T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 886/ 2013

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale n. (…), proposto da OMISSIS s.r.l., OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS  e OMISSIS, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Pietro Ghinassi e con questi elettivamente domiciliati in Roma, presso la segreteria del Tribunale adito,

contro

la Federazione Ciclistica Italiana – F.C.I., in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Nuri Venturelli presso il cui studio in Roma, P.zza Apollodoro n. 26, è elettivamente domiciliata, la Commissione di vigilanza Società Professionistiche FCI (CO.VI.S.P.), in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano – C.O.N.I., in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Angeletti presso il cui studio in Roma, via Giuseppe Pisanelli n. 2, è elettivamente domiciliato, il Consiglio del ciclismo Professionistico (C.C.P.), in persona del Presidente pro tempore, non costituito in giudizio, la Lega Ciclismo Professionistico (L.C.P.), in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio, nonché

nei confronti di

Associazione Gruppi Sportivi Professionistici (Assogruppi), in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio, Abruzzo Team s.r.l., in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio,

per l'annullamento

del provvedimento emesso dalla Federazione Ciclistica Italiana (F.C.I.) il 16 febbraio 2012, con il quale il Consiglio Federale della Federazione Ciclistica Italiana ha deliberato il ”diniego di affiliazione alla F.C.I. per l’anno 2012” per il GS OMISSIS, sedenti in OMISSIS – 00-803 Varsavia (Polonia), OMISSIS; della delibera del Consiglio Federale della Federazione Ciclistica Italiana n. 286 del 9 dicembre 2010 con la quale è stato deliberato l’obbligo per i Gruppi sportivi con sede legale all’estero di un paese comunitario che intendono affiliarsi o riaffilarsi alla F.C.I., oltre del deposito della documentazione prevista di cui agli artt. 1.2 e 1.3, anche di indicare un Rappresentante fiscale in Italia; di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e conseguenziali noti o ignoti ai ricorrenti e, in particolare, della delibera della F.C.I. n. 5 dell’1 febbraio 2012.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Federazione Ciclistica Italiana – F.C.I.;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comitato Olimpico Nazionale Italiano – C.O.N.I.;

Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 16 gennaio 2013 il Consigliere Giulia Ferrari; uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

FATTO

1. Con ricorso notificato in data 2 aprile 2012 e depositato il successivo 2 maggio parte ricorrente ha impugnato, tra l’altro, il provvedimento emesso dalla Federazione Ciclistica Italiana (F.C.I.) il 16 febbraio 2012, con il quale il Consiglio Federale della stessa ha deliberato il ”diniego di affiliazione alla F.C.I. per l’anno 2012” per il GS OMISSIS.

2. Avverso detti provvedimenti ha dedotto motivi di violazione di legge e di difetto di motivazione, nonché di eccesso di potere e di disparità di trattamento. La ricorrente ha altresì chiesto il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’illegittimità degli atti impugnati.

3. Si è costituita in giudizio la Federazione Ciclistica Italiana – F.C.I., che ha eccepito la tardività del deposito del ricorso e la sua inammissibilità sotto altri profili. Nel merito ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.

4. Si è costituito in giudizio il Comitato Olimpico Nazionale Italiano – C.O.N.I., che ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, nonché l’inammissibilità del ricorso sotto altri profili. Nel merito ne ha sostenuto l’infondatezza.

5. La Commissione di vigilanza Società Professionistiche FCI (CO.VI.S.P.) non si è costituita in giudizio.

6. Il Consiglio del ciclismo Professionistico (C.C.P.) non si è costituito in giudizio.

7. La Lega Ciclismo Professionistico (L.C.P.) non si è costituita in giudizio.

8. L’Associazione Gruppi Sportivi Professionistici (Assogruppi) non si è costituita in giudizio.

9. L’Abruzzo Team s.r.l. non si è costituita in giudizio.

10. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.

11. All’udienza del 16 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente il Collegio, in accoglimento dell’eccezione sollevata dal C.O.N.I., dichiara il difetto di legittimazione passiva del predetto Comitato, non essendo alcuno degli atti impugnati allo stesso addebitabile né potendo essere considerato responsabile, neanche in via solidale, dell’eventuale danno – ove accertato – patito da parte ricorrente.

2. Ancora in via preliminare il Collegio dichiara (dopo averne dato comunicazione alle parti ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a.) di non poter prendere visione della memoria di replica depositata dalla Federazione Ciclistica Italiana F.C.I. (dopo il deposito di memoria avvenuto il 28 dicembre 2012) il 4 gennaio 2013. Ed infatti, ai sensi dell'art. 73, comma 1, c.p.a., nel testo introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. q), d.lgs. 15 novembre 2011, n. 195 (c.d. primo correttivo al Codice), le repliche di parte resistente sono ammissibili solo ove conseguenti ad atti della ricorrente ulteriori rispetto all’atto introduttivo del giudizio; la ratio legis di tale conclusione si individua nell’impedire la proliferazione degli atti difensivi, nel garantire la par condicio delle parti, nell’evitare elusioni dei termini per la presentazione delle memorie e, soprattutto, nel contrastare l’espediente processuale della concentrazione delle difese nelle memorie di replica con la conseguente impossibilità per l’avversario di controdedurre per iscritto (Tar Basilicata 4 dicembre 2012, n. 523; Tar Umbria 20 aprile 2012, n. 126). Peraltro, anche prima della modifica introdotta al comma 1 dell’art. 73 c.p.a. dall’art. 1, comma 1, lett. q), d.lgs. n. 195 del 2011 il deposito della memoria conclusionale di parte era considerato presupposto indefettibile per il deposito di memorie di repliche (Cons. St., Sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640; id. 5 marzo 2012, n. 1256).

Nel caso all’esame del Collegio parte ricorrente non ha depositato alcuno scritto difensivo successivo all’atto introduttivo del giudizio.

3. Priva di pregio è l’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività del suo deposito, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. a, c.p.a.. Ed invero, ai sensi dell’art. 45, comma 1, ultimo alinea, c.p.a., il termine per il deposito deve essere aumentato, ai sensi dell’art. 41, comma 5, c.p.a., di trenta giorni, se le parti o alcune di esse risiedono in altro Stato d’Europa, o di novanta giorni se risiedono fuori d’Europa.

Nel caso all’esame del Collegio due delle dodici ricorrenti risiedono in altro Stato d’Europa (in Polonia la OMISSIS e in Bulgaria il sig. OMISSIS), con la conseguenza che il termine dimidiato di quindici giorni, previsto dall’art. 119, comma 2, c.p.a. per il deposito del ricorso deve essere aumentato di ulteriori quindici giorni (il termine di trenta giorni ex art. 41, comma 5, c.p.a. va infatti dimidiato ai sensi dell’art. 119, comma 2, c.p.a.).

Né si può ritenere condivisibile quanto argomentato in udienza dalla F.C.I. a difesa dell’eccezione sollevata, e cioè che l’aumento del termine previsto dal combinato disposto degli artt. 45, comma 1, ultimo alinea, c.p.a. e 41, comma 5, c.p.a. è limitato ai casi in cui è il destinatario della notifica a risiedere all’estero, atteso che le norme richiamate fanno generico riferimento alle “parti o alcune di esse” e non è dubbio che tra le “parti” deve essere annoverato anche il ricorrente.

Il ricorso, dunque, notificato il 2 e il 3 aprile 2012 e depositato solo il 2 maggio 2012, è tempestivo.

4. La Federazione Ciclistica Italiana ha eccepito l’improcedibilità del ricorso perché non è stato osservato il vincolo della pregiudiziale sportiva.

L’eccezione è solo in parte suscettibile di positiva valutazione.

Il ricorso contiene una duplice domanda: la prima è diretta all’annullamento dell’impugnato diniego di affiliazione, la seconda concerne il risarcimento dei danni subiti per effetto di tale diniego.

Non è dubbio che il vincolo di pregiudizialità sportiva travolge l’azione di annullamento. La necessità di impugnare il diniego di affiliazione risulta dall’art. 2, comma 11, dello Statuto della F.C.I., secondo cui “in caso di diniego o revoca dell’affiliazione può essere proposto ricorso, da comunicarsi contestualmente alla F.C.I. a pena di inammissibilità, alla Giunta Nazionale del C.O.N.I., che si pronuncia in via definitiva, a seguito dell’acquisizione del parere del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport”. Il chiaro tenore letterale della norma porta innanzitutto ad escludere che tale vincolo si riferisce solo a coloro che sono già affiliati, atteso che la nota statutaria – in parte qua non impugnata – circoscrive il suo ambito di applicazione ai ricorsi proposti sia avverso la revoca di affiliazione che avverso il diniego di affiliazione (ricorso, quest’ultimo, che naturalmente è proposto da chi non è affiliato).

Si tratta di norma che ricalca la previsione contenuta nella normativa statale. Ai sensi dell’art. 1, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito in l. 17 ottobre 2003, n. 280, i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo. Il Legislatore ha poi distinto, nel successivo art. 2, le controversie sottratte in toto alla cognizione dei giudici statali, per le quali opera il vincolo di giustizia e che sono rimesse alla sola cognizione degli organi interni di giustizia sportiva, dalle controversie che investono situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo, ma aventi rilevanza per l’ordinamento statale. Si tratta di casi in cui vengono adottati dal C.O.N.I. o dalle Federazioni veri e propri provvedimenti amministrativi lesivi di posizioni giuridiche soggettive e, come tali, assoggettati alla cognizione degli organi di giustizia statale. Rientrano in queste ipotesi i provvedimenti di affiliazione ad una Federazione di una società sportiva, e quindi, di conseguenza, il diniego di affiliazione della OMISSIS Peraltro, in tali casi il Legislatore ha stabilito che il ricorso agli organi di giustizia statale è possibile solo a condizione che siano esauriti i gradi di giustizia sportiva, essendo fatte salve le clausole compromissorie previste dagli Statuti e dai regolamenti del C.O.N.I. e delle Federazioni sportive.

Parte ricorrente non ha rispettato il vincolo della pregiudiziale, avendo impugnato direttamente dinanzi al giudice amministrativo il diniego di affiliazione. Sotto questo profilo, dunque, il ricorso è improcedibile.

Solo per completezza il Collegio evidenzia come tale conclusione è ulteriormente rafforzata per alcuni dei ricorrenti persona fisica (sig.ri OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS), i quali sono tesserati della Federazione Ciclistica Italiana (secondo quanto afferma la stessa F.C.I., senza essere in ciò contraddetta da parte ricorrente). Per questi la necessità di rivolgersi prima agli organi della giustizia sportiva e, solo una volta esauriti i relativi gradi, alla giustizia statale è prevista anche dall’art. 46 dello Statuto F.C.I., secondo cui “le controversie che contrappongono la F.C.I. a soggetti affiliati e/o tesserati, per le quali non siano previsti e siano esauriti i gradi interni di giustizia federale, sono devolute, su istanza delle parti interessate, unicamente al Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport”.

5. Il tenore letterale del comma 11 del citato art. 2 delle disposizioni statutarie porta però ad escludere che il vincolo della pregiudiziale si estenda anche alla domanda di risarcimento, facendo la norma espressamente riferimento al giudizio impugnatorio/annullatorio (“in caso di diniego o revoca dell’affiliazione può essere proposto ricorso”). Della correttezza di questa conclusione sembrano essere convinte anche le parti resistenti, che cercano di inquadrare la domanda risarcitoria come strettamente dipendente da quella annullatoria, con la conseguenza che la sorte della prima travolgerebbe la seconda. Il Collegio non condivide tale conclusione. E’ ben vero che parte ricorrente ha chiesto innanzitutto l’annullamento degli atti impugnati, ma è altresì vero che ai sensi dell’art. 30, comma 1, c.p.a., la condanna a risarcire i danni subiti per effetto di un atto illegittimo non presuppone necessariamente l’annullamento dell’atto impugnato. L’accertata improcedibilità del ricorso, nella parte volta all’annullamento degli atti impugnati, non esonera quindi il Collegio ad esaminare la proposta azione risarcitoria.

6. La F.C.I. eccepisce altresì la carenza di legittimazione passiva della OMISSIS s.r.l. e del sig. OMISSIS, non avendo alcun legame con la Federazione e non essendo stati destinatari di alcun provvedimento gravato.

L’eccezione non è suscettibile di positiva valutazione, avendo la società Adv Group e il sig. OMISSIS affermato di aver subito danni dal diniego di affiliazione della OMISSIS, per aver perso la prima lo Sponsor OMISSIS s.p.a., il secondo il contratto di lavoro di direttore sportivo aggiunto per l’anno 2012. La richiesta di condanna a risarcire i danni patiti (in disparte poi l’accertamento della fondatezza della pretesa avanzata) legittima dunque la società OMISSIS e il sig. OMISSIS a proporre il gravame in esame.

7. La F.C.I. eccepisce ancora l’inammissibilità del ricorso siccome proposto dalla OMISSIS, per difetto di valida procura al proprio difensore. La procura è stata infatti rilasciata all’estero, ma la firma del legale rappresentante della società è stata autenticata dal difensore italiano.

E’ infatti chiarito che in caso di procura alle liti conferita (come nella specie) all'estero a difensore italiano per la costituzione avanti al giudice italiano, è necessaria l'autentica della firma del mandante da parte dell'autorità preposta, come il notaio, a tale funzione nel luogo di residenza del conferente, potendo essa ritenersi equipollente a quella del difensore italiano, che è privo del potere di certificazione all'estero (Cass. civ., Sez. I, 7 dicembre 2000, n. 15549; id., s.u., 28 aprile 1993, n. 4992). Rileva però il Collegio che il vizio non è tale da comportare l’inesistenza della notifica, dovendo considerarsi sanabile ex art. 182, comma 2, c.p.c., novellato dall’art. 46, comma 2, l. 18 giugno 2009, n. 69 (la cui applicazione nel processo amministrativo, pur da conciliare con quanto previsto dall’art. 44 c.p.a., è stata ammessa: Tar Pescara 20 ottobre 2011, n. 574; Tar Napoli, Sez. I, 8 luglio 2011, n. 3675) ai sensi del quale “Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L'osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione”.

Il Collegio ritiene però, per ragioni di economia processuale, di non disporre il rinnovo dell’autentica della firma della sig.ra OMISSIS, essendo il ricorso, nella parte che resiste al già evidenziato profilo di improcedibilità, infondato nel merito.

8. L’infondatezza dell’azione risarcitoria induce il Collegio a soprassedere anche dal dichiarare l’inammissibilità del ricorso, in quanto proposto dai sig.ri OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS, per vizio – questa volta non sanabile – della procura, da considerarsi inesistente. La procura rilasciata da detti soggetti reca infatti “Il sottoscritto … delega a rappresentare e difendere la predetta società nel presente giudizio”. In altri termini, essi hanno rilasciato all’avvocato prescelto la delega a rappresentare e difendere in giudizio non sè stessi e i loro peculiari interessi, ma una società, di cui non è neanche indicato il nome (si fa, infatti, riferimento ad una “predetta” società, con la conseguenza che non è possibile evincere chi sia effettivamente il ricorrente e quindi neanche la sua legittimazione ad agire) e senza indicare la qualità che li legittimerebbe ad agire in giudizio a difesa di altro soggetto, persona giuridica. Si tratta quindi di procura inesistente anziché nulla, con conseguente impossibilità di applicare l'istituto della sanatoria.

9. Prima di procedere all’esame dell’azione risarcitoria occorre chiarire che i ricorrenti non hanno depositato alcun atto difensivo - né memoria defensionale né documentazione - oltre all’atto introduttivo del giudizio e alla documentazione versata in giudizio, unitamente a quest’ultimo, il 2 maggio 2012. Ciò nonostante la Federazione resistente abbia, nei propri scritti, evidenziato più volte la mancanza di documentazione a supporto della pretesa azionata.

Ciò chiarito, giova ricordare che l’impugnato diniego di affiliazione è stato disposto perché sono state riscontrate tre carenze nella documentazione allegata alla relativa domanda (peraltro già rilevate con Delibera presidenziale dell’1 febbraio 2012, n. 5, trasmesso alla OMISSIS e ai sig.ri OMISSIS  e OMISSIS  il successivo 2 febbraio), che non è stata quindi ritenuta conforme alle indicazioni previste dalla l. 23 marzo 1981, n. 91 e alla normativa endofederale. In particolare: a) l’oggetto sociale indicato nello Statuto – Atto costitutivo non prevede che la società possa svolgere esclusivamente attività sportiva ed attività ad essa connesse o strumentali; b) non è stata indicata la nomina del Collegio sindacale; c) non è stato nominato il Rappresentante Fiscale in Italia, quale strumento attraverso il quale assicurare, nel rispetto della legislazione italiana, tutti quegli adempimenti eventualmente dovuti dalla Società estera per lo svolgimento di attività sportiva nel territorio italiano.

Trattandosi di tre ragioni distinte tra loro, è evidente che è sufficiente una sola di queste a supportare l’impugnato diniego.

Ritiene il Collegio legittima la previsione di nomina di un Rappresentante Fiscale in Italia, che la ricorrente non ha e non ha voluto designare. A supporto della propria tesi difensiva parte ricorrente afferma che: a) la figura del Rappresentante Fiscale in Italia non è prevista da alcuna norma statale; b) tale imposizione finisce per contrastare con i principi comunitari di libera circolazione delle imprese. Nessuna delle due argomentazioni appare convincente. Non la prima, atteso che la previsione è contenuta nella Delibera del Consiglio Federale della Federazione Ciclistica Italiana n. 286 del 9 dicembre 2010 (che peraltro, contrariamente a quanto ha affermato la F.C.I., a pag. 7 della memoria del 28 dicembre 2012, è stata impugnata da parte ricorrente) e, in considerazione dell’indubbia autonomia di cui gode l’ordinamento sportivo, è del tutto irrilevante che non trovi corrispondenza in una norma statale. L’art. 1, comma 1, d.l. 19 agosto 2003, n. 220 ha chiarito che l’ordinamento sportivo nazionale è un’articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale. Reiterando concetti già espressi in altri testi normativi (quali gli artt. 2 e 15, d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242, recante «Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano - C.O.N.I., a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59»), afferma che questo ordinamento autonomo costituisce l'articolazione italiana di un più ampio ordinamento autonomo avente una dimensione internazionale e che esso risponde ad una struttura organizzativa extrastatale riconosciuta dall'ordinamento della Repubblica. Ha peraltro chiarito il giudice delle leggi (11 febbraio 2011, n. 49) che anche prescindendo dalla dimensione internazionale del fenomeno, l'autonomia dell'ordinamento sportivo trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 Cost., dato che non può porsi in dubbio che le associazioni sportive siano tra le più diffuse «formazioni sociali dove [l'uomo] svolge la sua personalità» e che debba essere riconosciuto a tutti il diritto di associarsi liberamente per finalità sportive. Dunque ben poteva la Federazione, nell’esercizio della propria autonomia organizzativa, introdurre previsioni che non trovano corrispondenza nell’ordinamento statale.

Dal preambolo della Delibera del Consiglio Federale della Federazione Calcistica Italiana n. 286 del 2010 risulta che la necessità di modificare il Regolamento Organizzativo per Gruppi Sportivi Continentali era stata segnalata dalla Covisp, che esercita il controllo sulla gestione delle società Ciclistiche Professionistiche affiliate alla F.C.I. e ne verifica l’equilibrio economico-finanziario delle stesse, al fine di garantire il regolare svolgimento delle relative attività sportive. La nomina del Rappresentante Fiscale in Italia, da parte di Gruppi sportivi, con sede legale all’estero in un paese comunitario, che intendono chiedere l’affiliazione alla Federazione Ciclistica Italiana, si è resa necessaria per garantire l’osservanza delle disposizioni italiane, soprattutto di quelle relative al pagamento agli atleti e tecnici delle retribuzioni, del versamento dei contributi e delle ritenute previdenziali.

E’ poi da escludere che tale previsione regolamentare si ponga in contrasto con i principi comunitari in materia di libera circolazione atteso che essa non impedisce tale circolazione, ma richiede solo un previo adempimento da parte della società interessata, imposto soprattutto a tutela dei lavoratori, peraltro non eccessivamente gravoso.

La legittimità della richiesta di nomina di un Rappresentante Fiscale in Italia, alla quale la OMISSIS  non ha ottemperato, esonera il Collegio dal procedere alla verifica della legittimità degli altri due motivi (autonomi) posti dalla F.C.I. alla base del diniego di affiliazione e del connesso motivo di difetto di motivazione.

E’ invece infondato il motivo di disparità di trattamento con altre società con sede legale all’estero, che sarebbero state affiliate pur in carenza di presupposti, non avendo parte ricorrente supportato tale affermazione con un principio di prova.

10. Tanto basta per respingere la domanda di risarcimento danni.

Peraltro il Collegio, solo a fini di completezza, ricorda che per ottenere il risarcimento dei danni ex art. 30, commi 1 e 3, c.p.a. – applicabile nella specie in considerazione della dichiarata improcedibilità dell’azione impugnatoria – non è sufficiente l’accertata illegittimità dell’atto impugnato, dal quale detto danno sarebbe scaturito, ma è necessario che il ricorrente non abbia contribuito, con il proprio comportamento, ad ingenerarlo.

Come è stato chiarito sub 5) l’interessato può chiedere direttamente la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno senza aver prima impugnato l’atto dal quale tale danno è, a suo avviso, scaturito; il giudice deve però escludere la risarcibilità dei danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di tempestiva reazione nei confronti del provvedimento potenzialmente lesivo sia in via giudiziale (con l’impugnazione dinanzi al giudice amministrativo del provvedimento) che in via amministrativa (con la richiesta di autotutela) (Cons. St., A.P., 23 marzo 2011, n. 3; id., Sez. V, 2 novembre 2011, n. 5837 id., Sez. VI, 31 marzo 2011, n. 1983).

Dunque, l’onere dell’ordinaria diligenza, ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c., cui è tenuto l’avente diritto al risarcimento, comporta l’esclusione della responsabilità dell’Amministrazione, se emerge che il danno avrebbe potuto essere contenuto o evitato con la diligente cura, anche giudiziale, delle posizioni di costui (Cons. St., Sez. V, 18 aprile 2012, n. 2252). Tale valutazione può essere effettuata dal giudice amministrativo d’ufficio, senza necessità di eccezione di parte ed acquisendo gli elementi di prova all’uopo necessari, se il presumibile esito del ricorso di annullamento e dell’utilizzazione degli altri strumenti di tutela avrebbe, secondo un giudizio di causalità ipotetica basato su una logica probabilistica che apprezzi il comportamento globale del ricorrente, evitando in tutto o in parte il danno (Cons. St., A.P., 23 marzo 2011, n. 3).

Nel caso all’esame del Collegio il provvedimento impugnato è stato conosciuto il 16 febbraio 2012, quando l’attività agonistica relativa alla stagione 2012 era proprio agli inizi. Parte ricorrente non si è rivolta alla giustizia endosportiva per ottenere l’annullamento del diniego di affiliazione. Ma ancora più grave è che, nella pur erronea convinzione che l’unico giudice competente a conoscere la vicenda contenziosa fosse quello statale, si è rivolto a questi senza chiedere la sospensione dei provvedimenti impugnati, implicitamente così confermando che l’interesse primario, se non unico, che perseguiva era di ottenere il risarcimento dei danni.

11 A tale considerazione – di per se sola sufficiente alla reiezione della pretesa risarcitoria – si aggiunge un secondo rilievo, di non minor pregio.

Nonostante la Federazione resistente abbia, sin dal primo scritto difensivo, evidenziato la mancanza di documentazione a supporto della pretesa azionata parte ricorrente ha ritenuto di non dover comprovare, neppure in corso di causa, gli asseriti danni subiti con un principio di prova. Si è infatti limitata a quantificare i danni subiti per perdita di contratto (di sponsorizzazione o di lavoro) con riferimento a ciascun ricorrente, senza produrre in atti alcunché, come sarebbe stato invece nella sua piena disponibilità fare. Aggiungasi che la OMISSIS  s.r.l. non ha neanche versato in atti documentazione dalla quale possa evincersi il collegamento con la OMISSIS

Né può dubitarsi che l’onere della prova fosse a carico dei ricorrenti.

E’ infatti noto che il metodo acquisitivo si giustifica solo in ragione della disponibilità degli elementi probatori in capo alla Pubblica amministrazione, con la conseguenza che laddove tali elementi rientrino nella disponibilità del ricorrente - come accade nel giudizio risarcitorio, ove soprattutto, se non esclusivamente, l’istante è a conoscenza di quali danni ha subito ed è in possesso degli elementi idonei a provarli - il giudizio non può che essere governato dal principio dell’onere della prova e occorre che il ricorrente supporti la propria domanda dimostrando la sussistenza del danno medesimo; in sostanza, il ricorrente deve necessariamente allegare e dimostrare in giudizio tutti gli elementi costitutivi della sua pretesa risarcitoria e il metodo acquisitivo può essere utilizzato laddove siano stati allegati tali fatti, ma il privato, per la sua posizione di disparità sostanziale con l’Amministrazione, non sia in grado di provarli (Cons. St., Sez. III, 30 maggio 2012, n. 3245). In tal caso non può farsi ricorso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del pregiudizio subìto (Cons. St., Sez. IV, 12 giugno 2012, n. 3441).

12. Il ricorso è dunque in parte improcedibile e in parte da respingere.

Segue la condanna di parte ricorrente alle spese e agli onorari del giudizio, liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa estromissione dal giudizio del C.O.N.I., in parte lo dichiara improcedibile e in parte respinge.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio, che liquida in € 2.000,00 (due mila/00) a favore di ciascuna delle parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Italo Riggio, Presidente

Domenico Lundini, Consigliere

Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 25/01/2013

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