Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Prima :  Decisione n. 15/2020 del 4 marzo 2020

Decisione impugnata: Delibera di rigetto all'iscrizione nel Registro Nazionale degli Agenti Sportivi, assunta dalla Commissione CONI degli Agenti Sportivi nella seduta del 12 settembre 2019 e comunicata il successivo 18 settembre 2019, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenti, tra cui il Regolamento Agenti Sportivi CONI - Testo aggiornato con deliberazione n. 1630 del Consiglio Nazionale del 26 febbraio 2019.

Parti: Y. F. S. F.l E. S.L./Comitato Olimpico Nazionale Italiano

Massima: Confermata la delibera della Commissione CONI degli Agenti Sportivi che ha rigetto l'iscrizione della società estera (società spagnola che opera in ambito calcistico occupandosi di rappresentanza, intermediazione e consulenza, partecipata al 75% dalla società controllante U1st Sport S.A. ed al 25% dal socio persona fisica A. T. C., quest’ultimo agente sportivo che pone in essere le menzionate attività societarie sulla base di patto di esclusiva e non concorrenza).

nel Registro Nazionale degli Agenti Sportivi “per difetto dei requisiti di cui all’art. 19 comma 2 lettera b) e lettera c) del Regolamento Coni degli Agenti Sportivi”, rilevando che la documentazione depositata non era conforme all’art. 19, comma 2, lett. b), Regolamento CONI degli Agenti Sportivi, non essendo la maggioranza assoluta del capitale sociale detenuta direttamente dai soci agenti sportivi, bensì da persone giuridiche. La Commissione ha rilevato, altresì, la violazione dell’art. 19, comma 2, lett. c), del Regolamento CONI degli Agenti Sportivi, poiché la legale rappresentanza risultava conferita ad un soggetto non iscritto nel Registro CONI, in violazione del requisito richiamato che richiede che la legale rappresentanza sia “conferita esclusivamente ad agenti sportivi abilitati a svolgere l’attività in conformità a quanto previsto dal Regolamento”.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezioni Unite :  Decisione n. 7/2020 del 24 gennaio 2020

Decisione impugnata: Delibera di rigetto della domanda di iscrizione nel Registro Nazionale degli Agenti Sportivi assunta, a carico del ricorrente, dalla Commissione CONI degli Agenti Sportivi nella seduta del 30 luglio 2019, per carenza del requisito del superamento di una prova abilitativa diretta ad accertarne l'idoneità, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenti al gravato provvedimento.

Parti: E. C./Comitato Olimpico Nazionale Italiano

Massima: Il ricorso deve essere accolto nella parte in cui il ricorrente chiede l’annullamento della delibera di rigetto della domanda di iscrizione nel Registro Nazionale degli Agenti Sportivi assunta, a carico del ricorrente, dalla Commissione CONI degli Agenti Sportivi nella seduta del 30 luglio 2019. Non può, invece, disporsi - come richiesto dal ricorrente - l’iscrizione automatica nel Registro Nazionale degli Agenti Sportivi poiché tale iscrizione esula dai poteri di questo Collegio di Garanzia…In questa sede è sufficiente rammentare che l’art. 1, comma 373, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha istituito presso il CONI il Registro Nazionale degli Agenti Sportivi (di seguito, per brevità, designato semplicemente come Registro Nazionale), nel quale devono essere iscritti i soggetti che, in forza di un incarico redatto in forma scritta, mettono “in relazione due o più soggetti operanti nell’ambito di una disciplina sportiva riconosciuta dal CONI ai fini della conclusione di un contratto di prestazione sportiva di natura professionistica, del trasferimento di tale prestazione sportiva o del tesseramento presso una federazione sportiva professionistica”. In tale Registro possono iscriversi i cittadini italiani o di altro Stato membro dell’Unione Europea che, tra l’altro, abbiano “superato una prova abilitativa diretta ad accertarne l’idoneità”. La detta disposizione fa “salva la validità dei pregressi titoli abilitativi rilasciati prima del 31 marzo 2015”. La norma rinvia a successivi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il CONI, la definizione delle “modalità di svolgimento delle prove abilitative, la composizione e le funzioni delle commissioni giudicatrici, le modalità di tenuta e gli obblighi di aggiornamento del Registro, nonché i parametri per la determinazione dei compensi”; stabilendo, inoltre, che “Il CONI, con regolamento da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplina i casi di incompatibilità, fissando il consequenziale regime sanzionatorio sportivo”. Il successivo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 marzo 2018, in attuazione della norma sopra richiamata, ha stabilito, tra l’altro, i requisiti soggettivi per l’iscrizione nel Registro Nazionale disciplinando l’esame di abilitazione, che si articola in una prova generale presso il CONI e in una prova speciale presso le Federazioni sportive nazionali professionistiche. L’art. 11 del detto DPCM prevede espressamente la categoria degli “Agenti stabiliti”, dettando la seguente disciplina: “I cittadini dell'Unione Europea abilitati in altro Stato membro a mettere in relazione due o più soggetti ai fini indicati dall'articolo 1 del presente decreto possono chiedere alla federazione o alle federazioni sportive professionistiche italiane nell'ambito della cui disciplina sportiva intendono operare di essere iscritti m apposita sezione del registro federale degli agenti sportivi. (omissis) Ciascuna  federazione,  accertato  che  il  richiedente  sia  abilitato  a  operare  nell'ambito  della federazione sportiva del paese di provenienza, lo iscrive alla sezione speciale del registro federale dandone comunicazione al Coni entro trenta giorni per l’iscrizione in apposita sezione del Registro nazionale. L’agente stabilito opera senza limitazione utilizzando il titolo riconosciutogli nell'ambito federale del paese di provenienza oppure, se non gli è riconosciuto alcun titolo, utilizzando in ogni documento a sua firma la dicitura «agente sportivo stabilito abilitato nell'ambito della [...]», aggiungendovi l'indicazione della federazione sportiva nazionale presso la quale è abilitato. Agli agenti sportivi stabiliti si applicano gli articoli 2, 6, terzo comma, 7, 8, 9 e 10 del presente decreto. (omissis) “. Infine, è opportuno segnalare che l’art. 12 (Norme transitorie e finali) del detto DPCM fa espressamente “salva la validità dei titoli abilitativi rilasciati prima del 31 marzo 2015”…Invero, il ricorrente - come giustamente eccepito dal CONI - non può invocare la disposizione dell’art. 12 del DPCM del 23 marzo 2018 che fa “salva la validità dei titoli abilitativi rilasciati prima del 31 marzo 2015”. Infatti, al di là di quanto risultante nella Dichiarazione del 3 luglio 2019 sottoscritta dal sig. C. (dichiarazione prestampata nella quale genericamente si dichiara di “avere validamente superato l’esame di abilitazione o essere in possesso di titolo abilitativo rilasciato prima del 31 marzo 2015”), risulta evidente che il sig. C. non era in possesso di alcun titolo abilitativo rilasciato prima del 31 marzo 2015. Basti osservare che il sig. C. nel 2019 si è presentato a sostenere le prove abilitative presso il CONI (e non le ha superate), prove abilitative alle quali non avrebbe avuto alcun motivo di sottoporsi se effettivamente avesse già conseguito l'abilitazione in Spagna 4 anni prima. Peraltro, il sig. C., allorché ha presentato domanda di ammissione alle prove generali di abilitazione per l'esercizio dell'attività di agente sportivo, in data 3 gennaio 2019, ha dichiarato di avere svolto un'attività formativa consistente in un tirocinio di sei mesi, ma non ha mai dichiarato di avere conseguito già da qualche anno il titolo di agente sportivo in Spagna. Non può essere condivisa, invece, la tesi del resistente secondo il quale al CONI spetterebbe un ‘vaglio finale’ ai fini della iscrizione nel Registro Nazionale con riguardo ai soggetti che abbiano conseguito un titolo abilitativo all’estero e per i quali la Federazione interessata abbia già provveduto alla iscrizione nel Registro Federale. Il testo del DPCM del 23 marzo 2018 cit. depone nel senso che, una volta che la Federazione abbia eseguito l'iscrizione del richiedente nel Registro Federale (svolgendo - si suppone - il proprio doveroso accertamento in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti), la successiva iscrizione presso il Registro Nazionale si configura come automatica, senza attribuire al CONI alcun sindacato sulla sussistenza dei requisiti per il conseguimento del titolo abilitativo e sulle modalità con le quali quei requisiti sono stati conseguiti. In questo senso depone il terzo comma dell’art. 11 cit. dove si stabilisce che “Ciascuna federazione, accertato che il richiedente sia abilitato a operare nell'ambito della federazione sportiva del paese di provenienza, lo iscrive alla sezione speciale del registro federale dandone comunicazione al Coni entro trenta giorni per l’iscrizione in apposita sezione del Registro nazionale”. Il riparto delle competenze appare definito (ancorché possa essere astrattamente discutibile): alla Federazione spetta il potere di accertare “che il richiedente sia abilitato a operare nell'ambito della federazione sportiva del paese di provenienza”; a tale accertamento della Federazione (ove positivo) segue poi la iscrizione del richiedente nella sezione speciale del registro federale; e, infine, a tale iscrizione fa seguito una semplice comunicazione al CONI “per l’iscrizione in apposita sezione del Registro nazionale”. Dunque, nessuna disposizione prevede un controllo da parte del CONI sulla sussistenza dei requisiti per l’iscrizione del Registro Nazionale, successivo al controllo che deve essere compiuto dalla Federazione. In questo senso sembra orientata perfino la comunicazione inviata con email in data 4 luglio 2019 dalla Commissione CONI Agenti Sportivi alla Commissione Federale Agenti Sportivi (doc. 2 prodotto dal ricorrente), ove si rileva “che ai fini dell’iscrizione dei cittadini dell’Unione Europea abilitati in altro Stato membro è necessario che l’abilitazione nello stato membro sia stata conseguita a seguito di superamento di una prova abilitativa diretta ad accertarne l’idoneità”, ma si aggiunge anche “che alla verifica della sussistenza di tale requisito - considerata anche l’automaicità dell’iscrizione di cui al punto che precede - debba procedere la Federazione sportiva  professionistica presso  la  quale  l ’agent e  chiede  l ’iscrizione ”. È vero che l’art. 11 del DPCM cit. rinvia anche agli artt. 2 e 6 dello stesso DPCM; ma, a ben vedere, anche tale rinvio depone a favore della tesi del ricorrente. Infatti, l’art. 11, nel fare riferimento al menzionato art. 6 cit., rinvia soltanto al terzo comma di quell’articolo (ove si prevede che “L'iscrizione al Registro nazionale degli agenti sportivi abilita l'agente a operare nell'ambito dell'una o più federazioni presso il cui registro federale risulta iscritto”) e non anche al primo comma (ove si prevede che possa chiedere l’iscrizione nel Registro Federale degli Agenti Sportivi “Il soggetto che ha validamente superato entrambe le prove previste dal presente decreto”). In senso contrario non può valere il richiamo - operato dal resistente - al Regolamento CONI degli Agenti Sportivi, approvato con deliberazione del Consiglio Nazionale del 10 luglio 2018. Si tratta, infatti, di un Regolamento proveniente dallo stesso CONI, che non può porsi in contrasto né prevalere sulla disciplina ricavabile dal DPCM del 23 marzo 2018. Peraltro, detto Regolamento CONI, nell’art. 10 che stabilisce le funzioni e i poteri della Commissione CONI degli Agenti Sportivi, non prevede un potere della Commissione CONI di sindacare gli accertamenti compiuti dalla Commissione Federale in ordine ai requisiti per l’iscrizione nel Registro Federale.

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezione Prima: Decisione n. 16/2019 del 26 febbraio 2019

Decisione impugnata: decisione della Corte Federale d'Appello della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), di cui al C.U. n. 128/CFA del 4 giugno 2018, che, nel confermare la decisione della Commissione Procuratori Sportivi della FIGC, di cui al C.U. n. 10/PS del 27 febbraio u.s., ha respinto l'appello del ricorrente e, per l'effetto, ha confermato il provvedimento di diniego all'iscrizione nel Registro Procuratori Sportivi nei confronti del medesimo sig. R..

Parti: A. R./G. M./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Confermata la decisione della CFA con la quale è stato disposto il diniego all'iscrizione nel Registro Procuratori Sportivi sulla base della seguente motivazione: “La Commissione ha, invero, ritenuto che nell'ambito dell'ampia nozione dei “rapporti” previsti dal citato art. 3 comma 2 rientri sicuramente anche la “titolarità in capo all'istante di una partecipazione societaria in una società affiliata alla FIGC”, anche “a prescindere dalla entità della stessa”, e senza alcuna possibilità di un “apprezzamento caso per caso dell'effettiva sussistenza di una situazione di conflitto d'interessi in capo al titolare della partecipazione societaria”….Giova premettere che la tipicità dei regolamenti e, più in generale, degli atti compiuti dal legislatore federale aventi contenuto normativo non consentono, salvo i casi in cui la norma sia incomprensibile o comunque poco chiara, interpretazioni diverse del canone in claris non fit interpretatio; nella vicenda oggetto di scrutinio alcuna diversa intenzione o interpretazione può essere data al regolamento dei procuratori sportivi, che, nello stabilire le situazioni di incompatibilità con lo svolgimento della predetta professione, utilizza una espressione amplissima, ma altrettanto chiara, laddove afferma che il divieto si applica “…a tutti coloro che ricoprono cariche o abbiano rapporti professionali o di qualsiasi altro genere nell'ambito della FIGC o delle società ad essa affiliate”. Il tema non è tanto quello, come pur utilizzato pro se dalla FIGC, della elasticizzazione della norma come clausola generale, quanto piuttosto chiarire il significato del sintagma “cariche o rapporti professionali o di qualsiasi altro genere” utilizzato dal legislatore federale e, soprattutto, capirne la ratio. L’art. 2247 del codice civile (che trova ingresso processuale nel processo sportivo in forza del rinvio esterno contenuto nell’art. 2, comma 6, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI), nel disciplinare il contratto di società, afferma che esso si ha quando “due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili”; partendo da questo assunto, non può avere pregio la tesi del ricorrente secondo cui la sua partecipazione minima (0,5%), peraltro ereditata (sul punto non può sottacersi come l’eredità ben può essere rinunciata e rimuovere l’ostacolo normativo di settore), non consentirebbe alcun controllo diretto o indiretto sulla società, per cui, ai sensi dell’art. 16 delle NOIF, a nulla inciderebbe la partecipazione detenuta sul divieto regolamentare anche in ragione della dichiarazione resa dal R.di non assumere affari che vedessero l’Atalanta come parte del contratto; e tanto perché non è il controllo societario che il Regolamento Procuratori Sportivi vuole evitare, ma la commistione di interessi ed è evidente che il socio di una società, per quanto stabilito dalla norma codicistica richiamata, abbia un interesse proprio da tutelare (quello della produzione degli utili) nella società medesima, a prescindere dalla “quantità” di partecipazione detenuta. La locuzione “rapporti di qualsiasi altro genere” utilizzata dal Regolamento Procuratori Sportivi della FIGC attiene a situazioni di fatto e di diritto che nel caso che ci occupa sono evidentissime, per la qual cosa non può argomentarsi in senso contrario richiamando teorie di quantità o di controllo, perché il punto di partenza non è il controllo della società, ma l’interesse del socio privato nella società che ne determina il conflitto; non la gestione, ma la relazione. D’altra parte, laddove il R.avesse realmente voluto esercitare la professione di procuratore sportivo, avrebbe potuto dismettere la quota o cedendola o rinunciando alla eredità della stessa o stipulando un patto di famiglia ex art. 768 bis c.c.; la circostanza che tali atti concludenti non sono stati compiuti rafforza l’idea dell’interesse alla detenzione della stessa per finalità imprenditoriali che, si badi, sono assolutamente legittime e tutelate e tutelabili, ma che confliggono con commistioni di altra natura di cui il legislatore federale si è fatto carico di disciplinare.

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