CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 10/2004
CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 10/2004
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso per regolamento di competenza n.r.g. (…) proposto da Automobile Club d’Italia, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Vaiano, Franco Gaetano Scoca ed Enzo Maria Marenghi ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in Roma, lungotevere Marzio, n. 3,
contro
la s.r.l. OMISSIS, rappresentata e difesa dagli avv. Mario Sanino, Antonio Brancaccio, Carlo Parisi e Lodovico Visone ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, viale Parioli, n. 180,
nel giudizio recante il n. 2325/2003
proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, dalla società sopra indicata.
Visto il ricorso per regolamento di competenza, con i relativi allegati;
Visti gli atti, relativi al ricorso introduttivo, delle parti suindicate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese in questa fase;
Vista l’ordinanza di rimessione n. 137/2004, pronunciata dalla VI Sezione il 25 novembre 2003 e depositata il 19 gennaio 2004;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, alla camera di consiglio del 24 maggio 2004, il consigliere Giuseppe Farina ed uditi, altresì, i difensori delle parti, avv. Marenghi, Scoca, Diego Vaiano per delega di Paolo Vaiano, Sanino, Brancaccio, Parisi, Visone, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ordinanza pronunciata nella camera di consiglio del 28 agosto 2003, sul ricorso proposto dalla s.r.l. OMISSIS nei confronti dell’Automobile Club d’Italia, il Tribunale amministrativo regionale della Campania – Salerno, contestualmente e nell’ordine:
ha considerato che l’istanza di regolamento di competenza, proposta dall’A.C.I. che affermava la competenza del T.A.R. del Lazio, non appariva manifestamente infondata, e ne ha disposto la trasmissione al Consiglio di Stato;
ha accolto una domanda cautelare della società ricorrente.
2. Portata l’istanza per regolamento di competenza alla cognizione della Sesta Sezione, ne è stato rimesso l’esame a questa Adunanza plenaria, con ordinanza 25 novembre 2003 – 19 gennaio 2004.
3. In punto di fatto, va ricordato che l’Automobile Club d’Italia ha annullato, con deliberazione del suo comitato esecutivo adottata il 24 febbraio 1998, l’aggiudicazione di due gare che era stata disposta in favore della società Salerno Corse, aventi ad oggetto servizi di promozione di campionati automobilistici italiani nel periodo 1998 – 2000.
4. Con sentenza del T.A.R. del Lazio n. 67 del 12 gennaio 2000, sono stati annullati sia il provvedimento di annullamento delle due aggiudicazioni, sia i susseguenti atti, relativi alla trattativa privata per l’affidamento dei medesimi servizi ad altra impresa.
La pronunzia è stata confermata in appello (VI Sez. 29 marzo 2001, n. 1814, poi non positivamente impugnata per revocazione: decisione n. 4210 del 2002).
5. Il ricorso, del quale qui si discute, notificato il 5 agosto 2003 e proposto dinanzi al T.A.R. della Campania, Sezione staccata di Salerno, è avanzato sempre dalla società Salerno Corse, vittoriosa nel precedente giudizio e con esplicito richiamo, nella sua intestazione, all’art. 35 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7 della l. 21 luglio 2000, n. 205.
6. Con l’ordinanza di rimessione della Sesta Sezione, sono state prospettate sia talune questioni di massima riguardanti il rito (avviso alle parti; sospensione dei termini nel periodo feriale; necessità dell’intervento dei difensori nella delibazione della questione da parte del T.A.R.; forma del provvedimento di trasmissione al Consiglio di Stato), dopo le riforme, in tema di regolamento di competenza, recate dalla citata legge n. 205 del 2000, sia taluni problemi inerenti ai criteri di cui fare applicazione per l’individuazione del tribunale competente per territorio, avuto riguardo alla particolarità della domanda.
7. Nella camera di consiglio del 24 maggio 2004, sentiti i difensori delle parti, è stata deliberata la decisione sull’istanza.
DIRITTO
1. Come si è ricordato, la società OMISSIS ha ottenuto dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio l’annullamento del provvedimento che, a sua volta, annullava le aggiudicazioni di due contratti, aventi per oggetto l’organizzazione di servizi per taluni campionati sportivi, e l’annullamento degli atti susseguenti, consistenti nell’aggiudicazione dei contratti ad altra impresa.
La decisione è stata confermata, in sede di appello, dal Consiglio di Stato; è stato anche respinto un ricorso per revocazione avanzato contro la pronuncia in appello.
La soc. OMISSIS Corse ha ora proposto innanzi al T.A.R. della Campania (Sezione staccata di Salerno) un ulteriore giudizio, rivolto ad ottenere la realizzazione in forma specifica del suo interesse (pretensivo) alla stipula del contratto o – in sostituzione di tale modalità di tutela, se la reintegrazione in forma specifica sia riconosciuta in tutto o in parte impossibile – la riparazione per equivalente dell’interesse legittimo pretensivo non soddisfatto e di altri danni patiti.
2. La evocazione dell’amministrazione nel successivo giudizio, avviato dopo il giudicato, dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (sede di Salerno), è stata contestata, dalla parte intimata, con istanza di regolamento preventivo di competenza al Consiglio di Stato, indicandosi, quale organo competente a conoscere della lite, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
L’istanza di regolamento di competenza – riconosciuta non manifestamente infondata dal T.A.R. della Campania, ai sensi dell’art. 9, comma quarto della legge 21 luglio 2000, n. 205, (sostitutivo del quinto comma dell’art. 31 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034) – è stata radicata innanzi alla VI Sezione di questo Consiglio. È stata, poi, devoluta dalla Sezione alla cognizione di questa Adunanza plenaria, in considerazione della novità di talune questioni che debbono essere risolte in sede di regolamento.
3. Passando all’esame dell’istanza di regolamento proposta, va ricordato che la competenza del T.A.R. del Lazio, invocata dall’amministrazione resistente, è contrastata dalla società ricorrente deducendosi che l’ordinanza, con la quale il Tribunale ha disposto di trasmettere al Consiglio di Stato l’istanza, previa valutazione della sua non manifesta infondatezza, segue ad una procedura nel corso della quale erano state consumate varie illegittimità, sì da essere venuto meno un grado del giudizio. Su questa osservazione si sono innestate altre questioni (camera di consiglio, conclusa con l’emanazione dell’ordinanza di trasmissione, intervenuta nel periodo di interruzione estiva; trattazione della questione irrituale, etc.).
4. L’Adunanza plenaria ritiene che le vicende relative alla fase che ha trovato svolgimento dinanzi al T.A.R. (la nuova fase contemplata dal citato art. 9, quarto comma della l. 205 del 2000) non esercitino influenze – quando pure, in ipotesi verificatesi – sulla ritualità dell’istanza di regolamento depositata dinanzi al T.A.R. né sulla sua definizione in questa sede.
Ed invero, la legge n. 205 del 2000, intervenendo sulla disciplina del regolamento preventivo di competenza, non ha inteso alterare, in alcun modo, le linee del precedente assetto, che assegnavano all’istanza di regolamento di competenza il compito di condurre, per saltum, alla cognizione del punto riguardante la competenza da parte del giudice di appello, offrendosi così, prima che altre attività processuali abbiano trovato svolgimento, una statuizione incontrovertibile in ordine alla competenza territoriale del giudice amministrativo che dovrà pronunciare (si tratti del T.A.R. adito o di altro T.A.R.).
La legge n. 205 del 2000 – ed è unicamente in questi limiti la novità della disciplina – si è solo preoccupata di porre rimedio ad alcuni inconvenienti manifestatisi, specie negli ultimi anni, in conseguenza del crescente numero di istanze di regolamento di competenza, spesso sollecitate solo dall’obbiettivo di ritardare l’avvio o lo svolgimento del giudizio di primo grado (la proposizione dell’istanza conduce, come è noto, alla sospensione del processo dinanzi al T.A.R.).
In vista di far assolvere all’istanza di regolamento il ruolo che gli è coessenziale – contrastato dal numero delle istanze di regolamento proposte, spesso ispirate ad obbiettivi solo dilatori – si è assegnato al giudice di primo grado, al quale, sin ab antiquo, l’istanza di regolamento va presentata, il compito di svolgere la funzione di “filtro” delle istanze indirizzate al Consiglio di Stato.
Si è conferito, così, per la prima volta, al T.A.R: di fronte al quale l’istanza di regolamento viene presentata (il T.A.R. dinanzi al quale è stata radicata la lite), la possibilità di “bloccare” l’istanza, ove la stessa si caratterizzi come “manifestamente infondata”, con l’adozione, a conclusione di tale accertamento, interdittivo del passaggio dell’istanza di regolamento al Consiglio di Stato, di una sentenza parziale, assunta con rito semplificato ed accelerato, accompagnata sempre dalla condanna alle spese (ovviamente impugnabile, come qualunque altra sentenza del T.A.R., dinanzi al Consiglio di Stato come giudice d’appello).
Se però la valutazione, resa in sede di “filtro” dal giudice di primo grado, si concluda non con il “blocco” della domanda, ma con la trasmissione di essa al Consiglio di Stato, è da ritenere che qualunque valutazione critica dell’ordinanza di remissione, nel rito e nel merito, e del procedimento che l’ha preceduta, debba ritenersi preclusa.
Ed invero, il Consiglio di Stato – restituito, a seguito della trasmissione del ricorso, alle sue fisiologiche attribuzioni di giudice regolatore della competenza – non potrà svolgere altra indagine in rito al di fuori della verifica del rispetto delle regole, anche di carattere temporale, alle quali l’istanza di regolamento deve sottostare.
Restano, quindi, senza significato – una volta che l’istanza risulti trasmessa con ordinanza del T.A.R. al “giudice della competenza” (Consiglio di Stato in unco grado) – eventuali errori consumati dal T.A.R., nella fase di filtro, sia attinenti al merito (istanze trasmesse, sebbene manifestamente infondate), sia attinenti a profili di rito della fase del procedimento di mera delibazione dell’istanza da parte dello stesso giudice.
È chiaro, infatti, che il riconoscimento di rilevanza ad eventuali errores in iudicando o in procecdendo, consumati in primo grado, comporterebbe, al di fuori di ogni esigenza di salvaguardia di interessi pubblici e privati, la restituzione del ricorso al T.A.R. per l’assolvimento ex novo della fase di “filtro” non esattamente eseguita (con possibile ritorno della identica questione di competenza, con altra ordinanza di remissione, o per effetto dell’impugnativa della sentenza del T.A.R., di nuovo alla valutazione del Consiglio di Stato).
5. Va, a questo punto, portato l’esame sulle questioni di competenza che risultano proposte con l’istanza di regolamento, rivolta a contestare, come più volte si è precisato, l’instaurazione della lite, di cui si discute in questa sede, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania (Sezione di Salerno).
Il ricorso introdotto dinanzi all’organo giudiziario di primo grado, ora ricordato, costituisce vera e propria prosecuzione di quello che è stato, a suo tempo, definito con sentenza passata in giudicato, avente ad oggetto l’illegittimità dell’annullamento dell’aggiudicazione, originariamente disposta in favore della soc. Salerno Corse, nonché del provvedimento di aggiudicazione del contratto ad altra impresa. Il ricorso pone domande che comportano, secondo la società ricorrente, una possibile attività di “conformazione” da parte dell’amministrazione, implicante una nuova aggiudicazione a favore della stessa impresa, oppure – ove tale attività conformativa dovesse essere ritenuta, in fatto o in diritto, interdetta o non integralmente satisfattiva – il risarcimento del danno (ristoro per equivalente dell’interesse pretensivo: art. 7 della l. n. 205 del 2000, nel punto in cui riscrive il quarto comma dell’art. 35 del decreto legislativo n. 80 del 1998; Cass. SS. UU. 22 luglio 1999, n. 500).
Su tale presupposto è stato avanzato – nelle forme del processo di cognizione- un unitario ricorso, con il quale, oltre ad invocarsi l’attività conformativa dell’amministrazione al giudicato, se ritenuta possibile (nuova aggiudicazione a favore della società ricorrente), si domanda, in via alternativa o aggiuntiva, il ristoro per equivalente del pregiudizio sopportato dall’interesse legittimo pretensivo insuscettibile di ottenere riparazione in forma specifica (o tempestiva riparazione in forma specifica).
Non spetta al giudice regolatore della competenza – quale è, in questa sede l’Adunanza plenaria – stabilire se l’azione proposta dalla società dinanzi al T.A.R. della Campania, risolventesi, nella sua prospettazione in via principale, in una possibile azione di ottemperanza, possa essere introdotta col rito cognitorio (peraltro più garantista della procedura prevista per l’ottemperanza), quando, come nella specie, alla detta azione si affianchi una parallela pretesa, volta a conseguire – necessariamente in sede cognitoria – il ristoro del danno, ove l’esecuzione in forma specifica non possa essere accordata (o possa esserlo solo tardivamente) o quando siano dedotti ulteriori danni.
Qui occorre solo procedere all’identificazione del giudice territorialmente competente sulle due azioni che sono state introdotte.
6. Non è dubbio, anzitutto, che l’azione di ottemperanza ricada nella competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, e non in quella T.A.R. della Campania.
Spetta, invero, al T.A.R. che ha adottato la pronuncia – quando essa sia stata confermata in appello – conoscere della azione rivolta a conseguire in executivis l’adempimento di quella attività conformativa, che non è stata spontaneamente offerta in esecuzione della sentenza, nella specie passata in giudicato.
7. Risulta pure di spettanza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio – e si sottrae perciò anch’essa alla cognizione della Sezione di Salerno del T.A.R. della Campania – la domanda tesa a conseguire la riparazione per equivalente dell’interesse leso in conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione e della successiva aggiudicazione ad altri attribuita, non seguite, dopo l’annullamento, da attività conformativa dell’amministrazione (o dall’attività di tempestiva conformazione).
È da ritenere, invero, nel sistema al quale ha dato vita la legge n. 205 del 2000, che il giudice di fronte al quale è portata l’impugnazione del provvedimento lesivo sia quello stesso che ha titolo a conoscere del ristoro per equivalente.
E ciò, sia che si tratti di ipotesi nelle quali la pretesa risarcitoria consequenziale concerna diritti soggettivi lesi da atti degradatori (diritti soggettivi restituiti alla loro originaria dimensione dopo l’annullamento del provvedimento), sia che si tratti di interessi pretensivi, che, per la rottura dell’anello che lega insieme interesse individuale e interesse pubblico, non possono che ottenere riparazione per equivalente.
Né vale a modificare la disciplina avanti riferita – fondata sulla regola della concentrazione innanzi al giudice dell’impugnazione anche della pretesa riparatoria – il fatto che la controversia rivolta ad ottenere il risarcimento del danno sia stata avanzata con autonomo e successivo ricorso proposto dopo che il giudizio di impugnazione si era concluso e la relativa sentenza era passata in giudicato.
Ed invero, il legame, fra illegittimità del provvedimento e responsabilità dell’ente che l’ha posto in essere, non è meno stretto o di diversa intensità se le due questioni (di illegittimità dell’atto e di responsabilità per i danni che ha cagionato) sono esaminate in unico o separati giudizi.
Perciò l’atto, dalla cui illegittimità si origina la domanda di riparazione, si manifesta come momento essenziale per la cognizione della ulteriore vicenda di ripristino della situazione del soggetto che ne è stato leso, perché è la causa diretta – o perché deve verificarsi se è stato la causa diretta – delle conseguenze negative lamentate.
Nella specie, si discute ancora degli effetti di un atto di un ente pubblico a carattere “ultraregionale”, atto relativo alla promozione di campionati nazionali di automobilismo, e perciò ad efficacia non limitata territorialmente alla circoscrizione di altro tribunale. In questi casi la legge ha riguardo alla sede dell’ente: art. 3, comma 3, l. n. 1034 del 1971.
8. In conclusione, sia per il principio desumibile dalle norme della legge n. 1034 del 1971, sia per il criterio di attrazione per connessione nella competenza del T.A.R., cui spettava e cui spetta ancora di conoscere di profili di illegittimità dei provvedimenti inizialmente contestati, oramai annullati, ma i cui effetti sono da precisare nel separato giudizio promosso (e non necessariamente definiti nel giudizio precedente) deve essere dichiarata la competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
9. Ne segue l’accoglimento del ricorso per regolamento di competenza, proposto dall’A.C.I. intimato in prime cure.
10. Novità e complessità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di questa fase.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza plenaria, dichiara la competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, a conoscere del ricorso specificato in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma,dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza plenaria), nella camera di consiglio del 24 maggio 2004,