impugnate non costituiscono una diretta applicazione delle relative disposizioni. d) Quanto alla mancata opposizione della Lega di Serie A, di cui si lamentano le società ricorrenti, è chiaro che, anche in questo caso, si tratta di argomento privo di ogni rilevanza, giacché il dedotto comportamento omissivo della Lega di Serie A risulta ininfluente ai fini della valutazione della fondatezza della pretesa della Lega di Serie B. e) Le società ricorrenti hanno, infine, dedotto la violazione dell’art. 16, punto 16.1.j, dello Statuto della Lega di Serie B, che prevede che le entrate della Lega sono costituite, tra l’altro, da “eventuali contributi a carico delle società ammesse a partecipare al Campionato di Serie A che nella stagione sportiva precedente erano associate alla Lega”. Sarebbero esclusi prelievi forzosi in danno di società che non siano neopromosse. La tesi delle ricorrenti è priva di fondamento, giacché, come rilevato dalla difesa della Lega di Serie B e come chiaramente desumibile dal disposto dell’art. 1 del Codice di Autoregolamentazione, l’obbligazione di pagamento del contributo promozione, anche se lo stesso deve essere pagato per tre annualità, in caso di permanenza nella massima serie per tre anni (o per 2 annualità, nel caso di permanenza nella massima serie per due anni), insorge nel suo complesso con la promozione in Serie A.
Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 21 del 10/01/2011 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul C.U. n. 66/CGF del 29 settembre 2010
Parti: U.S. Lecce - A.C. Cesena S.p.A. - Brescia Calcio S.p.A. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio e Lega Nazionale Professionisti Serie A (L.N.P. Serie A)
Massima: Viene dichiarato nullo l’articolo 19, comma 2, punto 3, dello Statuto – Regolamento della LNP Serie A limitatamente alla parte in cui ha determinato che dalle quote spettanti alle squadre neopromosse vengano detratte somme pari a 2,5 milioni di euro ciascuna, da assegnarsi in aumento alle quote spettanti alle squadre che partecipano alla Europa League. Preliminarmente giova inquadrare la controversia, che nasce dallo Statuto -Regolamento della L.N.P. Serie A, che, all’art. 19, comma 2, p. 3, in relazione al riparto dei proventi derivanti dalla commercializzazione dei diritti televisivi sulla base dei criteri fissati dal d. lgs. 9 gennaio 2008, n. 9, prevede che “dalla quota spettante a ciascuna delle società neopromosse in Serie A…viene prelevata la somma di Euro 2.500.000,00 da distribuire… alle società di Serie A che parteciperanno alla Europa League…”. Le società ricorrenti nei ricorsi 21/2010 e 22/2010 sono appunto le tre società neopromosse quest’anno in Serie A, provenienti dalla Serie B, e che all’atto della adesione (1° luglio 2010 e prima della definitiva omologazione dello Statuto) alla Lega - si noti organismo associativo a carattere privatistico (con delega di funzioni da parte della F.I.G.C.), ma la cui associazione è necessaria per la partecipazione ai Campionati nazionali di calcio di Serie A – avevano formulato espressa riserva scritta all’atto del deposito della richiesta di adesione, riserva ribadita ancora in sede di assemblea del 1° luglio 2010. Lo Statuto - Regolamento veniva approvato definitivamente dalla Assemblea della L.N.P. Serie A il 1° luglio 2010 (comunicato alle ricorrenti il 5 luglio 2010) e successivamente omologato dalla F.I.G.C. . L’approvazione dello Statuto – Regolamento in data 1° luglio 2010 proviene da un organismo (Lega Nazionale Professionisti Serie A) diverso da quello che, in via provvisoria e salvo un previsto intervento normativo, aveva deliberato il 30 ottobre 2007, per stagioni di campionato anteriori al 2010, analoghi prelevamenti a carico delle neopromosse in Serie A (a parte ogni problema circa l’efficacia di delibera assembleare della sola categoria di Serie A, laddove la Lega era ancora unitaria di Serie A e B). Questi precedenti interventi erano avvenuti in epoca antecedente alla autosoppressione - separazione della Lega Nazionale Professionisti (comprendente allora la Serie A e B). Pertanto, la suddetta approvazione in data 1° luglio 2010 deve essere considerata delibera autonoma sia dal punto di vista soggettivo dell’organo emanante, sia dal punto di vista oggettivo e dell’efficacia come norma inclusa nello Statuto, atto fondamentale del nuovo organismo associativo. Detto nuovo organismo associativo (L.N.P. Serie A) è stato peraltro riconosciuto in data 8 giugno 2010 e solo da quel momento qualificabile come soggetto organizzatore e quindi abilitato alla determinazione del riparto dei diritti televisivi Serie A per il 2010-2011. D’altro canto le attuali ricorrenti, solo in quanto neopartecipanti in Serie A per la nuova stagione sportiva 2010-2011, avevano acquisito un interesse alla impugnativa del nuovo Statuto - Regolamento della Lega Professionisti Serie A, che si noti ha un unico aspetto di contatto con i deliberati del precedente organismo associativo disciolto, e cioè di avere per questa parte un testo riproduttivo del meccanismo di prelevamento forzoso, ma con efficacia e natura diversa in quanto inserito in una norma statutaria a base associativa. Sulla base delle precedenti considerazioni risulta di tutta evidenza sia la indisponibilità dei profili fatti valere in questa sede riguardo ai criteri di riparto surrichiamati in relazione al sistema legislativo dei diritti televisivi, sia la notevole rilevanza della controversia per l’ordinamento sportivo. Infatti, la questione riguarda una norma (i cui effetti patrimoniali sono solo consequenziali) e coinvolge direttamente il testo dello Statuto – Regolamento e la stessa base associativa di un organismo quale la L.N.P. Serie A che è associazione privatistica - la iscrizione alla quale, tuttavia, è necessaria per la partecipazione al Campionato di calcio di Serie A - riconosciuta dalla F.I.G.C. e da questa investita dell’affidamento di funzioni proprie ed essenziali dell’ordinamento sportivo calcistico. Detto meccanismo di ripartizione degli oneri urta innanzitutto con il sistema di ripartizione dei diritti di trasmissione radiotelevisiva e similari di eventi sportivi, di campionati e correlative manifestazioni, quale prefigurato dalla Legge 19 luglio 2007, n. 106 e dal d. lgs. 9 gennaio 2008, n. 9. Nessuna delle disposizioni contenute nella suddetta normativa consente un comportamento discriminatorio e peggiorativo dei criteri di ripartizione delle risorse a carico solo di un piccolo numero di squadre, delimitate solo per la circostanza di essere neopromosse e proprio in una fase per le stesse squadre di adattamento e di maggiori esigenze di adeguamenti ad un livello superiore. Anzi, dal sistema legislativo possono trarsi principi differenti ed improntati ad una equa ripartizione, ad un equilibrio competitivo tra i soggetti partecipanti alle competizioni, ad una ugualitaria ripartizione per una quota prevalente e, per il resto, con previsione di criteri fondamentali tipizzati in via permanente e estranei alla circostanza della neopromozione in Serie superiore. E’ vero che vi sono anche ulteriori margini di criteri di ripartizione di dettaglio, affidati a deliberazione di categoria dell’organizzatore della competizione (art. 25 d.lgs. 9 gennaio 2008, n. 9), fermo un sistema di ripartizione transitorio di prima applicazione a partire dalla stagione sportiva 2010-2011 (art. 26, d. lgs. cit.). Tuttavia questi criteri di dettaglio ed integrativi fissati dalla Categoria non possono essere in contrasto con i principi della legge delegata, da interpretarsi alla luce della legge di delegazione. Inoltre, le somme stornate dai proventi radiotelevisivi, da destinare per finalità mutualistiche o di solidarietà o simili, non possono gravare su singoli associati limitati nel numero ed in base a criterio manifestamente arbitrario e irragionevole (in confronto dei criteri legislativi): a maggior ragione perché si ripartisce l’onere per un benefizio ritenuto tale per l’intera categoria partecipante alla Serie A. Il sistema di prelevamento non può essere congegnato in modo diverso da quello basato sulla distribuzione dell’onere sulle società associate di Serie A, mediante una soluzione pur rientrante nella discrezionalità del soggetto organizzatore (Assemblea L.N.P. Serie A) in ordine al dettaglio del criterio (egualitario per tutte le società sportive associate alla Lega della Serie A o proporzionato al contributo di ciascuna o con altro differente sistema di calcolo sempre con equa distribuzione sulla platea degli associati). Sono aspetti che, anche per la concreta quantificazione, devono rimanere nella discrezionalità del soggetto organizzatore entro, tuttavia, i confini di legittimità sovra precisati. Restano pienamente assorbiti gli altri profili prospettati nei ricorsi 21 e 22/2010.
Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 7 del 13/03/2014 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C. (pubblicata al punto 1 nel C.U. n. 278/CGF del 24.05.2013 che ha respinto il reclamo proposto dalle società Novara Calcio s.p.a. e A.C. Cesena s.p.a. avente ad oggetto la contestata validità/legittimità della delibera di cui al punto 3) dell’ordine del giorno dell’Assemblea ordinaria della Lega Nazionale Professionisti Serie A del 3 dicembre 2012, relativa a “criteri di provvista, nonché di assegnazione e di distribuzione del contributo di cui all’art. 19.2, comma 3, dello Statuto-Regolamento della Lega (‘contributo Europa League’) stagione 2011/2012”
Parti: Novara calcio S.p.A./Cesena S.p.A./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Professionisti Serie A/altre squadre serie A
Massima: L’Alta Corte di Giustizia Sportiva dichiara l’inammissibilità del ricorso in riassunzione proposto dalle società Novara Calcio s.p.a. e A.C. Cesena s.p.a. avverso la Decisione della Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C. (pubblicata al punto 1 nel C.U. n. 278/CGF del 24.05.2013 che ha respinto il reclamo proposto dalle società Novara Calcio s.p.a. e A.C. Cesena s.p.a. avente ad oggetto la contestata validità/legittimità della delibera di cui al punto 3) dell’ordine del giorno dell’Assemblea ordinaria della Lega Nazionale Professionisti Serie A del 3 dicembre 2012, relativa a “criteri di provvista, nonché di assegnazione e di distribuzione del contributo di cui all’art. 19.2, comma 3, dello Statuto-Regolamento della Lega (‘contributo Europa League’) stagione 2011/2012”. La delibera dell’Assemblea ordinaria della Lega del 3 dicembre 2012, con riferimento al punto 3 all’ordine del giorno [“criteri di provvista, nonché di assegnazione e di distribuzione del contributo di cui all’art. 19.2, comma 3, dello Statuto-Regolamento della Lega (‘contributo Europa League’) stagione 2011/2012”] è stata impugnata dalle società Novara e Cesena dinanzi alla Corte di Giustizia Federale e la decisione di quest’ultima – che aveva respinto il ricorso delle società Novara e Cesena – è già stata impugnata dinanzi all’Alta Corte di Giustizia Sportiva dalla società Palermo, che era intervenuta nel procedimento dinanzi alla CGF ed il cui intervento era stato dichiarato inammissibile. Ne consegue che le questioni inerenti alla validità e alla legittimità della citata delibera della Lega sono già state tempestivamente sottoposte alla cognizione di questa Alta Corte, nella cui esclusiva competenza esse rientrano. E alla cognizione di questa Alta Corte, su ricorso del Palermo, è già stata tempestivamente sottoposta anche la domanda di annullamento della decisione della Corte di Giustizia Federale del 14 marzo 2013 (pubblicata al punto 1 nel C.U. n. 278/CGF del 24.05.2013; e, nel dispositivo, al punto 1 nel C.U. n. 204/CGF del 14.3.2013). Il principio del ne bis in idem non consente all’Alta Corte di tornare ad esaminare le questioni già dedotte nel precedente giudizio promosso dalla società Palermo (di cui alla citata decisione n. 25 del 2013), né per quanto riguarda i profili attinenti alla validità e alla legittimità della impugnata delibera della Lega, né per quanto riguarda l’annullamento della impugnata decisione della Corte di Giustizia Federale. Tali questioni sono già state sottoposte alla cognizione dell’Alta Corte; la quale in ogni caso non potrebbe riformare la decisione già presa in ordine all’invocato annullamento della pronuncia della Corte di Giustizia Federale. L’esame delle censure formulate dalle società Novara e Cesena nel ricorso in riassunzione risulta, pertanto, irrimediabilmente precluso. L’inammissibilità del ricorso in riassunzione presentato dalle società Novara e Cesena è stata eccepita, invocando il divieto del bis in idem, anche da altre società e parti che si sono costituite in questa sede dinanzi all’Alta Corte. A tali eccezioni di inammissibilità le società ricorrenti hanno replicato – in sintesi – osservando che nella sua precedente decisione (n. 25 del 2013) l’Alta Corte si sarebbe limitata a confermare l’inammissibilità dell’intervento della società Palermo dinanzi alla CGF senza entrare nel merito della legittimità della delibera della Lega; ed aggiungendo che la società Cesena (a differenza del Novara) non aveva comunque partecipato al precedente procedimento promosso dal Palermo dinanzi all’Alta Corte. Tali eccezioni delle ricorrenti società Novara e Cesena non colgono nel segno. Il fatto che nella sua decisione n. 25 del 2013 l’Alta Corte non sia entrata nel merito dei censurati profili di legittimità della delibera della Lega, limitandosi a confermare la dichiarazione di inammissibilità dell’intervento della società Palermo dinanzi alla Corte Federale (perciò confermando sotto questo profilo la decisione impugnata e ritenendo precluso l’esame di ogni altra domanda) non risulta rilevante; e, anzi, a ben vedere, appare la conseguenza di scelte processuali delle stesse società attuali ricorrenti. Se le attuali ricorrenti – convenute dalla società Palermo dinanzi all’Alta Corte - avessero prospettato in quella sede in via autonoma e tempestiva (sia pure in forma incidentale e subordinata) le loro censure avverso la delibera della Lega e avverso la pronuncia della CGF, la conferma della dichiarazione di inammissibilità dell’intervento del Palermo dinanzi alla CGF non sarebbe stata di ostacolo all’esame delle questioni di merito, che avrebbero trovato autonomo e legittimo ingresso nel procedimento dinanzi all’Alta Corte e nella decisione. Ma così non è stato: ed anzi la società Novara, costituitasi nel procedimento promosso dal Palermo dinanzi all’Alta Corte, ne ha sostenuto l’incompetenza, chiedendo che la ricorrente società Palermo fosse autorizzata a ripresentare il proprio ricorso dinanzi al TNAS (cfr. decisione n. 25 del 2013). Parimenti irrilevante il fatto – evidenziato dai Difensori della società Cesena anche in sede di discussione orale - che la società Cesena non si sia costituita nel procedimento promosso dalla società Palermo dinanzi all’Alta Corte. Basti considerare che il ricorso della società Palermo dinanzi all’Alta Corte è stato proposto nei confronti delle società “Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a., Bologna F.C. s.p.a., Cagliari Calcio s.p.a., Calcio Catania s.p.a., A.C. Cesena s.p.a., Chievoverona s.p.a., A.C. Fiorentina s.p.a., Genoa s.p.a., F.C. Internazionale Milano s.p.a., Juventus F.C. s.p.a., S.S. Lazio s.p.a., U.S. Lecce s.p.a., A.C. Milan s.p.a., S.S. Napoli s.p.a., Novara Calcio s.p.a., Parma F.C. s.p.a., Delfino Pescara 1936 s.r.l., A.S. Roma s.p.a., U.C. Sampdoria s.p.a., A.C. Siena s.p.a., Torino F.C. s.p.a., Udinese Calcio s.p.a.”. Sicchè, anche qui si ravvisa una scelta processuale della stessa società Cesena, che era stata chiamata a partecipare al procedimento dinanzi alla Alta Corte e ben avrebbe potuto costituirsi in quella sede per formulare le sue autonome domande, sia pure in via incidentale e subordinata; ed invece ha liberamente preferito di non costituirsi. L’inammissibilità del ricorso proposto dalle società Novara e Cesena non può essere superata neppure invocando il principio della translatio iudicii. Le società ricorrenti hanno sostenuto il loro diritto di ‘riassumere’ le loro istanze dinanzi all’Alta Corte, conservando gli effetti sostanziali e processuali delle domande che esse avevano già rivolto ad un giudice – il TNAS – dichiaratosi incompetente, in applicazione del principio della translatio iudicii, diffusamente invocato nella ‘memoria integrativa’ del 6 gennaio 2014. A tal proposito le società ricorrenti hanno richiamato una recente sentenza della Corte Costituzionale (19 luglio 2013, n. 223) secondo la quale “l’individuazione del giudice munito di giurisdizione non deve sacrificare il diritto delle parti ad ottenere una risposta, affermativa o negativa, in ordine al bene della vita oggetto della loro contesa”; affermandosi “la necessità della conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda nel caso in cui la parte erri nell’individuazione del giudice munito della giurisdizione”. Le società ricorrenti hanno altresì invocato una decisione, altrettanto recente, di questa Alta Corte, dove si afferma che “anche nel campo della giustizia sportiva deve ritenersi applicabile la translatio iudicii, divenuta ormai principio generale processuale” (decisione n. 33 del 2013). Il Collegio condivide i principi espressi nella giurisprudenza sopra richiamata, ma ritiene che, nel caso di specie, il principio della translatio iudicii non possa trovare applicazione. Infatti, non può ammettersi la possibilità che la parte, la quale abbia errato nella individuazione del giudice competente, possa riproporre le medesime domande dinanzi al giudice dichiarato competente ove quest’ultimo, nel frattempo, sia già stato chiamato a decidere su quelle domande e a tale giudizio abbia già partecipato la stessa parte che, successivamente, vorrebbe nuovamente adire quel giudice “in riassunzione”. Nel caso di specie, ciò che impedisce in questa sede l’esame delle domande proposte dalle società Novara e Cesena nel ricorso in riassunzione non è il loro precedente errore nella individuazione del giudice competente, bensì il fatto che il giudizio dinanzi al giudice competente – questa Alta Corte -, nel frattempo, si sia già svolto, attraverso un procedimento al quale anche il Novara ha partecipato, mentre il Cesena ha ritenuto di non partecipare (ancorchè la società fosse stata ritualmente chiamata). Peraltro, in sede di impugnazione – come nel caso in esame, nel quale le società ricorrenti hanno impugnato la decisione della Corte di Giustizia Federale dinanzi al TNAS ed ora ripropongono la medesima domanda di annullamento di quella decisione dinanzi a questa Alta Corte – il principio della translatio iudicii deve necessariamente coordinarsi con le regole relative alle condizioni di ammissibilità dell’impugnazione. Questo delicato problema di coordinamento emerge con chiarezza nella giurisprudenza della Cassazione, la quale ha esattamente affermato che “l'erronea individuazione del giudice legittimato a decidere sull'impugnazione non si pone come questione di competenza, ma riguarda la valutazione delle condizioni di proponibilità o ammissibilità del gravame, che deve, pertanto, dichiararsi precluso se prospettato a un giudice diverso da quello individuato dall'art. 341 cod. proc. civ.”; con la conseguenza che “l’eventuale appello ad un giudice diverso da quello individuato …… può dare luogo anche alla consumazione del potere di impugnare, una volta decorsi i termini per il gravame ….” (cfr. Cass., sez. I, 7 dicembre 2011, n. 26375). In sostanza si è ritenuto – e il Collegio condivide questa tesi – che nel caso di una sentenza dichiarativa della inammissibilità dell’appello per incompetenza del giudice adito, ove nel frattempo siano decorsi i termini per impugnare, il potere di impugnazione si sia definitivamente consumato, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza gravata. Nel caso di specie si deve ritenere che il potere di impugnazione della decisione della Corte di Giustizia Federale da parte delle società Novara e Cesena si sia definitivamente consumato non solo per il decorso del termine perentorio stabilito dall’art. 4, 1° comma, del Codice dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva; ma anche per l’avvenuto definitivo espletamento dell’impugnazione proposta dalla società Palermo avverso la medesima decisione della CGF, a seguito di un procedimento al quale entrambe le società attuali ricorrenti erano state ritualmente chiamate a partecipare. Anche per i motivi ora illustrati, il ricorso in riassunzione proposto dalle società Novara e Cesena risulta inammissibile.
Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 25 del 08/08/2013 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della Corte di Giustizia Federale della FIGC (pubblicata al punto 1 nel C.U. n. 204/CGF e al punto 1 nel C.U. n. 278/CGF del 24 maggio 2013), che ha respinto il reclamo promosso dal Novara Calcio s.p.a. e dall’AC Cesena s.p.a. avente ad oggetto la validità/legittimità della delibera di cui al punto 3 dell’ordine del giorno dell’Assemblea Ordinaria della Lega Serie A, tenutasi il 3 dicembre 2012, e recante quale argomento in trattazione “criteri di provvista, nonché di assegnazione e di distribuzione del contributo di cui all’art. 19.2, comma 3, dello Statuto- Regolamento della Lega (“contributo Europa League”), stagione sportiva 2011/2012
Parti: U.S. Città di Palermo s.p.a./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Professionisti Serie A/ altre squadre Serie A
Massima: L’Alta Corte di Giustizia Sportiva respinge il ricorso proposto dalla società avverso la decisione della Corte di Giustizia Federale della FIGC (pubblicata al punto 1 nel C.U. n. 204/CGF e al punto 1 nel C.U. n. 278/CGF del 24 maggio 2013), che ha respinto il reclamo promosso dal Novara Calcio s.p.a. e dall’AC Cesena s.p.a. avente ad oggetto la validità/legittimità della delibera di cui al punto 3 dell’ordine del giorno dell’Assemblea Ordinaria della Lega Serie A, tenutasi il 3 dicembre 2012, e recante quale argomento in trattazione “criteri di provvista, nonché di assegnazione e di distribuzione del contributo di cui all’art. 19.2, comma 3, dello Statuto- Regolamento della Lega (“contributo Europa League”), stagione sportiva 2011/2012. Per potere passare all’esame dei profili di merito dell'impugnazione della delibera della Lega e della decisione della Corte federale impugnata, occorre che l’attuale ricorrente (soc. Palermo) "superi" l’inammissibilità dell’intervento, affermata in detta decisione. Vale la pena, per maggior chiarezza, ricordare che la soc. Palermo aveva e ha il diritto di impugnare, avanti a questa Corte (sia pure quale interveniente in un giudizio promosso da altre società della Lega) la decisione della Corte federale in punto di declaratoria di inammissibilità. Ovviamente la preclusione all'esame delle contestazioni di merito può essere rimossa nella sola ipotesi di annullamento di detta declaratoria. Assume dunque carattere preliminare, rispetto ad ogni altro profilo, il motivo di gravame che riguarda l’inammissibilità, statuita nella decisione della Corte Federale, dell’intervento della attuale ricorrente (soc. Palermo). Il mancato "superamento" della declaratoria di inammissibilità, affermata dalla decisione impugnata, esclude in radice la possibilità di esame di ogni altro profilo prospettato in questa sede. Come si è accennato, il ricorso avanti a questa Alta Corte, nei casi di impugnazione di decisione nell'ambito della Giustizia federale, può essere validamente proposto dal soggetto che si ritiene leso per motivi attinenti a vizi della decisione relativi alla sua posizione nella controversia. Qualora i vizi denunciati abbiano natura e contenuto processuale (cioè riguardino la improcedibilità o inammissibilità dell’intervento e quindi incidano sul difetto di legittimazione ad impugnazione autonoma dell’interveniente), eventuali altri profili di censura sono suscettibili di essere esaminati esclusivamente a seguito dell’annullamento della declaratoria relativa. Naturalmente rimangono fermi anche i limiti delle preclusioni verificate nel grado sottostante e dei motivi ritualmente proposti dal ricorrente principale nel ricorso introduttivo. Orbene l'anzidetto profilo di gravame, attinente alla inammissibilità dell’intervento, pronunciata nella decisione impugnata, è privo di fondamento. Infatti, trattandosi di giudizio avente natura impugnatoria, soggetto a duplice termine di decadenza (per la presentazione di riserva scritta di impugnazione e per la successiva proposizione della impugnazione, termini inutilmente decorsi), la soc. Palermo, in mancanza di impugnativa autonoma principale, avrebbe potuto svolgere, avanti alla Corte federale, soltanto un intervento adesivo dipendente. In ogni caso, ove anche si potesse, in ipotesi fermamente denegata dal Collegio, parlare di un intervento principale, questo sarebbe comunque, nel caso di specie, pur sempre inammissibile, in quanto proposto sia senza la preventiva riserva di impugnazione, sia dopo la scadenza del termine di 10 giorni previsto nell'art. 9, c.15, Statuto-Regolamento LNP-A, decorrente dal 3 dicembre 2012. Sembra peraltro opportuno anche ricordare che la posizione della soc. Palermo era inserita nel medesimo "versante" delle altre società soggette al prelievo, tutte egualmente munite di tutela da esercitare mediante impugnazione diretta e principale: tale impugnazione diretta non era stata, a suo tempo, proposta dalla soc. Palermo. D’altro canto l’esigenza di un sollecito esaurimento del contenzioso in materia di giustizia sportiva, anche in relazione allo specifico contenuto e alla finalità della delibera contestata (cfr. decisione di questa Alta Corte n. 15 del 2012), esclude che nella previsione delle predette decadenze posso adombrarsi un impedimento all’esercizio della tutela avanti alla Giustizia federale, attesa la facilità della mera dichiarazione di riserva di reclamo e la congruità (ritenuta dal Collegio) del successivo termine per l’effettiva proposizione dell’impugnazione (salvi eventuali motivi aggiunti). Sulla base delle precedenti considerazioni, aventi ciascuna valore autonomo, devono essere rigettati i motivi di ricorso avverso la pronuncia di inammissibilità, statuita nella decisione impugnata. Resta conseguentemente precluso l’esame di ogni altro profilo sollevato dalle parti e anche, ovviamente, di ogni altra domanda della ricorrente soc. Palermo. Consegue la conferma della decisione impugnata che ha dichiarato l'inammissibilità dell’intervento della soc. Palermo avanti alla Corte Federale.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 29 maggio 2013 – www.coni.it
Parti: U.S. Lecce SpA / Lega Nazionale Professionisti Serie A
Massima TNAS: (1) Per poter beneficiare dell’importo di cui all’art. 19, comma 2, punto 1) dello Statuto – Regolamento della Lega Nazionale Professionisti Serie A (cd “paracadute”) è necessaria la sussistenza di tutte e due le condizioni, congiunte e inscindibili, previste in detta norma e, cioè, la retrocessione dal campionato di serie A a quello di serie B (con esclusione delle ipotesi in cui la retrocessione è determinata dall’applicazione di una delle sanzioni previste dall’art. 18 del Codice di Giustizia Sportiva) e la effettiva partecipazione al campionato di serie B.
Massima TNAS: (2) Per la effettiva partecipazione non può intendersi la mera ammissione al campionato, ma la concreta partecipazione ad esso.