T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 5492/2008

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Terza Ter

Composto dai Magistrati:

Italo                   RIGGIO                                 Presidente

Giulia                 FERRARI                             Componente

Stefano               FANTINI                              Componente relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. (…) Reg. Gen. proposto dall’Associazione “OMISSIS ”, in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Giuseppe Belviso, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Vincenzo Antonucci ed Antonio Molentino,  ed elettivamente domiciliata in Roma, alla Via di Pietralata n. 320, presso lo studio dell’Avv. Gigliola Mazza;

CONTRO

 - C.O.N.I., in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Alberto Angeletti, presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Giuseppe Pisanelli n. 2;

- C.C.A.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

e nei confronti

- della F.I.G.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Luigi Medugno, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Panama n. 58;

- del Ministero per i Giovani e lo Sport, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è pure legalmente domiciliato in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;

- della OMISSIS , in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

- della OMISSIS S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Francesco Mucciarelli, Francesco Perli ed Adriano Raffaelli, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Panama n. 58, presso lo studio dell’Avv. Letizia Mazzarelli;

per l’annullamento

del lodo arbitrale deliberato in data 27/10/06 dalla C.C.A.S. del C.O.N.I. nel procedimento di arbitrato promosso dalla OMISSIS S.p.a.; di tutti i provvedimenti presupposti, connessi e/o consequenziali.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del C.O.N.I., della F.I.G.C., del Ministero per i Giovani e lo Sport, nonché della OMISSIS S.p.a.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 15/5/2008,  il Cons. Stefano Fantini;

Uditi gli Avv.ti Antonucci e Molentino  per l’associazione ricorrente, gli Avv.ti Perli e Raffaelli per la controinteressata F.C. Internazionale Milano S.p.a.,  l’Avv. Medugno per la F.I.G.C., nonché l’Avv. Angeletti per il C.O.N.I.;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O

Con atto ritualmente notificato e depositato l’associazione ricorrente, costituita in data 30/8/06, e perseguente come scopo statutario quello di “promuovere tutte le iniziative presso qualsiasi Autorità giudiziaria, amministrativa e sportiva … atte a tutelare gli interessi degli associati, azionisti, tifosi, simpatizzanti della OMISSIS F.C. S.p.a. …”, premette che all’esito del processo sportivo alla predetta società, con la sentenza della Corte federale della F.I.G.C. del 25/7/2006, è stata irrogata, con riguardo alla stagione 2006/2007, la penalizzazione di 17 punti in classifica, la squalifica del campo per tre giornate di campionato, l’ammenda di 120.000 euro, ferme restando le altre sanzioni già inflitte nell’impugnata decisione della C.A.F. in data 14/7/06 per le stagioni sportive 2004/2005 e 2005/2006.

A seguito di tali gravi provvedimenti sanzionatori è stata istituita l’esponente associazione, composta sia da tifosi, che da azionisti della OMISSIS.

Detta società, in data 6/9/06, ha promosso istanza di arbitrato dinanzi alla C.C.A.S., la quale, con lodo del 27/10/06, ha confermato le sanzioni per le stagioni 2004/2005 e 2005/2006, mentre ha ridotto la penalizzazione inflitta per la stagione 2006/2007 a 9 punti, e convertito la squalifica del campo.

Il lodo ha riconosciuto la responsabilità diretta della OMISSIS ai sensi dell’art. 2 del C.G.S. a causa dei comportamenti tenuti da OMISSIS e OMISSIS, rispettivamente amministratore delegato e direttore generale, in violazione dell’art. 6 dello stesso C.G.S.

Deduce a sostegno del ricorso i seguenti motivi di diritto :

1) Violazione dell’art. 3 della legge n. 280/2003; eccesso di potere per violazione dell’art. 27 dello statuto della F.I.G.C.; eccesso di potere per violazione dei principi del giudice naturale precostituito e del diritto alla difesa in ogni stato e grado del procedimento di giustizia sportiva.

Posto che il ricorso alla C.C.A.S. costituisce l’ultimo grado della giustizia sportiva, appare erronea la motivazione della decisione impugnata nella parte in cui afferma che “dal carattere devolutivo dell’impugnazione proposta e dalla piena cognizione della controversia spettante a questo Collegio arbitrale deriva l’assorbimento delle censure svolte dalla ricorrente alla decisione impugnata sotto il profilo della violazione del principio generale del giudice naturale precostituito per legge …, e del principio del contraddittorio …”. Ed invero un giudizio di ultima istanza non può certamente sanare od assorbire le violazioni delle norme federali che individuano il giudice di primo grado ed il principio del contraddittorio.

2) Violazione delle norme del C.G.S. attinenti alla costituzione ed alla procedura delle Corti di Giustizia della F.I.G.C.; eccesso di potere per motivazione erronea e contraddittoria; violazione degli artt. 24, 25, 97 e 111 della Costituzione; violazione del principio generale del giudice naturale precostituito per legge; eccesso di potere per difetto di istruttoria e della motivazione, violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 per carenza di motivazione in ordine al provvedimento di nomina dei membri della C.A.F.; sviamento di potere; incompetenza; illegittimità del C.U. n. 12 del 15/6/2006 del Commissario Straordinario per violazione degli artt. 30, 31 e 32 dello Statuto federale.

La nomina dei componenti della C.A.F., effettuata con i CC.UU. n. 14 e n. 15 del 16/6/06, viola il principio del giudice precostituito, in quanto è intervenuta dopo che era stata avviata la procedura di indagine a carico dei soggetti sottoposti a procedimento disciplinare. Si è dunque inteso costituire un “giudice speciale” appositamente determinato per uno specifico processo sportivo. Né è valida motivazione del provvedimento il riferimento alla decisione del C.S.M. di inibire gli incarichi nella giustizia sportiva ai magistrati in servizio; ciò in quanto la C.A.F. manteneva nel proprio seno un numero di membri ben superiore a quello minimo previsto per la sua operatività, senza dunque necessità di una integrazione dei componenti.

3) Eccesso di potere per violazione degli artt. 30, V comma, 31, I comma, e 32 dello Statuto federale, degli artt. 25 e 37 del C.G.S.; incompetenza.

L’art. 30, V comma, dello Statuto afferma che le Commissioni disciplinari, e non la C.A.F., giudicano in primo grado.

4) Riduzione del principio del contraddittorio; violazione dell’art. 30, I e II comma, dello statuto federale e dell’art. 7 dello Statuto del C.O.N.I.; eccesso di potere per errore e difetto dei presupposti, dell’istruttoria e della motivazione.

Con il C.U. n. 12/06 sono stati ridotti, in media, alla metà tutti i termini previsti nel C.G.S., compromettendosi significativamente la capacità di difesa della ricorrente.

5) Eccesso di potere per motivazione erronea; violazione dei principi del giusto procedimento; violazione dell’art. 2 della legge n. 241/90; inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche.

I risultati delle intercettazioni telefoniche non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quello in cui sono state disposte; lo stesso art. 2, III comma, della legge n. 401/89 consente agli organi della disciplina sportiva di chiedere copia degli atti del procedimento penale (ai sensi dell’art. 116 del c.p.p.), ma non anche che le intercettazioni telefoniche siano utilizzabili al di fuori delle garanzie stabilite dal processo penale come unica fonte di prova nel processo disciplinare, a pena di illegittimità costituzionale del sistema normativo.

6) Eccesso di potere per motivazione erronea e contraddittoria e violazione dell’art. 6 del C.G.S.; eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica e contraddittorietà; eccesso di potere per disparità di trattamento; eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità.

Deve essere anzitutto contestato l’assunto motivazionale del lodo arbitrale laddove afferma che gli atti posti in essere da OMISSIS e OMISSIS  integrerebbero la violazione dell’art. 6, I comma, del C.G.S., in quanto avrebbero assicurato alla OMISSIS un vantaggio in classifica.

Ciò perché l’attitudine delle condotte dei predetti OMISSIS e OMISSIS a falsare la classifica è puramente presunta, e non provata, non risultando specificati gli atti posti in essere dalla dirigenza juventina, tanto più che la stessa C.A.F. ha ritenuto non provata l’incolpazione relativa alle singole gare.

Allo stesso modo, la Corte federale ha ritenuto non raggiunta una prova solida in ordine alla volontà degli arbitri di “realizzare, con dolo specifico, l’illecito”, e cioè di favorire la OMISSIS; solo con riguardo all’arbitro OMISSIS si è pervenuti alla condanna, e peraltro con riferimento ad una partita (OMISSIS – OMISSIS) da cui la OMISSIS non ha tratto alcun beneficio, diretto od indiretto, in classifica.

E’ dunque contradditorio affermare che OMISSIS e OMISSIS hanno operato, utilizzando i loro specifici rapporti con i designatori arbitrali, per favorire la loro società, se poi gli arbitri, che tali vantaggi avrebbero dovuto procurare, sono stati ritenuti immuni da responsabilità.

In altre parole, la mancanza del “segmento arbitrale”, ritenuto necessario ad integrare la fattispecie dell’art. 6 del C.G.S., comporta, come corollario, la non configurabilità della violazione dell’art. 6 del C.G.S.

Ed infatti l’illecito sportivo, per essere tale, va ricollegato all’alterazione della classifica, ossia dell’ordine di merito conseguente all’attribuzione del punteggio; l’offensività della condotta va dunque rilevata alla luce dell’idoneità del comportamento ad alterare una o più gare, ossia la classifica.

Nella vicenda in esame si è dunque distorta la portata dell’art. 6 più volte citato, realizzandosi un evidente sviamento di potere.

Accanto a ciò va denunciata la disparità di trattamento tra OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS, come appare palese considerando che per la prima, benché non provato il segmento arbitrale (assoluzione degli arbitri), è stata configurata la fattispecie di cui all’art. 6 del C.G.S., ed applicata la relativa sanzione della retrocessione, mentre per OMISSIS e OMISSIS proprio la mancanza del segmento arbitrale ha consentito l’applicazione dell’art. 1 del C.G.S. ed il connesso più favorevole regime sanzionatorio.

7) Eccesso di potere per vioOMISSISne degli artt. 1, 2, IV comma, e 6 del C.G.S.; errore di presupposti e della motivazione; illogicità ed ingiustizia manifesta.

Si contesta inoltre che i comportamenti ascrivibili al sig. OMISSIS possano essere imputati alla OMISSIS a titolo di responsabilità diretta, atteso che l’art. 2, IV comma, del C.G.S. prevede detta forma di responsabilità solamente per chi rappresenta la società, mentre per il comportamento dei dirigenti le società rispondono solamente  a titolo di responsabilità oggettiva, con rilevante riduzione delle sanzioni applicabili.

Ora, OMISSIS non era amministratore della società, e non aveva poteri di rappresentanza legale della stessa, ma era solo autorizzato a rappresentare la società presso le autorità sportive, come si evince dal censimento annuale.

Per quanto riguarda, invece, OMISSIS, il lodo arbitrale non specifica le condotte attribuitegli, ma solamente una comunione di intenti con il OMISSIS, quasi una sorta di associazione a delinquere, desunta da una telefonata intercorsa tra i due.

Le condotte illecite e di interferenza con il mondo arbitrale appaiono invece riconducibili al solo OMISSIS , con la conseguenza che delle stesse la OMISSIS non poteva essere chiamata a rispondere  a titolo di responsabilità diretta.

8) Eccesso di potere per violazione degli artt. 1, 2, IV comma, 6 e 13 del C.G.S.; eccesso di potere per difetto dei presupposti, erronea motivazione, illogicità ed ingiustizia manifesta, disparità di trattamento.

Il pesantissimo quadro sanzionatorio inflitto alla società bianconera è frutto di un’errata applicazione del combinato disposto delle norme di cui agli artt. 6, III comma, 13.1, lett. G) o H) del C.G.S.

In particolare, appare sprovvista di fondamento normativo la non assegnazione del titolo di campione d’Italia 2005/2006; per di più, detta sanzione appare illegittima, in quanto per detto campionato non esiste alcun atto di indagine; inoltre il campionato di competenza, cui occorre fare riferimento, ai sensi dell’art. 13, lett. g), è quello di appartenenza della società al momento di realizzazione dell’illecito.

Si aggiunga che l’art. 6, III comma, del C.G.S. non contempla un cumulo di sanzioni, ma solo la “maggiore sanzione” in caso di inefficacia di quelle stabilite, mentre nel caso di specie si è violato il principio del ne bis in idem.

9) Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90; errore dei presupposti e della motivazione; illogicità ed ingiustizia manifesta.

Il provvedimento impugnato non consente all’interprete di ripercorrere l’iter logico in base al quale le sanzioni sono state decise ed adottate; in particolare non si evince quali sanzioni corrispondono alla violazione dell’art. 1 del C.G.S., e quali sanzioni corrispondono alla violazione dell’art. 6 del C.G.S., ed ancora quale sia l’ambito delle “maggiori” sanzioni da ascrivere alla “pratica inefficacia” delle pene edittali di cui all’art. 13, III comma.

10) Eccesso di potere per motivazione erronea e disparità di trattamento.

Nonostante quanto asserito dal lodo impugnato, è palese la disparità di trattamento a danno della OMISSIS rispetto alle altre società coinvolte nel medesimo procedimento innanzi alla giustizia sportiva, specie nella prospettiva che solo nei confronti della OMISSIS è stata accertata la violazione dell’art. 6 del C.G.S., nonché la maggiore sanzione della retrocessione.

11) Illegittimità degli atti impugnati e degli artt. 1, 2, 6 e 13 del C.G.S. della F.I.G.C. per contrasto con gli artt. 39, 49, 81 e 82 del Trattato C.E.

La Corte di Giustizia C.E., con la sentenza 18/7/2006, caso OMISSIS  - OMISSIS, ha affermato la sottoposizione anche delle federazioni sportive al diritto comunitario, nel caso in cui adottino ed applichino regole di natura sportiva che abbiano conseguenze economiche transnazionali.

In particolare, le regole disciplinari delle federazioni sportive devono “limitarsi a quanto è necessario per assicurare il corretto svolgimento dell’attività sportiva”.

Nel caso di specie, le regole federali applicate alla OMISSIS hanno sicuramente determinato conseguenze rilevanti per il diritto comunitario, ma soprattutto sono eccessive e restringono le libertà economiche della OMISSIS, incidendo altresì sul capitale sociale, e, di riflesso, sui soci.

Si consideri che i limiti imposti alla Commissione europea in materia di ammende per infrazioni agli artt. 81 e 82 del Trattato CE sono pari al 10% del volume d’affari annuale di un solo esercizio; nel caso di specie la soglia del 10% è stata sicuramente superata con le sanzioni irrogate alla OMISSIS.

Tale eccesso sanzionatorio ha danneggiato i diritti economici e di concorrenza della OMISSIS e dei singoli soci, ben al di là di quanto sarebbe stato necessario per assicurare un’efficace tutela dell’interesse sportivo perseguito dalla Federazione.

Si sono costituiti in giudizio il C.O.N.I., la F.I.G.C.,  la OMISSIS S.p.a. ed il Ministero per i Giovani e lo Sport; le parti, ad eccezione del Ministero, in posizione del tutto marginale, con successive memorie difensive hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva e carenza di interesse, ed ancora l’irricevibilità ed improcedibilità, nonché la sua infondatezza nel merito; il C.O.N.I ha altresì eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, mentre l’OMISSIS. ha allegato un ulteriore profilo di inammissibilità connesso alla non impugnabilità del lodo dinanzi al giudice amministrativo.

All’udienza del 15/5/2008 la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

1. - Per motivi di ordine processuale va preliminarmente esaminata l’eccezione di irricevibilità, in quanto il profilo della tempestività del ricorso attiene alla regolarità della costituzione del rapporto processuale, e pertanto il suo esame deve logicamente precedere ogni altra questione, sia processuale, che di merito (ex multis Cons. Stato, Sez. V, 4/12/1987, n. 766; Sez. VI, 12/11/1987, n. 893).

La tesi delle parti resistenti (C.O.N.I. e F.I.G.C.) è quella per cui avrebbe dovuto essere gravata la presupposta decisione della Corte federale, individuandosi come dies a quo per la relativa impugnativa la data di pubblicazione dello stesso provvedimento endoassociativo, senza attendere il lodo arbitrale, adottato all’esito di un procedimento di cui l’associazione ricorrente non è stata parte.

L’eccezione non appare meritevole di positiva valutazione.

Se si guarda alla tempestività del proposto gravame, è infatti indubbio che lo sia rispetto al lodo arbitrale deliberato dalla C.C.A.S. in data 27/10/06; diverso profilo (afferente all’ammissibilità del ricorso) è invece quello della impugnabilità del lodo arbitrale, questione poliedrica prospettante più coni visuali, che ci si accinge ad esaminare.

2. - Sotto un primo aspetto, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per non impugnabilità del lodo arbitrale avanti al giudice amministrativo, svolta dalla F.C. Internazionale Miliano S.p.a. nell’assunto che detto atto non sia espressione della giustizia sportiva, e non abbia natura di atto amministrativo, ma manifesti la volontà compromissoria della società interessata, connotandosi dunque come atto negoziale.

La questione della natura giuridica del lodo è problematica; senza ripercorrere tutte le tappe giurisprudenziali, è sufficiente ricordare come la decisione del Cons. Stato, Sez. VI, 9/7/2004, n. 5025 abbia ritenuto che le decisioni della C.C.A.S., organo cui compete, ai sensi dell’art. 12 dello statuto del C.O.N.I., la pronuncia definitiva sulle controversie che contrappongono una Federazione a soggetti affiliati o tesserati, previo esaurimento dei ricorsi interni alla singola Federazione, non costituiscono lodo arbitrale, ma rappresentano la pronuncia in ultimo grado della giustizia sportiva, ed hanno il carattere sostanziale di provvedimento amministrativo; con la conseguenza che nei confronti delle suddette decisioni, seppure emesse con le forme e le garanzie del giudizio arbitrale, non vige la limitazione dei mezzi di impugnazione previsti dall’art. 829 del c.p.c. per i lodi arbitrali.

La Sezione, non condividendo l’ipotesi ricostruttiva di un’attività amministrativa in forma arbitrale, con la sentenza 7/4/2005, n. 2571 è pervenuta alla diversa opzione ermeneutica che ravvisa nella decisione della Camera un lodo irrituale, con conseguente esclusione di un sindacato pieno da parte del giudice statale, che è peraltro consentito nei confronti del provvedimento amministrativo originario, adottato dalla Federazione o dal C.O.N.I.

Il Consiglio di Stato ha peraltro confermato il proprio orientamento, e ribadito dunque la tesi della natura amministrativa del giudizio della C.C.A.S., essenzialmente in ragione della natura di interesse legittimo della posizione azionata, e della incompromettibilità in arbitri di tali posizioni giuridiche soggettive (Sez. VI, 9/2/2006, n. 527, ed anche 25/1/2007, n. 268).

In considerazione di ciò, preminenti esigenze di certezza del diritto hanno indotto questa Sezione a conformarsi al dictum del Consiglio di Stato (cfr., tra le altre, T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 21/6/2007, n. 5645), ed inducono, anche in questa occasione, a riconoscere la natura amministrativa alla decisione del Collegio arbitrale.

Né, a completamento di quanto esposto, appare preclusivo il fatto che non sia stato evocato in giudizio il Collegio arbitrale (al quale, a norma dell’art. 19, V comma, del regolamento camerale, è esclusivamente imputabile il lodo, il quale non può essere considerato atto della Camera arbitrale o del C.O.N.I.), in quanto la giurisprudenza prevalente, facendo applicazione analogica della disciplina concernente i ricorsi amministrativi, ha ritenuto che, in virtù dell’effetto devolutivo, deve considerarsi legittimo contraddittore l’Autorità che ha emanato il provvedimento impugnato, e non quella che ha adottato la decisione giustiziale, od arbitrale (in termini, ancora una volta, Cons. Stato, Sez. VI, 9/2/2006, n. 527); ne discende che nella vicenda controversa contraddittore necessario è la F.I.G.C., correttamente intimata in giudizio.

3. - Si intuisce peraltro la problematicità nella fattispecie in esame della affermazione della natura amministrativa del lodo, specie nella prospettiva che lo stesso possa divenire oggetto di gravame da parte di terzi, e non (da parte) della società direttamente interessata, che ne ha accettato la decisione, come pure nella prospettiva inversa, ma speculare, che, in ogni caso, ponendosi il lodo come condizione di procedibilità per accedere alla tutela giurisdizionale ex art. 3 della legge n. 280/03, la fase arbitrale avrebbe dovuto essere attivata anche dall’associazione ricorrente.

Peraltro tali considerazioni introducono, con evidenza, il tema, centrale, della legittimazione al ricorso dell’associazione esponente, la cui sussistenza è stata contestata in via di eccezione da tutte le parti resistenti.

Da parte sua, l’associazione ricorrente allega, a giustificazione della propria legitimatio ad causam, di perseguire come scopo statutario quello “di promuovere tutte le iniziative presso qualsiasi Autorità, giudiziaria e/o amministrative e/o sportive, … atte a tutelare gli interessi degli associati, azionisti, tifosi - simpatizzanti della OMISSIS … allo scopo di ottenere tutti i possibili miglioramenti di tutela giuridica a difesa dei loro interessi economici, finanziari, morali e di immagine desgli stessi …”.

La “GiulemanidallaJuve” enuclea in particolare la titolarità di un interesse di tipo patrimoniale (connesso al pregiudizio economico derivante ai singoli soci dal depauperamento del titolo azionario) e di un interesse afferente alla libertà individuale dei tifosi facenti parte dell’associazione.

Ritiene il Collegio che l’eccezione di difetto di legittimazione attiva sia fondata, e meritevole pertanto di positiva valutazione, mancando, in capo all’associazione ricorrente, una posizione di interesse qualificato, che valga a differenziarla dalla generalità dei consociati.

E’ opportuno anzitutto precisare che la circostanza per cui l’art. 9 della legge 7/8/1990, n. 241 consente la facoltà di intervento nel procedimento amministrativo di soggetti portatori di interessi diffusi, costituiti in associazione o comitati, non determina ex se la legittimazione processuale di tali soggetti esponenziali, dovendosi, in concreto, verificare, caso per caso, se sussista un interesse qualificato e differenziato rispetto a quello alla legalità dell’azione amministrativa, di cui è titolare la generalità dei cittadini (in termini Cons. Stato, Sez. IV, 29/8/2002, n. 4343; Cons. Stato, Sez. III, 4/11/2003, n. 458).

Anche l’art. 27 della legge 7/12/2000, n. 383, recante la disciplina delle associazioni di promozione sociale, pur riconoscendo alle stesse la legittimazione a ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa, presuppone la lesione dell’interesse collettivo perseguito dall’associazione, e non dà ovviamente per scontata la sussistenza della legitimatio ad causam.

Ed allora, in tale contesto, va evidenziato come l’associazione ricorrente sia  un soggetto estraneo all’ordinamento sportivo, e per giunta costituito in data 30/8/06, cioè in epoca successiva alla conclusione del procedimento disciplinare definito con la decisione della Corte federale, il cui epilogo arbitrale viene in questa sede censurato.

I due elementi assumono rilievo nella seguente duplice prospettiva : l’essere estranea all’ordinamento sportivo ha precluso all’associazione di partecipare al procedimento arbitrale (il cui esperimento è peraltro condizione di procedibilità del ricorso giurisdizionale), il cui atto terminale è unico oggetto di gravame.

Si intende, con ciò, osservare che, tanto più in ragione delle mancata impugnativa degli atti adottati dalle Autorità federali, appare arduo riconoscere in capo alla ricorrente associazione un interesse qualificato a contestare un lodo arbitrale, accettato dalla società sportiva che lo ha proposto, potendosi anche dubitare che sia azionato un interesse riferibile a tutta l’associazione in modo complessivo ed unitario.

Sotto il secondo profilo, la costituzione dell’associazione a procedimento disciplinare concluso fa sorgere ulteriori perplessità; ed invero, ai fini della valutazione della legittimazione ad agire di una “formazione sociale”, non è sufficiente il mero scopo associativo od il suo statuto a rendere differenziato un interesse, specie allorché (come nel caso di specie) tale scopo associativo si risolva, in definitiva, nella finalità di proporre l’azione giurisdizionale, in quanto, così opinando, la costituzione ad hoc di un’associazione diverrebbe uno strumento per perseguire un’azione giurisdizionale popolare con una diversa veste.

D’altronde, anche guardando al profilo sostanziale degli interessi allegati, appare evidente la carenza di legitimatio ad causam della ricorrente.

Per un verso, e cioè con riguardo all’interesse patrimoniale, è costante la giurisprudenza nel negare che la qualità di socio sia idonea ad individuare la titolarità di una posizione giuridica differenziata da quella della società in presenza di atti lesivi degli interessi sociali, con il logico corollario che tali interessi sono tutelati solo dalla società (ex multis T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 30/7/2004, n. 7551; Sez. II, 19/2/2001, n. 1300; Cons. Stato, Sez. IV, 14/1/1997, n. 10).

La Sezione ha confermato tale indirizzo anche proprio con riferimento ad un giudizio originato dall’impugnativa delle sanzioni inflitte alla OMISSIS, e conclusosi con la declaratoria di inammissibilità per carenza di legittimazione al ricorso (T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 1/9/2006, n. 7909).

Risulterebbe a questo punto davvero contraddittorio riconoscere la legittimazione al ricorso per tutelare il dedotto interesse patrimoniale agli stessi soci solo perché divenuti membri di un’associazione costituita ad hoc.

Quanto poi all’interesse della tifoseria di una società blasonata a livello nazionale ed internazionale a non vedersi compressi i diritti sportivi e di libertà individuale, appare ben difficile che lo stesso possa tradursi nella titolarità di una posizione qualificata, almeno con riguardo ad un procedimento di natura disciplinare, espressione di una potestà punitiva, che configura un rapporto necessariamente bilaterale, intercorrente tra ente procedente e soggetto incolpato (in termini T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 19/3/2008, n. 2774).

4. - Le considerazioni che precedono impongono una pronuncia di inammissibilità per difetto di legitimatio ad causam dell’associazione ricorrente.

Le spese di giudizio seguono, come per regola, la soccombenza, e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo; le stesse possono invece essere compensate nei confronti del Ministero per i Giovani e lo Sport, in ragione della limitata attività defensionale svolta.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione III Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio in favore dei resistenti C.O.N.I., F.I.G.C. e della controinteressata F.C. Internazionale Milano S.p.a., liquidate in complessivi euro duemila/00 (2.000,00) per ciascuna parte creditrice.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15.5.2008.
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