CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 1852/2020 Pubblicato il 16/03/2020 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 

CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N.  1852/2020

Pubblicato il 16/03/2020

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale (…), proposto da Federazione Italiana Scherma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giancarlo Guarino, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Accademia Nazionale di Scherma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Benedetta Lubrano e Filippo Lubrano, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

nei confronti

Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Clarizia e Paolo Clarizia, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione prima ter), 18 febbraio 2019, n. 2191/2019, resa tra le parti.

Visto il ricorso in appello;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Accademia Nazionale di Scherma;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comitato Olimpico Nazionale Italiano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 28 novembre 2019 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Giancarlo Guarino, Filippo Lubrano e Angelo Clarizia;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

L’Accademia Nazionale di Scherma impugnava con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio gli atti della Federazione Italiana Scherma (FIS), del periodo dicembre 2016-febbraio 2017, di: a) indizione di bandi di esame per tecnici di scherma di secondo e terzo livello; b) modificazione del Regolamento FIS attuativo dello SNaQ [Sistema Nazionale di Qualifica dei Tecnici Sportivi], quadro generale di riferimento del Comitato Olimpico Nazionale Italiano per il conseguimento delle qualifiche degli operatori sportivi e per la loro certificazione, escludendo dal rilascio dei titoli abilitativi dei tecnici di scherma l’Accademia, con ciò negandole le prerogative al rilascio dei titoli e dei diplomi; c) esposizione delle ragioni della propria competenza sulla materia.

La ricorrente Accademia rivendicava verso tali atti la competenza, da sempre esercitata, allo svolgimento degli esami per il conferimento dei titoli abilitativi all’insegnamento della scherma, derivante dal r.d. 21 novembre 1880 di approvazione dello Statuto, poi confermata dallo Statuto della stessa FIS. Essa domandava pertanto l’annullamento degli atti e la condanna della FIS al risarcimento del danno.

La Federazione Italia Scherma si costituiva in resistenza con eccezioni di rito e di merito.

L’adito Tribunale amministrativo, con sentenza 18 febbraio 2019, n. 2191 della sezione Prima-ter: respingeva l’eccezione di inammissibilità per “pregiudiziale sportiva”; respingeva l’eccezione di carenza di giurisdizione amministrativa, perché sussistente ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. z), Cod. proc. amm.; accoglieva la domanda di annullamento, disponendolo per gli atti impugnati; accoglieva parzialmente la domanda risarcitoria, condannando la FIS, nei limiti e secondo indicati criteri, al risarcimento dei danni patrimoniali subiti dall’Accademia per effetto degli atti illegittimi; condannava la FIS alle spese di giudizio.

La Federazione Italiana Scherma ha appellato la sentenza deducendo: 1) in via preliminare: carente; erronea e contraddittoria motivazione sulla questione preliminare della “pregiudiziale sportiva”; erronea e falsa applicazione dell’art. 2 (Autonomia dell'ordinamento sportivo) d.-l. 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito con modificazioni dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280 , nonché degli artt. 1, comma 12 e 2, comma 4 e 10 dello Statuto della Federazione Italiana Scherma in relazione all’art.1.2 dello Statuto dell’Accademia; 2) nel merito: erronea e contraddittoria motivazione sulla qualificazione giuridica e sulla valenza del r.d. del 1880; sulle pretese competenze esclusive dell’Accademia; sulle denegate attribuzioni della Federazione, erronea e falsa applicazione degli artt.1, 8, 9 e 15 delle Disposizioni sulla legge in generale in relazione agli artt. 2 e 5 della l.16 febbraio 1942, n. 426 nonché al d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242 (Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano - CONI, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59); 3) in via subordinata: insussistenza dei presupposti per la condanna risarcitoria e mancanza di prova del danno; erronea quantificazione. L’appellante FIS ha concluso in via principale per la riforma della sentenza, con declaratoria dell’inammissibilità del ricorso di primo grado per violazione della pregiudiziale sportiva, o comunque della sua infondatezza nel merito; in subordine, per la reiezione della domanda di risarcimento del danno; in ulteriore subordine, per la riduzione del quantum della condanna.

L’Accademia si è costituita in giudizio, sostenendo l’infondatezza dell’appello e domandandone la reiezione.

Si è costituito in giudizio anche il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, aderendo alla posizione dell’appellante Federazione.

Con ordinanza n. 3017/2019 questa V Sezione ha respinto la domanda cautelare formulata dalla Federazione appellante.

Tutte le parti hanno affidato a memorie lo sviluppo delle tesi difensive.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 28 novembre 2019.

DIRITTO

1. Vanno anzitutto affrontate le questioni preliminari.

1.1. Occorre affrontare per prime le difese del Comitato Olimpico Nazionale Italiano – che non è stato parte del giudizio di primo grado e che si è costituito nell’odierno appello a sostegno delle ragioni dell’appellante Federazione Italiana Scherma – che adombrano l’insussistenza della giurisdizione amministrativa.

L’eccezione di difetto di giurisdizione amministrativa, spiegata nel giudizio di primo grado dall’allora resistente Federazione Italiana Scherma, è stata respinta dal Tribunale amministrativo con le argomentazioni di cui all’ultima parte del capo 1 della sentenza appellata, che concludono per la sussistenza della giurisdizione esclusiva amministrativa, ex art. 133, comma 1, lett. z), Cod. proc. amm..

L’appellante FIS non ha gravato questo capo di sentenza; il CONI non ha appellato la sentenza in alcuna delle sue parti.

Non vi è perciò uno «specifico motivo», ai sensi dell’art. 9, comma 1, secondo periodo, Cod. proc. amm., che devolva la questione di giurisdizione al giudice di appello, tale non potendo considerarsi le semplici difese qui svolte del CONI. Queste non possono condurre a un accertamento d’ufficio del giudice di appello sulla giurisdizione.

Trova infatti applicazione lo stesso art. 9, comma 1, Cod. proc. amm., che stabilisce che nel primo grado di giudizio il difetto di giurisdizione è rilevabile ex officio, mentre nei giudizi d’impugnazione la carenza della giurisdizione amministrativa è rilevabile solo se dedotta con specifico motivo avverso il capo che abbia statuito, in modo implicito o esplicito, sulla giurisdizione.

Non resta, pertanto, che rilevare l’estraneità al presente giudizio della questione relativa alla potestas iudicandi, per consolidata giurisprudenza sul ridetto art. 9, comma 1, Cod. proc. amm. (tra tante, Cons. Stato, V, 28 maggio 2019, n. 3500; 11 marzo 2019, n. 1612; 27 marzo 2013, n. 1769; III, 7 maggio 2019, n. 2920; IV, 12 febbraio 2014, n. 675; 30 settembre 2013, n. 4870; 15 febbraio 2013, n. 923).

1.2. Va inoltre rilevata, su eccezione dell’appellata Accademia Nazionale di Scherma, la tardività, ex artt. 73, comma 1, e 119, comma 1, lett. g) e comma 2, Cod. proc. amm., della memoria depositata il 13 novembre 2019 dall’appellante FIS in rapporto alla data stabilita per la celebrazione dell’udienza di trattazione dell’appello (28 novembre 2019).

Di tale memoria, pertanto, il Collegio non terrà conto.

2. Si colloca ancora nella sede preliminare la disamina del primo mezzo, con cui l’appellante FIS sostiene, appoggiata dal CONI, che la controversia rientra nella “pregiudiziale sportiva”.

2.1. Viene in rilievo il decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280, il cui art. 1 dispone: «La Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale» e che «i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo».

Per quanto concerne l’ambito statuale, che è quello per il quale ha giurisdizione il giudice amministrativo, il successivo art. 3 (Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria), nella formulazione qui applicabile ratione temporis, stabilisce: «Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all’articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91».

La disposizione è correlata all’art. 133, comma 1, lett. z), Cod. proc. amm., che prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti».

Il sistema si chiude con la definizione dell’ambito esclusivo del giudice sportivo di cui all’art. 2 che, al comma 1, riserva «[...] all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive», prevedendo poi al comma 2 che «Nelle materie di cui al comma 1, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l’onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo».

Dette disposizioni, come chiarisce la sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49, prevedono tre forme di tutela giustiziale: a) una prima forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), di spettanza del giudice ordinario; b) una seconda, relativa alle questioni riguardanti le materie di cui all’art. 2, di spettanza non dello Stato ma degli organismi interni all’ordinamento sportivo, perché si tratta di liti su posizioni soggettive rilevanti non per l’ordinamento generale, ma solo per quello settoriale; c) una terza, tendenzialmente residuale e di giurisdizione del giudice amministrativo, una volta «esauriti i gradi della giustizia sportiva».

2.2. L’appellata sentenza, che ha trattato l’eccezione ora riproposta unitamente a quella di carenza di giurisdizione spiegata dalla FIS, ha escluso la sussistenza della “pregiudiziale sportiva” e ha ritenuto la giurisdizione esclusiva amministrativa ex art. 133, comma 1, lett. z), Cod. proc. amm. rilevando che:

- l’Accademia Nazionale di Scherma è ente privato eretto a ente morale dal r.d. 21 novembre 1880 per “l’esercizio e il perfezionamento della scherma” con “competenza nella formazione dei maestri di scherma e al rilascio dei relativi diplomi” (art. 3 e 21 del relativo Statuto), che preesiste alla Federazione Italiana Scherma e con una competenza specifica conferita ex ante rispetto al piano dell’ordinamento federale in cui la stessa FIS opera;

- l’Accademia è un ente autonomo e distinto, per peculiarità e storicità, rispetto alla Federazione Italiana Scherma, dalla quale è stata riconosciuta, a mezzo del proprio Statuto, quale “Membro d’Onore” (art. 1, comma 12). Essa non rientra in alcuna delle categorie di cui all’art. 2, comma 2, d.-l. n. 220 del 2003, non essendo in particolare né «affiliato» né altrimenti assoggettato alla Federazione stessa;

- gli atti controversi, che hanno “natura pubblicistica, espressione dell’esercizio del potere autoritativo di cui la Federazione è titolare”, e afferiscono a “situazioni giuridiche che […] non rilevano e non esauriscono i propri effetti solo entro l’ordinamento federale, ma che promanano anche nell’ordinamento statale”. Sicché la fattispecie, per un verso, “è sottratta alla competenza degli organi di giustizia sportiva”; per altro verso “non può dirsi neanche rientrare nell’alveo della giurisdizione civile non essendo inerente a rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, per le quali sole è competente il giudice ordinario”.

Tali argomentazioni corrispondono a una corretta lettura in diritto e resistono alle censure dell’appellante FIS svolte con il motivo in esame.

2.3. La res controversa rimessa alla “pregiudiziale sportiva” presuppone sia la sussistenza di un particolare status, quello delle società, associazioni, affiliati e tesserati di cui all’art. 2, comma 2, d.-l. n. 220 del 2003, sia il riferimento alle materie dello stesso art. 2, comma 1, per le quali si prevede la riserva assoluta di giurisdizione in favore dell’ordinamento sportivo.

In altre parole, l’onere di adire in via pregiudiziale la giurisdizione sportiva si fonda sull’elemento, oggettivo, che le questioni controverse investano posizioni rilevanti per l’ordinamento settoriale ma non per l’ordinamento generale: ovvero riguardino, per quanto qui di interesse, «l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive» dell’art. 2, comma 1, d.-l. 220 del 2003, e sull’ulteriore elemento, soggettivo, che si tratti di soggetti contemplati dal comma 2.

Come osservato in un precedente di questa V Sezione, il sistema delle norme sulla giurisdizione dell’art. 3 (Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria) d.-l. n. 220 del 2003, che prevede la “pregiudiziale sportiva”, cioè che si può adire il giudice statale solo dopo «esauriti i gradi della giustizia sportiva» (i c.d. rimedi interni), sarebbe privo di coerenza e di dubbia costituzionalità se vi fosse una preclusione di legge ad adire immediatamente il giudice dello Stato per ragioni nuove o diverse da quelle sollevabili nell’obbligatoria sede pregiudiziale (Cons. Stato, V, 22 agosto 2018, n.5019).

2.4. Su tali basi, si osserva che la questione qui controversa attiene a una specifica legittimazione dell’Accademia Nazionale di Scherma, vale a dire di una persona giuridica riconosciuta già dal 1880 e che da allora era abilitata agli esami e ai diplomi per cui è causa, afferenti una disciplina di tradizione militare, testimoniata anche dalla sua vicenda costitutiva nel 1861. Una tale specifica legittimazione – anche per quanto oggi vi possa spiegare effetti - afferisce non all’ordinamento sportivo ma all’ordinamento generale, perché è nell’ambito generale che l’Accademia venne in quei tempi risalenti istituita e riconosciuta (appunto dal r.d. 21 novembre 1880, di approvazione dello Statuto). L’ordinamento sportivo, formatosi nel sec. XX (con un processo perfezionatosi solo con la l. 16 febbraio 1942, n. 426 - Costituzione e ordinamento del Comitato olimpico nazionale italiano (C.O.N.I.)), le è dunque sopravvenuto in un tempo successivo.

Questa sopravvenienza – per quanto l’Accademia svolga anche attività di rilievo sportivo riguardo alla scherma, e a tali riguardi vi sia ormai connesso – non la ha privata della piena rilevanza di questa legittimazione che già aveva per l’ordinamento generale, come non ha determinato una sua capitis deminutio della condizione di persona giuridica dell’ordinamento giuridico generale che in quei modi aveva acquisito, con i consolidati diritti e attitudini che ne seguivano, tra cui quello in questione. Poiché di un tale antico diritto qui si verte, appare conseguente che risulterebbe contra legem una sopravvenuta sottrazione delle inerenti controversie, seppure sotto forma di giurisdizione condizionata, alla giurisdizione statuale.

Non si tratta così di una controversia «riservat[a] agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo»: vi è dunque giurisdizione dello Stato a norma dell’art. 133 (Materie di giurisdizione esclusiva), comma 1, lett. z), Cod. proc. amm., a tenore del quale «Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge:[…] z) le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti».

2.5. Non può dunque essere condiviso l’assunto dell’appellante Federazione di estensivamente considerare (pur se tecnicamente non è tale) - l’Accademia come un soggetto «affiliato» alla FIS ai sensi dell’art. 2, comma 2, d.-l. 220 del 2003, con il conseguente «onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo», vale a dire di assoggettare la fattispecie alla pregiudiziale sportiva.

Detta previsione di legge, che eccezionalmente condiziona l’accesso alla giurisdizione generale con il previo esaurimento di gradi giustiziali interni all’ordinamento sportivo (Cons. Stato, V, n. 5019/2018, cit: “gli organi di giustizia federale non esercitano funzioni giudiziarie” essendo “organi giustiziali rispetto alle [sole] decisioni aventi rilevanza interna per l’ordinamento sportivo”), non può – contro gli artt. 24 e 113 Cost. - essere impropriamente estesa, malgrado il chiaro significato proprio delle parole del detto art. 2, comma 2, a un soggetto che nasce indipendentemente dall’ordinamento sportivo e comunque circa una sua consolidata e preesistente legittimazione rilevante per l’ordinamento generale.

2.6. Inoltre, sotto un profilo più specifico, le osservazioni dell’appellante FIS confermano, piuttosto che contrastare, i rilievi della sentenza sulla circostanza che l’Accademia sia ente autonomo e distinto, per peculiarità e storicità, dalla Federazione Scherma Italiana.

2.7. In particolare, il dato che lo Statuto della FIS disponga il “riconoscimento” dell’Accademia quale ente “strumentale” al rilascio dei titoli abilitativi per cui è causa (art. 1, comma 12) evidenzia sia un’alterità tra la Federazione e l’Accademia quanto a soggettività giuridica, sia l’autonomia di quest’ultima rispetto all’ordinamento sportivo: non vi sarebbe altrimenti, per il principio dell’effetto utile (ut res magis valeat quam pereat), alcuna ragion d’essere di una così particolare previsione.

Ne deriva, per converso, la congenita inidoneità dell’Accademia a essere apparentata alla platea dei soggetti indicati all’art. 2, comma 2, del d.-l. n. 220 del 2003: se il rapporto tra la FIS e l’Accademia ha richiesto detta peculiare qualificazione nello Statuto della Federazione, ne viene che non è assimilato a quelli intercorrenti tra la FIS e quei soggetti cui la norma si riferisce, i quali sono regolati in via generale, in ragione dell’appartenenza alle categorie menzionate.

Similmente non rileva l’art. 52 dello Statuto della FIS, sulla peculiare regolazione del rapporto con l’Accademia dal punto di vista della Federazione.

In particolare, la previsione che la FIS approvi lo Statuto dell’Accademia e che quest’ultima operi in collaborazione con la Federazione sulla base di apposite convenzioni, sono solo conseguenze del riconoscimento; altrettanto è per l’obbligo statutario dell’Accademia di conformarsi alle norme e alle direttive CONI e allo Statuto e ai regolamenti della Federazione (art. 1.2).

Resta poi escluso che il riconoscimento statutario in capo all’Accademia della qualità di Membro d’Onore della Federazione comporti il rapporto di tipo “intraneo” evocato dalla Federazione, che rimanda a un impreciso concetto, quello della “appartenenza a un corpo”, di cui non si vedono gli atti costitutivi al di là di una mera associazione (l’assunto sembrerebbe invero implicare non una semplice associazione, cioè un collegamento esterno, ma un indimostrato rapporto organico).

Vero è che il riconoscimento dell’Accademia da parte della Federazione, anche al di là delle conseguenze specifiche che i rispettivi Statuti vi connettono, dà titolo all’Accademia di partecipare all’Assemblea della Federazione (come del resto è riconosciuto in generale a tutti i membri d’onore); ma tale partecipazione è imperfetta, perché non comporta il diritto di voto, vale a dire il potere di contribuire efficacemente alla formazione della volontà della FIS (art. 20, comma 3, Statuto FIS: “Partecipano, inoltre, senza diritto di voto: … i Membri d’Onore…”). I Membri d’Onore restano pertanto estranei alle scelte e determinazioni assembleari, e indipendentemente dai limiti al diritto di voto pure previsti a regime dall’art. 17 dello Statuto federale.

Che la qualità di membro d’onore non significhi una vera e propria appartenenza alla FIS emerge poi dall’art. 9, comma 1, lettera l) e comma 4, dello Statuto federale, che prevede che i membri d’onore “possono” entrare a far parte della Federazione mediante tesseramento: potere che è dunque rimesso a una libera scelta dell’interessato e che, se non esercitato, non toglie la qualifica stessa di membro d’onore.

Nessuna preesistente condizione di appartenenza è pertanto ravvisabile per i membri d’onore che non hanno chiesto e ottenuto il tesseramento.

2.8. E’ poi da escludere che, come sostiene la Federazione, la volontà statutaria, spontaneamente manifestata dall’Accademia, di aderire all’ordinamento federale e dunque di rispettare le norme e le regole di quell’ordinamento settoriale, possa, a tenore degli artt. 1321 ss. Cod. civ., essere fonte dell’obbligo di assoggettarsi alla “pregiudiziale sportiva”. La definizione delle condizioni di accesso alla giurisdizione è infatti un effetto non disponibile dall’autonomia privata, perché è regolato da norme di ordine pubblico.

Rileva invero il principio, sottolineato in un diverso contesto regolatorio ma di valenza generale (Cons. Stato, V, 7 settembre 2011, n. 5032), che gli interessi pubblici alla cui cura è finalizzato l’esercizio dei poteri autoritativi della pubblica amministrazione – dunque qui delle federazioni sportive, dove dispongono di tali poteri – non si ascrivono al novero dei diritti disponibili: sicché non è predicabile una deroga negoziale all’assetto della giurisdizione statale preposta al loro sindacato.

Del resto, il Regolamento di giustizia della FIS, recependo agli artt. 69 e 70 disposizioni del Codice della giustizia sportiva del CONI, ricollega, in conformità all’art. 3 d.-l. n. 220 del 2003, il ricorso endofederale a situazioni giuridicamente protette nell’ordinamento settoriale. Ne segue che, a anche a voler ipotizzare l’auto-vincolo giustiziale prospettato dalla Federazione, esso non potrebbe riguardare una fattispecie che, come quella in esame, attiene senz’altro a posizioni immediatamente rilevanti nell’ordinamento generale.

2.9. E’ senza fondamento la tesi dell’appellante che la sentenza non avrebbe potuto “depurare” la giurisdizione amministrativa dalla “pregiudiziale sportiva” senza implicare che la controversia apparteneva alla giurisdizione ordinaria, e non a quella amministrativa, perché fondata sui rapporti pattizi tra i due enti in conflitto.

Si osserva al riguardo che:

- ai fini della tenuta logica rispetto ai principi generali che informano nell’ordinamento generale il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo – che si riflettono nell’assetto dei rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statuale in tema di giustizia come stabilito dal d.-l. n. 220 del 2003: v. Corte cost., n. 49 del 2011 – l’assunto presupporrebbe che la controversia abbia ad oggetto non atti autoritativi, dei quali il giudice amministrativo è giudice naturale, ma atti di autonomia privata. Ma la Federazione non ha affermato tale presupposto, né ha gravato il capo della sentenza di primo grado che ha affermato trattarsi nella specie proprio di atti pubblicistici;

- la tesi dimentica l’art. 3 (Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria) d.-l. n. 220 del 2003, che, nella materia, assegna alla giurisdizione ordinaria i soli «rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti»;

- la censura non considera che la giurisdizione amministrativa esclusiva in materia ha carattere residuale e dunque in principio generale [art. 3, d.-l. n. 220 del 2003: «ogni altra controversia (rispetto a quelle appartenenti come sopra al giudice ordinario) avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo»] ed esclusiva [combinato disposto dello stesso art. 3 e dell’art. 133, comma 1, lett. z), Cod. proc. amm.]: perciò, escluso che la controversia appartenga, da un lato alla giustizia sportiva, dall’altro alla giurisdizione ordinaria, non resta che affermare che appartiene alla giurisdizione amministrativa esclusiva, che riguarda anche le posizioni di diritto soggettivo.

2.10. Infine, una volta stabilito, che la sentenza appellata resta indenne da mende nell’escludere l’operatività della pregiudiziale sportiva, è irrilevante – per i noti principi in tema di precedente non vincolante - verificare se lo stesso Tribunale in un caso asseritamente analogo sia pervenuto a opposte conclusioni.

2.11. Il primo motivo va pertanto respinto,

3. Il secondo motivo contesta il capo della sentenza che, respingendo le difese della FIS, ha affermato : “Ferme restando la natura, le funzioni e i compiti propri della Federazione Italiana Scherma, che nell’ambito dell’ordinamento sportivo gode di autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del C.O.N.I., essendo la sola organizzazione qualificata a disciplinare l’attività della Scherma in Italia e negli altri Enti riconosciuti dalla Federazione Internazionale di Scherma (art. 1, comma 6, Statuto), deve essere affermata, alla luce del vigente quadro normativo, la competenza dell’Accademia Nazionale di Scherma al rilascio dei diplomi magistrali”.

Tutte le censure in cui il mezzo si articola sono infondate.

3.1. L’appellante FIS lamenta che la sentenza sia pervenuta a conclusioni diverse da quelle a suo tempo enunciate in reiezione della domanda cautelare, dove si rilevava l’assenza di espressi atti normativi di riconoscimento della competenza esclusiva dell’Accademia nella materia del rilascio dei titoli all’insegnamento della scherma.

È appena il caso qui di rammentare che, per la funzione propria del giudizio cautelare, le pronunzie cautelari sul fumus, per la natura di summaria cognitio e per la portata interinale, non vincolano il giudice del merito, perché contengono solo una delibazione prima facie della questione di diritto e dunque non condizionano il sindacato giurisdizionale che è quello del merito; pertanto, in sede di appello sul merito, non possono essere utilmente invocate in comparazione con quelle della sentenza appellata, né sono idonee a generare un ragionevole affidamento circa l’esito della controversia (es. Cons. Stato, V, 4 ottobre 2019, n. 6688; 3 maggio 2019, n. 2876).

3.2. Non hanno fondamento i rilievi mossi alla sentenza dove collega la competenza esclusiva dell’Accademia al rilascio dei titoli alle previsioni dello Statuto dell’Accademia stessa (approvato dai rr.dd. 21 novembre 1880 e 13 ottobre 1904, e, da ultimo, dal provvedimento del Prefetto della Provincia di Napoli n. 119873 del 12 gennaio 2005).

L’appellante Federazione sottolinea la natura pattizia dello Statuto: ma così trascura che la caratteristica di contratto con comunione di scopo è propria degli atti costitutivi di qualsiasi persona giuridica privata, e che i predetti decreti di riconoscimento che la hanno seguita, erigendo l’Accademia a ente morale ed approvando tale Statuto, ne hanno accertato la compatibilità e definito la meritevolezza dal punto di vista dell’ordinamento generale. Sicché non si vede in cosa una tale rilevazione possa qui essere utile; e nulla poi muta per le successive modifiche dello Statuto dell’Accademia, che del resto non hanno toccato la competenza qui in discussione. Non solo: è proprio in virtù di tale competenza che lo Statuto della FIS ha riconosciuto all’Accademia il particolare rango qui rammentato. Quanto poi al lessico utilizzato, è ovviamente quello del tempo dell’atto: sicché, in via interpretativa, va adattata alle successive trasformazioni generali la locuzione testuale (rilascio di diplomi magistrali).

3.3. Quanto agli effetti di quel riconoscimento di ente morale del 1880, è degno di particolare rilevazione l’apprezzamento di meritevolezza su cui si basava circa la socialità generale dell’ente disegnata dallo Statuto. Il riconoscimento infatti avveniva in un’epoca in cui la legittimazione delle persone giuridiche era assai contenuta a causa dello sfavore generale con cui erano viste alla luce del Codice civile del 1865 e delle altre leggi del tempo: un tale aspetto, per quanto risalente, non è venuto meno perché non vi è stata alcuna revoca o modifica del riconoscimento.

Pertanto, non si ravvisano erroneità o contraddittorietà nelle affermazioni della sentenza che, dando atto di quanto sopra, hanno ricollegato al regio decreto del 1880, di attribuzione di personalità giuridica all’ente privato “Accademia Nazionale di Scherma”, la competenza in materia di abilitazione dei maestri di scherma.

3.4. E’ infondato il rilievo che comunque la l. 16 febbraio 1942, n. 426 [Costituzione e ordinamento del Comitato olimpico nazionale italiano (C.O.N.I.)] e il d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242 (Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano - C.O.N.I., a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59), disponendo espressamente sulla competenze delle federazioni sportive, avrebbero abrogato le norme primarie anteriori incompatibili.

Valgono anzitutto le considerazioni sopra svolte circa la preesistenza all’ordinamento sportivo, di loro qui dirimenti.

Oltre ciò, va rilevato che l’appellante non indica la specifica norma che avrebbe tolto all’Accademia e attribuito alla FIS la competenza esclusiva. Tale non è il la generica indicazione della competenza ai “titoli sportivi” il cui rilascio è della Federazione. Del resto, più analiticamente vale osservare che la locuzione individua un campo di operatività contiguo ma non coincidente con la competenza in parola; non si ravvisa quindi nemmeno la sovrapposizione da cui deriverebbe l’asserita incompatibilità.

Lo stesso è a dirsi per le competenze indicate nel prosieguo dalla Federazione, che non si riferiscono al rilascio di titoli abilitativi dei maestri di scherma, afferendo, invece, ai diversi aspetti della organizzazione e potenziamento dello sport nazionale (art. 2, l. 426 del 1942; art. 2, d.lgs. n. 242 del 1999), formazione dei quadri tecnici (art. 3, comma 4-bis, art. 21, comma 1, e art. 23, comma 1, dello statuto CONI), formazione di atleti, arbitri e tecnici [art. 2, comma 2, lett. g), dello Statuto della Federazione].

Parimenti non è pertinente la previsione che la Federazione può riconoscere enti o associazioni autonome utili alle proprie finalità [art. 2, comma 4, lett. g), dello Statuto federale], perché l’Accademia le preesiste.

Del resto, come osserva la sentenza, è lo stesso Statuto federale che riconosce la competenza in capo all’Accademia, quando prevede che “L’Accademia Nazionale di Scherma con sede a Napoli, è Membro d’Onore della F.I.S.; essa è riconosciuta dalla F.I.S. al fine del rilascio di diplomi magistrali”. Vale anche rilevare quanto previsto dall’art. 52 dello stesso Statuto federale (“L’Accademia Nazionale di scherma di cui al comma 12 dell’Art. 1 è ente autonomo riconosciuto dalla FIS, regolato da uno Statuto approvato dalla F.I.S. ed opera in collaborazione con essa sulla base di apposite convenzioni”), che rimarca espressamente l’autonomia dell’Accademia: la circostanza che tali convenzioni non siano state poi stipulate è solo un elemento fattuale che non muta il contenuto delle previsioni, né ha impedito, come rileva la sentenza, che la collaborazione sia avvenuta “anche e soprattutto con riguardo alla materia del rilascio dei titoli di cui si discute”.

3.5. Non ha qui rilievo il fatto che il rapporto collaborativo tra l’Accademia e la Federazione sia stato concretizzato e dettagliato da un atto unilaterale della Federazione (“Scuola Magistrale - Regolamento attuativo”), e che sulla base di questo atto siano stati di concerto elaborati i percorsi formativi dei maestri di scherma e le basi e le direttive per la redazione dei relativi bandi, e che tale condivisione abbia iniziato entrare in crisi nel 2015 (sino a divenire un contrasto per ragioni che la Federazione attribuisce interamente all’Accademia). Invero non vengono qui in diretto rilievo atti afferenti a quel conflitto.

3.6. Parimenti priva di rilievo ai fini di cui si discute è la critica alla parte della sentenza che ha dato conto del fatto che l’Accademia è iscritta nel registro delle imprese quale associazione sportiva dilettantistica. Il che, del resto, è riconosciuto dall’atto di appello, che afferma la non significatività del dato nel contesto generale delle motivazioni della sentenza.

3.7. Sono infondate le censure sul “ vero e proprio uso normativo” accertato dalla sentenza sull’esercizio prolungato nel tempo, da parte dell’Accademia, della competenza per cui è causa, fino all’adozione degli atti gravati, che non potrebbe fondarsi sul riconoscimento prefettizio del 2005, che, nell’attuale ordinamento in tema di riconoscimento di persone giuridiche private (d.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361), è un mero atto amministrativo. Si è detto comunque come e perché detto uso sia risalente nel tempo. L’atto prefettizio è solo una dimostrazione della sua perdurante sussistenza.

3.8. Il d.lgs. 28 gennaio 2016, n. 15 (Attuazione della direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica della direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento (UE) n. 1024/2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («Regolamento IMI») invocato dall’atto di appello conferma, anziché contrastare, le conclusioni della sentenza.

Non è infatti vero che, come afferma la Federazione, l’art. 5, comma 1, lett. a), punto 9), di tale decreto, nel modificare l’art. 4, lett. I-septies del d.lgs. 9 novembre 2007, n. 2069, ha attribuito al CONI la competenza su alcune professioni, tra cui quella di maestro di scherma: la previsione, infatti, solo stabilisce la competenza del CONI al riconoscimento del titolo professionale rilasciato da paesi comunitari.

Vero è invece che - come riferiscono sia la Federazione appellante che l’Accademia - il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 aprile 2016 (“Piano nazionale di riforma delle professioni ai sensi dell’art. 59 della Direttiva 2005/36/CE così come modificata dalla Direttiva 2013/55/UE”), nella “scheda della professione Maestri di Scherma”, facendo riferimento all’attuale percorso formativo, espone : “Per diventare maestro di scherma professionista, quale Maestro d’Armi di cui al D.Lgs.C.P.S. n. 708/1947, la normativa italiana prevede che il candidato […] superi l’esame abilitativo presso l’Accademia nazionale di scherma di Napoli”.

Nemmeno colgono nel segno le argomentazioni dell’appellante che sostiene che tale Piano non è vincolante o comunque è irrilevante: la sentenza appellata ne ha fatto menzione solo dopo aver rilevato aliunde l’affermata competenza dell’Accademia.

3.9 Non si ravvisa, infine, una contraddittorietà (perché non è che una conseguenza del percorso logico della motivazione) nell’accertamento da parte della sentenza dell’illegittimità della gravata modifica ad opera della Federazione del proprio Regolamento attuativo dello SNaQ, che ha escluso l’Accademia dal rilascio dei titoli abilitativi dei tecnici di scherma: non rileva, in particolare, sul punto che l’“uso normativo” di cui sopra sia stato individuato nell’occasione come “norma consuetudinaria” o come “prassi” riconosciuta dalla stessa Federazione.

3.10. Anche il secondo mezzo va, pertanto, respinto.

4. E’ infondato e va respinto il terzo e ultimo mezzo.

4.1. La prima parte del motivo contesta la parte della sentenza che, nell’esaminare la domanda di risarcimento del danno proposta dall’Accademia, ha rinvenuto ex art. 2043 Cod. civ.:

- l’evento dannoso “nell’indizione delle sessioni di esame per tecnici di scherma di II e III livello nei giorni 10, 11 e 12 marzo 2017, senza alcun coinvolgimento dell’Accademia, soggetto, come in tale sede accertato, invece, competente”;

- l’elemento soggettivo nella “illegittimità degli atti di indizione dei bandi di esame, in uno con l’assenza della prova della mancanza di colpa, da parte degli organi federali, nell’aver esautorato l’Accademia da compiti storicamente esercitati e consuetudinariamente consolidati in capo alla medesima, possono essere considerati indici sufficienti a ritenere integrato l’elemento soggettivo della colpa”;

- il nesso causale tra il danno ingiusto subito e la condotta illegittima degli organi federali nel fatto che in “assenza della modifica del Regolamento SNSQ del 16 gennaio 2017, l’Accademia avrebbe regolarmente esercitato le sue competenze in materia, secondo quanto previsto dal precedente Regolamento del 2015”.

Tali rilievi resistono alle doglianze mosse.

In particolare, è infondata l’affermazione dell’appellante FIS per la quale il primo giudice non ha considerato che l’Accademia si è di sua iniziativa sottratta dalla collaborazione con la Federazione nell’indizione dei bandi di esame.

Si tratta, in sostanza, delle stesse argomentazioni già esaminate e respinte al precedente capo 3.5., che esulano dai profili che qualificano la controversia: in particolare, non rendono lecito né giustificano la vanificazione delle consolidate competenze dell’Accademia posto in essere con gli atti impugnati che rileva ai fini della condanna risarcitoria.

4.2. E’ infondata anche la seconda parte del motivo, contro il capo della sentenza che ha affermato: “Il danno patrimoniale deve essere risarcito in quanto deve ritenersi provato che, ove l’Accademia avesse bandito gli esami svoltisi nei giorni 10, 11 e 12 marzo 2017, avrebbe percepito i contributi versati dagli iscritti alle prove d’esame”; e che poi lo ha ragguagliato alla “misura delle tasse incassate dalla Federazione nelle suddette sessioni d’esame, decurtata delle spese che l’Accademia avrebbe ad ogni modo sostenuto per lo svolgimento delle relative prove, quantificate in via equitativa nel 10% dell’importo totale delle tasse versate dagli iscritti alle relative sessioni d’esame”.

In particolare, non si ravvisa la lamentata carenza istruttoria sull’entità delle quote di esame: la sentenza, come riconosce del resto la stessa appellante, non ha provveduto alla sua quantificazione, tant’è che la condanna risarcitoria è stata pronunziata “nei limiti e secondo i criteri di cui in parte motiva”. Non si ravvisa neanche l’erroneità del criterio prescelto: la decurtazione percentuale del monte risarcitorio disposta in via equitativa dalla sentenza appare idonea, in difetto di più puntuali rilievi della Federazione - che la stima genericamente nella misura del 50% - a considerare anche le incombenze sostenute dalla FIS nell’usuale compartecipazione allo svolgimento degli esami.

5. Nulla aggiungono alle questioni trattate le argomentazioni difensive spese dalle parti nelle memorie depositate in giudizio.

6. Per tutto quanto precede, l’appello va respinto.

Le spese di giudizio del grado possono nondimeno essere compensate, tenuto conto della particolarità e della novità delle questioni controverse.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese di giudizio del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Raffaele Prosperi, Consigliere

Valerio Perotti, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere

Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore
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