T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 7170/ 2021

Pubblicato il 16/06/2021

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Cecchetti e Matteo Cutrera, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, piazza Barberini 12;

contro

Ministero dell'Interno e Questura di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

– del provvedimento prot. n. 309 del 18 dicembre 2018 di “Divieto di Accedere alle Manifestazioni Sportive nr. 309/2018, emesso dal Questore della Provincia di Roma, in data 18.12.2018” adottato dal Questore di Roma presso gli uffici del Comando Stazione Carabinieri-Stazione di Calenzano, mediante consegna nelle proprie mani, in data 25 gennaio 2019;

– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché allo stato non conosciuto;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2021 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in epigrafe l’istante ha impugnato il provvedimento con cui la Questura di Roma gli ha vietato, per tre anni dalla data di notifica del provvedimento stesso, di accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello, agonistico o amichevole, calendarizzati e pubblicizzati, estendendo tale divieto anche agli incontri di calcio disputati all’estero dalle squadre italiane e dalla nazionale italiana di calcio.

L’interessato premette di essersi trovato, in data 15 settembre 2018, presso un’area di servizio dell’autostrada A1 direzione Nord assieme a un gruppo di tifosi della squadra di calcio OMISSIS, di ritorno dall’incontro Napoli-OMISSIS, ove aveva inizio uno scontro con i tifosi della squadra Sampdoria.

Lo stesso premette di svolgere, tra le altre, l’attività di addetto alla sicurezza presso alcuni locali di intrattenimento nella provincia di Firenze per la quale è richiesta una condotta irreprensibile, per cui il provvedimento in esame gli impedirebbe di proseguire tale lavoro.

Con riferimento alla vicenda in esame, egli riferisce di essersi allontanato dal luogo degli scontri, al fine di evitare di essere coinvolto.

Al fine di esaminare gli atti del procedimento, il ricorrente ha proposto altresì istanza di accesso agli atti in data 6 febbraio 2019, finalizzata a ottenere la documentazione video e fotografica proveniente dalle telecamere di sorveglianza della stazione di servizio, richiamata nel provvedimento di D.A.Spo.

Con provvedimento prot. n. 0010960 del 12 febbraio 2019, la Questura di Roma - Divisione anticrimine ha respinto l’istanza di accesso agli atti presentata dal ricorrente affermando che si tratterebbe di documenti «individuati quali presupposto per l’adozione di provvedimenti dell’Autorità di Pubblica Sicurezza»; «concernenti la tutela dell’ordine e la sicurezza»; «applicati secondo un meccanismo in cui il giudizio di pericolosità sociale è compiuto dall’Autorità emittente»; infine «acquisibili presso la competente Autorità Giudiziaria destinataria della relativa comunicazione»-.

Tale diniego è stato impugnato ex artt. 25 della legge n. 241 del 1990 e 116 c.p.a., innanzi a questo Tribunale (r.g. n. 3307/2019) che ha accolto il ricorso con sentenza n. 9774 del 22.7.2019, ordinando all'amministrazione resistente di consentire l'accesso alla documentazione amministrativa richiesta entro il termine di trenta giorni.

Avverso il provvedimento in epigrafe ha quindi proposto ricorso l’interessato deducendo i seguenti motivi:

1) violazione di legge, con riferimento agli artt. 6, l. n. 401 del 1989 e 3, l. n. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di pericolosità per la sicurezza e l’ordine pubblico dei comportamenti censurati, difetto di pericolosità intrinseca del ricorrente, travisamento ed erronea valutazione dei fatti.

Nella fattispecie in esame non sussisterebbero i presupposti per il divieto di accedere alle manifestazioni sportive (anche D.A.Spo. o DASPO), atteso il difetto di pericolosità per la sicurezza e l’ordine pubblico dei comportamenti censurati.

L’impugnato provvedimento si fonderebbe su alcuni fotogrammi che ritrarrebbero l’interessato «mentre impugna con la mano destra un’asta lavavetri e con la sinistra impugna in modo improprio altro oggetto», e che costituirebbero addirittura «evidente indice di capacità partecipativa alla turbativa e rafforzativa del proposito violento degli altri componenti il gruppo».

Detti fotogrammi non darebbero alcuna certezza della responsabilità del ricorrente.

L’irrogazione del provvedimento di D.A.Spo. presuppone l’«aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza», che non sarebbe stato dimostrato.

L’istante avrebbe impugnato l’asta lavavetri al solo scopo di difendersi da eventuali aggressioni.

Né assumerebbe rilievo, ai fini dell’istruttoria condotta, l’affermazione secondo la quale l’interessato, nella medesima giornata, era «stato compiutamente identificato e fotografato qualche ora prima degli scontri, in occasione del servizio preventivo di Polizia Scientifica effettuato alla barriera autostradale di Napoli». Ciò non costituirebbe indice di pericolosità sociale del ricorrente.

Il ricorrente «risulta essere stato denunciato in stato di libertà per i reati di rissa, violenza o minaccia al pubblico ufficiale ed altro»: si tratterebbe, in ogni caso, di mere denunce non collegate a manifestazioni sportive;

2) violazione e falsa applicazione degli articoli 7, 8, 9 e 10 della legge n. 241 del 1990. Contraddittorietà e illogicità della motivazione.

Il provvedimento impugnato non sarebbe stato preceduto da una comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, funzionale alla partecipazione nell’ambito del medesimo da parte di chi possa subire un pregiudizio ad opera di un provvedimento amministrativo;

3) illegittimità del provvedimento impugnato per carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione. Violazione del principio della proporzionalità, gradualità e ragionevolezza delle misure sanzionatorie. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Il provvedimento impugnato violerebbe il principio della gradualità, proporzionalità e ragionevolezza nell’applicazione delle sanzioni, esteso altresì alle misure di prevenzione come il D.A.Spo., in quanto i divieti imposti con il provvedimento sarebbero manifestamente sproporzionati per durata e portata, rispetto alla condotta tenuta e all’assenza di precedenti penali a suo carico;

4) illegittimità del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 6, comma 1, l. n. 401 del 1989. Difetto di specificazione dei luoghi ai quali è vietato accedere.

Il provvedimento di D.A.Spo. irrogato sarebbe indeterminato e generico circa i luoghi indicati. Esso costituirebbe una vera e propria misura limitativa non solo della libertà di circolazione, ma anche della libertà personale garantita dall’art. 13 Cost.-.

5) istanza istruttoria.

Si chiede di acquisire in via istruttoria i fotogrammi che ritrarrebbero il ricorrente.

L’Amministrazione si è costituita, producendo una dettagliata relazione, in cui evidenzia le attività di indagini compiute per identificare, mediante la visione delle immagini e dei filmati delle telecamere a circuito chiuso dell'impianto dell’area di servizio autostradale, e la comparazione dei singoli fotogrammi con quelle rilevate dalla Polizia Scientifica nella medesima giornata.

In vista dell’udienza di merito il ricorrente ha presentato memoria con la quale ha ribadito le censure sopra esposte.

All’udienza del 18 maggio 2021 il patrono dell’interessato ha insistito per l’accoglimento della impugnazione ed il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Il divieto di accesso alle manifestazioni sportive è stato introdotto, al fine di prevenire gli episodi violenti nel contesto delle manifestazioni sportive, dalla legge 13 dicembre 1989, n. 401 ("Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive").

Secondo l'art. 6, comma 1, della citata legge n. 401, come modificato dal d.l. 22 agosto 2014, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2014, n. 146 ("Disposizioni urgenti in materia di contrasto a fenomeni di illegalità e violenza in occasione di manifestazioni sportive, di riconoscimento della protezione internazionale, nonché per assicurare la funzionalità del Ministero dell'interno"), il DASPO può essere disposto "nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati di cui all'articolo 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, e all'articolo 6-bis, commi 1 e 2, e all'articolo 6-ter, della presente legge, nonché per il reato di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, e per uno dei delitti contro l'ordine pubblico e dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro II, titolo V e titolo VI, capo I, del codice penale, nonché per i delitti di cui all'articolo 380, comma 2, lettere f) ed h) del codice di procedura penale ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza".

Nel caso di specie, il divieto è stato applicato tenuto conto della denuncia, a carico dell’interessato, ai sensi dell’art. 6 bis della legge 13 dicembre 1989, n. 401.

2. In via preliminare occorre considerare superata la richiesta istruttoria del ricorrente, in quanto lo stesso, a seguito di separata istanza di accesso, ha ottenuto la documentazione richiesta posta alla base del provvedimento impugnato.

3. Il ricorso è infondato e va respinto per i seguenti motivi.

3.1. Il provvedimento impugnato si basa sulla pericolosità sociale denotata dal ricorrente in occasione degli eventi accaduti il 16.9.2018, che è risultata confermata all’esito dell’istruttoria svolta in corso di causa e alla stregua della documentazione prodotta dall’Amministrazione.

Invero, la Questura ha circostanziato i comportamenti posti in essere dal ricorrente nel corso degli scontri tra tifoserie avversarie, rinviando, a supporto delle proprie deduzioni, a specifici fotogrammi che riprendono il ricorrente “nel luogo degli scontri mentre impugna con la mano destra un'asta lavavetri e con la sinistra impugna in modo improprio altro oggetto, risultando essa stessa evidente indice di capacità partecipativa alla turbativa e rafforzativa del proposito violento degli altri componenti il gruppo, specie in considerazione del particolare contesto”.

3.2. Alla luce di tali premesse, vengono meno le censure di difetto di istruttoria, di ingiustizia grave e manifesta, di mancanza di proporzionalità o irragionevolezza dedotte dal ricorrente, risultando il provvedimento impugnato motivato in relazione ai risultati dell’indagine svolta e ai fatti sopra evidenziati che costituiscono indice sufficiente di una pericolosità sociale, tale da giustificare il provvedimento avversato.

3.3. Sul punto, possibile richiamare le recenti pronunce della giurisprudenza amministrativa d’appello (cfr. Consiglio di Stato, sentenza nr. 866/2019), che ha ribadito come sia sufficiente, ai fini dell’emanazione del DASPO, una dimostrazione fondata su elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico, improntato su di un’elevata attendibilità, sicuramente desumibile nel caso di specie sulla base della documentazione prodotta dall’Amministrazione.

4. Parimenti infondate sono poi le censure incentrate sulla violazione della normativa costituzionale (con particolare riferimento all’art. 16 della Costituzione) sotto il profilo della ingiustizia manifesta, del difetto di proporzionalità, di eguaglianza e di ragionevolezza, ovvero ancora del diritto di difesa del destinatario del provvedimento amministrativo.

Innanzitutto, va premesso che la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che il DASPO integra una misura non repressiva, bensì di prevenzione e precauzione di polizia; appartiene, cioè, al genus di misure che possono essere definite come strumenti ante o comunque praeter delictum, aventi la finalità di evitare che il singolo, che ne è colpito, compia fatti di reato, illeciti o comunque tenga comportamenti lesivi di dati interessi, mediante la rimozione o il contenimento delle cause che si pongono alla base della commissione di tali condotte.

Pertanto, il provvedimento di divieto di accesso alle manifestazioni sportive, diversamente dalle misure di prevenzione che sono collegate alla complessiva personalità del destinatario, appare avere natura interdittiva atipica, che si correla ad una valutazione di inaffidabilità del soggetto che spetta all'Autorità amministrativa, la quale è chiamata a un apprezzamento discrezionale nel bilanciamento tra il prevalente interesse pubblico alla tutela dell'ordine e della sicurezza dei cittadini e l'interesse privato ad accedere liberamente negli stadi (cfr. sul punto, T.A.R. Campobasso, sez. I, 11/03/2016, n.114; Cass. pen., sez. un., 12 novembre 2004, n. 44273; Id., sez. I, 2 luglio 2004, n. 29114; Cons. St., sez. I, 25 marzo 2015, n. 931; Id., sez. III, 23 dicembre 2011, n. 6808; Id., sez. VI, 2 maggio 2011, n. 2572; Tar Sicilia, Catania Sez. IV, 13 luglio 2015, n. 1938; Tar Toscana, sez. II, 6 giugno 2013, n. 955. Cons. St., Sez. III, 23 dicembre 2011, n. 6808; sez. VI, 2 maggio 2011, n. 2572).

4.1. Alla luce di tale premessa, non meritano adesione le censure in ordine al difetto di motivazione, in relazione alla pericolosità sociale del destinatario, formulate sul presupposto che non sarebbe possibile trarre dalla condotta osservata indici di pericolosità; in particolare, il fatto che l’odierno ricorrente abbia impugnato con l’altra mano un’asta lavavetri non potrebbe essere considerato in alcun modo di per sé «evidente indice di capacità partecipativa alla turbativa e rafforzativa del proposito violento degli altri componenti il gruppo».

Come già chiarito in precedenza, non è necessario che la Questura motivi l’emissione del provvedimento sulla base di una comprovata pericolosità sociale, in ragione della natura atipica del DASPO, non completamente assimilabile alle altre misure di prevenzione e non soggetta alla relativa disciplina, peraltro non omogenea nell’ordinamento.

4.2. Peraltro, com’è stato già evidenziato, nel caso di specie la pericolosità sociale del prevenuto emerge chiaramente da quanto contestato ed è stata suffragata da puntuali riscontri documentali depositati dall’Amministrazione in corso di giudizio nonché dagli estratti di alcune registrazioni video provenienti dall’impianto di ripresa presente nell’area di servizio, depositati dal ricorrente.

Dalla documentazione in atti si evince che le avverse tifoserie toscane e liguri si erano rese protagoniste di gravi episodi di violenza, che potevano mettere in pericolo l'incolumità delle persone presenti nell'area di servizio e di chi transitava sul corrispondente tratto autostradale, tenuto conto della presenza in loco di materiale infiammabile o di olii combustibili.

4.3. Per quanto concerne l’atteggiamento tenuto dal ricorrente, che ammette di aver impugnato un’asta lavavetri pur asserendo di averlo fatto a solo scopo di difesa, si osserva che ogni valutazione al riguardo non può che essere rimessa alla competente autorità amministrativa e che questo giudice, atteso l’ambito di discrezionalità riservato all’Autorità di Polizia, può limitarsi a svolgere una verifica limitata all’esistenza di profili di manifesta incongruità, illogicità o errore di fatto, che nel caso di specie, però, non emergono. E ciò anche alla luce di quanto emerge dalle riprese video depositate dall’interessato, che non sono idonee a smentire o, quanto meno, a mettere in dubbio l’atteggiamento tenuto dal ricorrente in occasione degli scontri tra opposte tifoserie, oggetto della valutazione dell’Autorità d P.S.-.

In proposito non convince l’affermazione di parte ricorrente secondo il quale l’aver impugnato il bastone del lavavetri non sarebbe indice sufficiente di un atteggiamento violento, in quanto occorre convenire con quanto eccepito al riguardo dalla Questura di Roma secondo cui, al di là del fatto che l’asta sia stata brandita o agitata, tale atteggiamento “implica comunque la prospettazione di un male all'integrità fisica altrui, essendo sufficiente la potenzialità del gesto per intimidire”.

4.4. Peraltro, giova osservare, che l’istante - ove effettivamente avesse temuto per la propria incolumità - ben avrebbe potuto sottrarsi da eventuali aggressioni allontanandosi dal luogo degli scontri.

5. Quanto al lamentato difetto di proporzione si osserva che il provvedimento impugnato ha irrogato la misura del divieto nella misura di anni tre, quindi entro il periodo massimo, senza l'ulteriore prescrizione dell'obbligo di presentazione di cui al comma 2 dell'art. 6 L. 401/89.

6. In relazione alla dedotta violazione del diritto di partecipazione al procedimento amministrativo, conseguente alla omessa comunicazione di avvio del procedimento, si osserva che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, i provvedimenti come quello in esame, essendo protesi alla più efficace tutela dell'ordine pubblico e ad evitare la reiterazione dei comportamenti vietati, possono anche prescindere dal previo coinvolgimento procedimentale del destinatario della misura di prevenzione.

Secondo tale orientamento, infatti, “stante il carattere cautelare ed urgente della misura di cui all'art. 6 della legge n. 401 del 1989, volta a tutelare nel modo più efficace l'ordine pubblico e ad evitare la reiterazione di comportamenti vietati, quanto all'omessa comunicazione di avvio del procedimento, va esclusa la sussistenza dell'onere partecipativo di cui all'art. 7 della legge n. 241 del 1990” (cfr. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 3.10.2018, n.591; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 9.2.2018, n. 324; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 23.3.2016, n. 343).

6.1. Per quanto concerne poi la asserita limitazione al diritto di difesa conseguente a tale omissione, si osserva che l’interessato ha comunque avuto modo di esplicare tale diritto, dapprima accedendo alla documentazione posta alla base del DASPO e poi mediante la proposizione del ricorso in esame.

7. Infine non persuade il motivo relativo alla generica indicazione dei luoghi “ove si disputano incontri di calcio di qualsiasi livello” relativamente ai quali è stato imposto il divieto di accesso.

Ed invero, essendo stato comminato il divieto di accesso su tutto il territorio nazionale, la genericità della previsione deriva dall'oggettività difficoltà di conoscere a priori tutti i luoghi interessati allo spostamento di tifosi per l'intera durata delle manifestazioni sportive.

Inoltre, il contenuto di tale previsione è facilmente determinabile, giacché il provvedimento fa espresso riferimento alle aree individuate, a mezzo di transenne o altro, a cura del responsabile del servizio di ordine pubblico.

Con la precisazione, contenuta nelle note di rinvio, che il divieto disposto dall'Autorità di P.S. impedisce di “accedere” agli impianti sportivi ed alle aree di rispetto dello Stadio "Olimpico" di Roma e dello Stadio "A. Franchi" di Firenze.

8. Quanto agli ulteriori profili di censura secondo cui il provvedimento “riguarda qualsiasi tipo di incontro calcistico, persino amichevole e persino ove disputato all'estero da squadra italiana o dalla Nazionale” e che “le prescrizioni... sono - nonostante le apparenze — talmente generiche da impedire al medesimo di uscire da casa (...) poiché, altrimenti, rischierebbe senz'altro di attraversare o di trovarsi in luoghi rispetto ai quali gli è precluso l'accesso” si osserva che il divieto si rivela coerente con la disciplina normativa, secondo cui “per manifestazioni sportive ai sensi degli articoli 1 e 2, si intendono le competizioni che si svolgono nell'ambito delle attività previste dalle federazioni sportive e dagli enti e organizzazioni riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)” (cfr. art. 2 bis del D.L. n. 336/2001), escludendosi quindi tutte le altre. Esso riguarda, quindi, i soli incontri di calcio indicati nel calendario ufficiale della FIGC.

8.1. Su tale questione, vale richiamare quanto già osservato dalla Corte di Cassazione, che, con la sentenza n. 7948 del 2016, ha affermato che per la validità del divieto di accesso del Questore non è necessario che le manifestazioni sportive siano nominativamente indicate, ma è sufficiente che queste ultime siano determinabili, sulla base di elementi di identificazione forniti nel provvedimento, in modo certo dal destinatario, che ha l'obbligo di tenersi informato sul punto.

Quanto al riferimento alle aree ed i luoghi di sicurezza degli altri impianti sportivi, questi devono essere interpretati con aderenza al significato corrente delle parole, che portano ad individuare gli spazi direttamente adiacenti agli impianti sportivi e quelli ufficialmente destinati, dalle amministrazioni locali e dalle autorità di pubblica sicurezza con transenne o altra apposita segnaletica, allo stazionamento delle c.d. carovane di tifosi, o comunque entro il raggio di 1000 metri dal perimetro dei luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive, non certo ad ogni strada che risulti utile al parcheggio da parte di chi si reca allo stadio. Tra l'altro in sostanza, il divieto in esame scatta in presenza di un rilevante afflusso di massa di tifosi in occasione di manifestazioni calcistiche di notevole importanza, come tale agevolmente prevedibile e percepibile (cfr. Tar Lazio, Sez. Prima Ter n. 240/2016).

9. Per quanto attiene, invece, la dedotta incidenza del provvedimento sull'attività lavorativa del ricorrente - sulla quale il difensore del ricorrente si è soffermato nel corso dell’udienza - si osserva che tale limitazione non è permanente, considerato che ai sensi del comma 8-bis del citato art. 6 della Legge n. 401/89, “Decorsi almeno tre anni dalla cessazione del divieto di cui al comma 1, l'interessato può chiedere la cessazione degli ulteriori effetti pregiudizievoli derivanti dall'applicazione del medesimo divieto”.

Occorre in proposito tener conto, altresì, che l’interessato - sulla base di quanto eccepito dall’Amministrazione e non smentito - è anche lavoratore dipendente a tempo indeterminato presso un’impresa privata, il che sembra attenuare gli effetti del provvedimento impugnato e lamentati dall’interessato. Effetti peraltro che, in via di fatto, sono stati anche limitati dalla impossibilità di accedere alle manifestazioni sportive conseguenti alle misure di prevenzione della pandemia di COVID19 che si protraggono ininterrottamente dallo scorso anno.

Per le considerazioni esposte, in conclusione il ricorso deve essere respinto.

La peculiarità della questione giuridica sottesa all’applicazione del divieto giustifica comunque la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, con l'intervento dei magistrati:

Francesco Arzillo, Presidente

Daniele Dongiovanni, Consigliere

Vincenzo Blanda, Consigliere, Estensore

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it