CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 2313/2020 Pubblicato il 07/04/2020 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 2313/2020
Pubblicato il 07/04/2020
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
contro
il signor -OMISSIS-, non costituito in giudizio,
e con l'intervento di
Questura di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
per la riforma della sentenza, del Tar Calabria, sede di Catanzaro, sez. I, n. -OMISSIS-del 1° febbraio 2019, non notificata, con la quale è stato accolto in parte il ricorso avverso il decreto della Questura di OMISSIS, che ha fatto divieto al signor -OMISSIS-, per un anno, di accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio .
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di intervento in giudizio della Questura di Roma, depositato il 13 agosto 2019;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2020 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. .
FATTO
1. In data 12 agosto 2017, il Questore di Roma ha emesso il provvedimento prot. n. -OMISSIS-(c.d. Daspo), con il quale è stato fatto divieto al signor -OMISSIS-, per un anno, di accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello, agonistico od amichevole, calendarizzati e pubblicizzati. Il divieto è stato esteso anche agli incontri di calcio disputati all’estero dalle squadre italiane e dalla Nazionale Italiana di Calcio.
Tale provvedimento ha tratto fondamento dalla comunicazione di notizia di reato del 5 luglio 2017, inviata da personale della Digos all’Autorità Giudiziaria competente nei confronti del signor -OMISSIS-, dalla quale è risultato che lo stesso è stato denunciato per il reato di cui all’art. 5, l. n. 152 del 1975. In particolare, dalla lettura degli atti è emerso che, in quella data, si è svolta a Roma, in Piazza Vidoni, in prossimità di Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica, ove era in corso la discussione sul disegno legislativo del cosiddetto “ius soli”, una manifestazione di protesta. Ne è scaturito un contesto di alta criticità, dove il signor -OMISSIS- si è reso protagonista di atteggiamenti violenti, oltraggiosi, intimidatori e di sfida verso il personale di Polizia ivi presente. Infatti, lo stesso è stato ripreso dalle telecamere della Polizia Scientifica mentre, nella fase più concitata degli scontri, con un casco semi integrale calzato, brandisce con il braccio destro un’asta di colore verde con la quale colpisce ripetutamente gli operatori di Polizia posizionati a protezione delle strade adiacenti a Palazzo Madama.
2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Lazio, sede di Roma, il signor -OMISSIS- ha avversato il suddetto provvedimento deducendo, in particolare, l’illegittimità dello stesso, per il fatto di essere stato adottato fuori dalle ipotesi indicate dall’art. 6, comma 1, l. n. 401 del 1989 dato che, nel caso di specie, non sarebbe configurabile alcuna condotta commessa in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
3. Con sentenza n. -OMISSIS-del 27 marzo 2019, il Tar Lazio ha accolto il ricorso. In particolare, il Tar ha sostenuto che una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 6, l. n. 401 del 1989, condivisa dal giudice penale, richiederebbe che il Daspo sia comminato ricorrendo le ipotesi di reato ivi elencante, purché queste presentino un collegamento con un evento o una manifestazione sportiva, il cui pacifico ed ordinato svolgimento la misura preventiva sarebbe diretta ad assicurare.
4. La citata sentenza n. -OMISSIS-del 27 marzo 2019 è stata impugnata con appello notificato il 10 luglio 2019 e depositato il successivo 11 luglio.
In particolare, secondo parte appellante, il Tar avrebbe fornito un’erronea interpretazione letterale della normativa di riferimento.
Dovrebbe, infatti, ritenersi che le fattispecie di reato elencate nella parte iniziale della norma di riferimento autorizzino l’emissione del Daspo anche a prescindere dal collegamento, eziologico e/o occasionale, con una manifestazione sportiva.
5. Si è costituita in giudizio la Questura di Roma, con atto di formale adesione all’appello proposto dal Ministero dell’Interno ma senza espletare alcuna difesa.
6. Il signor Giacomo -OMISSIS- non si è costituito in giudizio.
7. Alla pubblica udienza del 13 febbraio 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Come esposto in narrativa, l’oggetto della presente controversia attiene alla legittimità o meno del provvedimento del Questore di Roma, prot. n. -OMISSIS-(c.d. Daspo), con il quale è stato fatto divieto al signor -OMISSIS-, per un anno, di accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello, agonistico od amichevole, calendarizzati e pubblicizzati. Il divieto è stato esteso anche agli incontri di calcio disputati all’estero dalle squadre italiane e dalla Nazionale Italiana di Calcio.
In particolare, si pone all’attenzione del Collegio l’interpretazione dell’art. 6, l. n. 401 del 1989 applicabile ratione temporis e, nello specifico, la possibilità per il Questore di emettere il provvedimento c.d. di Daspo in presenza di una condotta illecita non commessa in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
Con l’odierno appello, il Ministero dell’Interno ha sostenuto che le fattispecie di reato elencate nella parte iniziale dell’art. 6, l. n. 401 del 1989 – tra cui il reato commesso dal signor -OMISSIS- – autorizzerebbero l’emissione del Daspo anche a prescindere dal collegamento, eziologico e/o occasionale, con una manifestazione sportiva. In particolare, tale tesi sarebbe in linea con l’interpretazione letterale della normativa di riferimento e con il d.l. n. 53 del 14 giugno 2019 (conv. in l. n. 77 dell’8 agosto 2019), il quale ha disposto la modifica dell’art. 6, l. n. 401 del 1989.
2. L’appello non è suscettibile di positiva valutazione.
Ed invero, l’art. 6, comma 1, l. n. 401 del 1989, ratione temporis applicabile, ha previsto la possibilità per il Questore di emettere il Daspo nei confronti di soggetti denunciati o condannati per i reati ivi tassativamente indicati o che abbiano preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose “in occasione o a causa di manifestazioni sportive” o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza.
La giurisprudenza ha inteso il riferimento alle manifestazioni sportive limitativo dell’area di adottabilità del provvedimento, atteso che la manifestazione sportiva deve essere l’occasione nel corso della quale sia stata posta in essere la condotta passibile di Daspo. Ciò sia perché, trattandosi di misura restrittiva della libertà personale, deve ritenersi precluso il ricorso all’analogia, risultando la norma di stretta interpretazione, sia perché il presupposto fattuale ai fini dell’adozione dei provvedimenti di divieto deve essere strettamente correlato alle condotte che si intendono prevenire. L’interpretazione rigorosa e, dunque, maggiormente aderente al significato letterale della norma, è infatti doverosa, avuto riguardo al quadro costituzionale in cui si inserisce il provvedimento restrittivo impugnato, i cui effetti si traducono in una limitazione della libertà di circolazione del soggetto destinatario della misura, posto che l’art. 16 della Carta Costituzionale consente restrizioni del diritto in esame solo nei casi stabiliti dalla legge, quali quelli in materia di sanità e sicurezza (Cass. pen., sez. III, n. 50928 del 2017; in tal senso anche, Cons. St., sez. III, n. 6138 del 2011).
L’art. 2-bis, l. n. 377 del 2001, che ha modificato la l. n. 401 del 1989, ha introdotto una norma d’interpretazione autentica a proposito della nozione di manifestazione sportiva, prevedendo che «per manifestazioni sportive ai sensi degli artt. 1 e 2 si intendono le competizioni che si svolgono nell’ambito delle attività previste dalle federazioni sportive e dagli enti e organizzazioni riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano. All’art. 6, comma 1, l. 13 dicembre 1989, n. 401, per incitamento, inneggiamento e induzione alla violenza deve intendersi la specifica istigazione alla violenza in relazione a tutte le circostanze indicate nella prima parte del comma».
La giurisprudenza ha chiarito che l’introduzione di tale norma si è resa necessaria al fine di delimitare il campo delle manifestazioni coinvolte, stante la nozione particolarmente ampia di sport e di quanto vi ruota intorno, escludendo che il bene giuridico tutelato dalla norma fosse quello della sicurezza in occasione di una qualsivoglia manifestazione semplicemente collegata all’attività sportiva, e dunque di natura meramente parasportiva (in tal senso, da ultimo, Cass. pen., sez. III, n. 7224 del 2019).
Applicando queste coordinate alla fattispecie oggetto del presente giudizio, il Collegio rileva che correttamente il primo giudice ha ritenuto illegittimo il provvedimento avversato in primo grado dal signor -OMISSIS-.
Ed invero, il provvedimento ha tratto fondamento dalla comunicazione di notizia di reato del 5 luglio 2017, inviata da personale della Digos all’Autorità Giudiziaria competente nei confronti del signor -OMISSIS-, dalla quale è risultato che lo stesso è stato denunciato per il reato di cui all’art. 5, l. n. 152 del 1975. In particolare, dalla lettura degli atti è emerso che, in quella data, si è svolta a Roma, in Piazza Vidoni, in prossimità di Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica, ove era in corso la discussione sul disegno legislativo del cosiddetto “ius soli”, una manifestazione di protesta. Ne è scaturito un contesto di alta criticità, dove il signor -OMISSIS- si è evidenziato quale autore di atteggiamenti violenti, oltraggiosi, intimidatori e di sfida verso il personale di Polizia ivi presente. Infatti, lo stesso è stato ripreso dalle telecamere della Polizia Scientifica mentre, nella fase più concitata degli scontri, con un casco semi integrale calzato, brandisce con il braccio destro un’asta di colore verde con la quale colpisce ripetutamente gli operatori di Polizia posizionati a protezione delle strade adiacenti a Palazzo Madama.
L’episodio posto a fondamento del Daspo è, dunque, al di fuori del perimetro di applicazione del suddetto art. 6, dato che la condotta contestata si è consumata durante una manifestazione di protesta, totalmente estranea all’ambito sportivo.
Come sostenuto in più occasioni da questa Sezione, il provvedimento di Daspo è una misura di prevenzione, che tutela la sicurezza e l’ordine pubblico (da ultimo, n. 2997 del 2019; id. n. 2916 del 2019; id. n. 866 del 2019), la quale può essere disposta, ai sensi della norma ratione temporis applicabile, nei confronti di soggetti considerati pericolosi – secondo la logica del “più probabile che non” e con un giudizio connotato da ampia discrezionalità – che abbiano, però, estrinsecato la propria condotta in occasione o a causa di “manifestazioni sportive”, da intendere nel senso soprindicato.
Corollario di ciò è che gli atti censurabili possono essere realizzati anche in un momento non contestuale ad una manifestazione sportiva ma, in ogni caso, devono avere con questa un necessario nesso eziologico, assente nel caso di specie (in tal senso, Cons. St., sez. III, n. 5304 del 2016).
Siffatta interpretazione, costituzionalmente orientata e in linea con la giurisprudenza della Corte EDU, risulta confermata dalla recente modifica dell’art. 6, l. n. 401 del 1989, attuata con il d.l. n. 53 del 14 giugno 2019 (conv. in l. n. 77 dell’8 agosto 2019), il quale ha espressamente previsto che il Questore può disporre il Daspo nei confronti di coloro che risultano denunciati per uno dei reati ivi tassativamente elencati «anche se il fatto non è stato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive».
L’assenza di siffatto inciso nella vigenza della precedente disciplina – contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione – non fa altro che comprovare la necessità di un nesso di causalità tra la condotta commessa e la manifestazione sportiva, anche alla stregua del generale principio per cui ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.
Tale carenza normativa non può certo essere colmata con un’interpretazione che estenda il campo di applicazione della disposizione in parola a casi non espressamente previsti dalla legge. Il principio di legalità, in materia di misure di prevenzione limitative – come nel caso all’esame – di libertà personali, impone la puntuale individuazione dei presupposti che ne giustificano l’applicazione e, dunque, un’interpretazione restrittiva della norma di prevenzione, la quale non è suscettibile di essere applicata estensivamente o con analogia in malam partem.
In conclusione, il provvedimento di Daspo, ancorché emesso alla luce di un giudizio prognostico, deve, quindi, trovare presupposto e fondamento nelle fattispecie di pericolosità precisamente determinate dalla normativa, al fine di rispettare le finalità di tutela che la norma, al tempo della sua adozione e per quello della sua vigenza, mira a perseguire. Nel caso all’esame, le condotte che la disposizione vuole prevenire, a tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, devono avere un collegamento, o meglio, un nesso eziologico con una manifestazione sportiva – per come autenticamente interpretata dall’art. 2-bis, l. n. 377 del 2001 – e, quindi, non possono estrinsecarsi durante le manifestazioni tout court considerate.
3. Per tutte le ragioni sopra esposte l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, sez. I-ter, n. -OMISSIS-del 27 marzo 2019.
Nulla per le spese, stante la mancata costituzione in giudizio della parte appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2020 con l'intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Giulio Veltri, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore
Raffaello Sestini, Consigliere