T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 10304/ 2012

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale n. (…), proposto dal sig OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandro Gracis, Giorgio De Arcangelis e Carlo Abbate e con questi elettivamente domiciliato in Roma, via F.P. dè Calboli n. 1, presso lo studio dell’avv. Carlo Abbate,

contro

la Federazione Italiana Pallacanestro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Guido Valori e Paola Maria Angela Vaccaro, presso il cui studio in Roma, viale delle Milizie n. 106, è elettivamente domiciliata,

il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Angeletti, presso il cui studio in Roma, via Giuseppe Pisanelli n.2, è elettivamente domiciliato, nonché la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio, nonché,

nei confronti di

OMISSIS, in persona del legale rappresentate pro tempore, non costituita in giudizio,

per l'annullamento

della sanzione dell’inibizione dallo svolgimento di ogni attività endofederale per tre anni e quattro mesi, irrogata definitivamente con la decisione della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., depositata il 18 maggio 2007, anch’essa impugnata; dell’atto di deferimento della procura Federale del 5 marzo 2007, nella parte in cui il ricorrente è stato deferito alla Commissione Giudicante Nazionale; della decisione della Commissione Giudicante Nazionale n. 81, giusta Comunicato Ufficiale n. 650 del 21 marzo 2007, nella parte in cui è stata affermata la responsabilità del ricorrente per la tentata frode sportiva a lui contestata ed è stata irrogata la sanzione dell’inibizione da qualsiasi attività federale e sociale per la durata di due anni; della decisione della Corte Federale n. 44 di cui al Comunicato Ufficiale n. 672 del 27 marzo 2007 nella parte in cui è stata confermata la responsabilità per frode sportiva consumata ex art. 43, primo comma, lett. c), e per l’effetto determinata la sanzione dell’inibizione da ogni attività federale e sociale a carico del ricorrente per tre anni e quattro mesi a decorrere dal 21 marzo 2007; di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e conseguenziale e, in particolare: in parte qua dell’art. 43, secondo comma, del Regolamento di Giustizia, nonché di tutte le norme statutarie e regolamentari nella parte in cui prevedono l’adozione di provvedimenti disciplinari, sino alla radiazione, a carico dei tesserati che abbiano violato il cd. vincolo di giustizia; di tutte le norme statutarie e regolamentari che attribuiscono natura di lodo arbitrale irrituale anziché di provvedimento amministrativo di secondo grado alle decisioni assunte dalla camera di Conciliazione e, in particolare, dell’art. 43, secondo e terzo comma, dello Statuto della F.I.P. nella parte in cui dispone che “gli affiliati, i tesserati ed i soggetti ad essi equiparati sono tenuti ad adire gli Organi di Giustizia dell’ordinamento sportivo nelle materie di cui all’art. 2, d.l. n. 220 del 2003. Nelle materie predette è possibile, ai sensi dell’art. 12, comma 8, dello Statuto del C.O.N.I., il ricorso all’arbitrato irrituale. L’inosservanza della presente disposizione … comporta l’adozione di provvedimenti disciplinari sino alla radiazione, nei modi e termini indicati”; dell’art. 6 del Regolamento di Giustizia della F.I.P., nella parte in cui prevede che “gli affiliati, i tesserati ed i soggetti ad essi equiparati sono tenuti ad adire gli Organi di Giustizia dell’ordinamento sportivo nelle materie di cui all’art. 2, d.l. n. 220 del 2003. L’inosservanza della presente disposizione comporta l’adozione di provvedimenti disciplinari, sino alla radiazione”; nonché dell’art. 12 dello Statuto del C.O.N.I. e dell’art. 8 del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Pallacanestro;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.);

Visto il primo atto di motivi aggiunti, notificato il 16 ottobre 2007 e depositato il successivo 23 ottobre;

Visto il secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 19 ottobre 2012 e depositato il successivo 23 ottobre;

Vista l’ordinanza collegiale n. 241 dell’11 febbraio 2011 della sez. III ter del Tar Lazio, con la quale è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. b) e, in parte qua, comma 2, d.l. 19 agosto 2003, n. 220;

Vista la sentenza della Corte Costituzionale n. 49 dell’11 febbraio 2011;

Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 4 febbraio 2012 il Consigliere Giulia Ferrari; uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

FATTO

1. Con ricorso notificato in data 9 luglio 2007 e depositato il successivo 18 luglio 2007 il sig. OMISSIS impugna, tra gli altri, la sanzione dell’inibizione dallo svolgimento di ogni attività endofederale per tre anni e quattro mesi, irrogatagli definitivamente con la decisione della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., depositata il 18 maggio 2007.

Espone, in fatto, di essere titolare di tessera della Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.) con la qualifica di dirigente e di aver ricoperto, sino al 24 febbraio 2007, la carica di Team Manager della OMISSIS  .

In data 5 marzo 2007 è stato deferito dal Procuratore federale della F.I.P. alla Commissione Giudicante Nazionale perché “avvalendosi del concorso di persona non soggetta alla giurisdizione federale ed al fine di favorire la OMISSIS  , violava gli artt. 2, comma 1, 39 e 43 del regolamento di Giustizia, richiedendo ed ottenendo dagli Uffici della lega Basket Serie A di inserire nel fascicolo del tesseramento del giocatore OMISSIS  un atto di risoluzione contrattuale recante data anteriore a quella dell’effettiva presentazione, con ciò alterando o tentando di alterare l’elenco degli atleti professionisti tesserati ed iscritti a referto per la società trevigiana, che in tal modo avrebbe avuto la possibilità di utilizzare e di iscrivere a referto altro atleta professionista”. A causa dei predetti fatti è stato licenziato dalla OMISSIS  . In data 21 marzo 2007 la Commissione Giudicante Nazionale gli ha irrogato la sanzione dell’inibizione da qualsiasi attività federale e sociale per la durata di due anni, considerato quanto previsto dall’art. 43, comma 2, del Regolamento di Giustizia per le fattispecie a livello di tentativo. Avverso detto provvedimento è stato presentato ricorso in appello, oltre che dallo stesso sig. OMISSIS, anche dalla F.I.P., quest’ultima lamentando l’esiguità della pena comminata. La Corte Federale, in parziale accoglimento dell’appello della Procura Federale, ha condannato il ricorrente alla sanzione dell’inibizione da ogni attività federale e sociale per tre anni e quattro mesi a decorrere dal 21 marzo 2007. L’istanza di conciliazione, proposta dal ricorrente, non ha sortito alcun risultato. Il Collegio arbitrale, al quale il sig. OMISSIS si era rivolto, ha rigettato l’istanza confermando la sanzione dell’inibizione per tre anni e quattro mesi.

2. Avverso i predetti provvedimenti il ricorrente è insorto deducendo:

a) Illegittimità, per violazione artt. 24, 97, 103, 113 Cost., dello Statuto e del Regolamento di Giustizia della F.I.P..

Il diritto di difesa del tesserato è limitato, essendo prevista l’obbligatorietà del ricorso agli Organi di giustizia sportiva pena l’adozione di provvedimenti sanzionatori. Illegittima è anche la qualificazione del giudizio ex art. 12, comma 8, dello Statuto del C.O.N.I. come arbitrato irritale e la relativa decisione della Camera di Conciliazione e Arbitrato come lodo arbitrale irrituale, anziché come provvedimento amministrativo, limitandone l’impugnabilità dinanzi al giudice amministrativo.

b) Illegittimità della sanzione e dei provvedimenti impugnati per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 43, comma 1, lett. c), r.d. della F.I.P. – Eccesso di potere per errore e travisamento nei presupposti di fatto e di diritto – Carenza ed insufficiente istruttoria – Illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché manifesta irragionevolezza della sanzione irrogata – In via subordinata, illegittimità dell’art. 42 del R.G. nell’interpretazione ed applicazione resa dagli organi di Giustizia Federale e della Camera di conciliazione ed arbitrato del C.O.N.I. per violazione dei principi vigenti dell’ordinamento statale e, in particolare, per violazione degli artt. 49 e 115 c.p..

Illegittimamente la Corte Federale prima ed il Collegio arbitrale poi hanno considerato la frode sportiva un’ipotesi di illecito disciplinare a consumazione anticipata, nel senso che non sarebbe necessario che la frode si consumi, essendo sufficiente il compimento di un atto finalizzato ad un obiettivo illecito. In ogni caso la condotta attribuita al ricorrente non ha avuto rilevanza per l’ordinamento perché non è stata esternalizzata. Infine, e a tutto voler concedere, detta condotta avrebbe potuto essere qualificata come contraria ai doveri di lealtà e correttezza di cui all’art. 2 del Regolamento di Giustizia ed essere, quindi, sanzionata ai sensi e per gli effetti dell’art. 39 dello stesso Regolamento.

3) Illegittimità della sanzione e dei provvedimenti impugnati per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 43, comma 1, lett. c), e comma 2 R.G. della F.I.P.; violazione dell’art. 73 R.G. della F.I.P. – Eccesso di potere per errore e travisamento nei presupposti di fatto e di diritto – Per carenza ed insufficienza di istruttoria – Per illogicità e contraddittorietà manifesta nonché per manifesta irragionevolezza della sanzione applicata – In via subordinata, si eccepisce l’illegittimità dell’art. 43, comma 2, R.G. nell’interpretazione ed applicazione resa dagli Organi di Giustizia Federale e dalla camera di Conciliazione ed Arbitrato del C.O.N.I. per violazione dei principi vigenti nell’ordinamento statale ed in particolare per violazione dell’art. 56 c.p..

La sanzione irrogata appare ancora più illegittima in quanto applicativa della pena prevista per la fattispecie consumata e non della pena ridotta per la fattispecie tentata.

3. Con un primo atto di motivi aggiunti, notificato il 16 ottobre 2007 e depositato il successivo 23 ottobre, il ricorrente deduce ulteriori profili di illegittimità dei provvedimenti impugnati con l’atto introduttivo del giudizio, rilevati a seguito delle intercettazioni telefoniche operate dai Nas di Bologna relativamente al “caso OMISSIS”, dalle quali sarebbero emersi numerosi contatti tra i funzionari della Camera di Conciliazione e i rappresentanti del C.O.N.I. durante i lavori del lodo.

Il ricorrente deduce, in particolare:

a) Violazione art. 12, comma 8, dello Statuto del C.O.N.I. – violazione degli artt. 1, 14 e 27 del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport.

A seguito delle indagini disposte dalla Procura di Bologna sul “caso OMISSIS” è stato accertato che durante i lavori della Camera arbitrale vi sono stati contatti con i rappresentanti dei vertici delle istituzioni sportive e gli arbitri della Camera.

b) Violazione artt. 1, comma 4, 19, 20, 27 del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport - Violazione delle regole e dei principi generali che presiedono alla formazione del lodo arbitrale.

Dalle predette intercettazioni telefoniche è emerso che il Presidente della Camera arbitrale ha affidato la redazione del lodo a persone estranee al Collegio arbitrale, che non avevano partecipato al procedimento e alle relative udienze.

4. Con un secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 19 ottobre 2012 e depositato il successivo 23 ottobre, il ricorrente ha chiesto la condanna, in solido o in via alternativa tra loro, della Federazione Italiana Pallacanestro e del C.O.N.I., ai sensi degli artt. 1223, 1226, 2043, 2049, 2056 e 2059 c.c., al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, patiti per effetto dell’illegittima attività provvedimentale della Federazione e del Comitato olimpico.

5. Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Pallacanestro, che ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito mentre nel merito ha sostenuto l'infondatezza del ricorso.

6. Si è costituito in giudizio il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), che ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito e la propria carenza di legittimazione passiva mentre nel merito ha sostenuto l'infondatezza del ricorso.

7. La Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I. non si è costituita in giudizio.

8. La OMISSIS   non si è costituita in giudizio.

9. In data 12 novembre 2009 il ricorrente ha depositato copia della sentenza n. 2208 del 28 gennaio 2009 del Tribunale di Bologna, Sezione per le indagini preliminari, che lo ha assolto dal reato di frode sportiva perché il fatto non sussiste.

10. Alla Camera di consiglio del 6 agosto 2007, sull’accordo delle parti, l’esame dell’istanza di sospensione cautelare è stato abbinato al merito.

11. Con ordinanza n. 241 dell’11 febbraio 2010 la Sez. III ter del Tar Lazio ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 24, 103 e 113 Cost., dell’art. 2, comma 1, lett. b) e, in parte qua, comma 2, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280, nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo.

Con sentenza n. 49 dell’11 febbraio 2011 la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale.

12. Con istanza depositata il 29 luglio 2011 il ricorrente ha chiesto la fissazione dell’udienza di discussione, essendo venuta meno la causa (pendenza del giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale) che aveva determinato la sospensione del giudizio.

13. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di merito le controparti hanno eccepito l’estinzione del giudizio per tardivo deposito dell’istanza di fissazione d’udienza.

14. All’udienza del 4 febbraio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, è impugnata la sanzione dell’inibizione dallo svolgimento di ogni attività endofederale per tre anni e quattro mesi, irrogata in via definitiva al sig.  OMISSIS con la decisione della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., depositata il 18 maggio 2007. Con un secondo atto di motivi aggiunti il ricorrente ha chiesto la condanna, in solido o in via alternativa tra loro, della Federazione Italiana Pallacanestro e del C.O.N.I., ai sensi degli artt. 1223, 1226, 2043, 2049, 2056 e 2059 c.c., al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, patiti per effetto dell’illegittimità attività provvedimentale della Federazione e del Comitato olimpico.

Tale essendo il petitum azionato da parte ricorrente, quanto meno con l’atto introduttivo del giudizio e nella via dei motivi aggiunti, il giudizio è disciplinato dall’art. 119 c.p.a. (art. 32, comma 1, c.p.a.).

Con ordinanza n. 241 dell’11 febbraio 2010 la Sez. III ter del Tar Lazio ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 24, 103 e 113 Cost., dell’art. 2, comma 1, lett. b) e, in parte qua, comma 2, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280, nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo.

Con sentenza n. 49 dell’11 febbraio 2011 la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale.

Con istanza depositata il 29 luglio 2011 il ricorrente ha chiesto la fissazione dell’udienza di discussione, essendo venuta meno la causa (pendenza del giudizio dinanzi alla Corte costituzionale) che aveva determinato la sospensione del giudizio.

Il Collegio rileva la tardività della domanda di fissazione d’udienza, così come comunicato alle parti ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a..

Ai sensi dell’art. 80, comma 1, c.p.a., in caso di sospensione del giudizio, per la sua prosecuzione deve essere presentata istanza di fissazione di udienza entro novanta giorni dalla comunicazione dell’atto che ha fatto venire meno la causa della sospensione. Ai sensi dell’art. 119, comma 2, c.p.a., il termine è dimidiato (quarantacinque giorni).

Il Collegio precisa che, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, nel presente giudizio trova applicazione l’art. 80 c.p.a., non configurandosi l’ipotesi di termini “in corso alla data di entrata in vigore del codice” alla quale sola si applica l’art. 2 dell’all.to 3 al d.lgs. n. 104 del 2010. Il termine per presentare l’istanza di fissazione di udienza, come si dirà in seguito, è iniziato a decorrere dalla comunicazione dell’Ufficio di Segreteria dell’avvenuta restituzione del fascicolo di causa da parte della Corte costituzionale (febbraio 2011) e dunque in data successiva all’entrata in vigore del codice del processo amministrativa (16 settembre 2010).

Ciò detto, va ancora chiarito che il dies a quo per la decorrenza di tale termine non può essere individuato nella pubblicazione della sentenza del giudice delle leggi sulla Gazzetta Ufficiale. Ha chiarito la Corte di cassazione 7 febbraio 2006, n. 2616 (ma v. anche Cass. 10 maggio 1996, n. 4394; Cons. St., sez. V, 11 giugno 2012, n. 3400; C.g.a., sez. cons., 3 giugno 1999, n. 213) che anche nel vigore della nuova disciplina della Gazzetta Ufficiale, che prevede la pubblicazione, in essa, del testo integrale di tutti i provvedimenti della Corte Costituzionale, la pubblicità legale, così migliorativamente attuata, resta comunque diretta a rendere conoscibili alla generalità le decisioni della Corte e non è sufficiente ad assicurare anche la conoscenza legale della sentenza da parte dei soggetti specificamente interessati alla prosecuzione del giudizio, per cui solo la comunicazione di detta sentenza, da parte della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, determinando la conoscenza concreta della pronunzia medesima, costituisce il dies a quo del termine semestrale di riassunzione del processo, sospeso per trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Infatti, solo nei casi in cui la sospensione del giudizio è avvenuta in considerazione del fatto che altro giudice ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale, deve ritenersi che la pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale abbia valore di pubblicità legale, che produce la legale scienza, che si sostituisce alla scienza effettiva, ai fini della decorrenza dei termini.

Alla conoscenza legale mediante comunicazione della sentenza è equiparata la conoscenza mediante comunicazione, effettuata dalla Segreteria dell’Ufficio giudiziario, dell’avvenuta restituzione, da parte del giudice delle leggi, del fascicolo di causa, intendendosi che sulla stessa la Corte Costituzionale ha ormai pronunciato (Cons. St., sez. IV, 11 luglio 2002, n. 3926). Tale equipollenza si fonda sia sull’irrilevanza, perché ci si debba fare parte attiva per riattivare la prosecuzione del giudizio, del contenuto della decisione della Corte Costituzionale, sia sull’individuazione di un obbligo, in capo al ricorrente, di attivarsi per conoscere il contenuto della sentenza, consultando il fascicolo di causa o la Gazzetta Ufficiale.

Nel caso all’esame del Collegio la Segreteria della Sezione III ter, in data 18 febbraio 2011 ha comunicato agli avv.ti Alessandro Gracis, Giorgio De Arcangelis e Carlo Abbate “che è stato restituito a questa Sezione il fascicolo proveniente dalla Suprema Corte Costituzionale, relativo al ricorso di cui all’oggetto …”. Tale raccomandata è stata ricevuta dai legali del ricorrente il 24 febbraio 2011. L’istanza di fissazione è stata depositata, come si è detto, dal sig.  OMISSIS solo il 29 luglio 2011 e dunque ben oltre non solo il termine di quarantacinque giorni decorrenti dalla ricezione della comunicazione della Segreteria del 18 febbraio 2011, ma anche oltre un ulteriore “termine di tolleranza”, ove si ritenesse di doverlo ammettere per consentire di prendere effettiva conoscenza della sentenza del giudice delle leggi.

Da rilevare che tale conclusione non muterebbe neanche se non si ritenesse applicabile l’art. 80, comma 1, c.p.a. ma la pregressa disciplina dettata dall’art. 297 c.p.c. (applicabile al processo amministrativo: C.g.a., sez. cons., 3 giugno 1999, n. 213), sia nella formulazione ante modifica introdotta dal comma 12 dell’art. 46, l. 18 giugno 2009, n. 69 (sei mesi dimidiati a tre) che, a maggior ragione, nella formulazione successiva alla novella del 2009 (tre mesi).

Deve, pertanto, essere dichiarata l'estinzione del giudizio.

Da tale sorte non potrebbe sfuggire il secondo atto di motivi aggiunti atteso che lo stesso non può essere qualificato, per il suo contenuto, come ricorso autonomo (così come fatto presente alle parti ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a.). In tale atto, infatti, ci si limita a richiamare i profili di illegittimità dedotti nell’atto introduttivo del giudizio e nel primo atto di motivi aggiunti, che il Collegio, per le ragioni innanzi dette, non può esaminare, e a individuare il danno subito e di cui è chiesto il ristoro.

2. Preme peraltro al Collegio precisare che, ove pure si potesse prescindere da questo profilo di carattere assorbente, non sarebbe possibile addivenire ad una decisione di merito della causa.

Quanto all’atto introduttivo del giudizio ed al primo atto di motivi aggiunti, è d’ostacolo la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 49 del 2011 che, proprio pronunciando sull’ordinanza di remissione disposta dalla sezione III ter, pur avendo ritenuto la questione rilevante l’ha giudicata infondata. Ha chiarito che l’art. 2, d.l. n. 220 del 2003 prevede tre forme di tutela: una prima, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), che è demandata alla cognizione del giudice ordinario; una seconda, relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui al citato art. 2, d.l. n. 220 del 2003 e non apprestata da organi dello Stato, ma da organismi interni all’ordinamento sportivo in cui le norme in questione hanno trovato collocazione secondo uno schema proprio della c.d. “giustizia associativa”; una terza, tendenzialmente residuale e devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, relativa a tutto ciò che, per un verso, non concerne i rapporti patrimoniali fra le società, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati) – demandati al giudice ordinario – e, per altro verso, non rientra tra le materie che, ai sensi dell’art. 2, d.l. n. 220 del 2003, sono riservate all’esclusiva cognizione degli organi della giustizia sportiva.

La stessa Corte costituzionale - nel dichiarare non fondata la questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. b), e comma 2, d.l. n. 220 del 2003 - ha posto in rilievo che la mancata praticabilità della tutela impugnatoria non toglie che le situazioni di diritto soggettivo o di interesse legittimo siano adeguatamente tutelabili innanzi al giudice amministrativo mediante la tutela risarcitoria. Il giudice delle leggi ha interpretato l’art. 1, d.l. n. 220 del 2003 in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che - laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale - la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, deve essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere.

Ne consegue che, alla luce dei principi dettati dal giudice delle leggi, il giudice amministrativo può conoscere, nonostante la riserva a favore della “giustizia sportiva”, delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.

L’atto introduttivo ed il primo atto di motivi aggiunti esulano dunque dalla giurisdizione del giudice dello Stato, avendo ad oggetto la sanzione dell’inibizione dallo svolgimento di ogni attività endofederale per tre anni e quattro mesi, irrogata in via definitiva al sig.  OMISSIS con la decisione della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., depositata il 18 maggio 2007 (Cons.St., sez. VI, 24 settembre 2012, n. 5065, 24 gennaio 2012, n. 302 e 14 novembre 2011, n. 6010; Tar Lazio, sez. III quater, 1 giugno 2012, n. 4981 e 9 febbraio 2012, n. 1282).

3. Analoga sorte segue il secondo atto di motivi aggiunti, nella parte in cui si reitera la domanda di annullamento dell’impugnata sanzione.

Con esso il ricorrente chiede altresì la condanna, in solido o in via alternativa tra loro, della Federazione Italiana Pallacanestro e del C.O.N.I., ai sensi degli artt. 1223, 1226, 2043, 2049, 2056 e 2059 c.c., al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, patiti per effetto dell’illegittima attività provvedimentale della Federazione e del Comitato olimpico.

Sul punto il Collegio ritiene fondata l’eccezione dedotta (durante la discussione in udienza) dalla Federazione Italiana Pallacanestro e dal C.O.N.I..

Non sussistendo sulle sanzioni disciplinari inflitte dall’ordinamento sportivo la giurisdizione del giudice dello Stato, deve ritenersi che il soggetto leso da un provvedimento della Federazione possa chiedere la condanna della stessa al risarcimento indipendentemente dalla richiesta dell’annullamento della sanzione.

Quanto ai termini per proporre l’azione, ha affermato il giudice di appello che il definitivo superamento della c.d. pregiudizialità amministrativa ha comportato come conseguenza la generale applicazione del principio per cui il dies a quo della prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno coincide con la data del provvedimento lesivo, e non più con quella del passaggio in giudicato della sentenza che lo ha annullato (Cons. St., sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8350; Tar Lazio, sez. II bis, 14 settembre 2011, n. 7276).

Il ricorrente ha conosciuto la sanzione dell’inibizione dallo svolgimento di ogni attività endofederale per tre anni e quattro mesi, irrogata definitivamente con la decisione della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., il 18 maggio 2007 (come afferma lo stesso ricorrente nell’epigrafe dell’atto introduttivo del giudizio). Il secondo atto di motivi aggiunti è stato notificato solo il 19 ottobre 2012, e dunque ben oltre i cinque anni, decorsi il 18 maggio 2012.

Né potrebbe ritenersi che il dies a quo del termine per proporre la domanda risarcitoria debba essere individuato nella data della pronuncia della Corte costituzionale. Essa, infatti, non ha carattere innovativo, essendosi limitata a dichiarare la legittimità costituzionale del difetto assoluto di giurisdizione del giudice dello Stato, sul rilievo che colui che si ritiene leso da una sanzione disciplinare inflitta dagli organi sportivi può chiedere la tutela risarcitoria al giudice amministrativo.

4. La complessità della vicenda contenziosa, che ha reso necessari anche adire il giudice delle leggi, giustifica la compensazione tra le parti in causa delle spese e degli onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara estinto.

Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Italo Riggio, Presidente

Maria Luisa De Leoni, Consigliere

Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/12/2012

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