T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 2781/2012

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da:OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Luca Gastini, Alessandro Gariglio, Giuseppe Rombola', con domicilio eletto presso Giuseppe Rombola' in Roma, Circ.ne Clodia, 19;

contro

Il Ministero dell'Interno, in persona del l.r. p.t.,rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato di Roma ;

per l'annullamento

del provvedimento con il quale il Questore di Roma ordina il rimpatrio di Sanzini Nazareth a Udine con divieto di ritornare nel Comune di Roma senza la preventiva autorizzazione, per anni 3 e con l'ingiunzione di presentarsi a quella Autorità di P.S. entro giorni 1.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2012 il Cons. Pietro Morabito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Rilevato in fatto:

- che parte ricorrente, resosi autore, unitamente ad altri, nel corso di una partita di calcio disputata nello stadio “Olimpico” della Capitale, dell’apposizione, nella parete superiore della Tribuna Tevere Centrale, di uno striscione di mt.16 x 12, con la scritta in nero, “DA MILANO A PALERMO FERMIAMO IL NUCLEARE – GREENPEACE”, è stato, una volta fermato ed identificato, denunciato in stato di libertà per la violazione p. e p. dall’art.6 bis c.2 della legge n.401 del 1989 nonché (avendo la propria residenza in Udine) assoggettato ad ordine di rimpatrio con foglio di via obbligatorio ( di seguito: f.v.o) ai sensi dell’art. 2 della legge n.1423 del 1956 nel testo modificato dalla l. 3 agosto 1988 n. 327;

- che l’ordine di rimpatrio de quo rinviene il proprio supporto motivazionale, oltre che nell’episodio dianzi delineato, nell’esistenza di pregressi pregiudizi (il ricorrente è stato, in passato, denunciato per danneggiamento e violenza privata) e nella presunzione che il ricorrente si trattenga nella Capitale, ove non ha fissa dimora né vi svolge alcuna attività lavorativa) al “solo scopo di commettere azioni tali da mettere in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica”;

- che detto provvedimento, avverso cui il ricorrente si è gravato col ricorso in epigrafe, è ritenuto illegittimo essendo mancata un’oggettiva valutazione dei fatti dai quali risulti una situazione rivelatrice di una personalità incline a comportamenti antisociali e che ne facciano ragionevolmente presumere l'appartenenza del prevenuto ad una delle categorie di cui all'art. 1 l. n. 1423 del 1956. La motivazione dell’atto impugnato è altresì lacunosa essendo stata la misura impugnata, irrogata senza tener conto che esso ricorrente è incensurato e senza effettuare una valutazione sulla sua personalità. Si deduce ancora che l’ordine di rimpatrio è illegittimo in quanto non preceduto dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento e dall’avviso orale di cui all’art.1 della stessa legge n.1423 del 1956;

- che l’intimata amministrazione, costituitasi in giudizio per il tramite del Pubblico Patrocinio, ha, con memoria, sostenuto l’infondatezza del gravame avversario soffermandosi, in particolare, tra l’autonomia corrente fra il procedimento di prevenzione e quello penale non richiedendo il primo, a differenza del secondo, elementi probatori idonei a supportare una sentenza di condanna e potendo il giudizio di pericolosità sociale desumersi anche da indizi;

- che con ordinanza n.3128/2011 del 02.9.2011, la Sezione ha accolto l’istanza di sospensione interinale degli effetti derivanti dal provvedimento gravato: ordinanza che non risulta gravata da appello;

Considerato in diritto:

- che il quadro normativo che individua e delimita il potere esercitato dall'amministrazione nel caso concreto, risulta dal coordinamento tra l'art. 1 e l'art. 2 della legge 1956 n. 1423.

L'art. 1 prevede che "I provvedimenti previsti dalla presente legge si applicano a: 1) coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi; 2) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; 3) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica".

L'art. 2, comma 1, della legge 1956 n. 1423 dispone che "Qualora le persone indicate nell'articolo precedente siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il Questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel Comune dal quale sono allontanate";

- che da tale quadro trae evidente alimento il postulato che impone all'amministrazione l'obbligo della motivazione sia sull'appartenenza del destinatario dell'ordine ad una delle categorie di cui all'art. 1, l. n. 1423 del 1956 sia sulla pericolosità sociale del soggetto. Il principio di legalità assolutamente esclude che l'ordine dell'Autorità possa incidere sulle libertà personali in assenza dei presupposti normativi ed al fine di espungere dal territorio talune manifestazioni di irregolarità sociale e malcostume ( si ricordi dell'espunzione normativa, dalle categorie dei soggetti a cui potevano essere applicate le misure di prevenzione, dei vagabondi e degli oziosi validi al lavoro, in quanto trattasi di persone socialmente emarginate ma non necessariamente pericolose). L'osservanza del principio di legalità, infatti, richiede pur sempre che l'applicazione della misura, ancorché legata, nella maggioranza dei casi, ad un giudizio prognostico, trovi il presupposto necessario in fattispecie di pericolosità, previste e descritte dalla legge; fattispecie destinate a costituire il parametro dell'accertamento giudiziale e, insieme, il fondamento di una prognosi di pericolosità, che solo su questa base può dirsi legalmente fondata (Corte Cost. sent.n.177/80). Alla stregua di tali assunti la Consulta ha sancito l'incostituzionalità della L. 1423 del 1956 nella parte in cui individuava talune categorie di soggetti passibili di essere sottoposti a misure di prevenzione attraverso concetti non sufficientemente determinati come quello della "proclività a delinquere", in quanto, in tali ipotesi, il difetto di tassatività della previsione, rimetteva di fatto alla incontrollabile discrezionalità dell'interprete (fosse esso il giudice o la p.a.) la individuazione nel caso concreto dell'indice di pericolosità (Corte Cost. 177/80). Il suddetto orientamento della Corte Costituzionale è stato poi alla base della riforma della L. 1423 del 1956 ad opera della L. 327 del 1988 che ha ridotto, come sopra ricordato, da cinque a tre le categorie dei soggetti destinatari delle misure di prevenzione ancorandone l'individuazione in base al riferimento alla abituale commissione di attività costituenti illecito penale (e quindi sufficientemente tipizzate);

Considerato ancora in diritto:

- che se è pur vero che si riconosce all'autorità questorile una amplissima discrezionalità in ordine alla ricorrenza dei presupposti fattuali in presenza dei quali ricorrere al foglio di via obbligatorio, tant’è che, in questo senso si è affermato: "anche se il provvedimento preventivo (nella specie, provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio) deve essere motivato con riferimento a concreti comportamenti attuali del soggetto dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica, resta fermo che tali comportamenti non debbono necessariamente concretarsi in circostanze univoche ed episodi definiti, ma possono desumersi da una valutazione indiziaria fondata su circostanze di portata generale e di significato tendenziale, o su contesti significativi nel loro complesso" (Consiglio Stato , sez. I, 26 aprile 2010 , n. 4093); e dunque se è vero che, anche qualora non sia possibile documentare che l'interessato viva dei proventi di attività delittuosa o sia dedito a traffici illeciti o si associ a pregiudicati, nondimeno la misura di prevenzione di cui trattasi può egualmente adottarsi ove il modello comportamentale complessivo del soggetto presenti caratteristiche comunque idonee a far razionalmente presumere l'esistenza di una pericolosità sociale, in base a valutazioni derivanti da un non arbitrario esercizio del potere discrezionale in materia ovvero da un'equilibrata ponderazione dei vari interessi coinvolti nel procedimento;

- (se è vero quanto sopra), è parimenti innegabile che il provvedimento di rimpatrio con f.v.o. presuppone un giudizio di pericolosità per la sicurezza pubblica il quale, deve essere motivato con riferimento a concreti comportamenti attuali dell'interessato, ossia ad episodi di vita atti a rivelare in modo oggettivo un'apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti. Diversamente, si snaturerebbe la stessa essenza delle misure di prevenzione la cui finalità non è quella di emarginare, allontanare o recuperare categorie socialmente indesiderate, ma di prevenire la commissione di reati socialmente pericolosi;

- Che in sintonia con detto postulato la Suprema Corte ha di recente (sez. VI, 08 settembre 2011, n. 18482) ribadito che l’indagine circa l’appartenenza del prevenuto ad una delle categorie di cui agli artt. 1 e 2 della legge citata, va condotta sulla base degli stessi criteri applicati dal giudice quando venga in rilievo una proposta di applicazione di una misura di prevenzione, e cioè tenendo presente: a) il carattere oggettivo degli elementi che giustificano sospetti e presunzioni; b) l'attualità della pericolosità; c); la necessità di un esame globale della personalità del soggetto. La verifica al riguardo deve essere compiuta "ab extrinseco", e cioè scrutinando la completezza, la logicità e la non contraddittorietà delle valutazioni operate dall'amministrazione;

- Che, nel caso di specie, l'amministrazione non ha assolto l'onere dell'indicazione sia degli elementi di fatto sui quali si basa il giudizio sull'appartenenza ad una delle suddette categorie, sia delle ulteriori circostanze inerenti l'attuale pericolosità sociale, non potendosi postulare una coincidenza automatica tra quell'appartenenza, che denota una pericolosità potenziale, e la concreta e attuale pericolosità del soggetto. Il provvedimento impugnato difatti, se si esclude l’azione propagandistica di primario riferimento, prospetta un giudizio prognostico alimentato esclusivamente dalla menzione di due pregresse denunce (si ignora se originate, o meno, da fini propagandistici analoghi a quanto sopra): con tutta evidenza, come correttamente dedotto da parte ricorrente, la motivazione posta a fondamento del provvedimento impugnato, non solo non contiene alcun elemento specifico ed individualizzato al fine di desumere l'appartenenza della ricorrente alle categorie delle persone abitualmente dedite a traffici illeciti o che traggono i propri mezzi di sostentamento da attività delittuose (in atto si fa menzione a denunce sporte “in passato” e dunque a denunce che per la loro risalenza nel tempo non costituiscono un sostrato fattuale sufficiente a fondare una presunzione di attività delittuosa abituale); ma neppure enuncia elementi idonei, sia pure attraverso un ragionamento di tipo presuntivo e sintomatico, che possano far concretamente presumere la (avvenuta o prossima) commissione di reati nel territorio della Capitale;

- Che per quanto sopra il ricorso è meritevole di accoglimento con assorbimento delle ulteriori (e peraltro, non fondate) residue doglianze;

- Che le spese di lite, attesa la peculiarità della fattispecie per cui è causa, possono essere compensate tra le parti;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Pietro Morabito, Consigliere, Estensore

Roberto Proietti, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

        Il 24/03/2012

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