CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 7114/2019 Pubblicato il 21/10/2019 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N.  7114/2019

Pubblicato il 21/10/2019

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale –(…), proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Mattii e Domenico Pavoni, con domicilio eletto presso l’avv. Domenico Pavoni in Roma, via A. Riboty, 28,

contro

- l’UNIRE - Unione nazionale incremento razze equine (ora Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

- l’Agenzia per lo Sviluppo del Settore Ippico (ASSI), non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione III ter, n. -OMISSIS-/2012, resa tra le parti, concernente l’impugnativa del provvedimento della Commissione di disciplina di appello del 27 settembre 2010 che ha confermato il giudizio di primo grado e la sanzione della sospensione dalla qualifica di allenatore per 12 mesi e da ogni altra qualifica ippica e il risarcimento danni.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’UNIRE;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2019 il Cons. Cecilia Altavista, e uditi per le parti l’avvocati Stefano Mattii e l’Avvocato dello Stato Giuseppe Cimino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il presente atto di appello è stata impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. III ter, n. -OMISSIS- del 2012, che ha respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento di sospensione della qualifica di allenatore per 12 mesi e da ogni altra qualifica ippica a seguito di verifica antidoping sul cavallo “-OMISSIS-”, in cui era stata rilevata la positività alla Benzoilecgonina (BZE), in occasione di una gara svoltasi all’ippodromo di Montecatini il 4 ottobre 2008.

Con il ricorso di primo grado erano state dedotte le seguenti censure:

- violazione di legge ed eccesso di potere in relazione all’identità del laboratorio di 1^ e 2^ analisi; dei principi di imparzialità, efficienza e ragionevolezza: in particolare si lamentava la violazione dell’art. 10 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite dell’UNIRE che impedirebbe di svolgere le seconde analisi nello stesso laboratorio nel quale sono state effettuate le prime analisi;

- eccesso di potere per difetto di motivazione della positività, per mancanza della prova scientifica della stessa, costituita da cromatogrammi e spettri di massa dell’analisi in violazione dell’art. 10 delle Linee guida UNIRE per le seconde analisi;

- violazione delle Linee guida per le seconde analisi per mancanza di analisi quantitativa;

- mancata ricerca degli altri metaboliti della Cocaina, oltre alla BZE, caratterizzanti il contatto con la sostanza primaria cocaina;

- eccesso di potere per irragionevolezza e violazione norme procedimentali, in quanto la Commissione di disciplina di appello ha dichiarato inammissibili le eccezioni formulate per la prima volta in grado di appello.

Il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’ultima censura, in quanto la Commissione di disciplina di appello aveva comunque esaminato nel merito tutte le censure; ha respinto le altre censure.

Con l’appello sono stati formulati i seguenti motivi riproponendo le censure del ricorso respinte dal giudice di primo grado:

- violazione dell’art. 10 del regolamento UNIRE sulle sostanze proibite; violazione dei principi di imparzialità, efficienza, ragionevolezza con cui contestano le affermazione del giudice di primo grado circa la non necessità che le seconde analisi siano compiute in un laboratorio diverso;

- mancata acquisizione al fascicolo disciplinare dei cromatogrammi e spettri nelle analisi, che il giudice di primo grado erroneamente avrebbe riferito alla mancanza di cromatogrammi e spettri nello svolgimento delle analisi;

- mancata ricerca degli altri metaboliti della cocaina, in quanto la sola presenza della BZE (benzoleilecgonina) potrebbe derivare da una contaminazione e non dalla assunzione della sostanza.

- violazione della normativa regolamentare UNIRE, in particolare della delibera del Consiglio di Amministrazione dell’UNIRE del 16 febbraio 2009, che fissa a 20 ng/ml il limite minimo per la positività alla cocaina/benzoleilecgonina, mentre il giudice di primo grado ha fatto erroneamente riferimento alla discrezionalità tecnica nella ricerca della positività, erroneamente ritenendo non applicabile la delibera del 16 febbraio 2009;

- illegittimità dell’analisi semiquantitativa, essendo necessaria anche l’analisi quantitativa, mentre erroneamente il giudice di primo grado avrebbe ritenuto non prescritta tale analisi nelle Linee guida;

E’ stata altresì formulata una domanda di risarcimento danni nell’epigrafe e nelle conclusioni dell’atto di appello (così come con tali modalità era stata proposta in primo grado).

Con decreto cautelare del 18 settembre 2012 è stata sospesa l’esecutività della sentenza in relazione al danno grave ed irreparabile per l’appellante; il 21 settembre 2012 si è costituito in giudizio l’UNIRE con atto di stile; la parte appellante, il 15 ottobre 2012, ha presentato memoria; con ordinanza cautelare del 19 ottobre 2012 è stata confermata la sospensione della sentenza in relazione al danno derivante dalla esecuzione della stessa.

In vista dell’udienza pubblica, l’Avvocatura dello Stato ha depositato una relazione dell’Amministrazione.

All’udienza pubblica del 9 luglio 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.

In via preliminare ritiene il Collegio di precisare che l’UNIRE costituito in giudizio è stato trasformato con la legge 15 luglio 2011, n. 111, in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (A.S.S.I.), successivamente soppressa con il trasferimento delle relative funzioni, che qui vengono in rilievo, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con l. 7 agosto 2012, n. 135, di conversione del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, con la conseguenza del trasferimento ex lege di tutti i rapporti e, quindi, di riflesso, delle posizioni processuali ai soggetti subentrati alle funzioni pubblicistiche dell’UNIRE.

Con il primo motivo di appello si sostiene l’errore del giudice di primo grado nell’avere ritenuto la legittimità delle seconde analisi svolte nel medesimo laboratorio delle prime analisi, in violazione dell’art. 10 del Regolamento UNIRE per il controllo sulle sostanze proibite.

Ritiene il Collegio l’infondatezza di tale censura e la correttezza della decisione del giudice di primo grado, in relazione alle previsioni testuali del “Regolamento per il controllo delle sostanze proibite”, deliberato dal Commissario straordinario dell’UNIRE il 6 agosto 2002 e approvato con D.M. n. 797 del 16 ottobre 2002, che all’art. 10 prevede: “in caso di non negatività alle prime analisi, entro 30 giorni dalla corsa, il laboratorio che le ha eseguite deve, sollecitamente ed in modo riservato, comunicarne l’esito all’UNIRE e contemporaneamente alla Commissione Scientifica, la quale, nell’approntare il fascicolo di sua competenza da trasmettere agli organi disciplinari, può chiedere al laboratorio qualsiasi documento o analisi già effettuata o approfondimenti analitici da svolgere sul campione di seconda analisi”.

In base al comma 2 dell’art. 10, alle seconde analisi deve essere invitato ad assistere il proprietario e l’allenatore del cavallo personalmente o per mezzo di persona da loro delegata.

Inoltre, ai sensi dell’art. 8 comma 1, del detto Regolamento, “il campione prelevato è diviso in due parti, di cui una destinata alle prime analisi e l’altra destinata alle seconde analisi in conformità a quanto disposto dalle normative (art. 6) emanate dalla Federazione delle Autorità Ippiche Mondiali (F.I.A.H.)”.

La giurisprudenza di questo Consiglio ha più volte affermato sulla base di tali disposizioni che il laboratorio il quale abbia effettuato la prima analisi con esito di non negatività può essere investito anche delle seconde analisi.

Le seconde analisi non possono, infatti, qualificarsi alla stregua di mezzo di gravame contro le risultanze delle prime, bensì quale strumento di comparazione con queste e di approfondimento analitico, a garanzia dell’univocità scientifica del relativo esito. Esse, infatti, costituiscono essenzialmente, più che una revisione e/o un riesame, un accertamento ex novo, in contraddittorio con l’interessato, del secondo recipiente dell’unico prelievo effettuato sul cavallo. Di conseguenza, le seconde analisi si inseriscono, quale subprocedimento, nel procedimento volto alla verifica della presenza di sostanze dopanti, forgiato secondo regole standardizzate a livello internazionale, in modo da garantire la scientificità dei risultati degli accertamenti medesimi.

Va, infine, considerato che alle seconde analisi può partecipare direttamente la parte privata, se del caso anche delegando un sanitario di fiducia, al fine di operare un controllo immediato e diretto sull’attività di analisi.

Le maggiori garanzie procedimentali prescritte quindi dal citato regolamento (art. 10, comma 2), per lo svolgimento delle seconde analisi escludono la configurabilità della violazione di un diritto di difesa, atteso che la disciplina regolamentare abilita l’interessato a controdedurre rispetto alle prime analisi e persino a presenziarvi personalmente, cosicché non assume particolare rilievo, proprio in ragione della diversità strutturale e funzionale del subprocedimento delle controanalisi , che le stesse siano eseguite nel medesimo laboratorio e/o dalla medesima persona fisica in seno allo stesso laboratorio, non potendosi ravvisare – anche in relazione agli strumenti di difesa garantiti – una lesione dei principi di trasparenza e imparzialità (Consiglio di Stato, Sez VI, 16 febbraio 2017, n. 690, n. 692; Sez. VI, 6 ottobre 2011, n. 5482).

Sulla base di tali considerazioni la giurisprudenza, a cui il Collegio ritiene integralmente di aderire, ha quindi escluso che sussista una situazione di incompatibilità, in capo al laboratorio che ha eseguito le seconde analisi, con la conseguente infondatezza del motivo di appello proposto.

Con l’ulteriore motivo di appello si contesta la mancata acquisizione al fascicolo disciplinare dei cromatogrammi e spettri nelle analisi, censura che il giudice di primo grado erroneamente avrebbe riferito alla mancanza di cromatogrammi e spettri nello svolgimento delle analisi.

Ritiene il Collegio la infondatezza del motivo di appello, in quanto non risulta dal sopra citato Regolamento UNIRE per il controllo delle sostanze proibite, che pur disciplina analiticamente le operazioni di prelievo e confezionamento dei campioni (cfr. artt. 7 e 8), alcun obbligo di acquisizione nel fascicolo degli spettri e dei cromatogrammi delle analisi, i quali fanno parte essi stessi delle analisi effettuate dal laboratorio per giungere al risultato di positività.

Inoltre, come sopra già evidenziato, le seconde analisi sono effettuate alla presenza di un sanitario di fiducia della parte, il quale può in tale sede avere accesso direttamente alla verifica degli spettri e cromatogrammi, né risultano ulteriori specifiche deduzioni sul punto.

Un altro motivo di appello è formulato con riferimento alla mancata ricerca degli altri metaboliti della cocaina, in quanto la sola presenza della BZE potrebbe derivare da una contaminazione e non dalla assunzione della sostanza.

Ritiene il Collegio la infondatezza del motivo in relazione alla espressa previsione dell’art. 2 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite che vieta “la presenza nell’organismo del cavallo, nel giorno della corsa, della prova e di qualifica o di riqualifica in cui è dichiarato partente, di una qualsiasi quantità di una sostanza, di un suo isomero o di un metabolita, di un suo isomero, appartenente ad una delle categorie comprese nella lista delle sostanze proibite di cui all’allegato 1 del presente Regolamento”.

In base al dato testuale dell’art. 2, quindi, è sufficiente un metabolita della sostanza ad integrare l’illecito disciplinare previsto dall’art. 11 del detto Regolamento.

Con l’ulteriore motivo di appello si deduce la violazione della normativa regolamentare UNIRE, in particolare della delibera del Consiglio di Amministrazione dell’UNIRE del 16 febbraio 2009, che fissa a 20 ng/ml il limite minimo per la positività alla cocaina/benzoleilecgonina, mentre nel caso di specie è stato accertato un valore di 14, 88 ng/ml.

Ritiene il Collegio la fondatezza di tale motivo, richiamando l’orientamento giurisprudenziale già espresso da questo Consiglio in molteplici decisioni.

La giurisprudenza di questo Consiglio ha infatti affermato che tale delibera, pur non essendo mai stata trasfusa in un decreto ministeriale (come invece è il Regolamento sul controllo delle sostanze proibite con D.M. n. 797 del 16 ottobre 2002), possa però costituire, con riferimento ai valori ivi indicati, un parametro di una valutazione tecnico-scientifica, escludente la certezza di un effetto dopante per concentrazioni inferiori ai 20 ng/ml (Consiglio di Stato, Sez. III, 21 novembre 2018, n. 6573; id.,, 16 febbraio 2017, n. 691; id., 5 marzo 2015, n. 1096; id., 18 dicembre 2012, n. 6492).

In base a tale interpretazione, da cui il Collegio non ravvisa elementi per discostarsi nel caso di specie, la delibera assurge a rilevanza non già per la sua valenza giuridico-formale di criterio di rango regolamentare vincolante per la Commissione di Disciplina, ma sotto il profilo sostanziale-contenutistico di enunciazione di una massima di natura tecnico-scientifica sulla base della quale effettuare una verifica di congruità del giudizio espresso dalla Commissione circa la natura dopante della sostanza in caso di accertamento della presenza del metabolita in esame in misura inferiore a tale valore.

La natura di parametro di riferimento di un giudizio tecnico discrezionale e della correttezza di tale giudizio effettuato dall’UNIRE conduce altresì a ritenere applicabile tale limite quantitativo anche alla presente vicenda, in cui il controllo antidoping è avvenuto il 4 ottobre 2008 prima dell’adozione della delibera il 16 marzo 2009.

Ne consegue che, a fronte di un valore riscontrato di 14,88 ng/ml (inferiore a quello indicato nella citata delibera), manca la certezza in ordine ad un elemento costitutivo della fattispecie sanzionatoria; il che avrebbe dovuto condurre alla assoluzione dell’incolpato nel corso del procedimento disciplinare.

Tale motivo di appello è dunque fondato e deve essere accolto; da tale accoglimento consegue l’annullamento della sentenza di primo grado e del provvedimento disciplinare impugnato, con assorbimento degli ulteriori motivi proposti dalla parte appellante.

La domanda di risarcimento dei danni derivanti dall’esecuzione del provvedimento di sospensione è stata formulata in modo assolutamente generico in primo grado, nella epigrafe e nelle conclusioni del ricorso; non è stata esaminata dal giudice di primo grado; nell’atto di appello è stata riproposta con modalità altrettanto generiche nella sola epigrafe e nelle conclusioni dell’atto senza alcuna deduzione neppure in ordine alla omessa pronuncia su tale domanda da parte del giudice di primo grado.

In ogni caso, può essere respinta, in quanto non risulta l’avvenuta esecuzione del provvedimento di sospensione; infatti il provvedimento disciplinare del 27 settembre 2010 è stato sospeso con l’accoglimento della domanda cautelare in primo grado con ordinanza cautelare del 14 gennaio 2011; la sentenza di primo grado depositata il 10 luglio 2012 è stata sospesa, a seguito della proposizione dell’istanza cautelare unitamente all’atto di appello, con decreto cautelare del 18 settembre 2012, confermato con ordinanza cautelare del 19 ottobre 2012, né sono state formulate specifiche deduzioni circa ulteriori voci di danno e periodi di sospensione effettivamente subiti.

La applicazione dell’orientamento giurisprudenziale consolidatosi successivamente all’adozione del provvedimento disciplinare impugnato in primo grado comporta la sussistenza di giusti motivi per la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e con gli effetti di cui in motivazione.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 9 luglio 2019 e 16 ottobre 2019, con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Greco, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Antonella Manzione, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore

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