CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 3259/2004 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N.  3259/2004

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano – C.O.N.I., rappresentato e difeso dall’avv. Mario Tonucci, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, via Principessa Clotilde n. 7;

contro

OMISSIS e OMISSIS, rappresentate e difese dall’avv. prof. Giorgio Orsoni e dall’avv. Francesco Braschi, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Parioli n. 180;

e contro

la Federazione italiana Nuoto (F.I.N.), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Angeletti ed elettivamente domiciliato in Roma, via Giuseppe Pisanelli n. 2;

per l'annullamento

della sentenza n. 958 del 26 febbraio 2002 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, sez. I, resa inter partes.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle appellate;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 30 marzo 2004, relatore il Consigliere Giuseppe Romeo, uditi l’avv. Troiano per delega dell’avv. Tonucci l’avv. Sanino per delega dell’avv. Orsoni e dell’avv. Braschi, e dell’avv. Angeletti;  

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con un primo ricorso (n. 2290/1994), la ricorrente OMISSIS ha esposto di essere stata assunta dal Comitato Regionale Veneto della F.I.N. – Federazione Italiana Nuoto nel gennaio 1983, con orario 9 - 14, da lunedì a venerdì, per lo svolgimento di mansioni di segretaria, e di essere stata destinata a prestare servizio dal 1987 anche presso la Delegazione Regionale del Comitato Olimpico Nazionale Italiano C.O.N.I., con orario da lunedì a venerdì, dalle ore 15.30 alle 18.30 e, quindi, dall' aprile del 1990 soltanto presso il medesimo C.O.N.I. regionale con orario 9 - 13 e 15 - 18. Nel febbraio 1994, la OMISSIS ha fatto pervenire al datore di lavoro un certificato medico attestante lo stato di gravidanza, a decorrere dal 10 marzo 1994. Il C.O.N.I. regionale ha risposto al riguardo con nota dd. 21 aprile 1994, con la quale è stato rifiutato tale certificato, negando la sussistenza di ogni relativo diritto sul presupposto dell' inesistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti.

Ciò premesso, l’istante ha chiesto l' accertamento dell' esistenza del rapporto di lavoro subordinato dapprima con la F.I.N. e, quindi, con il C.O.N.I., previo eventuale annullamento dell’anzidetta nota dd. 21 aprile 1994 e con ogni ulteriore conseguenza di legge, assumendo la sussistenza, nella specie, di tutti gli indici elaborati dalla giurisprudenza per il riconoscimento della sussistenza del rapporto di lavoro pubblico subordinato, salva in ogni caso restando l' applicazione dell' art. 2126 c.c.. È stata anche dedotta la violazione dell' art. 2 della L. 30 dicembre 1971 n. 1204, con conseguente nullità del "licenziamento" illegittimamente intimato durante lo stato di gravidanza.

2.- Con il secondo ricorso (n. 2475/1996), la ricorrente OMISSIS  ha dichiarato di essere stata alle dipendenze della Delegazione Regionale per il Veneto del C.O.N.I. dal gennaio 1983, con orario 9 - 13, da lunedì a venerdì, e, dal gennaio 1985, anche con orario pomeridiano 15 - 18, con mansioni di segretaria e rapporto di lavoro qualificato dalle parti come autonomo. L’istante ha altresì precisato che nel corso del 1994, a seguito di indagini da parte dell' Ispettorato Provinciale del Lavoro, l' I.N.P.S. aveva accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti a far tempo dall' 1 gennaio 1983: circostanza, questa, peraltro contestata dal C.O.N.I.. In seguito a ciò, il C.O.N.I., con nota del 26 aprile 1996, ha  invitato la Pettini a presentare domanda di iscrizione all' apposita gestione separata presso l' I.N.P.S., ai sensi dell' art. 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995 n. 335, stante l’asserita sua qualità di lavoratrice autonoma o comunque di "collaboratrice coordinata e continuativa", e, non avendo l’interessata aderito alla richiesta, il C.O.N.I. ha dichiarato la risoluzione del rapporto con decorrenza 1° maggio 1996.

La ricorrente ha chiesto, pertanto, l' accertamento della sussistenza del rapporto di lavoro pubblico subordinato con il C.O.N.I., essendo presenti tutti i necessari presupposti.

3.- Con la sentenza impugnata, il TAR ha riconosciuto l’esistenza di un rapporto lavorativo di fatto tra il CONI e le ricorrenti, rilevante ai sensi dell’art. 2126 c.c.; ha dichiarato prive di fondamento le eccezioni di prescrizione sollevate dal CONI; ha definito gli emolumenti spettanti alle interessate, condannando il CONI alla corresponsione della differenza tra quanto percepito da queste ultime e gli emolumenti spettanti al personale del CONI, inquadrato nella IV qualifica funzionale di cui alla tabella costituente l’allegato 2 al DPR 25 giugno 1983 n. 346, con interessi e rivalutazione sino al soddisfo, secondo le disposizioni contenute nel DM 1° settembre 1998 n. 352, nonché alla regolarizzazione contributiva e previdenziale per i relativi periodi, quale conseguenza propria dell’accertamento dell’esistenza di un rapporto di fatto ex art. 2126 c.c. tra il CONI e le istanti.

4.- Appella Il CONI, il quale chiede la riforma della sentenza impugnata, insistendo sulla rilevanza della sentenza del Tribunale Civile di Venezia n. 168 del 19 novembre 1998, sull’inesistenza degli indici rivelatori di un rapporto di lavoro pubblico subordinato, sulla errata applicazione dell’art. 2126 c.c. nella fattispecie, e sulla prescrizione quinquennale delle pretese retributive. 

Si è anche costituita la Federazione Italiana Nuoto – F.I.N., alla quale è stato notificato l’appello, per rilevare che, nel ricorso proposto dalla istante OMISSIS, il TAR ha dichiarato il difetto di giurisdizione a conoscere, al fine della declaratoria di un rapporto di lavoro subordinato, dell’attività lavorativa svolta dalla stessa presso la F.I.N., mentre ha riconosciuto la sussistenza di tale rapporto di lavoro nei confronti del CONI nel periodo dicembre 1987 – 1990, e a decorrere dall’aprile 1990 sempre nei soli riguardi del CONI. Tale costituzione – precisa la F.I.N. – è stata spiegata al solo fine di ottenere la dichiarazione di non luogo a provvedere nei confronti della stessa relativamente al capo della sentenza impugnata che ha dichiarato il difetto di giurisdizione a conoscere della parte di rapporto intercorso tra la suddetta F.I.N. e l’istante OMISSIS.

Si sono anche costituite le appellate, chiedendo la reiezione dell’appello.

All’udienza del 30 marzo 2004, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.- Il CONI ripropone le medesime argomentazioni di primo grado per denunciare l’erroneità della sentenza impugnata, con la quale – come detto – è stato riconosciuto il rapporto lavorativo di fatto tra il CONI medesimo e le ricorrenti, rilevante ai sensi dell’art. 2126 c.c..

L’appello è infondato.

La prima considerazione dell’appellante riguarda l’inadeguato apprezzamento da parte del primo giudice della sentenza del Tribunale Civile di Venezia n. 198 del 19 novembre 1998, secondo la quale “l’INPS non ha dimostrato l’esistenza nel caso di specie degli indici rivelatori di un rapporto di lavoro subordinato, ovvero la falsità dell’assunto: le collaboratrici prestavano la loro attività senza vincolo di orario….”.

La considerazione richiama un fatto storico (la menzionata sentenza civile, appunto), piuttosto che offrire spunti per valutare le argomentazioni del TAR in proposito, giacché, con tale richiamo, si vuole avvalorare la circostanza che “il TAR non ha approfondito in alcun modo” la vicenda sia sotto il profilo dell’accordo (dopo si dirà consapevolezza delle appellanti del loro status) tra le appellate ed il CONI, sia sotto l’ulteriore profilo dell’insussistenza “degli indici ausiliari elaborati dalla giurisprudenza”.

Il TAR ha, invece, approfondito la problematica suscitata dalla menzionata sentenza civile n. 198/1998, ed ha concluso, del tutto ragionevolmente, per la sua irrilevanza nella fattispecie in quanto “il decisum (si fonda) su carenze probatorie addossate all’I.N.P.S.”.

È chiaro che la questione posta dalle ricorrenti, in assenza di una statuizione che abbia valutato in modo “sistematico gli indici asseritamene costitutivi del rapporto stesso”, rimaneva completamente da definire nei suoi aspetti essenziali, vale a dire se nella specie fossero o meno presenti gli elementi propri di un rapporto di lavoro subordinato.

2.- Il CONI contesta (seconda censura) in modo radicale che nella specie questi elementi fossero presenti, e afferma, quindi, che sarebbe errata la statuizione della sentenza impugnata, la quale ha argomentato la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato solo sulla base un unico indice (orario di lavoro continuato), trascurando di verificare se vi fosse un vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.

La censura è infondata, dal momento che l’indice dell’orario di lavoro, assunto dal TAR a elemento caratterizzante, nella specie, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, deve essere valutato in relazione ai compiti specifici che le ricorrenti erano chiamate a svolgere presso il CONI. Le istanti sono state inserite nella struttura organizzativa del CONI (sul punto il primo giudice esattamente si sofferma sulla “natura concomitante dei due servizi”), al fine precipuo di assicurare, con la loro presenza, la continuità del servizio. In questo senso, appare significativo il richiamo del primo giudice alla nota del 6 agosto 1990 del Delegato Regionale CONI, laddove si qualifica l’apporto lavorativo delle due istanti, archiviste e dattilografe, diventate oramai parte integrante della Delegazione stessa…indispensabili per il funzionamento della Delegazione.

Il vincolo di soggezione, è, nella specie, configurabile in relazione alla continuità del lavoro espletato dalle ricorrenti, nel senso che tale lavoro non richiede, per la su attuazione, alcuna specifica indicazione da osservare, ma solo una adeguata presenza nel posto di lavoro assegnato e il disimpegno delle mansioni affidate.

Che poi le interessate fossero consapevoli del loro status giuridico di collaboratrici e si fossero accordate preventivamente in tal senso, non può giovare all’appellante, dal momento che, senza voler considerare che un accordo può essere fatto in violazione della normativa esistente, il primo giudice è stato chiamato a valutare una realtà di fatto alla luce degli elementi che sono stati offerti dalle parti in giudizio, concludendo che tale realtà ha dato luogo nel tempo ad un rapporto di lavoro subordinato.

L’errata applicazione dell’art. 2126 c.c. al caso concreto, su cui l’appellante insiste con la terza censura, non sussiste, dal momento che correttamente il primo giudice ha assunto a parametro, su cui commisurare il corrispettivo dovuto alle ricorrenti, gli emolumenti spettanti “a quel tempo al personale del CONI, inquadrato nella IV qualifica funzionale”.

È la stessa giurisprudenza, citata dall’appellante per avvalorare la censura, che convince della correttezza della soluzione data dal primo giudice alla questione.

Secondo tale pacifico orientamento giurisprudenziale (tra le tante, C.S., sez. V, del 24 agosto 2000, n. 4594), “l’applicazione dell’art. 2126 c.c. in caso di rapporto di pubblico impiego nullo non garantisce automaticamente al lavoratore un corrispettivo pari a quello stabilito per il dipendente di ruolo di pari livello, quando una diversa pattuizione sia stata prevista nel titolo dichiarato nullo”.

Nella specie, l’appellante invoca degli accordi verbali sugli importi che poi sono stati versati alle istanti (vengono specificate le cifre), ma non si fa cenno ad alcun titolo dichiarato nullo, nel quale sia stata specificata la diversa retribuzione.

Da ultimo, non può essere condivisa la contestazione sulla eccezione di prescrizione che il TAR ha disatteso.

Viene, infatti, richiamato un orientamento giurisprudenziale secondo cui “la prescrizione quinquennale decorre dal momento in cui, ad ogni scadenza, matura il diritto alla retribuzione per il periodo in cui gli stessi emolumenti, ad essa connessi, si riferiscono, non influendo sul suo decorso la saltuarietà o meno della prestazione lavorativa”.

Il riferimento è improprio, in quanto, come affermato dal primo giudice, il rapporto lavorativo delle ricorrenti non è assistito da stabilità, e la prescrizione, quindi,  non decorre in costanza di rapporto di lavoro, ma solo dalla sua cessazione.

Sulla stabilità, il CONI formula una considerazione, che appare speciosa. Si argomenta, infatti, che contraddittoriamente il TAR ha cercato, per un verso, di dimostrare “una marcata stabilità del rapporto”, e, per l’altro, ha escluso tale stabilità, al fine di non riconoscere la decorrenza della prescrizione in costanza di rapporto di lavoro.

In proposito, è sufficiente osservare che il riconoscimento a posteriori della stabilità è situazione differente dalla sussistenza in concreto della stabilità.

L’appello va, pertanto, respinto, e, per l’effetto, va confermata la sentenza di primo grado nella sua interezza, cioè anche nella parte relativa alla declaratoria del difetto di giurisdizione (da nessuno contestata), su cui ha insistito la F.I.N..

Le spese e gli onorari di giudizio sono posti a carico del CONI, e possono essere liquidati in complessivi E 2.000, da corrispondersi a favore delle due ricorrenti in parti uguali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello in epigrafe. Condanna il Coni al pagamento delle spese e degli onorari di giudizio nella misura complessiva di E 2.000- da corrispondersi a favore delle ricorrenti in parti uguali.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2004 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) nella Camera di Consiglio con l'intervento dei Signori:

Claudio VARRONE                                   Presidente

Giuseppe ROMEO                                     Consigliere Est.

Francesco D’OTTAVI                       Consigliere

Rosanna DE NICTOLIS                   Consigliere

Domenico CAFINI                             Consigliere

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