CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 6235/2020 Pubblicato il 15/10/2020 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N.  6235/2020

Pubblicato il 15/10/2020

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da Ministero dell'Interno, Questura di Pisa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Ezio Paolo Menzione, Gianna Fiaschi, con domicilio eletto presso lo studio Laura Marras in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo della Toscana, Sezione II, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente divieto di accesso ai luoghi di svolgimento delle manifestazioni sportive;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- e di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2020 il Cons. Antonio Massimo Marra e uditi per le parti gli avvocati Laura Marras su delega di Gianna Fiaschi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

In conseguenza di una manifestazione politica svoltasi a Pisa il 14 novembre 2015 in contrapposizione ad altra iniziativa di altro partito, gli odierni appellati avrebbero incitato i partecipanti a procedere verso il luogo di svolgimento della seconda iniziativa opponendosi a qualunque forma di divieto, effettuando un tentativo di accesso all’area con forzatura dello sbarramento delle Forze dell’ordine e successivo lancio di oggetti nei confronti di queste ultime.

Per questi fatti sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria per la ipotizzata violazione dell’art. 414 c.p. (istigazione a delinquere).

Sulla base di tale segnalazione, il Questore di Pisa ha emesso nei confronti dei ricorrenti - ritenuti assidui frequentatori della curva Nord dello stadio di Pisa, quali sostenitori della squadra del Pisa calcio - il provvedimento di DASPO in data 30.3.2016, consistente nel divieto di accesso, per un anno, ai luoghi previsti dalla normativa.

Gli interessati hanno, quindi, impugnato il provvedimento evidenziando, in punto di fatto, che il comportamento sanzionato dalla Questura non presentava collegamenti con alcun evento sportivo, avendo avuto luogo nel contesto di una manifestazione avente finalità essenzialmente politiche. In punto di diritto, hanno denunciato l’erronea interpretazione dell’art. 6, primo comma, della legge n. 401/1989, ritenendola riferibile ai soli illeciti commessi «in occasione o a causa di manifestazioni sportive».

Il Tribunale Amministrativo, con la sentenza n. -OMISSIS-- ritenendo “fondata l’assorbente censura rilevante la mancanza dei presupposti per l’adozione, nel caso di specie, del provvedimento di DASPO con conseguente falsa applicazione dell’art. 6 co. 1 e 5 della L.n. 401/89”, ha annullato il provvedimento impugnato, esprimendo adesione alla tesi secondo la quale il divieto di accesso alle manifestazioni sportive costituisce «una misura di prevenzione atipica, applicabile solo qualora i fatti […] e le condotte […] siano direttamente o anche indirettamente collegate con una manifestazione sportiva».

Ad avviso del Ministero qui appellante la pronuncia risulterebbe manifestamente iniqua ed erronea, poiché poggiante su un’interpretazione dell’art. 6 della l. 401/98 in contrasto con il dato letterale della norma, oltre che con una sua interpretazione logico – sistematica ed evolutiva.

Sul piano letterale, la difesa erariale segnala la previsione, in seno alla disposizione del primo comma dell’art. 6, di due fattispecie, tra di loro alternative in quanto slegate dalla disgiunzione “ovvero”: una, tipica, correlata alla commissione di determinate fattispecie di reato; l’altra atipica, nella quale rientrano fattispecie a condotta libera (tra le quali anche - ma non solo - i fatti commessi «in occasione o a causa di manifestazioni sportive»), alle quali può essere ricondotta anche la segnalazione di reato rivolta agli odierni appellati.

In un’ottica di interpretazione logico – sistematica della norma, il Ministero rappresenta come una parte della giurisprudenza abbia preso le distanze dalla tesi secondo cui il provvedimento di DASPO è applicabile solo a fatti direttamente o indirettamente collegati a manifestazioni sportive, accedendo alla diversa posizione per cui la misura si applica a tutti i fatti che possono porre in pericolo la sicurezza pubblica o creare turbative per l'ordine pubblico (v. Cass. pen., sez. III, n. 41501/2016 e Tar Lazio, sez. I ter, n. 4085/2019).

Ai fini, quindi, di una interpretazione sistematico – evolutiva della normativa, la difesa dell’Amministrazione appellante valorizza i ripetuti interventi legislativi volti ad ampliare il novero delle fattispecie delittuose o comunque antigiuridiche che autorizzano l'emanazione di un provvedimento di DASPO.

Gli appellanti si sono ritualmente costituiti in giudizio, replicando alle deduzioni avversarie e chiedendone la reiezione.

L’appello è infondato.

Con decisione n. -OMISSIS-, questa Sezione - esaminando un caso analogo a quello posto alla base del presente ricorso - è intervenuta sul tema della legittimità del provvedimento inibitorio di DASPO adottato con riguardo a condotte illecite poste in essere in contesti del tutto avulsi dalle manifestazioni sportive.

In quel caso il provvedimento aveva tratto origine da una comunicazione di notizia di reato per la violazione dell’art. 5, l. n. 152 del 1975.

La Sezione, nel dichiarare l’illegittimità del provvedimento impugnato, ha inteso il riferimento alle manifestazioni sportive, contenuto nell’art. 6, comma 1, della l. n. 401 del 1989, come «limitativo dell’area di adottabilità del provvedimento, atteso che la manifestazione sportiva deve essere l’occasione nel corso della quale sia stata posta in essere la condotta passibile di DASPO. Ciò sia perché, trattandosi di misura restrittiva della libertà personale, deve ritenersi precluso il ricorso all’analogia, risultando la norma di stretta interpretazione, sia perché il presupposto fattuale ai fini dell’adozione dei provvedimenti di divieto deve essere strettamente correlato alle condotte che si intendono prevenire. L’interpretazione rigorosa e, dunque, maggiormente aderente al significato letterale della norma, è infatti doverosa, avuto riguardo al quadro costituzionale in cui si inserisce il provvedimento restrittivo impugnato, i cui effetti si traducono in una limitazione della libertà di circolazione del soggetto destinatario della misura, posto che l’art. 16 della Carta Costituzionale consente restrizioni del diritto in esame solo nei casi stabiliti dalla legge, quali quelli in materia di sanità e sicurezza (Cass. pen., sez. III, n. 50928 del 2017; in tal senso anche, Cons. St., sez. III, n. 6138 del 2011)».

La Sezione ha tratto un ulteriore argomento esegetico dall’art. 2-bis, l. n. 377 del 2001, che ha modificato la l. n. 401 del 1989, introducendo una norma d’interpretazione autentica a proposito della nozione di manifestazione sportiva e, così, prevedendo che «per manifestazioni sportive ai sensi degli artt. 1 e 2 si intendono le competizioni che si svolgono nell’ambito delle attività previste dalle federazioni sportive e dagli enti e organizzazioni riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano. All’art. 6, comma 1, l. 13 dicembre 1989, n. 401, per incitamento, inneggiamento e induzione alla violenza deve intendersi la specifica istigazione alla violenza in relazione a tutte le circostanze indicate nella prima parte del comma».

La Sezione ha avuto altresì cura di precisare che l’introduzione della norma interpretativa «..si è resa necessaria al fine di delimitare il campo delle manifestazioni coinvolte, stante la nozione particolarmente ampia di sport e di quanto vi ruota intorno, escludendo che il bene giuridico tutelato dalla norma fosse quello della sicurezza in occasione di una qualsivoglia manifestazione semplicemente collegata all’attività sportiva, e dunque di natura meramente parasportiva (in tal senso, da ultimo, Cass. pen., sez. III, n. 7224 del 2019). Come sostenuto in più occasioni da questa Sezione, il provvedimento di Daspo è una misura di prevenzione, che tutela la sicurezza e l’ordine pubblico (da ultimo, n. 2997 del 2019; id. n. 2916 del 2019; id. n. 866 del 2019), la quale può essere disposta, ai sensi della norma ratione temporis applicabile, nei confronti di soggetti considerati pericolosi – secondo la logica del “più probabile che non” e con un giudizio connotato da ampia discrezionalità – che abbiano, però, estrinsecato la propria condotta in occasione o a causa di “manifestazioni sportive”, da intendere nel senso soprindicato.

Corollario di ciò è che gli atti censurabili possono essere realizzati anche in un momento non contestuale ad una manifestazione sportiva ma, in ogni caso, devono avere con questa un necessario nesso eziologico, assente nel caso di specie (in tal senso, Cons. St., sez. III, n. 5304 del 2016)».

La pronuncia richiamata, infine, ha preso posizione anche in ordine alla rilevanza attribuibile alla modifica apportata dal d.l. 53/2019, affermando che l’interpretazione sin qui illustrata, preferibile in quanto «..costituzionalmente orientata e in linea con la giurisprudenza della Corte EDU, risulta confermata dalla recente modifica dell’art. 6, l. n. 401 del 1989, attuata con il d.l. n. 53 del 14 giugno 2019 (conv. in l. n. 77 dell’8 agosto 2019), il quale ha espressamente previsto che il Questore può disporre il Daspo nei confronti di coloro che risultano denunciati per uno dei reati ivi tassativamente elencati «anche se il fatto non è stato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive». L’assenza di siffatto inciso nella vigenza della precedente disciplina – contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione – non fa altro che comprovare la necessità di un nesso di causalità tra la condotta commessa e la manifestazione sportiva, anche alla stregua del generale principio per cui ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.

Tale carenza normativa non può certo essere colmata con un’interpretazione che estenda il campo di applicazione della disposizione in parola a casi non espressamente previsti dalla legge. Il principio di legalità, in materia di misure di prevenzione limitative – come nel caso all’esame – di libertà personali, impone la puntuale individuazione dei presupposti che ne giustificano l’applicazione e, dunque, un’interpretazione restrittiva della norma di prevenzione, la quale non è suscettibile di essere applicata estensivamente o con analogia in malam partem.

In conclusione, il provvedimento di Daspo, ancorché emesso alla luce di un giudizio prognostico, deve, quindi, trovare presupposto e fondamento nelle fattispecie di pericolosità precisamente determinate dalla normativa, al fine di rispettare le finalità di tutela che la norma, al tempo della sua adozione e per quello della sua vigenza, mira a perseguire».

I passaggi argomentativi del precedente sin qui richiamato intercettano e risolvono tutte le questioni problematiche poste dall’atto di appello qui in esame, rivelandone l’integrale infondatezza.

Risulta infatti pacifico che il provvedimento è stato adottato in relazione ad una fattispecie disancorata da condotte direttamente o indirettamente riconducibili a manifestazioni sportive; né a conclusione diversa potrebbe condurre la circostanza addotta nel provvedimento questorile riguardo al fatto che gli odierni appellati siano assidui frequentatori della curva nord dello stadio di Pisa.

Appaiono quindi corrette e meritevoli di conferma la motivazioni poste dal Tar a base della reiezione del ricorso di primo grado.

Per tutte le ragioni sopra esposte l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Tenuto conto della natura essenzialmente ermeneutica delle questioni trattate e degli orientamenti contrastanti emersi in giurisprudenza, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese di lite compensate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Garofoli, Presidente

Giulio Veltri, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere

Giovanni Pescatore, Consigliere

Antonio Massimo Marra, Consigliere, Estensore

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