CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 5065/2012 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

 

CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 5065/2012

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto dal signor OMISSIS, rappresentato   difeso dagli avvocati Pierluigi Giammaria, Paco D’Onofrio e Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, largo Messico, 7;

contro

la Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C., in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Panama, 58;

il Comitato Olimpico Nazionale Italiano - C.O.N.I., in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Alberto Angeletti, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Giuseppe Pisanelli, 2;

il Ministero per i giovani e lo sport ed il Ministero della giustizia, in persona del rispettivi Ministri pro tempore, non costituiti in giudizio nel presente grado;

nei confronti di

Il Coordinamento delle Associazioni a Tutela dell’Ambiente ed a difesa dei diritti degli Utenti e dei Consumatori - CODACONS, Associazione Utenti Servizi Turistici Sportivi e della Multiproprietà, Sezione Tifosi dell’OMISSIS, Sezione Tifosi della OMISSIS, Comitato Piccoli Azionisti Utenti Sportivi, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Carlo Rienzi, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale CODACONS in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 73;

il signor OMISSIS, la OMISSIS Football club s.p.a., la F.C. OMISSIS s.p.a., i signori OMISSIS, OMISSIS , la A.C. OMISSIS s.p.a., la F.C. OMISSIS s.r.l., la OMISSIS s.p.a., non costituiti in giudizio nel presente grado;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA, SEZIONE III-TER, n. 02472/2008, resa tra le parti, concernente SANZIONE DISCIPLINARE SPORTIVA;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 giugno 2012 il Cons. Bernhard Lageder e uditi per le parti gli avvocati Giammaria, Medugno, Angeletti e Ramadori, quest’ultimo per delega dell’avvocato Rienzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso depositato il 4 agosto 2006 (rubricato sub n. 771 del 2006), il signor OMISSIS impugnava dinanzi al T.a.r. per il Lazio la decisione della Corte Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C. del 25 luglio 2006, nella parte in cui era stata confermata la sanzione, inflittagli dalla Commissione d’Appello Federale il 14 luglio 2006, dell’inibizione per cinque anni dai ranghi federali, con proposta al Presidente federale di preclusione della permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., e dell’ammenda di euro 50.000,00, per aver commesso l’illecito sportivo di cui all’art. 6, comma 1, del Codice di giustizia sportiva (che testualmente recita: “1. Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, costituisce illecito sportivo.”), ritenuto assorbente rispetto alle ulteriori violazioni contestategli.

La vicenda disciplinare, che aveva visto coinvolto il signor OMISSIS nella qualità di direttore generale della società calcistica OMISSIS, aveva avuto inizio a conclusione di un’indagine attivata a seguito dell’intercettazione di utenze telefoniche sue e di personaggi di rilievo della F.I.G.C., del settore arbitrale e di altre squadre militanti nel campionato di serie A nella stagione 2004 - 2005, ed era sfociata nell’accertamento di responsabilità nei confronti del ricorrente, avendo la Commissione d’Appello Federale ritenuto provato che le condotte accertate fossero soggettivamente e oggettivamente dirette a interferire sulla terzietà della funzione arbitrale al fine di ottenere un trattamento preferenziale rispetto alle altre squadre, e dunque ad assicurarsi un vantaggio in classifica, nonché causalmente idonee al conseguimento del risultato sperato.

2. Con ricorso per motivi aggiunti, lo stesso ricorrente impugnava il lodo emesso il 7 marzo 2007 dalla Camera di conciliazione ed arbitrato dello sport istituita presso il C.O.N.I., declinatoria della competenza dell’organo arbitrale a conoscere della controversia, sulla base del rilievo che l’istante, al momento della proposizione della domanda di arbitrato, non era più un tesserato della F.I.G.C. (essendosi lo stesso dimesso dalle cariche di direttore generale e consigliere di amministrazione della OMISSIS F.C. s.p.a. ed avendo egli chiesto la propria cancellazione dall’elenco speciale dei direttori sportivi con effetto dal 16 maggio 2006), con la conseguenza che, in virtù dell’autonomia del procedimento arbitrale rispetto al procedimento disciplinare e a fronte della mancata accettazione, da parte della F.I.G.C., della competenza arbitrale sull’avversaria domanda, non poteva ipotizzarsi una sorta di perpetuatio iurisdictionis nei confronti del ricorrente.

3. Il T.a.r. adito con la sentenza in epigrafe, definitivamente pronunciando, provvedeva come segue:

(i) dichiarava inammissibile il ricorso incidentale proposto dagli intervenienti ad opponendum CODACONS, Associazione Utenti Servizi Turistici Sportivi e della Multiproprietà, Sezione Tifosi dell’Inter e Sezione Tifosi della Roma, non trattandosi di controinteresssati in senso tecnico;

(ii) respingeva l’eccezione di carenza di giurisdizione – sollevata dalla F.I.G.C. sotto il profilo che oggetto del gravame era una sanzione disciplinare sportiva destinata ad esaurire i propri effetti nell’ambito dell’ordinamento settoriale, con conseguente irrilevanza per l’ordinamento statale anche alla luce del disposto di cui all’art. 2, comma 1, lett. b), d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito dall’art. 1 l. 17 ottobre 2003, n. 280 –, ritenendo che nel caso di specie la sanzione non esaurisse la sua incidenza nell’ambito strettamente sportivo, ma influisse anche nell’ordinamento generale statale sotto il profilo della sua incidenza lesiva sui diritti fondamentali del ricorrente “in quanto uomo e cittadino” e sulla sua sfera patrimoniale, sicché, sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata del citato provvedimento legislativo, non poteva negarsi il diritto alla tutela giurisdizionale dinanzi agli organi dell’ordinamento statale;

(iii) accoglieva l’eccezione di carenza di legittimazione passiva in capo al C.O.N.I., attesa la non imputabilità dell’atto impugnato al Comitato olimpico, essendo esso, impugnato con i motivi aggiunti, imputabile esclusivamente all’organo arbitrale;

(iv) respingeva l’eccezione di improcedibilità del ricorso per mancato assolvimento della c.d. pregiudiziale sportiva, essendo rimasti esauriti tutti i rimedi interni al relativo ordinamento;

(v) affermava l’assoggettabilità del ricorrente al procedimento disciplinare dinanzi agli organi dell’ordinamento sportivo, sebbene il medesimo avesse presentato le proprie dimissioni da ogni relativo incarico con effetto dal 16 maggio 2006 – ossia, prima dell’inizio del procedimento disciplinare, da individuarsi al momento della notificazione del deferimento dell’incolpato alla Commissione d’Appello Federale, avvenuta il 23 giugno 2006 –, in quanto da un’interpretazione logica dell’art. 36, comma 7, delle Norme organizzative interne della F.I.G.C. (N.O.I.F.) discenderebbe la sottoponibilità al procedimento disciplinare dei tesserati dimessisi prima del relativo inizio, onde evitare che gli stessi potessero sottrarsi strumentalmente all’effetto preclusivo di una loro eventuale riammissione in ambito federale, dalla citata disposizione espressamente statuito per i soli tesserati dimessisi in pendenza del procedimento;

(vi) affermava la legittimità delle attività di acquisizione e valutazione istruttoria compiute dagli organi disciplinari, specie con riguardo alle risultanze delle intercettazioni telefoniche provenienti dal procedimento penale promosso nei confronti del ricorrente ed acquisite al procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 2, comma 3, l. 13 dicembre 1989, n. 401, che consentiva agli organi disciplinari sportivi di chiedere copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell’art. 116 c.p.p.;

(vii) disattendeva, infine, le censure di contraddittoria ed erronea qualificazione delle condotte del ricorrente sub specie di illecito sportivo ex art. 6, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, ponendo in rilievo la relativa natura di illecito di pericolo, rispettivamente a consumazione anticipata;

(viii) respingeva dunque sia il ricorso principale, sia il ricorso per motivi aggiunti (basato su motivi quasi identici a quelli dedotti col ricorso principale e, per il resto, su vizi d’illegittimità derivata);

(ix) dichiarava le spese di causa interamente compensate tra le parti.

4. Avverso tale sentenza interponeva appello il ricorrente soccombente, deducendo due articolati motivi come di seguito testualmente rubricati:

a) “eccesso di potere per grave difetto d’istruttoria e contraddittorietà della motivazione”, sotto vari profili;

b) “violazione e falsa applicazione del principio del giusto provvedimento”, sotto vari profili.

L’appellante chiedeva dunque, in riforma dell’appellata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado.

5. L’appellata F.I.G.C. interponeva appello incidentale avverso la statuizione sub 3.(ii), reiettiva dell’eccezione di carenza di giurisdizione, sostenendo che si trattasse di controversia riservata per legge (l. n. 280 del 2003) all’autonomia dell’ordinamento settoriale sportivo e richiamando all’uopo precedenti giurisprudenziali (nella memoria di discussione, a sostegno della propria tesi, la Federazione invocava la sentenza n. 49/2011 della Corte Costituzionale, dichiarativa dell’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, lettera b), e 2, d.l. n. 220 del 2003, convertito dalla l. n. 280 del 2003). La Federazione chiedeva dunque, in riforma dell’appellato capo di sentenza, la declaratoria d’inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto assoluto di giurisdizione.

6. Si costituiva altresì il C.O.N.I., rilevando che la statuizione sub 3.(iii), dichiarativa del proprio difetto di legittimazione passiva, non era stata investita da specifici motivi d’impugnazione, con conseguente correlativa formazione del giudicato, ed associandosi comunque all’appello incidentale proposto dalla F.I.G.C. previo richiamo, nella memoria di discussione, della sentenza n. 302/2012 di questa Sezione.

Il C.O.N.I. eccepiva, inoltre, l’improcedibilità del ricorso avversario sotto il profilo che, nelle more, gli organi di giustizia sportiva avrebbero irrogato nei confronti dell’originario ricorrente la sanzione della preclusione definitiva della permanenza nei ranghi federali, con provvedimento confermato dall’Alta Corte di Giustizia Sportiva con decisione n. 9 del 3 aprile - 11 maggio 2012, allo stato non impugnata.

7. Si costituivano altresì gli originari intervenienti ad opponendum (CODACONS e altri), interponendo appello incidentale avverso la declaratoria d’inammissibilità del proposto ricorso incidentale, di cui sopra sub 3.(i), e contestando comunque la fondatezza del ricorso principale.

8. Sebbene ritualmente evocati in giudizio, gli altri appellati (meglio indicati in epigrafe) non si sono costituiti in giudizio nel presente grado.

9. All’udienza pubblica del 12 giugno 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.

10. In via logicamente prioritaria s’impone l’esame della questione pregiudiziale del difetto di giurisdizione, devoluta al presente grado con l’appello incidentale proposto dalla F.I.G.C. avverso la correlativa statuizione reiettiva del T.a.r.

10.1. Secondo un recente orientamento di questa Sezione (v. sentenza n. 302 del 24 gennaio 2012), formatosi in considerazione della motivazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 49/2011 dell’11 febbraio 2011, il rapporto tra l’ordinamento settoriale sportivo e l’ordinamento generale statale, in materia di sanzioni disciplinari e correlative impugnazioni, va ricostruito come segue.

L’art. 1, d.l. 19 agosto 2003, n. 220 (recante “Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”), convertito con l. 17 ottobre 2003, n. 280, dispone, al comma 2, che “I rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo.”.

La disposizione disciplina il delicato rapporto tra l’ordinamento statale e uno dei più significativi ordinamenti autonomi che con il primo vengono a contatto, garantendo due diverse esigenze costituzionalmente rilevanti:

- da un lato, quella dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, cui ampia tutela è riconosciuta dagli artt. 2 e 18 della Costituzione;

- dall’altro, quella a che non sia intaccata la pienezza della tutela delle situazioni giuridiche soggettive che, sebbene connesse con quell’ordinamento, siano rilevanti per l’ordinamento giuridico della Repubblica.

Da un lato, quindi, l’art. 1, comma 2, d.l. n. 220 del 2003 ha inteso rispettare l’autonomia dell’ordinamento sportivo, dall’altro ha espressamente precisato che l’autonomia in questione non sussiste, allorché siano coinvolte situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico della Repubblica.

In applicazione dei suddetti principi, il successivo art. 2 dello stesso citato decreto legge dispone che “ (…) è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:

a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;

b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive; (…)”.

Infine, l’art. 3, comma 1, testualmente recita: “Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo. (…)”.

Come è stato chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49, gli articoli riportati prevedono tre forme di tutela:

- una prima forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), demandata alla cognizione del giudice ordinario;

- una seconda, relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2, non apprestata da organi dello Stato, ma da organismi interni all’ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste, secondo uno schema proprio della cosiddetta “giustizia associativa”;

- una terza, tendenzialmente residuale e devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra le società, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati) – demandati al giudice ordinario – , e per altro verso non rientra tra le materie che, ai sensi dell’art. 2 d.l. n. 220 del 2003, sono riservate all’esclusiva cognizione degli organi della giustizia sportiva.

La stessa Corte costituzionale – nel dichiarare non fondata la questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, lett. b), e 2, d.l. n. 220 del 220, nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la decisione di controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo (questione, sollevata con ordinanza del Tar Lazio, Roma, Sez. III-ter, 11 febbraio 2010, n. 241) – ha posto in rilievo che la mancata praticabilità della tutela impugnatoria non toglie che le situazioni di diritto soggettivo o di interesse legittimo siano adeguatamente tutelabili innanzi al giudice amministrativo mediante la tutela risarcitoria.

Nel condividere l’impostazione ricostruttiva elaborata da Cons. St., Sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5782, la Corte Costituzionale ha interpretato l’art. 1, d.l. n. 220 del 2003 in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che – laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale – la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere.

Il giudice amministrativo può, quindi, conoscere, nonostante la riserva a favore della “giustizia sportiva”, delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.

La Corte costituzionale ha dunque rilevato che la mancanza di un giudizio di annullamento non comporta la compromissione del principio di effettività della tutela, previsto dall’art. 24 Cost. essendo comunque consentita una diversificata modalità di tutela giurisdizionale, statuendo sul punto testualmente: “ (…) È sicuramente una forma di tutela, per equivalente, diversa rispetto a quella in via generale attribuita al giudice amministrativo (ed infatti si verte in materia di giurisdizione esclusiva), ma non può certo affermarsi che la mancanza di un giudizio di annullamento (che, oltretutto, difficilmente potrebbe produrre effetti ripristinatori, dato che in ogni caso interverrebbe dopo che sono stati esperiti tutti i rimedi interni alla giustizia sportiva, e che costituirebbe comunque, in questi casi meno gravi, una forma di intromissione non armonica rispetto all’affermato intendimento di tutelare l’ordinamento sportivo) venga a violare quanto previsto dall’art. 24 Cost.. Nell’ambito di quella forma di tutela che può essere definita come residuale viene, quindi, individuata, sulla base di una argomentata interpretazione della normativa che disciplina la materia, una diversificata modalità di tutela giurisdizionale. (…)”.

10.2. Alla stregua dell’illustrato percorso ricostruttivo seguito dalla Corte Costituzionale, ritiene il Collegio, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla F.I.G.C., che l’impugnazione della sanzione disciplinare inflitta al signor OMISSIS non possa essere conosciuta dal giudice amministrativo, nella cui sfera di giurisdizione rientrano solo eventuali domande di tipo risarcitorio, nel caso di specie non proposte. Infatti, l’odierno appellante principale ha esperito esclusivamente l’azione impugnatoria avverso il provvedimento irrogativo di una sanzione di natura squisitamente disciplinare (costituita dall’inibizione di durata quinquennale con proposta di radiazione dai ranghi federali, accompagnata dall’ammenda di euro 50.000,00), prevista dal Codice di giustizia sportiva, mentre, per quanto sopra esposto, irrilevanti ai fini della soluzione della questione del riparto nei giudizi impugnatori sono eventuali effetti patrimoniali o personali pregiudizievoli consequenziali.

10.3. Né nella soluzione del profilo processuale della giurisdizione può assumere rilievo l’esito del giudizio arbitrale dinanzi alla Camera di conciliazione ed arbitrato dello sport (di cui sopra sub 2.), definito con lodo declinatorio della competenza dell’organo arbitrale a conoscere della domanda impugnatoria in quella sede proposta dall’odierno appellante, sul rilievo che quest’ultimo, al momento della proposizione della domanda di arbitrato, non era più tesserato della F.I.G.C.

Infatti – in disparte ogni questione sulla natura (di vero e proprio lodo arbitrale, oppure di decisione di ultimo grado della giustizia sportiva a sostanziale valenza provvedimentale) della pronuncia della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del C.O.N.I., irrilevante nel presente contesto discorsivo –, l’ivi rilevato venir meno del criterio di radicamento della competenza arbitrale è imputabile alla dimissione volontaria dalle cariche sportive e dal tesseramento, e dunque a un atto di libera scelta dello stesso interessato, in quanto tale inidoneo a determinare la “reviviscenza” della giurisdizione statale, attesa l’indisponibilità dei presupposti di operatività dei criteri di riparto tra giurisdizione settoriale sportiva e giurisdizione generale statale, quali risultanti dal sopra illustrato percorso ricostruttivo dei rapporti tra i due ordinamenti, ancorati al criterio di riparto della natura (“disciplinare”) del provvedimento impugnato.

10.4. Per le esposte considerazioni, in accoglimento dell’appello incidentale in esame e in riforma dell’appellata sentenza, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso di primo grado (e della domanda con esso formulata) per difetto di giurisdizione.

11. Atteso il carattere assolutamente pregiudiziale della questione di giurisdizione, quale sopra risolta, resta impedito l’ingresso sia dell’appello principale, sia dell’appello incidentale proposto dagli intervenienti in primo grado.

12. Considerato che il sopra richiamato orientamento giurisprudenziale si è assestato solo dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello principale, come in epigrafe proposto (ricorso n. 5975 del 2008), e sugli appelli incidentali proposti dalla F.I.G.C. e, in via separata, dal CODACONS e dagli altri interventori in primo grado, accoglie l’appello incidentale proposto dalla F.I.G.C. e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado (compreso il ricorso per motivi aggiunti) per difetto di giurisdizione amministrativa sulla formulata domanda d’annullamento; assorbiti gli altri appelli; spese del doppio grado interamente compensate tra tutte le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

Andrea Pannone, Consigliere

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