CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 6010/2011 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 6010/2011
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto dalla s.r.l. Dilettantistica OMISSIS, in persona del rappresentante legale p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Lubrano e Enrico Crocetti Bernardi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Enrico Lubrano in Roma, via Flaminia, 79;
contro
Il Coni - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Angeletti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giuseppe Pisanelli, 2;
la Federazione Italiana Pallavolo (Fipav), in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giancarlo Guarino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Nibby n. 7;
nei confronti di
la Lega Pallavolo Femminile, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni M. Cocconi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ciro Menotti, 1; la Società OMISSIS Volley Piacenza, Società OMISSIS Matera, Società Mc OMISSIS; OMISSIS Volley Società Dilettantistica S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Pucci, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Mazzini, 114/B;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE terza quater n. 7912/2011, resa tra le parti, concernente RIPESCAGGIO DELLA SOCIETA’ PIACENZA IN SERIE A1 DI PALLAVOLO FEMMINILE - MCP-
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Coni - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, della Federazione Italiana Pallavolo (Fipav), della Lega Pallavolo Femminile e della OMISSIS OMISSIS Società Dilettantistica S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2011 il Cons. Roberto Garofoli e uditi per le parti gli avvocati Lubrano, Angeletti, Giancarlo Guarino, Cocconi e Pucci;
Considerato che, sull’accordo delle parti, la Sezione ha deciso di pubblicare dapprima l’ordinanza cautelare – per ragioni di urgenza - e poi la sentenza di definizione del secondo grado del giudizio;
Vista l’ordinanza emessa all’esito della camera di consiglio, con cui è stata respinta l’istanza incidentale dell’appellante, per le ragioni che sarebbero state espresse nella sentenza di seguito pubblicata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza n. 7912 del 2011, il T.A.R. Lazio ha respinto il ricorso n. 8066 del 2011, con cui la società odierna appellante ha dedotto l’illegittimità dei provvedimenti del Consiglio federale della FIPAV recanti il ripescaggio della società OMISSIS Volley Piacenza nel campionato di serie A 1 per la stagione 2011-2012.
In particolare, il giudice di primo grado, ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo ed assorbite le eccezioni in rito dedotte, ha concluso per l’infondatezza del ricorso, così disattendendo le censure relative al lamentato contrasto del ripescaggio della società OMISSIS Volley Piacenza con l’art. 11 del Regolamento Gare della FIPAV.
Avverso la sentenza, la società originaria ricorrente ha proposto appello, sostenendone l’erroneità e chiedendo che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia accolto.
Propone appello incidentale la Lega pallavolo Serie A femminile, deducendo l’inammissibilità del ricorso proposto in primo grado.
Alla camera di consiglio del 18 ottobre 2011, oltre alla definizione della domanda cautelare proposta in via incidentale dalla società, col consenso delle parti la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Col ricorso di primo grado, proposto al TAR per il Lazio, l’odierna società appellante, classificatasi al penultimo posto del campionato di serie A2 di pallavolo femminile, ha dedotto l’illegittimità degli atti con cui è stato disposto il ‘ripescaggio’ nel campionato di serie A1 per la stagione 2011-2012 della società OMISSIS Volley Piacenza, già beneficiaria di un ‘ripescaggio’ nella stagione precedente e retrocessa al termine del campionato dalla serie A1 a quello di serie A2; ad avviso della ricorrente, con il contestato ‘ripescaggio’ sarebbero state violate le previsioni recate dal Regolamento Gare della FIPAV.
Con la sentenza appellata, il TAR – ravvisata la propria giurisdizione - ha respinto il ricorso, compensando tra le parti le spese del giudizio.
Con l’appello principale, la società interessata ha riproposto le censure respinte dal TAR ed ha chiesto che, in riforma della sentenza gravata, il ricorso di primo grado sia accolto.
La lega pallavolo femminile, con l’appello incidentale, ha dedotto che non sussisterebbe la giurisdizione amministrativa e che il ricorso di primo grado sarebbe comunque inammissibile e infondato.
2. Va esaminato con priorità l’appello incidentale, nella parte è con lo stesso dedotto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
3. Ritiene la Sezione che vada confermata la statuizione con cui il TAR ha affermato la sussistenza della giurisdizione amministrativa.
E’ utile considerare, al riguardo, che l’art. 1, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito con l. 17 ottobre 2003, n. 280, dispone, al comma 2, che “i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.
Tali disposizioni hanno disciplinato il delicato rapporto tra l’ordinamento statale e uno dei più significativi ordinamenti autonomi che con il primo vengono a contatto, garantendo due diverse esigenze costituzionalmente rilevanti:
• da un lato, quella dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, cui ampia tutela è riconosciuta dagli artt. 2 e 18 della Costituzione;
• dall’altro, quella a che non sia intaccata la pienezza della tutela delle situazioni giuridiche soggettive che, sebbene connesse con quell’ordinamento, siano rilevanti per l’ordinamento giuridico della Repubblica.
Da un lato, quindi, l’art. 1, comma 2, del d.l. n. 220 del 2003 ha inteso rispettare l’autonomia dell’ordinamento sportivo, dall’altro, espressamente ha precisato che l’autonomia in questione non sussiste allorché siano coinvolte situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico della Repubblica.
In applicazione dei suddetti principi, il successivo art. 2 dello stesso decreto legge dispone che “è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:
a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;
b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”.
Ai sensi del successivo art. 3, “esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo”.
Come è stato chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49, gli articoli riportati prevedono tre forme di tutela:
• una prima forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), demandata alla cognizione del giudice ordinario;
• una seconda, relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2, non apprestata da organi dello Stato ma da organismi interni all’ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste, secondo uno schema proprio della cosiddetta “giustizia associativa”;
• una terza, tendenzialmente residuale e devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra le società, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati) – demandati al giudice ordinario – , per altro verso non rientra tra le materie che, ai sensi dell’art. 2, d.l. n. 220 del 2003, sono riservate all’esclusiva cognizione degli organi della giustizia sportiva.
Quanto alla terza ipotesi presa in considerazione, va osservato che, secondo la originaria versione del decreto-legge n. 220 del 2003, fra le fattispecie che, essendo inserite al comma 1 dell’art. 2, potevano considerarsi sottratte alla cognizione del giudice statale, erano incluse, tra le altre, le questioni relative alla organizzazione e allo svolgimento delle attività agonistiche ed alla ammissione ad esse di squadre ed atleti.
Ebbene, come chiarito dalla stessa Corte costituzionale nella citata sentenza 11 febbraio 2011, n. 49, la circostanza che, in sede di conversione del decreto-legge, il legislatore abbia espunto le lettere c) e d) del comma 1 dell’art. 2, ove erano indicate le summenzionate fattispecie, induce agevolmente a ritenere che si sia inteso ricondurle nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Invero, la sottrazione dell’originario testo normativo si spiega se si considera che la possibilità, o meno, di essere ammessi a svolgere attività agonistica - disputando le gare ed i campionati organizzati dalle Federazioni sportive facenti capo al CONI - non è una situazione certo irrilevante per l’ordinamento giuridico generale e, come tale, non meritevole di tutela da parte di questo.
Si tratta di una questione riguardante l’organizzazione stessa delle manifestazioni sportive, con immediata e diretta incidenza su contrapposti fondamentali diritti di libertà, oltre che di posizioni soggettive di sicuro rilievo patrimoniale.
E’ quanto deve ritenersi con riferimento alla controversia in esame, atteso che nella stessa viene in contestazione la legittimità dell’atto di ‘ripescaggio’, che per l’appunto comporta l’ammissione della società ripescata al campionato organizzato dalla federazione.
4. Tanto chiarito in punto di giurisdizione amministrativa, per l’esame delle censure contenute nell’atto di appello è opportuno riportare la disciplina dettata dal Regolamento Gare della Fipav in tema di ripescaggio.
4.1. L’art. 11 del citato Regolamento ha disposto:
- al comma 2, che “i ripescaggi si effettuano con le seguenti tipologie: - reintegrazione: squadra retrocessa e ripescata; - integrazione: squadra meglio classificata del campionato immediatamente inferiore e ripescata; - immissione: squadra di serie superiore che non si iscrive al campionato e viene ammessa ad un campionato di serie inferiore”,
- al comma 4, che “non possono essere ripescate, salva contraria espressa disposizione del Consiglio Federale, … , b) le squadre retrocesse e già reintegrate la stagione precedente”;
- al comma 5, che “il ripescaggio si effettua ammettendo a partecipare al campionato carente, su loro domanda e salva contraria espressa deroga del Consiglio Federale, nell’ordine: a) le squadre di serie superiore che non si iscrivono al campionato a cui hanno diritto e chiedono l’ammissione ad un campionato inferiore, secondo quanto stabilito dalle circolari di indizione dei campionati; b) le squadre retrocesse e classificatesi nella prima posizione di classifica prevista nelle retrocessioni; c) le squadre della serie inferiore classificatesi nella prima posizione di classifica dopo le squadre promosse; d) le squadre retrocesse e classificatesi nella seconda posizione di classifica prevista nelle retrocessioni; e) le squadre della serie inferiore classificatesi nella seconda posizione di classifica dopo le squadre promosse; f) così di seguito fino ad esaurimento delle società aventi diritto”.
L’interpretazione sistematica dei diversi commi del citato art. 11 induce la Sezione a ritenere che il ‘Regolamento gare’, nell’indicare in specie con il comma 5 i criteri che devono orientare gli organismi federali nell’attendere al ripescaggio, assegni rilievo decisivo alla posizione che le squadre richiedenti hanno assunto nel campionato precedente; i criteri enunciati al richiamato comma 5 risultano, invero, ispirati al principio della preferenza per la squadra che ha disputato il campionato nella serie superiore o che si è classificata in posizione migliore.
Senonché, il comma 4 dello stesso art. 11 esclude che possano essere ripescate “le squadre retrocesse e già reintegrate la stagione precedente” (lett. b): in tale situazione versa la società Piacenza, destinataria del ripescaggio contestato nella presente vicenda processuale, nonostante per l’appunto sia risultata già beneficiaria di un ripescaggio nella stagione precedente e retrocessa dal campionato di serie A1 a quello di serie A2.
Il divieto posto dal citato art. 11, comma 4, lett. b), non è dunque inderogabile, atteso che la disposizione citata fa salva la possibilità di una “contraria espressa disposizione del Consiglio Federale”.
Nella specie, il Consiglio Federale si è avvalso di tale potere discrezionale, esplicitando le ragioni che hanno indotto a disporre il ripescaggio di una squadra già ripescata nella precedente stagione e retrocessa dal campionato di serie A 1 a quello di serie A 2.
Si tratta di ragioni che, ad avviso del Collegio, si sottraggono ai dedotti rilievi di illegittimità ed irragionevolezza.
In primo luogo, sulla base di una lettura testuale dell’art. 11 Regolamento Gare della Fipav, l’esercizio del potere discrezionale attribuito al Consiglio Federale - di disporre il ripescaggio di squadra retrocessa e già reintegrata la stagione precedente - non è subordinato al riscontro di circostanze eccezionali, limitandosi la previsione normativa a prescrivere che la deroga sia “espressa”, e quindi adeguatamente e ragionevolmente motivata.
Inoltre, il quadro normativo sportivo prima richiamato non consente in alcun modo di ritenere che al ripescaggio di squadra retrocessa e già reintegrata la stagione precedente il Consiglio federale possa determinarsi nella sola ipotesi in cui quella squadra sia la sola ad aver presentato domanda di ripescaggio: ove così il Regolamento avesse voluto disporre, vi sarebbe stato bisogno di una specifica disposizione, riferita all’unico presupposto di fatto che – in ipotesi – sarebbe stato considerato rilevante.
4.2. Ciò posto, il Collegio condivide le statuizioni del TAR sulla infondatezza delle censure dedotte in primo grado (e integralmente riproposte in questa sede) con riguardo alle ragioni nel caso di specie poste a base del ripescaggio della società OMISSIS Volley Piacenza.
Diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, nell’impianto motivazionale dell’atto impugnato in primo grado non si può ritenere sussistente un “ordine tra le ragioni” addotte dal Consiglio federale a sostegno del ripescaggio disposto in favore della società Piacenza.
Al contrario, come condivisibilmente sostenuto dal primo giudice, emerge che a supporto del ripescaggio sono state poste due ragioni, rispettivamente relative alla migliore preparazione tecnico-sportiva e alla più consistente solidità economico-finanziaria della società ripescata, ciascuna delle quali autonomamente sufficiente a costituire una adeguata base motivazionale della determinazione assunta.
Ebbene, quanto alla migliore preparazione tecnico-sportiva, va considerato che la società ripescata è stata retrocessa dalla Serie A1, mentre la società ricorrente si è classificata al penultimo posto nel campionato di serie A2 dell’anno precedente: sotto tale profilo, non è dato desumere alcun profilo di eccesso di potere dal fatto che sia stata considerata più meritevole la società che si è attrezzata per partecipare nella serie superiore.
Peraltro, la ragionevolezza del rilievo dell’elemento della migliore preparazione tecnico-sportiva emerge anche dal fatto che il Consiglio Federale, come risulta dagli stessi atti impugnati in primo grado, ha constatato come nel precedente campionato abbia partecipato una squadra poi risultata carente di tutti i relativi requisiti, con incidenza sui risultati sportivi che hanno condotto alla retrocessione della società Piacenza.
Quanto, invece, al criterio della solidità economico-finanziaria valutata in sede di ripescaggio, osserva la Sezione che esso risulta con ogni evidenza ragionevole in astratto (a fronte di una constatata difficoltà di molte società nel mantenere gli impegni economici che l’iscrizione al massimo campionato richiede) e correttamente applicabile in concreto (tenuto conto delle concrete condizioni finanziarie in cui versa la società appellante, come risultanti dai dati del suo bilancio alla data del 30 giugno 2010, e in specie attesa la sussistenza di debiti di oltre 620.000 euro, di cui alcuni nei confronti dell’erario e delle atlete). .
5. Alla stregua delle esposte ragioni, va respinto il motivo dell’appello incidentale sulla insussistenza della giurisdizione amministrativa, va respinto l’appello principale e vanno assorbite le residue doglianze dell’appello incidentale.
Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese del secondo grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, pronunciando nel giudizio n. 8040 del 2011, in parte respinge e in parte dichiara improcedibile l’appello incidentale; respinge l’appello principale, con conferma della sentenza gravata.
Spese compensate del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Garofoli, Consigliere, Estensore
Gabriella De Michele, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere