CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 5764/2009 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 5764/2009

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: Uisp - Unione Italiana Sport Per Tutti, rappresentato e difeso dagli avv. Enrico Dante, Francesco Antonio Caputo, con domicilio eletto presso Francesco Antonio Caputo in Roma, via Ugo Ojetti N.114;

contro

Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, Ministero Economia e Finanza, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12; Fipt - Federazione Italiana Pallatamburello;

nei confronti di

C.O.N.I. - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, rappresentato e difeso dagli avv. Alberto Angeletti, Guido Cecinelli, con domicilio eletto presso Guido Cecinelli in Roma, piazza Mancini 4 Sc.F; Fihp - Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:

Acsi - Associazione Centri Sportivi Italiani, Aics - Associazione Italiana Cultura Sport, Asi - Alleanza Sportiva Italiana, Csen - Centro Sportivo Educativo Nazionale, Endas - Ente Nazionale Democratico di Azione Sociale, U.S. Acli - Unione Sportiva Acli;

per la riforma

della sentenza del Tar Lazio - Roma :sezione Iii Ter n. 9429/2003, resa tra le parti, concernente APPROVAZIONE STATUTO CONI E ADEGUAMENTO DI CONFORMITA' A NUOVO STATUTO.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2009 il dott. Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1.E’impugnata la decisione del Tar del Lazio n. 9429 del 2 novembre 2003 che ha respinto il ricorso ( nonché i susseguenti motivi aggiunti) proposti dall’Unione Italiana Sport per Tutti – d’ora in avanti, UISP- avverso : a) il decreto interministeriale del 19 aprile 2000 approvativo dell’art. 26 comma 1 e dell’art. 27 comma 1 lett. b) dello Statuto del Comitato Olimpico Nazionale ( d’ora in avanti, CONI); b) la deliberazione del Consiglio nazionale del CONI del 24 marzo 2000 n. 1109 con la quale si è provveduto alla riadozione dello Statuto dell’ente a seguito delle osservazioni trasmesse; c) quanto ai motivi aggiunti, la deliberazione del 23 luglio 2002 n. 537 con la quale la Giunta nazionale del CONI ha condizionato il riconoscimento di conformità dello Statuto UISP alla modifica degli articoli statutari ivi indicati.

A motivo dell’appello UISP ripropone, all’indirizzo degli atti in primo grado gravati e della sentenza di prime cure che le seguenti doglianze ha disatteso, violazione e falsa applicazione, sotto svariati profili, del d.lgs. n. 242/99 nonché violazione dei principi generali in tema di libertà di associazione e di libera accessibilità alle pratiche sportive. Conclude per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado, e per l’annullamento degli atti colà gravati,in totale riforma della impugnata decisione.

Si è costituito in giudizio il CONI per resistere al giudizio e per chiederne la reiezione.

All’udienza del 26 giugno 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. L’appello è infondato e va respinto.

L’appellante, nella veste di ente di promozione sportiva riconosciuto dal CONI, contesta sostanzialmente, sia pur nei limiti di cui appresso, la sussistenza del potere da parte di tale ultimo organismo di conformare le regole statutarie interne di essa UISP, e ne censura i provvedimenti puntuali indicati in epigrafe attraverso i quali quel potere si è tradotto in atto, ed in particolare la delibera del 23 luglio 2002 n. 537 con la quale la Giunta nazionale del CONI ha condizionato il riconoscimento di UISP alla modifica degli articoli statutari ivi indicati, nei sensi nella stessa delibera precisati.

Va preliminarmente precisato, in fatto, che - come dedotto dal difesa del CONI nella memoria del 11 giugno 2009 - UISP ha provveduto, successivamente all’incardinazione del ricorso di primo grado, ad uniformare il proprio statuto interno alle indicazioni rivenienti dalla citata delibera del CONI n. 537/02, ed il CONI ha conseguentemente provveduto, con delibera n. 338 del 20 luglio 2005, ad approvare definitivamente lo statuto UISP nel testo modificato.

Poiché tale ultima delibera CONI non risulta impugnata da UISP, la difesa del Comitato ha prospettato in memoria conclusiva - nonché in sede di discussione orale - la questione della sopravvenuta carenza di interesse al ricorso originario ( e, per conseguenza, all’appello). La difesa dell’appellante ha al contrario insistito per la decisione nel merito del gravame, rilevando che a formare oggetto di censura, in via prioritaria ed assorbente, sono le disposizioni dello Statuto del CONI da cui trae fondamento il potere di intervento conformativo sugli statuti degli enti controllati; con il che evidenziando che dall’accoglimento di tale profilo del gravame verrebbe senz’altro, per invalidità derivata, la caducazione di ogni atto consequenziale, ivi compreso il suindicato deliberato di Giunta, col quale sono state indicate a UISP le modifiche da apportare allo Statuto ai fini della sua definitiva approvazione.

3. Alla luce di tale precisazione in fatto, e delle posizioni dei difensori delle parti in sede di discussione orale, il Collegio ritiene di poter limitare lo scrutinio giurisdizionale sulla sola questione principale, afferente l’an dell’intervento conformativo del CONI sugli statuti degli enti di promozione sportiva ( ed in particolare sullo statuto UISP) e non anche sul quomodo, e cioè sul suo concreto atteggiarsi attraverso le puntuali indicazioni rettificative dello Statuto, cui – come si è anticipato -UISP ha prestato definitiva acquiescenza, con atti che risultano validati dal CONI mercè la definitiva approvazione dello Statuto UISP ( rimasta inoppugnata).

4.Così delineato il thema decidendum, vanno esaminate le censure addotte dall’appellante alla impugnata sentenza nella parte in cui la stessa ha ritenuto la piena legittimità degli artt. 26 e 27 dello Statuto del CONI ove sono disciplinate le condizioni del riconoscimento da parte del Comitato olimpico degli enti di promozione sportiva.

Assume UISP che tale meccanismo di riconoscimento, ed i conseguenti poteri di cui sarebbe intestatario il CONI, sarebbe violativo dei principi generali rinvenibili nel d.lgs. n. 242/99, nell’art. 1 della legge n. 91/1981 ed in particolare del principio di libera associazione e di libero esercizio di ogni pratica sportiva.

Ma le censure non colgono nel segno.

5. Il CONI, anche a seguito della citata legge di riordino n. 242/99, ha conservato la personalità giuridica di diritto pubblico ( art.1) e, sotto la vigilanza del Ministero dei beni e le attività culturali, esercita significative funzioni di controllo e di indirizzo sulle attività sportive nazionali a carattere professionistico e dilettantistico. In particolare, tra le prerogative legali, rilevanti nella controversia in esame, di cui risulta attributario il Comitato olimpico nazionale, vi è che il Consiglio nazionale del CONI ( art. 5 lett. c)) delibera in ordine ai provvedimenti di riconoscimento, ai fini sportivi, delle federazioni sportive nazionali, delle società ed associazioni sportive, degli enti di promozione sportiva, delle associazioni benemerite e di altre discipline sportive associate al C.O.N.I. e alle federazioni, sulla base dei requisiti fissati dallo statuto, tenendo conto a tal fine anche della rappresentanza e del carattere olimpico dello sport, dell'eventuale riconoscimento del CIO e della tradizione sportiva della disciplina.

La richiesta di riconoscimento è espressione di libera scelta da parte dell’Ente di promozione sportiva; il riconoscimento è però presupposto indispensabile ai fini della erogazione in favore dell’ente sportivo riconosciuto dei contributi finanziari da parte del CONI ( art. 28 Statuto CONI).

Ai fini del riconoscimento, l’Ente di promozione sportiva deve adottare uno statuto coerente con i principi fondamentali del CONI, ed in particolare deve far proprio uno statuto in cui sia espressamente stabilita l’assenza di fini di lucro e sia altresì garantita l’osservanza del principio di democrazia interna e di pari opportunità tra gli associati ( artt. 26 e 27 Statuto CONI).

L’appellante assume che tale assetto ordinamentale, ed in particolare la sottoposizione degli enti di promozione sportiva ai suddetti poteri conformativi ad opera del CONI e delle Federazioni sportive allo stesso aderenti costituisca un vulnus al principio di libertà associativa e di libero esercizio delle attività sportive.

Ma il rilievo censorio è palesemente inconsistente, posto che -come già detto - ogni associazione di diritto privato non riconosciuta che si proponga quale finalità statutaria quella di promuovere una determinata attività sportiva e di favorirne la pratica tra gli associati non è tenuta per ciò solo a richiedere il riconoscimento da parte del CONI, di tal che non si vede come possa parlarsi di pregiudizio al principio costituzionale di libera associazione. Né d’altra parte si comprende in che misura la libera pratica sportiva possa subire una limitazione nel suo concreto esplicarsi per effetto dei poteri di controllo (che la legge affida al CONI) sugli assetti statutari delle associazioni sportive che ambiscono ad ottenere il riconoscimento.

Si tratta, come detto, di una libera scelta dell’Ente, funzionale essenzialmente ad ottenere le erogazioni finanziarie pubbliche nonché il patrocinio in occasione di rilevanti manifestazioni sportive; ma allora è pienamente ragionevole che la legge intesti ad un organismo pubblico ( cui fanno capo tutte le federazioni sportive nazionali), posto sotto la diretta vigilanza ministeriale, un potere di controllo capillare ( ma non per questo invasivo degli spazi di autonomia negoziale, ove non interferenti con i principi e le finalità pubblicistiche) sugli statuti interni degli enti di promozione sportiva ( al pari di quanto si prevede nei confronti delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline sportive associate), al fine di verificare che detti statuti siano conformi ai principi generali cui si ispirano gli ordinamenti sportivi nazionali ed internazionali.

Da tale punto di vista non appaiono illegittime le previsioni – espressamente richiamate dianzi – contenute negli artt. 26 e 27 dello statuto del CONI, lì dove prevedono che gli statuti interni degli enti di promozione sportiva che ambiscono al riconoscimento debbano rispettare i suindicati principi contenuti nel ridetto art. 26, che possono compendiarsi -come già detto- nel divieto di perseguire finalità lucrative e nel non prevedere limitazioni soggettive di sorta nell’accesso alle cariche sociali ovvero nell’esercizio del diritto di elettorato attivo da parte di ciascun associato.

Si tratta, all’evidenza, di regole coerenti con le finalità precipue degli enti che perseguono finalità di promozione sportiva e che a tal titolo ricevono contributi finanziari da parte dello Stato; né la soggezione a tali regole comporta limiti irragionevoli o non proporzionati alla sfera del libero esercizio dell’autonomia privata, essendo piuttosto ben ragionevole che quest’ultima risulti legalmente conformata in relazione alle finalità di pubblico interesse perseguite dalle associazioni sportive riconosciute.

Alla luce di quanto detto, sfugge pertanto il profilo della stessa lesività delle previsioni contenute nei ricordati articoli 26 e 27 dello statuto del CONI, potendo piuttosto la lesione configurarsi se del caso in occasione delle puntuali applicazioni del suddetto obbligo conformativo, ove mai la indicazione rettificativa imposta dal CONI all’ente di promozione sportiva non risponda ad esigenze meritevoli di tutela, o non sia altrimenti corretta espressione dei poteri di controllo che la legge intesta al Comitato olimpico.

Da ultimo, non appare inutile evidenziare che l’intervento normativo più recente ( il riferimento è alla legge n. 15 del 2004) di modifica del d.lgs. 23.7.99 n. 242, recante riordino del CONI, ha ulteriormente rafforzato i poteri di controllo di tale ultimo organismo, prevedendo espressamente ( art. 5 comma 2 punto b) d.lgs. 242/99) che il Consiglio Nazionale del CONI stabilisce i principi fondamentali ai quali devono uniformarsi, allo scopo del riconoscimento ai fini sportivi, gli statuti delle Federazioni sportive nazionali, delle Disicpline associate, degli Enti di promozione sportiva e che lo stesso Consiglio stabilisce i criteri e le modalità per l'esercizio dei controlli sulle federazioni sportive nazionali, sulle discipline sportive associate e sugli enti di promozione sportiva riconosciuti. Tale ultimo dato normativo non fa che confermare la manifesta infondatezza delle doglianze della appellante associazione che, senza rinunciare al riconoscimento ai fini sportivi, vorrebbe inferire la esorbitanza dei controlli legali sul proprio statuto da parte del CONI, controlli che invece soddisfano evidenti esigenze pubblicistiche connesse al corretto perseguimento delle finalità sportive da parte degli enti riconosciuti.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna l’appellante alla rifusione, in favore del CONI, delle spese processuali di questo grado, e liquida dette spese in complessivi Euro 2.000,00 oltre IVA e CAP come per legge.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2009 con l'intervento dei Magistrati:

Claudio Varrone, Presidente

Aldo Fera, Consigliere

Domenico Cafini, Consigliere

Roberto Garofoli, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore

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