CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 1096/2015 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 1096/2015

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da:Unione nazionale incremento razze equine - U.N.I.R.E. (ora, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Mattii, Monica Bonomini e Domenico Pavoni, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via A. Riboty, 28;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO, n. 97/2010, resa tra le parti e concernente: sanzione disciplinare di sospensione dalla qualifica di allenatore e sanzione pecuniaria;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della parte appellata;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2015, il Cons. Bernhard Lageder e udito, per la parte appellante, l’avvocato dello Stato Michele Pizzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a. - Sezione autonoma di Bolzano accoglieva il ricorso n. 175 del 2009, proposto da OMISSIS, allenatore professionista di cavalli da corsa, avverso la decisione della Commissione di disciplina di appello dell’Unione nazionale incremento razze equine (U.N.I.R.E.) del 23 febbraio - 27 aprile 2009, di conferma della decisione della Commissione di disciplina di primo grado, con la quale al ricorrente erano state inflitte le sanzioni della sospensione, per la durata di sei mesi, dalla qualifica di allenatore e da ogni altra qualifica rivestita nell’ambito dell’U.N.I.R.E. e della pena pecuniaria di euro 1.500,00, per essere il cavallo ‘OMISSIS’ in occasione di una corsa disputatasi il 21 luglio 2007 all’ippodromo di OMISSIS risultato positivo, all’esame antidoping, della sostanza benzoilecgonina (metabolita della cocaina), per una quantità di 22 ng/ml.

Il T.r.g.a., affermata la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della controversia, accoglieva il primo motivo di ricorso, col quale il ricorrente aveva censurato l’esecuzione della seconda analisi dei campioni biologici del cavallo tramite lo stesso laboratorio che aveva effettuato le prime analisi, affermandone l’illegittimità per la violazione dei principi di buon andamento, di trasparenza e d’imparzialità dell’azione amministrativa, nonché del «principio logico, secondo il quale l’organo che riesamina deve essere altro rispetto a quello che aveva esaminato originariamente» (v. così, testualmente, l’impugnata sentenza), onde evitare la possibilità della ripetizione di errori di analisi, specie di natura metodologica, e garantire l’imparzialità nell’esecuzione della seconda analisi.

L’adito T.r.g.a. annullava dunque gli impugnati provvedimenti, dichiarando assorbiti gli altri motivi a spese interamente compensate tra le parti.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’U.N.I.R.E., censurando l’erronea affermazione d’illegittimità delle controanalisi effettuate dallo stesso laboratorio che aveva svolto le prime, attesa la diversità di funzione dei due distinti procedimenti di analisi, di cui il primo volto al controllo antidoping e il secondo diretto a una verifica ulteriore nel solo caso di riscontrata positività a sostanze vietate in esito al primo, e considerata la pienezza del diritto al contraddittorio garantito ai soggetti interessati nell’ambito del sub-procedimento di controanalisi.

L’Amministrazione appellante chiedeva dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, la reiezione del ricorso in primo grado.

3. Si costituiva in giudizio l’appellato, resistendo ed espressamente riproponendo i motivi assorbiti di primo grado, nonché formulando un motivo aggiunto.

4. All’udienza pubblica del 10 febbraio 2015 la causa veniva trattenuta in decisione.

5. Occorre premettere, in via pregiudiziale di rito, con riguardo alle sopravvenute vicende legislative concernenti l’assetto dell’ente appellante, che la trasformazione dell’U.N.I.R.E., con l. 15 luglio 2011, n. 111, in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (A.S.S.I.) e la successiva soppressione dell’A.S.S.I. con il trasferimento delle relative funzioni, che qui vengono in rilievo, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con l. 7 agosto 2012, n. 135, non incidono in senso interruttivo sul presente giudizio, conseguendone, invero, il trasferimento ex lege di tutti i rapporti e, quindi, di riflesso, delle posizioni processuali, ai soggetti subentrati alle funzioni pubblicistiche dell’U.N.I.R.E., sicché il giudizio legittimamente prosegue in contraddittorio con il soggetto pubblico originario, salva la facoltà dei nuovi soggetti – comunque assoggettati agli effetti della sentenza – di subentrarvi spendendo il proprio nome (v., in tal senso, i precedenti specifici di questa Sezione, sent. n. 6142 del 15 dicembre 2014 e n. 3635 del 21 giugno 2012).

6. Nel merito, è fondato il motivo d’appello proposto avverso la statuizione del T.r.g.a., secondo cui le controanalisi dovevano essere eseguite, a pena d’illegittimità, da un laboratorio diverso da quello che aveva eseguito le prime analisi.

È sufficiente, al riguardo, un richiamo adesivo ai precedenti di questa Sezione (v., ex plurimis, sent. n. 6492 del 18 dicembre 2012 e n. 5525 del 12 ottobre 2011, n. 5525), affermativi della legittimità di siffatto modus, procedendi per le seguenti ragioni:

- dallo stesso tenore letterale dell’art. 10, comma 1, del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite, deliberato dal Commissario straordinario dell’U.N.I.R.E. il 6 agosto 2002 e approvato con D.M. n. 797 del 16 ottobre 2002 (il quale testualmente statuisce: «In caso di non negatività alle prime analisi, entro 30 giorni dalla corsa, il laboratorio che le ha eseguite deve, sollecitamente ed in modo riservato, comunicarne l’esito all’U.N.I.R.E. e contemporaneamente alla Commissione Scientifica, la quale, nell’approntare il fascicolo di sua competenza da trasmettere agli Organi disciplinari, può chiedere al laboratorio qualsiasi documento o analisi già effettuata o approfondimenti analitici da svolgere sul campione di seconda analisi»), emerge che il laboratorio, il quale abbia effettuato le prime analisi con esito di «non negatività», può essere investito anche delle seconde analisi, sicché l’operato dell’Amministrazione odierna appellata trova un diretto avallo di legittimità nella citata previsione regolamentare;

- le seconde analisi non possono qualificarsi alla stregua di mezzo di gravame contro le risultanze delle prime, bensì quale strumento di comparazione con queste e di approfondimento analitico, a garanzia dell’univocità scientifica del relativo esito;

- le seconde analisi, infatti, costituiscono essenzialmente, più che una revisione o un riesame, un accertamento ex novo, in contraddittorio con l’interessato, del secondo recipiente dell’unico prelievo effettuato sul cavallo [a norma dell’art. 8, comma 1, del citato regolamento «il campione prelevato è diviso in due parti, di cui una destinata alle prime analisi e l’altra destinata alle seconde analisi in conformità a quanto disposto dalle normative (articolo 6) emanate dalla Federazione delle Autorità Ippiche Mondiali (F.I.A.H.) »], talché esse s’inseriscono, quale sub-procedimento, nel procedimento volto alla verifica della presenza di sostanze dopanti, forgiato secondo regole standardizzate a livello internazionale, in modo da garantire la scientificità dei risultati degli accertamenti medesimi;

- le maggiori garanzie procedimentali prescritte dal citato regolamento (art. 10, comma 2) per lo svolgimento delle controanalisi escludono la configurabilità di una violazione del diritto di difesa, essendo l’interessato abilitato a controdedurre rispetto alle risultanze delle prime analisi e persino a presenziare personalmente (se del caso delegando anche un sanitario di fiducia), onde assicurare il controllo immediato e diretto sull’attività di laboratorio, cosicché non assume particolare rilievo, proprio in ragione della diversità strutturale e funzionale del sub-procedimento delle controanalisi, che le stesse siano eseguite dal medesimo laboratorio (o dalla medesima persona fisica in seno allo stesso laboratorio), non potendovisi ravvisare, anche in virtù degli strumenti di difesa garantiti all’interessato, una lesione dei principi di imparzialità e di trasparenza;

- deve dunque escludersi la configurabilità di una situazione d’incompatibilità, in capo al laboratorio che ha effettuata le prime analisi, ad eseguire anche le seconde, il cui espletamento è, peraltro, soggetto alla disciplina regolamentare dettagliata delle modalità operative con cui procedere alla analisi sia qualitativa che quantitativa dei campioni biologici ippici in sede di secondo esame;

- quanto sopra trova conferma, in una prospettiva d’interpretazione sistematica, nella disciplina dettata dall’art. 15 l. 24 novembre 1981, n. 689, che, in caso di accertamento mediante analisi di campioni, prevede la revisione dell’analisi, nella garanzia del contraddittorio, da parte dello stesso laboratorio che aveva eseguito la prima analisi (con la precisazione che, sebbene la citata disposizione non sia direttamente applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio, la stessa costituisce espressione di un principio generale in materia di diritto sanzionatorio amministrativo e dei relativi atti di accertamento).

Per le esposte ragioni, in riforma dell’impugnata sentenza, s’impone il rigetto del motivo in esame.

7. Scendendo all’esame dei motivi assorbiti ed espressamente riproposti dall’appellato nella memoria di costituzione (depositata entro il termine di legge, per gli effetti di cui all’art. 101, comma 2, cod. proc. amm.), si osserva che è fondato il motivo, con cui è stato censurato l’erroneo accertamento di positività della sostanza in esame, non eccedendo la quantità accertata la soglia di punibilità definita secondo i correnti criteri tecnico-scientifici, anche tenuto conto del margine di tolleranza (più o meno 5 ng/ml) connotante gli accertamenti in questione (v. le deduzioni a pp. 13 e 14 della memoria di costituzione), con conseguente mancanza della prova rigorosa, incombente all’Amministrazione, degli elementi costitutivi dell’illecito in oggetto.

Infatti, come rilevato in precedenti specifici di questa Sezione (v., per tutte, sent. n. 6492 del 18 dicembre 2012), la delibera del Consiglio di amministrazione dell’U.N.I.R.E., adottata il 16 marzo 2009 (dunque, prima della decisione della Commissione disciplinare d’appello), a modifica dell’All. 2 al Regolamento per il controllo sull’uso delle sostanze proibite (approvato con D.M. n. 797 del 16 gennaio 2002), prevede quale soglia di punibilità un valore di 20 ng/ml di benzoilecgonina (metabolita della cocaina).

Sebbene la delibera, a tutt’oggi, non risulti munita dell’approvazione ministeriale e dunque non sia efficace sotto un profilo giuridico-formale, l’ivi contenuta indicazione della menzionata soglia di punibilità deve ritenersi espressione di una valutazione tecnico-scientifica, escludente la certezza di un effetto dopante per concentrazioni inferiori, la cui plausibilità è avvalorata dalla circostanza che tale valore-limite coincide con quello approvato dall’E.H.S.L.C. - European Horserace Scientific Liaison Committee.

La delibera assurge, dunque, a rilevanza non già per la sua valenza giuridico-formale di criterio di rango regolamentare vincolante per la Commissione di disciplina, ma sotto il profilo sostanziale-contenutistico di enunciazione di una massima di natura tecnico-scientifica che pone in dubbio l’efficacia dopante in caso di accertamento della presenza del metabolita in esame in misura inferiore a tale valore (v., altresì, la letteratura scientifica al riguardo citata dall’odierno appellato).

Ne deriva che, a fronte di un valore riscontrato di 22 ng/ml e del margine di tolleranza (di più o meno 5 ng/ml) proprio degli accertamenti in questione (v., anche su tale punte, la letteratura scientifica citata dalla parte appellata), manca la certezza attorno a un elemento costitutivo dell’illecito, che avrebbe dovuto condurre all’assoluzione dell’incolpato.

In accoglimento del motivo in esame, s’impone dunque l’annullamento degli impugnati provvedimenti disciplinari, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini della decisione.

8. Considerata ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 7435 del 2010), lo accoglie e, per l’effetto, respinge il primo motivo del ricorso di primo grado; accoglie il motivo di primo grado assorbito e riproposto, nei sensi di cui in motivazione, ed annulla gli impugnati provvedimenti disciplinari; dichiara le spese del doppio grado interamente compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Consigliere

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