T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 554 /2021

Pubblicato il 15/01/2021

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gabriele Valentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

e con l'intervento di

-OMISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Clarizia, Paolo Clarizia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde n. 2;

per l'annullamento

previa istanza di sospensiva, del Decreto del Ministero dell’Interno n. 20 del 17.2.2020, denominato "Regolamento recante disposizioni per l'acquisto, la detenzione, il trasporto, il porto degli strumenti marcatori da impiegare nell'attività amatoriale ed in quella agonistica (20G0037)" pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 86 del 31 marzo 2020;

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2020 il dott. Raffaello Scarpato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La -OMISSIS-ha impugnato il Decreto del Ministero dell’Interno n. 20 del 17.2.2020, con cui è stato emanato il “Regolamento recante disposizioni per l’acquisto, la detenzione, il trasporto, il porto degli strumenti marcatori da impiegare nell’attività amatoriale ed in quella agonistica”, deducendo censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

La ricorrente ha premesso di essere associazione sportiva affiliata al C.O.N.I. e di perseguire la promozione, l’organizzazione, lo sviluppo e la diffusione dell’attività sportiva connessa alla pratica del “Paintball”, lamentando l’illegittima regolamentazione di tale pratica da parte del Ministero dell’Interno.

Quest’ultimo, costituitosi in giudizio, si è opposto al ricorso, eccependo in via preliminare il difetto di legittimazione attiva della ricorrente e, nel merito, l’infondatezza del ricorso.

A seguito delle controdeduzioni del Ministero, la ricorrente ha depositato in giudizio il proprio Certificato di iscrizione al C.O.N.I., documento con cui il Comitato Olimpico Nazionale ha riconosciuto ai fini sportivi la Asd Bologna Paintball, in qualità di affiliata alla Federazione Italiana Discipline Armi Sportive da Caccia per le discipline sportive correlate alla stagione 2020.

Con ordinanza pubblicata in data 05.08.2020 il Collegio, ritenendo necessario approfondire la questione preliminare afferente alla sussistenza della legittimazione attiva dell’associazione ricorrente, ha ordinato l’intervento in causa del terzo C.O.N.I..

Il Comitato intimato si è costituito, eccependo anch’esso in via preliminare il difetto di legittimazione attiva della ricorrente, insistendo in subordine per il rigetto del ricorso.

All’udienza del 27.10.2020 il ricorso è stato introitato per la decisione, previo avviso alle parti di possibile decisione in forma semplificata, ricorrendo i presupposti dell’art. 60 c.p.a..

Il ricorso è infondato e va respinto.

Va esaminata innanzitutto l’eccezione preliminare di difetto di legittimazione attiva sollevata dal Ministero dell’Interno e dal C.O.N.I..

Il Ministero resistente ha eccepito che la ricorrente è priva della legittimazione a ricorrere in quanto la stessa non riveste la qualità di associazione sportiva, nemmeno a livello dilettantistico e non risulta affiliata al C.O.N.I.. Inoltre, il Ministero dell’Interno ha dedotto che la pratica del “paintball” non può essere considerata un’attività sportiva agonistica e che la ricorrente non presenta i requisiti per essere considerata un ente portatore di interessi afferenti alla pratica di una disciplina sportiva propriamente detta.

Il C.O.N.I. ha motivato l’eccezione di difetto di legittimazione deducendo che l’Asd ricorrente è stata riconosciuta dal C.O.N.I. ai fini sportivi in quanto affiliata, nell’anno 2020, alla Federazione Italiana Discipline Armi Sportive da Caccia, precisando che tale affiliazione deve ritenersi circoscritta alla pratica della disciplina del tiro con fucili con canna ad anima liscia e caricamento a palla e non al “paintball”. Peraltro, il Comitato olimpio nazionale ha precisato che il “paintball” non risulta nell’“Elenco delle discipline sportive ammissibili per l’iscrizione al Registro delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche, come individuate dalle Delibere del Consiglio Nazionale CONI nn. 1566 del 20.12.2016, 1568 del 14.02.2017, e 1569 del 10.05.2017 e ss. mm..

L’ eccezione è infondata e va respinta.

La ricorrente non ha agito nel presente giudizio in rappresentanza delle altre associazioni che praticano il paintball, né si è fatta portatrice di interessi collettivi riconducibili alle associazioni che praticano tale attività, ma ha impugnato il Regolamento in epigrafe in quanto incidente, in via immediata e diretta, sulla propria sfera giuridica. Come emerge dallo Statuto dell’associazione, infatti, essa persegue la pratica e la diffusione del paintball, il cui svolgimento si assume leso dal provvedimento impugnato.

Pertanto, deve ritenersi sussistente la legittimazione della ricorrente ad adire questo Tribunale per chiedere l’annullamento del regolamento impugnato, anche in assenza del riconoscimento da parte del C.O.N.I. e della mancata iscrizione al Registro delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche.

Venendo al merito del ricorso, esso è infondato.

Il primo motivo di ricorso concerne l’esercizio illegittimo del potere regolamentare da parte del Ministero dell’interno.

La ricorrente ha premesso che lo strumento utilizzato per la pratica dell’attività (cd. “marcatore da paintball”) non è classificabile come arma ai sensi dell’art. 2 del Decreto Legislativo n. 121/2013; tale norma infatti prevede che “Non sono armi gli strumenti ad aria compressa o gas compresso a canna liscia . . . destinati al lancio di capsule sferiche marcatrici”, disponendo altresì che “Con decreto del Ministro dell’interno sono definite le disposizioni per l’acquisto, la detenzione, il trasporto, il porto e l’utilizzo degli strumenti da impiegare per l’attività amatoriale e per quella agonistica.”

Ciò posto, la ricorrente ha dedotto che il Ministero dell’Interno ha ecceduto la delega conferita dalla norma di Legge, spingendosi a disciplinare ambiti diversi da quelli demandati alla regolamentazione di dettaglio. In particolare, il Ministero avrebbe illegittimamente disciplinato: le “Modalità di verifica dei prototipi” (art. 3 del Regolamento), l’ “Utilizzo degli strumenti da impiegare nell’attività amatoriale e in quella agonistica” (art. 6 del Regolamento), le “Caratteristiche delle capsule sferiche marcatrici” (art. 7 del Regolamento), gli “Oneri informativi introdotti” (art. 8 del Regolamento) ed i ”Requisiti minimi di sicurezza dei campi attrezzati per lo svolgimento delle attività amatoriali” (art. 10 del Regolamento).

La regolamentazione di tali settori, oltre a costituire un esercizio illegittimo del potere di normazione secondaria da parte del Ministero dell’Interno, avrebbe costituito anche un’indebita invasione delle competenze riservate per legge al C.O.N.I. ed alla F.I.D.A.S.C. (Federazione italiana discipline armi sportive da caccia).

Il motivo è infondato.

L’art. 3 del Regolamento, rubricato “modalità di verifica dei prototipi” dispone l’invio dei marcatori da paintball presso il Banco Nazionale di Prova al fine di escluderne la natura di armi.

E’ chiaro che tale adempimento preliminare è finalizzato alle verifiche di competenza dell’ organismo preposto, propedeutiche rispetto all’utilizzo dei marcatori, utilizzo che viene espressamente previsto dal citato articolo 2 del D.Lgs. nr. 121/2013 tra le competenze devolute dalla legge alla regolamentazione ministeriale.

Le stesse considerazioni valgono per l’art. 6 del Regolamento (che disciplina l’utilizzo dei marcatori), per l’art. 7 (che regola le caratteristiche delle sfere marcatrici) e per gli articoli 8 e 10 (che disciplinano, rispettivamente, gli oneri informativi e le caratteristiche dei campi attrezzati per la pratica): tutti questi aspetti concernono l’ utilizzo degli strumenti da paintball (da un punto di vista tecnico, spaziale, informativo) e rientrano a pieno titolo nella potestà regolamentare demandata dalla legge al Regolamento ministeriale.

Priva di pregio è poi la censura riferita alla mancata interlocuzione del C.O.N.I. e della F.I.D.A.S.C. in relazione all’emanazione del Regolamento impugnato.

Sul punto è sufficiente rilevare che il Comitato Olimpico nazionale, costituitosi nel presente giudizio, ha chiarito che il paintball non è una disciplina sportiva riconosciuta dal C.O.N.I.. e che tale pratica non è inclusa nell’“Elenco delle discipline sportive ammissibili per l’iscrizione al Registro delle Associazioni e Società̀ Sportive Dilettantistiche”, risultando il riconoscimento della Asd ricorrente da parte del C.O.N.I. limitato alla pratica della disciplina del tiro con fucili con canna ad anima liscia e caricamento a palla, relativamente alla quale la ricorrente risulta affiliata, nell’anno 2020, alla Federazione Italiana Discipline Armi Sportive da Caccia, a sua volta affiliata del C.O.N.I..

Per tali ragioni, alcun rilievo può assumere la mancata interlocuzione del Comitato olimpico, ovvero ancora della F.I.D.A.S.C., nel procedimento relativo all’emanazione del Regolamento impugnato, procedimento che, peraltro, risulta limitato a dare esecuzione a quanto previsto dall’ articolo 2 del D.Lgs. nr. 121/2013, che non prevede l’interlocuzione del C.O.N.I. o di altre federazioni.

Il secondo ordine di censure concerne l’art. 3 e l’art. 6 del Regolamento.

In particolare, quanto all’art. 6, la ricorrente ha censurato a disposizione nella parte in cui la stessa ha previsto la necessità della licenza di cui all’art. 68 del TULPS nel caso in cui la pratica del paintball venga effettuata in campi situati in luogo pubblico o aperto al pubblico.

Tale autorizzazione, secondo le prospettazioni della ricorrente, non sarebbe più necessaria a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale n. 142/1967 e n. 56/1970, che hanno circoscritto l’obbligatorietà dell’autorizzazione alle sole attività di intrattenimento in luogo pubblico che abbiano il carattere dell’imprenditorialità, tra le quali non può essere ricompresa quella svolta da associazioni sportive dilettantistiche.

La tesi è priva di pregio.

Con le sentenze citate dalla ricorrente la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 68 T.U.L.P.S. per contrasto con l’art. 17 della Costituzione solo limitatamente a quelle ipotesi di riunione di cittadini che esulano dall’attività imprenditoriale, permanendo invece l’obbligo di autorizzazione nei casi in cui la riunione, avente per oggetto un trattenimento di danza, di giuoco, di sport, ecc., è invece indetta in un pubblico locale da parte del titolare nell'esercizio della sua attività imprenditoriale. In tal caso, infatti, non è il diritto di riunione quello che si intende esercitare, bensì il diritto di libera iniziativa economica, tutelato dall'art. 41 Cost., che, peraltro, ammette limiti e controlli nel pubblico interesse.

Tanto premesso, deve rilevarsi come nel caso di specie l’art. 6 del Regolamento richiami l’art. 68 T.U.L.P.S. (e gli obblighi da tale norma imposti) nel sol caso in cui l’attività venga svolta in luogo pubblico o aperto al pubblico. Quando, invece, al campo attrezzato possono accedere solo i soci del sodalizio, tale campo riveste natura di luogo privato e non occorre autorizzazione ai sensi dell’art. 68 TULPS.

Ne deriva che l’obbligo di autorizzazione deve ritenersi circoscritto ai soli casi in cui l’attività concretamente posta in essere sia contraddistinta dai caratteri dell’imprenditorialità, che non possono essere individuati a priori, ma che possono essere desunti da elementi sintomatici quali il pagamento di un biglietto all'ingresso e/o la maggiorazione del costo della consumazione, l'utilizzo di apparecchiature tecniche particolarmente complesse, la pubblicizzazione dell'evento, ecc. (in tal senso, ex multis, T.A.R. Toscana, Sezione II, n. 1705/2010, T.A.R. Salerno, (Campania) sez. I, 15/10/2018, (ud. 03/10/2018, dep. 15/10/2018), n.1430; TA.R. Puglia, Lecce, sez. I, 05/11/2015, n.3171).

Pertanto, il richiamo operato dall’art. 6 del Regolamento all’art. 68 del T.U.L.P.S., nella versione derivante dalle citate sentenze della Corte Costituzionale, deve ritenersi legittimo, in quanto circoscritto ai soli casi in cui l’attività svolta assuma i caratteri dell’imprenditorialità, eventualità quest’ultima non incompatibile in senso assoluto con la veste di associazione della ricorrente e che dovrà essere desunta dagli indici sintomatici del caso concreto.

Per quanto concerne le censure relative all’art. 3 del Regolamento, la ricorrente ha contestato l’applicazione, agli strumenti marcatori da paintball, delle medesime procedure previste per il controllo delle armi da fuoco, laddove invece il D.Lgs. nr. 121/2013 esclude espressamente tali strumenti dal novero delle armi.

La censura è palesemente infondata.

L’art. 2, terzo comma, della legge 110/1975, chiaramente dispone che gli strumenti marcatori possono essere esclusi dal novero delle armi da sparo qualora espellano le capsule marcatrici ad un’energia cinetica non superiore a 12,7 joule e abbiano un calibro compreso nel range tra 12,7 mm. e 17,7 mm.

E’ pertanto ovvio che detti marcatori debbano essere assoggettati ai controlli del Banco Nazionale di Prova, previsi dall’art. 3 del Regolamento impugnato, con le discendenti implicazioni relative al necessario procedimento di verifica ed alle conseguenti certificazioni.

L’obbligo di verifica ed omologazione da parte del Banco Nazionale è peraltro imposto direttamente dalla legge e non dal regolamento, risultando pertanto del tutto inconferenti le doglianze relative alla non conformità degli strumenti marcatori utilizzati all’estero rispetto a quelli italiani ed ai costi già sostenuti dalle associazioni sportive che praticano il paintball per acquistare i marcatori prima dell’entrata in vigore del Regolamento impugnato (cfr. terzo motivo di ricorso).

Anche le censure contenute nel terzo ordine di motivi sono infondate per le seguenti ragioni.

Relativamente alle doglianze riferite all’art. 7 del Regolamento, valgono le considerazioni già espresse in precedenza, dovendosi ribadire che le disposizioni previste da tale articolo concernono l’utilizzo degli strumenti da paintball e rientrano, pertanto, nella potestà regolamentare demandata dalla legge al Regolamento ministeriale ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs. nr. 121/2013.

Lo stesso dicasi per le censure relative all’art. 6 dell’allegato A ed alle censure rivolte alle prescrizioni in tema di svuotamento del recipiente ad aria compressa. Deve solo aggiungersi che le doglianze relative alla presunta violazione di regolamenti internazionali in tema di paintball, dedotte dalla ricorrente, sono infondate, non potendo tali regolamenti vincolare il legislatore nazionale in assenza del riconoscimento di tale pratica da parte degli organi competenti, vieppiù in ambiti relativi alla sicurezza pubblica o all’incolumità personale.

Le medesime considerazioni valgono con riferimento alle censure riferite all’art. 10 e successivi allegati, in relazione all’asserita violazione di regolamenti internazionali in materia di paintball.

Quanto alla problematica di sicurezza pubblica paventata con il terzo motivo di ricorso, la -OMISSIS-ha rappresentato la possibilità che le capsule lanciate dai marcatori con il limite di potenza di 12,7 joule possano superare la velocità di 300 FPS, con pericolo per i giocatori.

Sul punto è sufficiente rilevare che la previsione della potenza dei marcatori (fino a 12,7 joule) è prevista direttamente dalla legge (art. 2legge nr. 110/1975) e non dal Regolamento impugnato, dimostrandosi pertanto il motivo palesemente infondato.

Per questi motivi il ricorso va respinto.

Sussistono, in ragione della peculiarità e novità della questione oggetto di giudizio, giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2020 e nella camera di consiglio del 11.01.2021 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Arzillo, Presidente

Vincenzo Blanda, Consigliere

Raffaello Scarpato, Referendario, Estensore

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