CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 5525/2011 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 5525/2011
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: U.N.I.R.E. - Unione nazionale incremento razze equine, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS, allo stato non ritualmente costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 00072/2011, resa tra le parti, concernente SANZIONE DISCIPLINARE DELLA SOSPENSIONE DALLA QUALIFICA DI ALLENATORE
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di parte appellata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2011 il Cons. Bernhard Lageder e udito per le parti l’avvocato dello Stato Volpe;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, accoglieva il ricorso proposto da OMISSIS avverso la decisione della Commissione di disciplina di prima istanza dell’Unione nazionale incremento razze equine (U.N.I.R.E.) n. 505/09 dell’8 settembre - 1 dicembre 2009, con la quale al ricorrente erano state inflitte le sanzioni della sospensione, per la durata di due mesi, dalla qualifica di allenatore ippico e della pena pecuniaria di euro 500,00, per essere il cavallo “OMISSIS” in occasione di una corsa disputatasi in data 6 gennaio 2008 a Napoli risultato positivo, all’esame antidoping, della sostanza detomidina.
Il T.r.g.a. – rilevata la tardività dell’eccezione d’incompetenza territoriale, sollevata dall’Amministrazione resistente oltre il termine di venti giorni dalla costituzione in giudizio di cui all’art. 31 l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (applicabile ratione temporis alla fase processuale che viene in rilievo) – accoglieva, segnatamente, il motivo di ricorso, col quale il ricorrente aveva censurato l’esecuzione della seconda analisi dei campioni biologici del cavallo tramite lo stesso laboratorio che aveva effettuato le prime, affermandone l’illegittimità per la violazione dei principi di buon andamento, di trasparenza e d’imparzialità dell’azione amministrativa, nonché del “principio logico, secondo il quale l’organo che riesamina deve essere altro rispetto a quello che aveva esaminato originariamente” (v. così, testualmente, l’impugnata sentenza), onde evitare la possibilità della ripetizione di errori di analisi, specie di natura metodologica, e garantire l’imparzialità nell’esecuzione della seconda analisi.
L’adito T.r.g.a. annullava dunque il gravato provvedimento disciplinare e gli atti presupposti, dichiarando assorbiti gli altri motivi, a spese interamente compensate tra le parti.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’U.N.I.R.E. (con ricorso in appello notificato l’8-15 giugno 2011 e depositato il 7 luglio 2011), censurando l’erronea affermazione d’illegittimità delle controanalisi effettuate dallo stesso laboratorio che aveva svolto le prime, attesa la diversità di funzione dei due distinti procedimenti di analisi, di cui il primo volto al controllo antidoping e il secondo diretto a una verifica ulteriore nel solo caso di riscontrata positività a sostanze vietate in esito al primo, e considerata la pienezza del diritto al contraddittorio garantito ai soggetti interessati nell’ambito del subprocedimento di controanalisi.
L’Amministrazione appellante chiedeva dunque, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza, il rigetto del ricorso in primo grado.
3. Sebbene l’appellato fosse stato ritualmente evocato in giudizio (con ricorso in appello notificatogli il 15 giugno 2011, data di perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario), lo stesso ometteva di costituirsi in giudizio entro la data dell’udienza in camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare di sospensiva presentata dall’appellante, fissata al 13 settembre 2011 (infatti l’avviso dell’udienza è stato comunicato dalla Segreteria l’11 agosto 2011 alla sola parte appellante, non essendosi l’appellato ancora costituito in giudizio), limitandosi ad inviare con fax del 10 settembre 2011 (ore 17.12.) una comunicazione del proprio difensore Avv. Stefano Mattii – munito di procura ad litem anche per il grado di appello (v. procura speciale in calce al ricorso in primo grado) –, nella quale quest’ultimo richiamava la pendenza di due altri ricorsi in appello in cause analoghe, definiti all’udienza camerale del 19 luglio 2011 con sentenza breve, in attesa di pubblicazione, paventando la mancanza di un interesse attuale dell’U.N.I.R.E. alla sospensione dell’impugnata sentenza e precisando di essere “nei termini sino al 29.9.2011 per riproporre i motivi di ricorso in primo grado dichiarati assorbiti”.
4. All’odierna udienza camerale, fissata per la trattazione dell’istanza di sospensiva, in rappresentanza dell’Amministrazione appellante compariva l’avvocato dello Stato, mentre nessuno compariva per la parte appellata. Indi il Collegio avvisava la parte presente, costituita in giudizio, della possibilità della pronuncia di una sentenza in forma semplificata e la causa veniva trattenuta in decisione.
5. In linea pregiudiziale di rito, giova premettere che:
- per quanto sopra esposto, il contraddittorio si è ritualmente incardinato nei confronti dell’appellato con la notifica del ricorso in appello;
- alla data dell’odierna udienza camerale è ampiamente decorso il termine di venti giorni ex art. 60 cod. proc. amm.;
- l’appellato ha omesso di costituirsi ritualmente in giudizio, tramite il deposito in segreteria di atto di costituzione;
- lo stesso, per opporsi alla definizione del giudizio con sentenza breve in funzione dell’eventuale svolgimento di attività di difesa incompatibili con tale forma di definizione del giudizio, doveva costituirsi entro la data dell’odierna udienza ed ivi formulare correlativa richiesta;
- a fronte di tale situazione processuale, sussistono tutti i presupposti di legge (ossia, oltre alla rilevata completezza del contraddittorio, anche la completezza dell’istruttoria, essendo pervenuto il fascicolo d’ufficio di primo grado) per definire il giudizio in forma semplificata ai sensi del combinato disposto degli artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
6. Nel merito, si osserva che l’appello è fondato e merita accoglimento.
Non può, invero, condividersi l’assunto del Tribunale di giustizia amministrativa, secondo cui le controanalisi dovevano essere eseguite, a pena d’illegittimità, da un laboratorio diverso da quello che aveva eseguito le prime analisi.
Infatti, in primo luogo, dallo stesso tenore letterale dell’art. 10, comma 1, del “Regolamento per il controllo delle sostanze proibite”, deliberato dal Commissario straordinario dell’U.N.I.R.E. il 6 agosto 2002 e approvato con D.M. n. 797 del 16 ottobre 2002 – il quale testualmente statuisce: “In caso di non negatività alle prime analisi, entro 30 giorni dalla corsa, il laboratorio che le ha eseguite deve, sollecitamente ed in modo riservato, comunicarne l’esito all’U.N.I.R.E. e contemporaneamente alla Commissione Scientifica, la quale, nell’approntare il fascicolo di sua competenza da trasmettere agli Organi disciplinari, può chiedere al laboratorio qualsiasi documento o analisi già effettuata o approfondimenti analitici da svolgere sul campione di seconda analisi” –, emerge che il laboratorio, il quale abbia effettuato le prime analisi con esito di “non negatività”, può essere investito anche delle seconde analisi, sicché l’operato dell’Amministrazione odierna appellante trova un diretto avallo di legittimità nella citata previsione regolamentare.
In secondo luogo – come condivisibilmente dedotto dall’Amministrazione appellante nel ricorso in appello –, le seconde analisi non possono qualificarsi alla stregua di mezzo di gravame contro le risultanze delle prime, bensì quale strumento di comparazione con queste e di approfondimento analitico, a garanzia dell’univocità scientifica del relativo esito. Le stesse, infatti, costituiscono essenzialmente, più che una revisione e/o un riesame, un accertamento ex novo, in contraddittorio con l’interessato, del secondo recipiente dell’unico prelievo effettuato sul cavallo (a norma dell’art. 8, comma 1, del citato regolamento “il campione prelevato è diviso in due parti, di cui una destinata alle prime analisi e l’altra destinata alle seconde analisi in conformità a quanto disposto dalle normative (articolo 6) emanate dalla Federazione delle Autorità Ippiche Mondiali (F.I.A.H.)”). Le seconde analisi s’inseriscono dunque, quale subprocedimento, nel procedimento volto alla verifica della presenza di sostanze dopanti, forgiato secondo regole standardizzate a livello internazionale, in modo da garantire la scientificità dei risultati degli accertamenti medesimi.
In terzo luogo, alle seconde analisi può partecipare direttamente la parte privata, se del caso delegando anche un sanitario di fiducia, onde assicurare il controllo immediato e diretto sull’attività d’analisi. Le maggiori garanzie procedimentali prescritte dal citato regolamento (art. 10, comma 2) per lo svolgimento delle controanalisi escludono la configurabilità di una violazione del diritto di difesa, abilitando la disciplina di cui al richiamato regolamento l’interessato a controdedurre rispetto alle risultanze delle prime analisi e persino a presenziarvi personalmente, cosicché non assume particolare rilievo, proprio in ragione della diversità strutturale e funzionale del subprocedimento delle controanalisi, che le stesse siano eseguite dal medesimo laboratorio (e/o dalla medesima persona fisica in seno allo stesso laboratorio), non potendovisi ravvisare – anche in virtù degli strumenti di difesa garantiti all’interessato – una lesione dei principi di imparzialità e di trasparenza.
Contrariamente a quanto ritenuto dall’impugnata sentenza, deve dunque escludersi la configurabilità di una situazione d’incompatibilità, in capo al laboratorio che ha effettuato le prime analisi, ad eseguire anche le seconde, il cui espletamento è, peraltro, soggetto alla disciplina dettata dalle “Linee guida per l’espletamento fasi operative seconde analisi antidoping cavalli” deliberate dall’U.N.I.R.E. il 24 dicembre 2003, che regolano in modo dettagliato le modalità operative con cui procedere alla analisi sia qualitativa che quantitativa dei campioni biologici ippici in sede di secondo esame, e le quali nel caso di specie, alla luce delle risultanze del verbale di seconda analisi del 25 marzo 2008 e dei relativi allegati, appaiono puntualmente osservate, con conseguente infondatezza dei motivi assorbiti che assumevano – peraltro, in modo apodittico e confuso – la violazione di tali linee guida (a prescindere dal rilievo processuale che, per quanto detto sopra sub 5., i motivi assorbiti non sono stati espressamente riproposti dall’appellato – non ritualmente costituito in giudizio – ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm.).
Fermo restando detto rilievo processuale, anche gli altri motivi assorbiti – con i quali il ricorrente in primo grado aveva dedotto i vizi di eccesso di potere per “errore tecnico-inscienza” e di violazione dell’art. 15 del citato regolamento U.N.I.R.E. per l’asserita mancata audizione della Commissione scientifica – sono comunque manifestamente infondati, in quanto, per un verso, dagli atti causa emerge che la metodologia adottata dal laboratorio era conforme al sistema di qualità SINAL (organismo nazionale di accreditamento dei laboratori di prova) secondo le norme UNI EN 17025 (v. doc. 6, 7D e 8 del fasc. di primo grado), il che esclude altresì l’adombrato rischio di erronee impostazioni metodologiche d’accertamento, e per altro verso nell’atto d’incolpazione del 22 luglio 2008, formulato dall’organo d’accusa dell’U.N.I.R.E., risulta espressamente richiamata la relazione tecnica della Commissione scientifica relativa alla sostanza detomidina (sostanza dopante vietata dal regolamento, che agisce sul sistema nervoso centrale dell’animale con effetti di sedazione, rilassamento muscolare e analgesia).
Per le esposte ragioni, in accoglimento dell’appello e in riforma dell’impugnata sentenza, s’impone il rigetto del ricorso in primo grado.
7. Considerata ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso in primo grado; dichiara le spese del doppio grado interamente compensate fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente FF
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore