T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 10193/2019

Pubblicato il 01/08/2019

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da OMISSIS S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marcello Clarich e Enrico Castellani, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, viale Liegi, 32;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Società Sportiva Calcio OMISSIS S.p.A., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

della delibera del 16 aprile 2012 con cui l’AGCM ha accertato che la OMISSIS S.p.A. ha posto in essere una pratica commerciale scorretta, ai sensi degli artt. 20, comma 2, 21 e 22 del Codice del Consumo, pratica relativa alla campagna abbonamenti della S.S.C. OMISSIS per la stagione calcistica 2011-2012, ed ha applicato una sanzione amministrativa pecuniaria.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’AGCM con l’AGCom;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice la dott.ssa Laura Marzano;

Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 17 luglio 2019, i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in epigrafe la società ricorrente ha impugnato la delibera del 16 aprile 2012 con cui l’AGCM ha accertato una pratica commerciale scorretta, posta in essere dalla Società Sportiva Calcio OMISSIS S.p.A. e dalla Società OMISSIS S.p.A., relativa alla campagna abbonamenti della S.S.C. OMISSIS per la stagione calcistica 2011-2012, ed ha applicato ad entrambe una sanzione amministrativa pecuniaria, quantificata per la ricorrente in € 200.000,00.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi.

I) Incompetenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, del Codice del consumo, come modificato dall’art. 1, D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146 in relazione all’art. 123, D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, recante il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, come modificato dal D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, attuativo della direttiva comunitaria 2008/48/CE.

II) In relazione alla pratica commerciale scorretta: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo; eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/90 per difetto di motivazione.

III) In relazione alla sanzione inflitta a OMISSIS S.p.A.: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27, commi 9 e 12, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, come modificato dall’art. 1, D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11, legge 24 novembre 1981, n. 689; violazione del principio di proporzionalità e di ragionevolezza, sotto il profilo della errata valutazione della gravità, offensività e durata della fattispecie; eccesso di potere per manifesta illogicità e irragionevolezza.

L’AGCM e l’AGCom, dopo essersi costituite formalmente in giudizio, in vista della trattazione del merito hanno depositato memoria difensiva con cui hanno resistito alle censure di parte ricorrente ed hanno chiesto la reiezione del ricorso; la ricorrente ha replicato.

All’udienza pubblica del 17 luglio 2019, sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Deve tratteggiarsi brevemente l’iter procedimentale all’esito del quale è stato emesso il provvedimento impugnato.

In data 21 novembre 2011, sulla base di informazioni acquisite ai fini dell’applicazione del Codice del Consumo e della segnalazione di un consumatore, l’Autorità comunicava alla S.S.C.N. ed alla OMISSIS S.p.A. l’avvio del procedimento PS7752 per possibile violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo quanto alla diffusione, sui rispettivi siti web, di due messaggi pubblicitari relativi alla “Campagna abbonamenti della S.S.C. OMISSIS stagione calcistica 2011-2012” nei quali si prospettava, tra l’altro, la possibilità di acquistare abbonamenti grazie a finanziamenti erogati da Prestitempo, divisione del gruppo OMISSIS.

In particolare si ipotizzavano tre profili di ingannevolezza della comunicazione: (i) l’assenza di una puntuale indicazione del TAEG in quanto i messaggi riportavano il TAN (pari a zero) e il TAEG massimo (pari al 29,09%), senza tuttavia indicare quale fosse il TAEG corrispondente a ciascuna delle otto tipologie di finanziamento offerte; (ii) la difformità fra le voci di costo dei finanziamenti elencate sul sito della S.S.C.N. e su quello di OMISSIS; (iii) l’indicazione di condizioni economiche non corrispondenti a quelle effettivamente praticate in caso di sottoscrizione di più abbonamenti con un unico finanziamento, atteso che dai messaggi non emergeva chiaramente quali fossero le componenti di costo già incluse negli importi delle rate mensili indicate nelle tabelle di finanziamento.

All’esito del procedimento, nel corso del quale le società presentavano memorie e veniva richiesto il parere dell’AGCom, con delibera del 16 aprile 2012 l’Autorità accertava i suddetti profili di ingannevolezza e riteneva l’operazione commerciale realizzata dalle parti “contraria alla diligenza professionale e idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio in relazione alla convenienza del servizio di finanziamento pubblicizzato” (par. 32 del provvedimento), irrogando alla S.S.C.N. una sanzione di € 100.000,00 e alla OMISSIS una sanzione di € 200.000,00.

2. La ricorrente è insorta avverso il provvedimento, per quanto di suo interesse, formulando tre ordini di censure.

L’AGCM non sarebbe competente ad adottare il provvedimento impugnato in quanto, a seguito delle modifiche apportate al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, recante il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, la competenza in materia apparterrebbe alla Banca d’Italia (primo motivo).

La pratica non sarebbe scorretta perché il messaggio promozionale pubblicato sul sito della Banca era corredato di una serie di tabelle contenenti tutti gli elementi e i dati dai quali i potenziali clienti potevano facilmente evincere il costo complessivo del finanziamento prescelto e valutarne la convenienza. Inoltre, era stata dedicata un’apposita tabella intitolata “costi accessori” alle componenti di costo dei finanziamenti. Il TAEG non era assente nei messaggi informativi in esame, ma era indicato nella misura massima applicabile. La divergenza di informazioni sui siti delle due società ritenute responsabili sarebbe minima e sarebbe dipendente dalla diversa impostazione delle pagine web e dei loro contenuti (secondo motivo).

La quantificazione della sanzione sarebbe errata e l’importo sproporzionato, perché l’Autorità non avrebbe considerato che il danno patrimoniale che i consumatori avrebbero potuto subire, in ragione della pratica commerciale in discorso, sarebbe stato limitato al pagamento delle spese di istruttoria nel caso di sottoscrizione di più abbonamenti con un unico finanziamento, spese che, solo per un disguido nel sistema informativo, sarebbero state prima addebitate e poi rimborsate ai clienti finanziati. Inoltre l’Autorità non avrebbe considerato che il messaggio promozionale ha raggiunto un ridotto numero di destinatari. Mancherebbe la motivazione circa la “dimensione economica rilevante del professionista” (terzo motivo).

3. Il ricorso è infondato.

3.1. Con il primo motivo parte ricorrente sostiene che, in ragione del principio di specialità di cui all’art. 19, comma 3, del Codice del Consumo, la disciplina generale del suddetto Codice non troverebbe applicazione in presenza di norme, nella specie quelle contenute nel Testo Unico Bancario (TUB), che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali nel ramo dei finanziamenti. Ne discenderebbe, secondo parte ricorrente, l’incompetenza dell’AGCM essendo, viceversa, la materia riservata alla Banca d’Italia. La fattispecie contestata rientrerebbe nella disciplina del credito ai consumatori, di cui agli artt. 121 e ss. D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (TUB), anche a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, che hanno inserito norme volte a garantire una maggiore tutela al consumatore, contraente debole nei rapporti con la Banca.

Quindi la ricorrente sostiene che il TUB conterrebbe una disciplina sistematica del settore e attribuirebbe alla Banca d’Italia specifici e pervasivi strumenti di intervento ispettivi, inibitori e sanzionatori per assicurare il rispetto delle norme dello stesso Testo unico, anche in materia di pubblicità e di trasparenza dei prodotti finanziari e che le predette funzioni di vigilanza si estenderebbero anche allo specifico settore della tutela del consumatore.

3.2. La tesi della ricorrente non può essere condivisa.

3.2.1. L’art. 120 octies del TUB espressamente fa salve le norme del Codice del Consumo in materia di pubblicità, disponendo al comma 1: “Fermo restando quanto previsto dalla parte II, titolo III, del Codice del consumo, gli annunci pubblicitari relativi a contratti di credito sono effettuati in forma corretta, chiara e non ingannevole. Essi non contengono formulazioni che possano indurre nel consumatore false aspettative sulla disponibilità o il costo del credito”.

Le disposizioni del Capo II, rubricato “Credito ai consumatori”, alla stregua dell’art. 122, si applicano “ai contratti di credito comunque denominati”, con le eccezioni ivi di seguito elencate.

Anche l’art. 123, al pari dell’art. 120 octies, espressamente fa salve le norme del Codice del Consumo in materia di pubblicità, disponendo al comma 1: “Fermo restando quanto previsto dalla parte II, titolo III, del Codice del consumo, gli annunci pubblicitari che riportano il tasso d'interesse o altre cifre concernenti il costo del credito indicano le seguenti informazioni di base, in forma chiara, concisa e graficamente evidenziata con l'impiego di un esempio rappresentativo: …”.

Infine l’art. 144, al comma 1, prevede l’irrogazione di sanzioni pecuniarie amministrative “Nei confronti delle banche, degli intermediari finanziari, delle rispettive capogruppo e dei soggetti ai quali sono state esternalizzate funzioni aziendali essenziali o importanti, nonché di quelli incaricati della revisione legale dei conti”.

3.2.2. Nel caso di specie la pratica sanzionata dall’AGCM ha riguardato una condotta inscindibile, discendente da apposita convenzione, posta in essere dalla ricorrente e dalla S.S.C. OMISSIS, professionista, quest’ultimo, che non è né una banca né un intermediario finanziario, bensì una società calcistica che vende abbonamenti, ed è riferita alla pubblicità ingannevole relativa non già a contratti di credito bensì alle modalità di pagamento dell’abbonamento, ove acquistato mediante finanziamento.

Da quanto precede discende che la Banca d’Italia, diversamente da quanto opinato dalla ricorrente mediante il richiamo al Testo Unico Bancario, non è competente a sanzionare una pratica commerciale ritenuta aggressiva e scorretta con riferimento alle modalità con le quali la stessa “aggancia” il consumatore, pubblicizzando in modo ingannevole e/o omissivo le condizioni di validità dell’offerta e il prezzo finale complessivo.

Deve escludersi, dunque, che l’AGCM abbia sconfinato dalle sue competenze, invadendo un settore riservato alla Banca d’Italia, atteso che i due corpi normativi (Testo Unico Bancario e Codice del Consumo) sono posti a presidio di interessi diversi, talvolta al più complementari, ma certamente si rivolgono a categorie di professionisti operanti in settori differenti.

Come la Sezione ha già avuto modo di chiarire, la disciplina contenuta nel TUB non prevede obblighi di trasparenza e regole di comportamento che coinvolgano l’intero panorama delle condotte sanzionate dal Codice del Consumo. Non può sostenersi, dunque, che nel TUB sia contemplata una disciplina specifica atta a garantire la piena tutela del consumatore nei confronti di qualunque professionista (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 4 luglio 2019, n. 8748).

Deve aggiungersi che non sono configurabili sovrapposizioni di tutele né conflitti di competenze tali da imporre ai professionisti, senza alcun margine di manovra, obblighi “incompatibili” con quelli stabiliti dalla direttiva 2005/29, dando vita, in ipotesi, ad una divergenza insanabile che non ammette la coesistenza di entrambi i plessi normativi.

3.2.3. In proposito è dirimente il rilievo che la Corte di giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 13 settembre 2018, resa nelle cause riunite C-54/17 e C-55/17, ha chiarito che il contrasto tra norme – unica ipotesi che rende inapplicabile la disciplina delle pratiche commerciali sleali – cui si riferisce l’articolo 3, par. 4, della direttiva 2005/29/CE (art. 19, comma 3, del Codice del consumo) è solo il contrasto tra norme dell’Unione e non tra norme nazionali e che la nozione di «contrasto» denota un rapporto, tra le disposizioni cui si riferisce, che va oltre la mera difformità o la semplice differenza, mostrando una divergenza che non può essere superata mediante una formula inclusiva che permetta la coesistenza di entrambe le realtà, senza che sia necessario snaturarle.

Dunque, secondo la Corte, il contrasto sussiste solo quando disposizioni di stretta derivazione UE, disciplinanti aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, impongono ai professionisti, senza alcun margine di manovra, obblighi “incompatibili” con quelli stabiliti dalla direttiva 2005/29, dando vita a una divergenza insanabile che non ammette la coesistenza di entrambi i plessi normativi.

Come già rilevato dalla Sezione, le riportate conclusioni della Corte di Giustizia depongono per l’affermazione di una specialità normativa per fattispecie e non per settore, configurando i rapporti tra i diversi corpi normativi in termini di complementarietà più che di specialità (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 16 aprile 2019, n. 4922; id. 2 aprile 2019, n. 4295).

In definitiva il Codice del Consumo e il Testo Unico Bancario possono ritenersi tra di loro complementari, dovendosi escludere un rapporto di specialità fra i due corpi normativi con riferimento alla tematica della tutela del consumatore.

Ne discende che sussiste la competenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato a valutare la scorrettezza di una pratica commerciale, qualora la stessa, come nel caso di specie, riguardi informazioni ingannevoli o poco chiare in ordine alla reale entità del prezzo finale di un prodotto, in conseguenza anche dell’accensione di un contratto di finanziamento.

3.3. Con il secondo motivo la ricorrente sostiene l’assenza di profili di scorrettezza nella pratica esaminata, atteso che l’informativa offerta sui siti, a suo dire, avrebbe fornito al consumatore tutte le indicazioni che l'Autorità afferma essere state espresse in maniera insufficiente o equivoca.

Sostiene che il messaggio promozionale pubblicato sul sito della Banca era corredato di una serie di tabelle contenenti tutti gli elementi e i dati dai quali i potenziali clienti potevano facilmente evincere il costo complessivo del finanziamento prescelto e valutarne la convenienza.

Inoltre, era stata dedicata un’apposita tabella intitolata “costi accessori” alle componenti di costo dei finanziamenti, in cui erano riportati analiticamente tutti i costi accessori posti a carico del cliente, evidenziati anche graficamente grazie al carattere “grassetto”, allo scopo precipuo di attirare l’attenzione degli acquirenti. La tabella indicava, in corrispondenza di ciascun costo, se questo fosse compreso o meno nell’importo della rata del finanziamento e, per rendere chiara la distinzione al consumatore medio, si era ricorso alle inequivocabili alternative locuzioni “costo già compreso” o “costo non compreso”.

Per quanto riguarda il comunicato pubblicato sul sito della S.S.C.N., la ricorrente sostiene che lo stesso aveva scopo meramente informativo, non promozionale (quanto meno del finanziamento), dunque diverso da quello perseguito da D.B.; il messaggio era, infatti, finalizzato a informare i tifosi della possibilità di acquistare gli abbonamenti per la stagione calcistica 2011 - 2012 mediante i finanziamenti Prestitempo erogati da OMISSIS. Per tale ragione venivano indicati solamente i profili essenziali dei finanziamenti, mentre per una dettagliata illustrazione dell’iniziativa l’utente veniva invitato a consultare la pagina web sul sito della Banca, immediatamente raggiungibile mediante apposito link.

In ogni caso l’indicazione del TAEG era presente nei messaggi informativi essendo riportato nella misura massima applicabile; quindi mancherebbe l’omissione né si comprenderebbe in che modo tale informazione per eccesso avrebbe potuto “indurre in errore il consumatore” e “orientare indebitamente la sua scelta”, anche “in relazione alla convenienza del servizio di finanziamento pubblicizzato” (par. 32 del provvedimento). Anzi, la conoscenza della percentuale massima del tasso avrebbe potuto distogliere il consumatore dall’intento di sottoscrivere il finanziamento e avrebbe potuto indurlo a scegliere altre forme di finanziamento con un TAEG più basso. La motivazione del provvedimento sarebbe pertanto lacunosa e contraddittoria, oltre a fondarsi su una nozione del “consumatore medio” falsata da un pregiudizio inspiegato.

3.3.1. La prospettazione che precede non può essere condivisa.

Nel corso dell’istruttoria l’Autorità ha verificato che la S.S.C. OMISSIS ha concluso una Convenzione con OMISSISper offrire ai propri tifosi, tramite i servizi di quest’ultima, la possibilità di ottenere finanziamenti per la sottoscrizione degli abbonamenti per la stagione calcistica 2011/2012.

Ai sensi dell’articolo 3.5 della Convenzione, OMISSISsi impegna a fornire a S.S.C.N. tutta la documentazione che quest’ultima dovrà esporre nei locali aperti al pubblico, assumendo la responsabilità del controllo di conformità rispetto alla legge di tale documentazione.

Ai sensi dell’art. 12 della medesima Convenzione, OMISSISsi impegna a sostenere totalmente i costi per l’acquisto di spazi pubblicitari su quotidiani locali e quelli relativi alla produzione di volantini “restando espressamente inteso che predetta campagna si svolgerà secondo le modalità determinate dal OMISSIS a propria insindacabile discrezione”. Inoltre OMISSISsi “impegna a realizzare a propria cura e spese un sito web a supporto dell’intera operazione i cui contenuti dovranno essere concordati tra le Parti, cui sarà possibile accedere tramite un link attivato sia sul sito istituzionale del OMISSIS sia sul sito istituzionale di OMISSIS”.

L’Autorità ha rilevato che il TAEG corrispondente a ciascuna delle otto tipologie di finanziamento proposte varia da un valore di 6,40% per l’abbonamento in tribuna d’onore al 29,09% per l’abbonamento in curva, seguendo un andamento crescente al diminuire dell’importo finanziato. “Ad esempio, un abbonamento nei Distinti Intero presenta un TAEG del 15,92%, Ridotto del 20,57% e in Tribuna Nisida intero 15,28% e Ridotto 19,75%” (par. 13 del provvedimento).

Osserva il Collegio che, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, l’Autorità non ha accertato “l’assenza del TAEG” ovvero l’omissione assoluta di tale indicazione, bensì “l’assenza dell’indicazione puntuale del TAEG per ciascuna delle otto tipologie di finanziamento pubblicizzate” (cfr. Par. II punto 5, Par. III punti 7 e 13, Par. V punti 24 e 25 del doc. 5).

Infatti ha rilevato che, nelle pagine web del sito ufficiale di S.S.C.N., sotto la voce “FINANZIAMENTO” si legge che “l’abbonamento può essere finanziato in 12 mesi “a tasso zero” (Tan 0 & e TAEG Massimo 29,09%)” seguita da una tabella del finanziamento (v. fig. 1 del provvedimento) nella quale è indicato l’ammontare delle singole rate per ciascuna delle otto tipologie di abbonamento finanziabili (cinque per l’abbonamento intero, tre per l’abbonamento ridotto). Sotto la tabella vengono fornite ulteriori informazioni sulle componenti economiche del finanziamento, tra le quali il numero di rate (12), il TAEG massimo pari a 29,09% e le spese mensili di incasso rata a mezzo RID pari a € 1,5. Anche nella pagina web del sito di OMISSIS“http://www. OMISSIS.it/CalcioOMISSIS.htm” viene riportato soltanto il TAEG massimo, pari a 29,09%, risultando omessa l’indicazione puntuale di quest’ultimo per ciascuna tipologia di finanziamento (v. fig. 2 e 3 id.).

Quanto alla ipotesi di sottoscrizione di più abbonamenti mediante una sola pratica di finanziamento, l’Autorità ha rilevato che l’applicazione delle spese di istruttoria, pari al 2% del capitale finanziato e a 4 euro per il settore curva, è avvenuta, diversamente da quanto pubblicizzato, rapportandola all’intero capitale finanziato o a ciascun abbonamento nel caso del settore curva, invece che al solo abbonamento del capofamiglia, condotta che ha riguardato più di 144 pratiche di finanziamento per un totale di 314 abbonamenti, garantendo un maggior introito di circa € 1.800,00.

Il Collegio ritiene corretta la valutazione dell’AGCM secondo cui, essendo il TAEG l’indicatore che esprime nel modo più ampio e completo gli elementi di costo di un contratto di finanziamento, l’assenza di puntuali indicazioni circa lo stesso non consente al consumatore di effettuare un’adeguata valutazione della effettiva convenienza dell’offerta, poiché lo priva della possibilità di avere contezza del costo complessivo dell’operazione, ovvero del costo inclusivo degli interessi e di tutti gli oneri da sostenere per la fruizione del credito. La disponibilità di tali informazioni è essenziale per poter valutare sia l’onerosità dell’operazione, sia la convenienza della proposta in raffronto ad altre simili, in un settore, come quello creditizio, che si contraddistingue per la forte asimmetria informativa esistente tra imprese e consumatori, in conseguenza della complessità della materia e della scarsa conoscenza del consumatore rispetto a un servizio cui non si ricorre con frequenza.

Quindi, condivisibilmente l’Autorità ha giudicato la mancata indicazione del TAEG per tutte le otto tipologie di finanziamento una condotta omissiva ai sensi dell’art. 22 del Codice del Consumo, in quanto idonea ad indurre in errore il consumatore circa il reale costo del finanziamento, orientando indebitamente la sua scelta con riferimento sia alla scelta di contrarre un prestito sia di acquistare il bene pubblicizzato ed ha chiarito di non poter condividere la tesi delle parti circa il valore informativo dell’indicazione del TAEG massimo e del dettaglio delle voci di costo del finanziamento, atteso che, pur essendo nel caso di specie il TAN pari a zero, il costo complessivo del finanziamento deriva da voci espresse sia in misura percentuale che fissa e il TAEG assume una gamma di valori molto ampia e crescente al decrescere della somma finanziata.

L’Autorità ha anche osservato che l’effetto decettivo del comportamento dei professionisti, derivante dall’assenza del TAEG, è aggravato dalla circostanza che le informazioni presenti sui siti internet delle Parti sono in parte non coincidenti per contenuto, e sono espresse tramite una veste grafica che ne rende difficoltoso il confronto, con la conseguenza che solo “una puntigliosa disamina delle numerose e disperse informazioni relative al costo del finanziamento, indispensabile in assenza di un indicatore sintetico di costo, consente di apprendere dell’esistenza del costo di 2 euro per l’invio di comunicazioni periodiche, di capire quali costi sono compresi e quali esclusi negli importi delle singole rate, nonché di essere informati che per il settore curva le spese di istruttoria pratica non sono il 2% del capitale finanziato, ma sono pari a 4 euro (che, dopo ulteriori riflessioni è possibile identificare come condizione maggiormente favorevole)” (par. 26 del provvedimento).

Da quanto precede risulta confermata sia la non coincidenza tra il messaggio che svolge funzione di aggancio e il prodotto commercializzato, sia la difficile e/o ritardata accessibilità dei dati che attengono alla natura del servizio e ai suoi costi effettivi.

Correttamente, dunque, l’Autorità ha ritenuto la diffusione delle informazioni circa il costo del finanziamento con le modalità descritte, confusoria per il consumatore e tale da configurare un’omissione ingannevole ai sensi dell’articolo 22, comma 2, del Codice del Consumo.

Infine l’Autorità ha ritenuto ingannevoli i messaggi nella parte in cui prospettano l’applicazione di uno sconto quantità nel caso dell’acquisto di più abbonamenti con un solo finanziamento, atteso che, “per stessa ammissione di OMISSIS, le spese di istruttoria non sono state applicate conformemente a quanto pubblicizzato, ma in senso più sfavorevole per il consumatore” (par. 28 id.) ed ha rilevato che, poiché la presenza di uno sconto quantità è suscettibile di condizionare in modo significativo le scelte di acquisto dei consumatori, che peraltro risultano oltre il 20% del totale di coloro che hanno sottoscritto un finanziamento per l’acquisto dell’abbonamento e oltre il 35% degli abbonamenti con finanziamento, non assume rilievo la circostanza che OMISSIS ne abbia tratto un ridotto vantaggio.

Non vale a scriminare la descritta condotta la circostanza, allegata dalla ricorrente, che ciò sarebbe dipeso da “un mero disguido tecnico dei sistemi operativi” (cfr. pag. 19 del ricorso); correttamente, invero, l’Autorità ha ritenuto che, anche in ragione degli elementi di complessità che caratterizzano la valutazione della convenienza economica di un finanziamento, e tenuto conto della tipologia di destinatari, che presumibilmente ricorrono a tali servizi in ragione di condizioni economiche difficoltose, la pratica non è conforme al grado di diligenza professionale ragionevolmente esigibile, quanto alla chiarezza e completezza delle comunicazioni commerciali diffuse dai professionisti.

3.3.2. Osserva il Collegio che, in materia di pubblicità ingannevole, la giurisprudenza, anche di questo Tribunale, ha sempre evidenziato che rileva il messaggio che “prende l’attenzione” al primo contatto, che i relativi claim pubblicitari devono sempre essere connotati da tutti gli elementi essenziali per un corretto e obiettivo discernimento (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 12 giugno 2015, n. 8253) e che la decettività del messaggio promozionale può anche riguardare singoli aspetti dello stesso e le specifiche modalità di presentazione del prodotto al fine di “agganciare” l’attenzione del consumatore al primo contatto, senza che possa rilevare in senso contrario la circostanza per la quale, in altri momenti, lo stesso consumatore possa approfondire la modalità di fruizione del prodotto stesso e le sue effettive qualità in relazione a quanto enfatizzato al primo contatto con evidenza grafica primaria (cfr., ex multis: T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 30 ottobre 2017, n. 10834).

E’ stato, altresì, affermato che è riconducibile al claim principale il pericolo o l’effetto di “aggancio” del consumatore, il quale, allettato dall’offerta in esso contenuta, massimamente visibile, corre il rischio di omettere l’integrale lettura delle parti meno evidenziate del messaggio pubblicitario recanti la completa descrizione del prodotto e dei suoi effetti di assunzione, i quali vengono così resi disponibili e forse appresi in un momento successivo a quello in cui il consumatore deve, secondo il paradigma individuato dagli articoli del Codice del consumo posti a presidio della libertà di scelta del medesimo, disporre contestualmente, e con identica evidenza grafica, di tutte le informazioni utili ad assumere la decisione di natura commerciale (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 31 gennaio 2018, n. 1158).

Ciò anche perché, come ripetutamente chiarito, “…una volta determinato il c.d. aggancio pubblicitario del consumatore, il solo fatto che questi sia indotto a consultare il sito per ottenere ulteriori informazioni aumenta le possibilità che egli possa poi effettivamente decidere di fruire delle prestazioni del professionista (per cui l'intento promozionale, una volta che egli consulta il sito, può dirsi raggiunto: analogamente a quando la tecnica di “aggancio” muova dalla pubblicità, televisiva, radiofonica o su quotidiani, e induca il consumatore a consultare il sito internet o a recarsi personalmente ad accertare la reale portata dell’offerta o addirittura direttamente l’acquisto” (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 30 gennaio 2014, n. 1171; Cons. Stato, Sez. VI, 24 novembre 2011, n. 6204).

Le considerazioni che precedono valgono a fortiori in un settore, come quello dei finanziamenti, che risulta contraddistinto da una forte asimmetria informativa tra operatori economici e consumatori, riconducibile alla complessità tecnica della materia e alla scarsa conoscenza del consumatore rispetto ad un servizio cui ricorre raramente ed in condizioni di particolare debolezza psicologica dovuta alle proprie condizioni economiche; circostanze che rendono necessaria l’indicazione di tutti i dati utili per consentire al consumatore una consapevole valutazione dell’onerosità dell’operazione in raffronto ad altre simili (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 6 febbraio 2017, n. 1878).

Quanto alla concreta idoneità della pratica ad orientare le scelte del consumatore, la cui mancata puntuale indagine integrerebbe, a giudizio della ricorrente, una carenza motivazionale dell’atto, è infine sufficiente richiamare il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui “Nell'assetto di interessi disciplinato dal D.Lgs. n. 206 del 2005, le norme a tutela del consumo delineano una fattispecie «di pericolo», essendo preordinate a prevenire le possibili distorsioni delle iniziative commerciali nella fase pubblicitaria, prodromica a quella negoziale, sicché non è richiesto all'Autorità di dare contezza del maturarsi di un pregiudizio economico per i consumatori, essendo sufficiente la potenziale lesione della loro libera determinazione” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 6 febbraio 2017, n. 1877).

3.3.3. Dunque correttamente l’Autorità ha ritenuto che i messaggi, nel loro complesso, si presentavano incompleti, ingannevoli e confusori, né la decettività dei messaggi poteva ritenersi elisa dall’indicazione del TAEG massimo, essendo pacifico che il calcolo del TAEG per le otto diverse tipologie di finanziamento offerte rappresenta, per il consumatore medio, un’operazione spesso complessa e, comunque, tale da rendere la comprensione dell’effettivo onere a sostenersi non di immediata percezione.

L’incompletezza e l’ingannevolezza del messaggio e la consequenziale scorrettezza della pratica risultano puntualmente analizzate nel provvedimento impugnato e motivate in modo esaustivo e persuasivo, dovendosi, pertanto, escludere la sussistenza del dedotto difetto di motivazione.

Il rilevato profilo di decettività, oggettivamente esistente, è evidente se si considera che il prezzo di acquisto riveste, per il consumatore, una valenza di assoluto e determinante rilievo; risulta, dunque, confermato l’assunto dell’Autorità secondo cui la condotta rilevata presentava profili di opacità e ingannevolezza, attesa la riconducibilità della descritta condotta alla fattispecie astratta di cui agli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo in quanto, come già visto, le indicate modalità di pagamento del prezzo erano oggettivamente tali da falsare il comportamento economico del consumatore, perché contenenti, nella loro immediata percepibilità, informazioni non rispondenti al vero o comunque ambigue o di difficile decifrazione.

3.3.4. In proposito deve rammentarsi che, in forza del Codice del Consumo, il professionista deve assicurare, fin dal primo contatto con il consumatore, una corretta e trasparente informazione sul prodotto, tale da permettere all’utente di effettuare liberamente le sue scelte (cfr., ex multis: T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 10 gennaio 2019, n. 337; id. 31 gennaio 2018, n. 1158, id. 18 gennaio 2011, n. 449).

L'art. 21 D.Lgs. 206/2005 pone, infatti, in capo ai professionisti un onere di chiarezza e di completezza delle informazioni, che non può non riguardare gli aspetti salienti della proposta contrattuale e, per quel che rileva nel caso concreto, il contenuto effettivo della stessa, a nulla rilevando la circostanza che quella pubblicizzata debba essere qualificata come offerta al pubblico.

Sul punto, invero, la giurisprudenza amministrativa, anche della Sezione, è granitica nel ritenere che la completezza e la veridicità di un messaggio promozionale vanno verificate nell’ambito dello stesso contesto di comunicazione commerciale e non già sulla base di ulteriori informazioni che l'operatore commerciale rende disponibili solo a effetto promozionale già avvenuto (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 8 febbraio 2018, n. 1523; id. 13 marzo 2017, n. 3418; id. 4 febbraio 2013, n. 1177).

3.3.5. Non coglie nel segno neanche l’obiezione di parte ricorrente secondo cui la motivazione del provvedimento sarebbe lacunosa e contraddittoria, oltre a fondarsi su una nozione del “consumatore medio” falsata da un pregiudizio inspiegato (cfr. pag. 17 del ricorso) o che gli acquirenti dei finanziamenti Prestitempo avrebbero subìto un danno temporaneo e, soprattutto, minimo (cfr. pag. 22 id.), atteso che, come la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire, proprio perché le disposizioni in materia di pubblicità ingannevole non hanno la mera funzione di assicurare una reazione alle lesioni arrecate agli interessi del consumatore, ma si collocano su di un più avanzato fronte di prevenzione, essendo le stesse tese ad evitare effetti dannosi anche soltanto ipotetici, deve escludersi “la necessità sia che rispetto ad un dato comunicato venga accertata la condizione soggettiva media di intelligenza del consumatore, sia che risulti un pregiudizio economico derivante dalla pubblicità ingannevole” (così T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 14 novembre 2018, n. 10968; id. 22 giugno 2018, n. 7000; id. 29 novembre 2014, n. 11995).

Conclusivamente il secondo motivo è infondato.

3.4. Anche il terzo, subordinato, motivo è infondato.

Invero, con riguardo alla valutazione della gravità e della durata della violazione (dal 25 luglio 2011 al 15 ottobre 2011), l’Autorità ha tenuto conto dell’entità del pregiudizio economico complessivo per il consumatore, della molteplicità dei profili di ingannevolezza accertati, della estesa penetrazione della pratica diffusa tramite il sito internet di OMISSISe della considerevole dimensione economica del professionista, che l’Autorità ha potuto ricavare dai dati (fatturato) e dai bilanci acquisiti nel procedimento, sebbene non ne abbia fatto specifica menzione nel provvedimento.

La valutazione della dimensione economica e dell'importanza del professionista, in particolare, risponde a due diverse e fondamentali finalità dell’intervento sanzionatorio dell’Autorità in quanto, da un lato, è volta a garantire l'effettiva efficacia deterrente della sanzione pecuniaria, dall'altro, concorre a delineare la gravità della condotta nella considerazione che la dimensione economica del professionista, la sua notorietà - e conseguente credibilità - e la sua posizione nel mercato aggravano la valenza lesiva della condotta.

L’Autorità ha considerato, poi, ai fini della concreta determinazione della sanzione da irrogare, sia la sussistenza di una circostanza aggravante, in quanto il professionista risultava già destinatario di un provvedimento in violazione del Codice del Consumo, sia di una circostanza attenuante, riferibile alla decisione del professionista di rimborsare tutti i clienti del maggior costo loro addebitato a titolo di spese di istruttoria in caso di abbonamenti multipli.

In definitiva, il complessivo quadro motivazionale utilizzato dall’Autorità per quantificare la sanzione appare intrinsecamente logico e congruente.

Conclusivamente, per quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

4. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio, in favore delle Autorità resistenti, che liquida in € 4.000,00 (quattromila) oltre oneri di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 luglio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Laura Marzano, Consigliere, Estensore

Lucia Maria Brancatelli, Primo Referendario

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