CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 2781/2012 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 2781/2012

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto dal signor OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianfranco Passalacqua e Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso lo studio legale del primo in Roma, via Giovanni Vitelleschi, 26;

contro

Federazione Italiana Giuoco Calcio - Figc, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, con domicilio eletto presso lo studio legale del primo in Roma, via Panama, 58;

il Fallimento Ac OMISSIS S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito;

per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. VI n. 5147/2010, resa tra le parti, concernente MANCATA AMISSIONE CAMPIONATO DI CALCIO - SERIE B ANNO 2002/2003 – E RISARCIMENTO .DANNO;

                           Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Federazione Italiana Giuoco Calcio - Figc;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2012 il Consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti gli avvocati Passalacqua e Mazzarelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il signor OMISSIS impugna per revocazione la sentenza di questo Consiglio di Stato 3 agosto 2010, n. 3157, che ha respinto l’appello n. 6819 del 2009, da lui proposto avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio n. 5364 del 2009, che ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado n. 3698 del 2008.

Con l’originario ricorso proposto al TAR, l’odierno ricorrente aveva chiesto, tra l’altro, il risarcimento iure proprio dei danni patiti in conseguenza della mancata ammissione, disposta dalla Federazione italiana giuoco calcio, della A.C. OMISSIS spa al campionato di calcio di serie B per l’anno 2002-2003, provvedimento dal quale erano scaturiti la revoca della associazione alla FIGC del predetto club e lo svincolo del parco giocatori, tutti atti che avrebbero determinato il tracollo finanziario della società calcistica , poi dichiarata fallita.

La sentenza del TAR n. 5364 del 2009, che ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado n. 3698 del 2008, è stata confermata – con una articolata motivazione - da questa Sezione del Consiglio di Stato con la decisione n. 3157 del 2010, impugnata in questa sede.

Nella prospettazione dell’odierno ricorrente, gli atti originariamente impugnati, unitamente alla mancata ammissione della AC OMISSIS spa al campionato di serie B per l’anno 2003/2004, pur disposta dagli organi federali in favore di altri club calcistici che versavano in condizioni simili, avrebbero determinato ingenti danni alla sfera patrimoniale e non patrimoniale del ricorrente, sia nella sua veste di presidente della predetta società sportiva, sia quale socio unico della Regal produzioni Cinematografiche srl (a sua volta titolare di oltre il 99% delle azioni della AC OMISSIS spa), sia infine alla sua persona fisica, a prescindere dalle cariche ricoperte in ambito societario.

La domanda risarcitoria azionata in sede giudiziale aveva quindi riguardato non solo la posizione dell’odierno esponente quale socio della predetta società e presidente della AC OMISSIS spa, ma anche la sua sfera personale, atteso che quegli atti avrebbero avuto una negativa incidenza sulla vita privata e relazionale del ricorrente, di tal che di tali profili di danno si sarebbe dovuto tener conto ai fini della loro liquidazione diretta all’odierno ricorrente, anche a titolo di danni non patrimoniali

2. Nel ricorso per revocazione in esame, il ricorrente lamenta che il Consiglio di Stato nella sentenza oggetto della impugnazione straordinaria di questa sede sia incorso in errore revocatorio di fatto, per aver omesso di pronunciare sulla domanda risarcitoria avente come fonte autonoma di legittimazione i danni alla persona subiti uti singulus dall’esponente, a prescindere cioè dai profili dell’azione risarcitoria (espressamente esaminati) riguardanti la legittimazione dell’attore fondata sulla sua veste di socio ovvero di presidente della società sportiva AC OMISSIS spa.

Si è costituita in giudizio la federazione italiana giuoco calcio per resistere al ricorso e per chiederne il rigetto.

All’udienza pubblica del 3 aprile 2012 il ricorso è stato trattenuto per la sentenza.

3. Il ricorso per revocazione in esame non può trovare accoglimento.

Giova premettere che l’errore di fatto revocatorio, che giustifica - ai sensi dell’art. 106 del cod. proc. amm. e dell’art. 395, n. 4), del cod. proc. civ. - l’applicazione del rimedio straordinario della revocazione di una sentenza, sussiste esclusivamente quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente accertata, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ha pronunciato (cfr. Consiglio di Stato, 14 gennaio 2010, n. 4011; 7 settembre 2010, n. 5230; 6 luglio 2010, n. 4305; ad. plen., 17 maggio 2010 n. 2).

La giurisprudenza ha più volte chiarito che l’errore che consente di rimettere in discussione il decisum con il rimedio straordinario della revocazione non è quello che coinvolge l’attività valutativa dell’organo decidente, ma piuttosto quello volto ad eliminare l’ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, errore derivante da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio. Deve trattarsi quindi di una svista, obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che non può coincidere con un capo decisorio (ancorchè, in tesi, errato o non condivisibile) su un punto controverso sul quale abbia espressamente pronunciato la sentenza impugnata per revocazione. Nella nozione di errore di fatto revocatorio rientra anche l’omessa pronuncia, e cioè la violazione del principio di conformità tra chiesto e pronunciato desumibile dall’art. 112 cpc., secondo cui il giudice deve pronunciare su tutta la domanda (e non oltre i limiti della stessa), ma anche in tal caso si deve trattare di una svista, di un errore percettivo del giudicante, che non ha colto per mero errore la effettiva portata della domanda giudiziale portata al suo scrutinio.

Nel caso di specie, a parer del Collegio, un tale tipo di errore non inficia la sentenza di cui si chiede la revocazione.

Va anzitutto osservato che nella impugnata sentenza il Collegio ha preso espressamente in esame (punto 5 della motivazione) la questione afferente la legittimazione iure proprio dell’odierno ricorrente, nell’unica declinazione, astrattamente ammessa dall’ordinamento, alla proposizione dell’azione risarcitoria per i danni personali risentiti per effetto della mancata ammissione al campionato di serie B della società calcistica OMISSIS; e cioè in quella di carattere straordinario e suppletivo che la giurisprudenza della Corte di cassazione eccezionalmente riconosce al fallito nella inerzia degli organi fallimentari.

La sentenza ora impugnata ha espressamente escluso – al di là degli stessi dubbi sulla qualificabilità di “fallito” in senso tecnico del ricorrente, quale unico quotista di una società (Regal Produzioni Cinematografiche srl) titolare delle azioni di maggioranza della società effettivamente fallita (la A.C. OMISSIS spa) – che una tale legittimazione ‘ampliata’ nella specie potesse ricorrere, attesa la ritenuta carenza dell’indefettibile presupposto – da considerare decisivo - dell’inerzia degli organi fallimentari nella proposizione della azioni di reintegrazione patrimoniale, avendo il giudice delegato espressamente esaminato, anche in ragione delle sollecitazioni dell’odierno ricorrente, la questione della esperibilità del rimedio risarcitorio, sia pur pervenendo, causa cognita, alla determinazione negativa.

Quanto al profilo di legittimazione dell’odierno ricorrente uti civis, per una pretesa incisione della propria sfera giuridica che darebbe titolo ad un’azione risarcitoria direttamente riferibile sul piano soggettivo alla sua persona, nella sentenza ora impugnata si riporta (pagg. 9 e 10) quanto osservato dal giudice di primo grado in ordine alla ancor più evidente inammissibilità del ricorso di primo grado proposto in tale posizione processuale.

In tal modo, nel riportare le stesse espressioni utilizzate dal Tar per escludere una legittimazione di tal sorta dell’odierno ricorrente (avendo il giudice di primo grado significativamente assimilato tale proiezione dell’azione processuale, dichiarata inammissibile, a quella del quispque de populo o del tifoso che lamenta l’esclusione della propria squadra dal campionato), il Consiglio di Stato abbia inteso aderire alla tesi dei primi giudici in ordine alla palese inammissibilità di una tale prospettazione della domanda risarcitoria.

Di guisa che sotto tal profilo non ricorrerebbero le condizioni per l’esperimento del rimedio revocatorio previsto in caso di omessa pronuncia, avendo il giudicante affrontato il tema della legittimazione processuale iure proprio del ricorrente e non potendosi quindi ritenere verificata un’ipotesi di mancato esame della questione proposta per svista o errore materiale di percezione.

4. Osserva peraltro la Sezione che, anche a voler ritenere che debba passarsi alla fase rescissoria perché nella precedente fase del giudizio sarebbe stato riduttivamente interpretato il contenuto degli atti processuali del ricorrente, l’esame delle sue deduzioni in questa sede comunque comporta la reiezione della sua domanda risarcitoria.

Al proposito va richiamato un precedente specifico della sezione (Consiglio di Stato, VI, 9 febbraio 2011, n. 831), da cui non si ravvisano ragioni per discostarsi, in cui è stata esclusa (per il principio di personalità dell’azione processuale desumibile dall’ art. 81 cpc) la legittimazione dei soci di una società a impugnare atti amministrativi che la società abbia ritenuto opportuno non impugnare (ovvero, avendoli impugnati, abbia poi rinunciato all’azione processuale).

E’ stato osservato in tale sentenza che la posizione giuridica degli azionisti è presa in considerazione dalla normativa sulle società, riguardante tra l’altro la formazione della volontà che si esprime nelle delibere societarie: di guisa che - in assenza di una disposizione che lo consenta - i soci non possono, a titolo individuale (o creando ad hoc un ente associativo), proporre ricorsi al giudice amministrativo, assumendo iniziative opposte (o comunque diverse) da quelle assunte dagli organi societari (o da questi proponibili).

Quanto al profilo di legittimazione in capo ai ‘tifosi simpatizzanti’, questa Sezione ha rilevato che essi di per sé costituiscono una categoria che, a maggior ragione rispetto agli azionisti, non può costituire un ente esponenziale al solo scopo di impugnare in sede giurisdizionale l’atto che leda la società sportiva di riferimento. Per definizione costoro non sono lesi dal medesimo atto, né sotto il profilo patrimoniale, né sotto quello non patrimoniale, e neppure possono assumere iniziative processuali tendenti a vanificare le determinazioni della società, essa sì legittimata a contestare il provvedimento per essa lesivo.

Conclusioni non dissimili devono valere, come si è anticipato, anche per il soggetto che – come l’odierno esponente - dimostri un vincolo di appartenenza alla squadra di maggiore pregnanza rispetto al semplice tifoso, come nel caso dell’azionista di riferimento della società sportiva o del suo presidente.

Anche in tal caso non si sfugge al sillogismo secondo cui il soggetto inciso dal provvedimento è soltanto la società calcistica non ammessa al campionato superiore, di tal che è quest’ultima, attraverso i suoi organi ordinari o straordinari di amministrazione (come nel caso della curatela fallimentare), a poter far valere tutte le azioni a difesa della compagine societaria.

In definitiva, poiché all’azione risarcitoria non si riconnettono presupposti di legittimazione diversi rispetto a quelli della tradizionale azione di annullamento, la stessa può far capo soltanto ai soggetti direttamente pregiudicati dall’atto (nel caso di specie la AC OMISSIS spa), e non ai soggetti diversi dai destinatari, per quanto legati – da rapporti contrattuali o di altra natura - da stretta contiguità di interessi al soggetto direttamente inciso.

5. In definitiva, il ricorso per revocazione non può trovare accoglimento, risultando in parte inammissibile ed in parte infondato.

Le spese del presente giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione (RG n. 10698/10), come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile ed in parte infondato e, per l’effetto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della costituita Federazione italiana giuoco calcio, delle spese e degli onorari del presente giudizio di revocazione, che liquida in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre iva e cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore

Bernhard Lageder, Consigliere

Silvia La Guardia, Consigliere

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