T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 10295/ 2020
Pubblicato il 09/10/2020
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da OMISSIS Soc. Coop. Sportiva Dilettantistica S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Cesare Di Cintio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesca Aliberti in Roma, via Taranto n. 95;
contro
Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pierluigi Matera, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Federazione Italiana Pallavolo - Fipav -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giancarlo Guarino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
A.S. OMISSIS S.r.l. Società Sportiva Dilettantistica, OMISSISS non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
del dispositivo distinto al Prot. n. 00699/2020 del 28 luglio 2020 comunicato nella medesima data e delle successive motivazioni pubblicate con la decisione n. 35, Prot. 00724/2020 del 3 agosto 2020 emessi dalla Prima Sezione del Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I.;
di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale comunque lesivo per la società ricorrente tra cui la delibera del Presidente della Federazione Italiana Pallavolo n. 21 del 8 aprile 2020, ratificata con la deliberazione del Consiglio Federale della Federazione Italiana Pallavolo numero 39 del 27 maggio 2020, ancorché dalla medesima non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comitato Olimpico Nazionale Italiano e della Federazione Italiana Pallavolo - Fipav -;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 settembre 2020 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in esame l’istante chiede che venga annullata la decisione del Collegio di Garanzia dello Sport del Coni con cui è stato confermato il provvedimento emesso dalla Federazione Italiana Pallavolo che ha cristallizzato la classifica alla data dell’interruzione delle competizioni, sebbene le squadre non avessero, a quella data, disputato lo stesso numero di partite.
La ricorrente OMISSIS ha terminato il Campionato di Serie A1 di Superlega di Pallavolo per la stagione sportiva 2019/2020 al terzo posto.
A causa della pandemia da Covid-19, la FIPAV in data 8 aprile 2020 ha comunicato – mediante inserimento di una news sul sito ufficiale - la conclusione definitiva di tutti i Campionati pallavolistici di ogni serie e categoria.
In data 15 luglio 2020 la OMISSIS ha acquisito copia della deliberazione del Presidente Federale n. 021 del 8 aprile 2020 e della successiva delibera di ratifica da parte del Consiglio Federale n. 039 del 27 maggio 2020.
La squadra ricorrente si è quindi classificata al terzo posto nonostante avesse una media punti superiore ed un numero di partite diverse e inferiore, rispetto alla 2° classificata (OMISSIS).
Il club ha impugnato la delibera con cui veniva disposta la “cristallizzazione della classifica” ai sensi dell’art. 218 del D.L. 19 maggio 2020 n. 34, recante “Disposizioni processuali eccezionali per i provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici” avanti il Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI.
OMISSIS ha impugnato tale decisione a norma del Regolamento di organizzazione e funzionamento del Collegio di Garanzia dello Sport sulle controversie di cui all’art. 218 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, deducendo che non sarebbe ragionevole cristallizzare la classifica senza tenere conto delle differenze tra i club, ingenerando un immotivato diverso trattamento tra squadre.
Il Collegio di Garanzia ha emesso il dispositivo di rigetto, seguito pochi giorni dopo dalle motivazioni.
Avverso tale decisione ha, quindi, proposto ricorso l’interessata deducendo i seguenti motivi:
1) Violazione di legge – eccesso di potere – erronea e falsa applicazione di legge – contraddittorietà – carenza di motivazione.
Il Collegio di Garanzia del CONI non avrebbe esercitato i poteri che gli competevano nei limiti sopra evidenziati, ritenendo che i rilievi mossi evidenziassero solo una irragionevolezza soggettiva perché “potenzialmente in contrasto con speculari posizioni e pretese di società”.
L’irragionevolezza invece non avrebbe carattere soggettivo, ma oggettivo perché sarebbe illogico stilare una classifica senza tenere conto delle gare giocate.
I precedenti citati dal Collegio di Garanzia dello Sport a sostegno della propria decisione (decisioni 29-30-27 e 28/2020) non avrebbero alcuna attinenza al caso in esame, nel quale si chiede che la classifica finale venga redatta tenendo conto del numero di partite disputate.
Nessun altra squadra avrebbe proposto richieste opposte o contrastanti, per cui la posizione fatta valere dalla ricorrente non sarebbe - come affermato dal Collegio di Garanzia - “potenzialmente in contrasto con speculari ed opposte pozioni e pretese di altre società”.
Il giudice sportivo non avrebbe tenuto conto della media punti, che avrebbe consentito di valorizzare i risultati conseguiti sul campo. Per cui la cristallizzazione del risultato lederebbe il cd. merito sportivo.
La decisione della Federazione risulta fondata su parametri e criteri valutativi che, per il grado di genericità e soggettività, configurano una “sfera di arbitrarietà” contrastante con i principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.), di imparzialità e buon andamento (art. 97, comma 2, Cost.);
2) Violazione di legge - eccesso di potere per sviamento, arbitrarietà, incoerenza - travisamento della situazione- genericità della motivazione.
Le controversie insorte nei confronti della FIGC, poi decise dal collegio CONI e dal Tar, richiamate nella decisione riguarderebbero situazioni più complesse ed avrebbero ad oggetto provvedimenti costituiti da una pluralità di valutazioni e di scenari.
Non si sarebbe dovuto prescindere dalla classifica, che dovrebbe essere interpretata tenendo conto del fatto che non tutte le squadre hanno avuto la possibilità di disputare lo stesso numero di gare;
3) Sulle spese liquidate: erronea e falsa applicazione di legge – illogicità manifesta.
Il Collegio di Garanzia ha disposto la condanna alle spese legali ai danni della ricorrente ritenendo i principi richiamati a conforto della decisione di rigetto quali “jus receptum”, assolutamente conoscibili (capo IV decisione impugnata).
La crisi eccezionale venutasi a creare, l’introduzione di norme ad hoc emesse per regolare le controversie - assolutamente nuove sia nello sport sia per i ricorsi al Tar - la diversità delle scelte operate dalle singole Federazioni, la peculiarità delle censure emerse, differenti anche nei diversi sport, delineerebbero una situazione di ius controversum piuttosto che di ius receptum.
Le situazioni riferite dal collegio di Garanzia non sarebbero applicabili al caso di specie.
Le spese legali (€ 3.000) sarebbero sproporzionate, sia in ordine al comportamento della società – che si è limitata a far valere un proprio legittimo diritto – sia in ragione della sua particolare posizione – società dilettantistica.
Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano e la Federazione Italiana Pallavolo - Fipav si sono costituite in giudizio per resistere al ricorso, con memoria con la quale eccepiscono la irricevibilità del ricorso per tardività, la sua inammissibilità per difetto di interesse e controdeducono alle censure della ricorrente.
All’udienza del 29 settembre 2020, dopo ampia discussione tra le parti il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare è possibile disattendere l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dalla difesa della FIPAV e dal CONI per tardività della notifica del ricorso rispetto alla data in cui la ricorrente avrebbe preso conoscenza della determinazione impugnata, in quanto l’impugnazione è comunque infondata nel merito.
2. La ricorrente con i primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente attesa la loro stretta ed evidente connessione, dopo avere richiamato l’art. 218 del d.l. n. 34/2020, propone una interpretazione in chiave teleologica della disciplina del medesimo decreto legge, concludendo che la Federazione avrebbe operato una scelta arbitraria, fondata su parametri e criteri valutativi generici e soggetti in contrasto con i principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.), di imparzialità e buon andamento (art. 97, comma 2, Cost.).
In particolare l’istante deduce l’eccesso di potere prospettando una sorta di disparità di trattamento rispetto ad un principio di “merito sportivo”, che si baserebbe su un criterio ponderale di computo dei punti in classifica in base all’egual numero di partite giocate.
3. La tesi non convince.
Come già osservato da questa Sezione in analoghi situazioni, l’art. 218 del D.L. citato, che ha introdotto “disposizioni processuali eccezionali per i provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici”, “in considerazione della eccezionale situazione determinatasi a seguito della emergenza epidemiologica da COVID 19”, ha previsto l’adozione, da parte delle Federazioni Sportive Nazionali “anche in deroga alle vigenti disposizioni dell’ordinamento sportivo… (di) provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, ivi compresa la definizione delle classifiche finali per la stagione sportiva 2019-2020 nonché i conseguenti provvedimenti relativi all’organizzazione, alla composizione e alle modalità di svolgimento delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, per la successiva stagione sportiva 2020-2021”.
La finalità perseguita dalla norma, quindi, non può che essere quella di attribuire alle Federazioni poteri di regolazione straordinari, giustificati dalla eccezionalità della grave situazione epidemiologica, idonei a consentire la definizione degli incontri della stagione in corso (con la conseguente successiva compilazione delle classifiche finali ed individuazione delle squadre promosse e retrocesse) nonché la individuazione delle squadre partecipanti ai campionati per la stagione sportiva 2020/2021 e la conseguente tempestiva predisposizione dei relativi calendari degli incontri.
3.1. Sulla base di tale premessa non si ravvisa nel caso di specie il vizio di eccesso di potere prospettato, in quanto l’art. 218 ha attribuito alle Federazioni sportive il potere di determinare la conclusione dei campionati sportivi, disponendo espressamente che le medesime Federazioni potessero “annullare”, “proseguire” o “concludere” i campionati e “definire” le classifiche finali.
Pertanto, l’avversato provvedimento della Federazione dispone la “conclusione” del campionato in questione, definendo la classifica finale sulla base di un criterio che può essere considerato ragionevole: quale è la c.d. “cristallizzazione” della classifica, vale a dire l’adozione definitiva della classifica del campionato al momento della necessaria sospensione delle attività, senza l’assegnazione di alcun titolo e senza disporre la retrocessione o promozione di alcuna squadra.
3.2. Quanto alla censura secondo cui la Federazione Italiana Pallavolo non avrebbe applicato correttamente il criterio del “merito sportivo”, si osserva che pur non potendosi escludere che gli eventuali “format” adottabili avrebbero potuto anche essere diversi, la prospettata irragionevolezza della scelta finale operata dalla FIPAV, in applicazione comunque dei poteri attribuiti dall’art. 218 del decreto legge n. 34 del 2020, non raggiunge quel necessario livello di evidenza (nel senso di manifesta irragionevolezza ed illogicità) rilevante ai fini del sindacato del giudice amministrativo.
La scelta della Federazione è stata esercitata in modo non irragionevole, essa infatti rientra nel perimetro delineato dalla richiamata norma di legge e appare improntata a criteri razionali, essendo tesa a salvaguardare al massimo il risultato conseguito sul campo, alla data di interruzione del campionato.
4. Come già osservato da questa sezione il merito sportivo, infatti, nel quadro delineato dall’ordinamento vigente non può prescindere dalla posizione in classifica alla data di interruzione dell’attività.
Nella vicenda in esame, richiamando i recenti precedenti di questa Sezione (Sentenze n. 8111 e 8112/2020), occorre tenere conto di tre fattori determinanti: “il primo, discendente dai limiti generali del sindacato di ragionevolezza; il secondo, riguardante l’autonomia riconosciuta all’ordinamento sportivo (…); “il terzo, discendente dalla situazione sanitaria emergenziale, la quale ha assunto ed assume ancora connotati di eccezionalità, e in relazione alla quale è stato necessario adottare misure straordinarie in grado di contemperare nel miglior modo possibile i vari interessi coinvolti”.
Ne consegue, in linea di principio, che “nella ricerca del punto ottimale di equilibrio fra più esigenze contrapposte, ma ugualmente tutelate, è normale che si prospetti una intera gamma di soluzioni possibili. In taluni casi, è la stessa legge ad indicare, in modo vincolato, la soluzione da preferire; in altri, la legge si limita a delimitare l'àmbito delle scelte consentite, lasciando l'autorità amministrativa libera di effettuare la scelta definitiva fra più opzioni ugualmente legittime. Questo è ciò che comunemente si chiama discrezionalità amministrativa.
Pertanto, ai fini del sindacato di legittimità non ci si deve chiedere se un certo valore, isolatamente considerato, sia stato sacrificato, ma ci si deve chiedere piuttosto se il sacrificio sia "ragionevole" tenuto conto della pluralità di valori e della necessità di stabilire un equilibrio fra loro” e che l'autorità deve ponderare queste scelte discrezionali con cautela e senso di responsabilità; e che ogni soluzione ipotizzabile sarà suscettibile di critica. Ma non è detto che si tratti in ogni caso di critiche assumibili in termini di legittimità; accanto al sindacato di legittimità, proprio del Giudice, l'ordinamento configura anche un sindacato di merito politico amministrativo (avente per oggetto specificamente l'adeguatezza, la convenienza, l'opportunità dei provvedimenti) che si esercita nelle sedi e nelle forme della democrazia rappresentativa” (Consiglio di Stato, A.p. n. 3 del 1993)” e ciò vale a maggior ragione nella vicenda in esame in cui viene in rilievo il richiamato principio di autonomia dell’ordinamento sportivo.
5. In particolare, il sindacato del giudice amministrativo deve limitarsi al riscontro dei vizi di manifesta illogicità/irragionevolezza, non ravvisabili nella decisione della FIPAV, per quanto osservato dal Collegio di Garanzia, anzitutto con riferimento al fatto che la dedotta irragionevolezza “è (...) esclusivamente soggettiva - fondata su mere valutazioni individuali che, come tali, non tengono conto dell’insieme - e mai oggettiva, realmente connessa a considerazioni obiettive e funzionali all’unità ed alla coerenza sistemica”.
6. I “profili di contraddittorietà, irragionevolezza e sproporzionalità” denunciati dalla ricorrente si basano, quindi, su una propria interpretazione del concetto di merito sportivo, che - pur comprensibile - è comunque espressione di un interesse di parte e come tale non idonea - in assenza di indici di manifesta illogicità e contraddittorietà - a sostituirsi alle valutazioni svolte dagli organi sportivi federali ai quali l’ordinamento affida il compito di regolare il regolare svolgimento dei campionati di calcio nel territorio nazionale.
7. Peraltro a questo Giudice è preclusa ogni valutazione che, in un settore come quello in esame, possa – in assenza di concreti elementi – giungere a sostituire le proprie valutazioni a quelle delle federazioni sportive.
Premesso che la società ricorrente si limita a prospettare la irragionevolezza della determinazione della Federazione resistente, senza proporre in questa sede una soluzione alternativa (quale ad esempio lo svolgimento di play off o di ulteriori incontri necessari a raggiungere lo stesso numero di partite disputate), come invece aveva proposto in sede di ricorso al Collegio di garanzia, che possa fungere quanto meno da indice sintomatico per la valutazione dell’eccesso di potere prospettato, una diversa valutazione del giudice amministrativo, che portasse all’accoglimento delle richieste della società ricorrente e al mero annullamento della classifica - seppure possibile in astratto - finirebbe con l’entrare nel merito delle scelte effettuate dalla Federazione e per incidere sull’equilibrio complessivo del sistema.
8. In ogni caso il collegio, per ragioni di completezza della decisione, ritiene utile osservare che le predette censure sono anche inammissibili, in quanto la ricorrente non ha spiegato, com’era suo preciso onere, quale lesione attuale alla propria sfera giuridica sia stata determinata dalla decisione degli organi federali. Essa infatti si limita a evidenziare che, in virtù di tale determinazione, la squadra si è trovata al terzo posto in classifica “nonostante avesse una media punti superiore ed un numero di partite diverse e inferiore, rispetto alla 2° classificata (Modena)”, prospettando, in modo del tutto generico, una possibile “ripercussione sulle competizioni sportive internazionali perché la posizione in classifica incide per la partecipazione alle gare e per la determinazione degli abbinamenti delle singole partite”.
8.1. L’istante inoltre - come osservato in precedenza – non ha prefigurato quale avrebbe dovuto essere lo scenario o meglio la soluzione più idonea nel caso di specie e come l’intervento giurisdizionale potrebbe ripristinare il torto subito, limitandosi ad affermare che la decisione della federazione di “congelare” la classifica, dopo aver interrotto il campionato, sarebbe illogica “in re ipsa”.
A fronte di una delibera che, nell’ambito dei poteri conferiti dall’art. 218 del DL 34/2020 ha determinato l’interruzione del campionato adottando una delle possibili soluzioni, l’istante avrebbe dovuto indicare un pregiudizio “attuale e concreto”, che derivi in via immediata da tale scelta organizzativa e che sia già sorto in capo all’interessata.
8.2. Sarebbe del tutto inutile eliminare un provvedimento o modificarlo, senza che il ricorrente possa trarne alcun beneficio concreto in relazione alla sua posizione legittimante. In altri termini, non risulta sufficiente l'astratta possibilità di impugnare una delibera per sostanziare in concreto l'interesse della società ricorrente, che deve risultare portatrice - nello specifico - di un'utilità ricavabile dall'annullamento dell’atto impugnato.
Infatti, in mancanza di deduzioni specifiche in ordine all'interesse ad agire, la domanda giudiziaria proposta innanzi al giudice amministrativo si traduce in una mera e inammissibile richiesta di ripristino della legalità violata, in insanabile contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa e costituzionale ha attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa.
Nel caso di specie, la ricorrente non ha spiegato i meccanismi in forza dei quali dall'annullamento della delibera presidenziale n. 21 dell’8 aprile 2020 della FIPAV (ratificata con delibera del Consiglio Federale n. 39 del 27 maggio 2020) e della decisione del Collegio di Garanzia dello Sport potrebbero derivare effetti favorevoli per la propria sfera giuridica, limitandosi genericamente a denunciare profili di illegittimità delle stesse, per cui i motivi sopra risultano anche inammissibili per carenza di interesse.
9. Deve essere disatteso anche il terzo mezzo.
Il collegio di garanzia, nel disporre la condanna alle spese del giudizio, ha espresso una valutazione di carattere discrezionale, che rientra nelle facoltà previste dal codice dell’ordinamento sportivo, il cui art. 2, comma 6, (principi del processo sportivo) dispone che “per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”.
Dal predetto rinvio alle norme del c.p.c. consegue che il regime delle spese di giudizio innanzi al collegio di garanzia è attratto alla disciplina dettata dall’art. 91 C.p.c. secondo cui il Giudice, in sentenza, è tenuto a condannare la parte soccombente al rimborso delle spese, nonché al pagamento delle competenze professionali, in favore dell’altra parte, liquidandone il relativo ammontare.
9.1. In tal senso non colgono nel segno le deduzioni della società sportiva secondo cui la peculiarità delle censure sollevate innanzi al collegio di garanzia, differenti anche nei diversi sport, delineerebbero “uno scenario che appare più vicino ad una situazione di ius controversum piuttosto che di ius receptum” tale da giustificare la compensazione delle spese.
La decisione del collegio di garanzia sulle spese del procedimento rientra nell’ambito della valutazione discrezionale proprio di quel collegio, rispetto al quale non si ravvisano sufficienti elementi di irrazionalità e illogicità, tali da giustificare un sindacato da parte di questo Tribunale.
In conclusione per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti in ragione della peculiarità della questione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2020 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Arzillo, Presidente
Daniele Dongiovanni, Consigliere
Vincenzo Blanda, Consigliere, Estensore