CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 3458/2017 Pubblicato il 13/07/2017 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 3458/2017
Pubblicato il 13/07/2017
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Gaetano Scoca, Massimo Krogh, con domicilio eletto presso lo studio Franco Gaetano Scoca in Roma, via Paisiello, 55;
contro
Coni - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Angeletti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giuseppe Pisanelli, 2;
Figc - Federazione Italiana Gioco Calcio, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Medugno, Letizia Mazzarelli, con domicilio eletto presso l’avvocato Luigi Medugno in Roma, via Panama 58;
nei confronti di
Società OMISSIS Football Spa non costituita in giudizio;
Codacons, Associazione Utenti Servizi Turistici Sportivi e della Multiproprietà, rappresentati e difesi dagli avvocati Carlo Rienzi, Gino Giuliano, con domicilio eletto presso lo studio Ufficio Legale Nazionale Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini 73;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III ter n. 4391/2016, depositata il 14 aprile 2016 e notificata il 29 aprile 2016, resa tra le parti, concernente conferma delle sanzioni per illecito sportivo – risarcimento danni;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Coni - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, della Figc - Federazione Italiana Gioco Calcio, del Codacons e dell’Associazione Utenti Servizi Turistici Sportivi e della Multiproprietà;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Franco Gateano Scoca, Luigi Medugno, Letizia Mazzarelli, Alberto Angeletti e, in sostituzione dell'avv. Rienzi, Giuseppe Ruta;
Vista la sentenza dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI n. 7 del 2012, pubblicata il 3 aprile 2012, recante conferma della sentenza con cui la Corte di Giustizia Federale della FIGC aveva irrogato a OMISSIS la sanzione della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC;
Vista la sentenza 14 aprile 2016, n. 4391 con la quale il Tribunale amministrativo del Lazio dichiarava il ricorso proposto da OMISSIS inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice statale, affermando sulla controversia la giurisdizione del giudice sportivo, ai sensi dell’art. 2 (Autonomia dell’ordinamento sportivo), comma 1, d. l. 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280, per cui l’atto impugnato aveva natura disciplinare e i rapporti tra ordinamento statale (e giustizia statale) e ordinamento sportivo (e giustizia sportiva) sono, giusta Corte Cost. 11 febbraio 2011 n. 49, definiti dalle norme dell’ordinamento sportivo: in particolare dall’art. 2, comma 1, cit., che riserva «all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive ed i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive», così come ribadito dal successivo comma 2, nonché riteneva manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 2 e 3 del decreto-legge n. 220 del 2003, nuovamente sollevata in riferimento agli artt. 24, 103 e 113 Cost. già espressamente presi in considerazione dalla citata pronuncia della Corte ed ancora manifestamente infondata analoga questione di legittimità in riferimento agli artt. 101, 102, 104, 106, 108 e 111 Cost., non applicabili alla giustizia sportiva;
Visti poi i motivi aggiunti con i quali il OMISSIS ha nuovamente chiesto l’annullamento della decisione n. 7 del 3 aprile 2012, dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva del C.O.N.I. ed ha anche chiesto la condanna degli enti intimati al risarcimento dei danni, motivi aggiunti dei quali il giudice di primo grado ribadiva l’inammissibilità per difetto di giurisdizione e riteneva invece infondata la domanda di risarcimento dei danni derivanti dagli atti impugnati nel presente giudizio, stante la legittimità degli atti gravati: in breve non sussistevano vizi della composizione del collegio giudicante e l’illegittima individuazione di un Collegio ad hoc, poiché la nomina dei componenti della commissione costituisce esercizio di un potere insindacabile del Commissario straordinario rispetto al quale l’art. 31 comma 2° dello Statuto FIGC, all’epoca vigente, prevedeva solo un numero minimo di componenti e dunque i criteri oggettivi predeterminati per la nomina non erano ipotizzabili, la competenza a giudicare in primo grado della CAF era desumibile dall’inequivoco tenore letterale dell’art. 31 comma 1° dello Statuto medesimo, non era stato comprovato impedimento asserito dell’esercizio del diritto di difesa e non era pertinenti richiamo alle regole sull’utilizzabilità delle intercettazioni previste al codice di procedura penale in quanto, come richiamato nella sentenza impugnata che trascrizioni delle intercettazioni medesime non erano assurte alla rango di prova secondo la stessa corte Federale e ciò al di là della questione della pedissequa applicazione delle regole processuali alla “giustizia sportiva”; ancora, erano inammissibili le censure inerenti le valutazioni svolte dalla giustizia amministrativa sull’asserito collegamento delle posizioni dell’appellante con altro incolpato – OMISSIS - cui comunque andava aggiunto che le circostanze prese in esame erano state comunque ampiamente passate in rassegna e confermate dalla sentenza n. 31623 del 21 luglio 2015 con cui la Cassazione – pur dichiarando la prescrizione dei reati contestati diversamente da quanto affermato nell’appello in esame - aveva definitivamente accertato, a carico del ricorrente, l’esistenza dei reati di associazione a delinquere ex art. 416 c.p. e di illecita alterazione di una partita ex art. 1 l. n. 401/89, ciò a differenza di altri procedimenti penali riguardanti altre e più antiche vicende che avevano interessato il OMISSIS;
Vista poi la trattazione degli ulteriori motivi aggiunti, sui quali il giudice di primo grado ha considerato destituite di fondamento le censure che sostanzialmente ripercorrevano l’illogicità, il difetto di istruttoria ed il difetto di proporzionalità dei contenuti della decisione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI, tanto da poter escludere profili d’illegittimità degli atti impugnati che potessero giustificare una responsabilità risarcitoria degli enti intimati, responsabilità che l’art. 3 stessa l. n. 280 del 2003 riserva allo stesso giudice amministrativo a titolo residuale;
Visto l’appello in Consiglio di Stato notificato il 28 maggio 2016 con il quale il OMISSIS impugnava la sentenza in questione, chiedendo che venisse nuovamente affrontata la questione delle previsioni contenute dal d. l. 19 agosto 2003 n. 220 con i quali si stabilisce che venga sottratta ai tesserati sportivi la tutela giurisdizionale di annullamento, soprattutto a fronte della sentenza n. 49 del 2011 della Corte Costituzionale che non avrebbe realmente affrontato il problema a fronte di una serie di parametri di costituzionalità ed in particolar modo dell’art. 113, si ribadivano la violazione da parte della sentenza impugnata e di quella dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva del Coni di una serie di norme comunitarie e del sistema CEDU ed infine si muovevano una serie di rilievi sulla composizione della stessa Alta Corte, così come rappresentati in primo grado, dei tempi e delle modalità del giudizio ed infine si sollevava la domanda risarcitoria dei danni materiali e morali derivanti all’appellante, assolto in sede penale anche se in virtù della prescrizione, costretto a non lavorare in Italia dalla sentenza dell’Alta Corte, nonostante la sua rinomanza ed esperienza in ambito calcistico, in conclusione in buona sostanza con l’affermazione della sussistenza della giurisdizione amministrativa quanto meno riguardo alla sanzione sportiva della preclusione al tesseramento, sull’incisione da parte della sanzione di diritti costituzionalmente garantiti, sulla naturale impugnabilità delle sanzioni sportive davanti al giudice statale amministrativo, superando l’interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale o eventualmente rimettendo di nuovo la questione a tale Organo;
Vista la costituzione in giudizio del CONI e della FIGC, i quali hanno chiesto il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza del T.A.R. del Lazio e sono inoltre intervenuti ad opponendum il Codacons e l’Associazione Utenti Servizi Turistici Sportivi e della Multiproprietà – sezione tifosi dell’OMISSIS e della OMISSIS sviluppando analoghe conclusioni;
Ritenuto in primo luogo che questa Sezione si è già pronunciata su analoga questione con la sentenza n. 1173 del 15 marzo 2017 inerente la sentenza n. 7 del 2012 dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI riguardante il caso di OMISSIS, caso sviluppatosi all’interno della stessa vicenda di fatto ed analogamente risolto dall’Alta Corte di Giustizia Sportiva e che questa stessa Sezione non trova ragioni per discostarsi da quanto affermato così recentemente, né tanto meno si rinvengono ragioni per investire nuovamente la Corte Costituzionale, la quale ha definito la fattispecie del tutto compiutamente;
Rilevato che il Consiglio di Stato, con sentenza VI, 24 settembre 2012, n. 5065, si è pronunciato (affermando che è inammissibile, per difetto di giurisdizione amministrativa, il ricorso per l’annullamento delle sanzioni disciplinari inflitte dagli organi della giustizia sportiva a fronte della commissione di un illecito sportivo) sulla vicenda in riferimento alla pronuncia resa in altro grado della giustizia sportiva, ossia relativamente alla decisione della Corte federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C. del 25 luglio 2006, nella parte in cui era stata confermata al OMISSIS la sanzione inflittagli dalla Commissione d'Appello Federale il 14 luglio 2006, dell'inibizione per cinque anni dai ranghi federali, con proposta al Presidente federale di preclusione della permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., e dell'ammenda di euro 50.000,00, per aver commesso l'illecito sportivo di cui all'art. 6, comma 1, del Codice di giustizia sportiva quale direttore generale della società calcistica OMISSIS; e che detta sentenza n. 5065 del 2012, preceduta da altra pronuncia relativa ad altra vicenda concernente illeciti sportivi, relativo procedimento disciplinare e rapporti di giudizio amministrativo - Cons. Stato, VI, 24 gennaio 2012, n. 302 - discendeva dalla motivazione della richiamata sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49, che ricostruisce il rapporto tra l'ordinamento settoriale sportivo e l'ordinamento generale statale, in materia di sanzioni disciplinari e correlative impugnazioni;
Considerato che la sentenza della Corte costituzionale n. 49 del 2011 ha confermato la legittimità del quadro derivante dall'art. 1, d.-l. 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280, sul principio di autonomia tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento giuridico generale, così garantendo due esigenze costituzionalmente rilevanti, quella dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, cui ampia tutela è riconosciuta in riferimento agli artt. 2 e 18 Cost. e dall’altro quella a che non sia intaccata la pienezza della tutela delle situazioni giuridiche soggettive che, sebbene connesse con quell'ordinamento, siano rilevanti per l'ordinamento giuridico generale, grazie alle disposizioni dell’art. 2 del detto decreto legge che dispone che « [...] è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:
a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;
b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive»;
Considerato altresì che non può trovare accoglimento il rilievo dell’appellante di assenza di vincolatività della sentenza costituzionale perché sentenza interpretativa di rigetto: infatti, pur se vi sono limiti intrinseci a una sentenza costituzionale interpretativa di rigetto, non si può dedurne che questo pone nel nulla la sentenza stessa;
Rilevato che la ricordata sentenza Cons. Stato, VI, 24 gennaio 2012, n. 302 secondo la quale per la sottoponibilità a procedimento disciplinare di un tecnico che non fa più parte dell'ordinamento sportivo perché già dimessosi, i momenti ai quali occorre fare riferimento sono quello in cui il fatto contestato all'interessato si è verificato e quello in cui vi è la relativa contestazione con l'inizio del procedimento disciplinare, poiché l'esercizio del potere sanzionatorio ha i presupposti su tali circostanze, non potendosi ammettere dimissioni rassegnate al fine precipuo di impedire o interrompere il procedimento disciplinare: per cui la giurisdizione si radica avendo riguardo alla sola natura ("disciplinare") del provvedimento in contestazione; e che la ricordata sentenza Cons. Stato, VI, 24 settembre 2012, n. 5065, afferma che le dimissioni volontarie dalle cariche sportive e dal tesseramento del destinatario di sanzioni sportive sono atto di libera scelta, di suo inidoneo a determinare la «reviviscenza» della giurisdizione statale, attesa l’indisponibilità dei presupposti di operatività dei criteri di riparto tra giurisdizione settoriale sportiva e giurisdizione generale statale;
Considerato che anche le censure che il giudice di primo grado ha ritenuto infondate non possono trovare ingresso davanti al giudice amministrativo per le ragioni prima riportate, atteso che a tutta evidenza esse rientrano nella controversia sviluppatasi nell’ambito della giustizia sportiva e in relazione alle quali non sussiste a rigore la giurisdizione dell’adito Giudice amministrativo e che va aggiunto per completezza da un lato che è risultato dall’istruttoria svolta che al momento del procedimento innanzi alla Corte Federale questa era stata di recente integrata nel numero minimo statutariamente richiesto, non essendo previsto dallo Statuto della FIGC un numero massimo e che comunque il rinnovo da poco disposto era anche conseguenza delle decisioni del Consiglio Superiore della Magistratura che avevano disposto la non autorizzabilità degli incarichi sportivi conferiti i magistrati ordinari dal Coni e dalle federazioni affiliate; dall’altro che non si rinvenivano danni giuridicamente rilevanti a carico dell’appellante che derivassero dalle pronunce degli organi di giustizia sportiva: lo stesso OMISSIS descrive sì una grave situazione di disagio personale professionale, ma di tale danno non si rinviene l’illiceità, tanto più che gli organi della giustizia ordinaria investiti dalla nota vicenda che colpì a suo tempo la Società OMISSIS non sono giunti ad una assoluzione per non aver commesso il fatto, ma hanno esclusivamente dichiarato prescritto il procedimento;
Visto perciò che l'impugnazione della sentenza dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva n. 7 del 2012 non rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, non resta quindi che rigettare l’appello e confermare la sentenza di inammissibilità impugnata;
Deve inoltre essere dichiarata l’inammissibilità dell’appello incidentale proposto dalla F.I.G.C. stante l’insussistenza di un effettivo interesse alla sua proposizione in ragione degli esiti del ricorso principale.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, e per l'effetto conferma la sentenza impugnata.
Dichiara inammissibile l’appello incidentale proposto dalla F.I.G.C.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio liquidandole in complessivi €. 4.000,00 (quattromila/00) oltre agli accessori di legge da dividersi tra i due Enti intimati costituiti, mentre possono essere compensate nei confronti del Codacons.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati:
Claudio Contessa, Presidente FF
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio, Consigliere