T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 1048/2018
Pubblicato il 29/01/2018
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), integrato da motivi aggiunti, proposto dal signor OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Mattii, Giovanni Masala, Maria Teresa Maffey, domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria del Tar Lazio in Roma, via Flaminia, 189;
contro
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento, previa sospensione,
con ricorso introduttivo
-della decisione n. 1738/a/g della Commissione di Disciplina di appello, depositata il 8 giugno 2016 e comunicata il 15 giugno 2016, che ha respinto l'appello del Sig. Stefano Botti, confermando la decisione della Commissione di Disciplina di Prima Istanza n. 152/15 depositata in data 1 dicembre 2015, con la quale era stata comminata la sanzione disciplinare della sospensione dalla qualifica di allenatore per 12 mesi e della multa di € 3.000,00 per la positività del prelievo, eseguito il 19 giugno 2014 all’Ippodromo di OMISSIS sul cavallo OMISSIS, alle sostanze stupefacenti “Benzoilecgonina” e di ogni altro atto comunque presupposto, conseguente e/o connesso,
nonché
per il risarcimento dei danni;
con atto recante motivi aggiunti
-della relazione depositata in data 9 settembre 2016 in adempimento all’Ordinanza n. 2990 del 18 luglio 2016 di questo Tribunale e della nota di Unirelab del 3 agosto 2016 e di altro atto comunque presupposto, conseguente e/o connesso,
oltre che per il risarcimento dei danni da quantificare in corso di causa.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;
Vista l’ordinanza n. 3990/2016 che ha disposto incombenti istruttori;
Vista l’ordinanza n. 7818/2016 che ha respinto la suindicata domanda cautelare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2017 il Cons. Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con ricorso introduttivo il Sig. OMISSIS, allenatore del cavallo OMISSIS, riferisce che in occasione della corsa Premio OMISSIS, tenutasi presso l’ippodromo di OMISSIS in data 19 luglio 2014, il suo cavallo è stato sottoposto a prelievi, dai quali è risultato positivo ad un controllo antidoping, scaturendo dalle analisi effettuate tra il 23 luglio 2014 ed il 12 agosto 2014 dal Laboratorio Unirelab sito in Settimo Milanese la presenza della sostanza vietata denominata benzoilecgonina, in quantità non indicata. In seguito a ciò, il MIPAAF ha disposto in via cautelare l’allontanamento del cavallo dalla partecipazione alle corse, per un periodo di 30 giorni (14 agosto 2014 – 12 settembre 2014).
Il Sig. OMISSIS, in data 14 agosto 2014, ha fatto richiesta di seconde analisi, tuttavia anche il laboratorio per corse ippiche sito in Verrieres Le Buisson (Francia), prescelto dal medesimo ricorrente tra quelli indicati dal MIPAAF, ha confermato la presenza della suddetta sostanza.
Alla luce della conferma della presenza della sostanza vietata nell’organismo del cavallo, la Commissione di prima istanza, all’esito del procedimento disciplinare avviato dalla Procura della Disciplina (atto di incolpazione in data 19.5.2015), ha sanzionato il Sig. OMISSIS (raddoppiando la misura sanzionatoria rispetto a quella proposta dalla Procura) con la sospensione dalla qualifica di allenatore per 12 mesi e la multa di € 3.000,00 oltre al distanziamento del cavallo dall’ordine di arrivo del premio OMISSIS disputatosi il 19 luglio 2014 e da quello delle corse successive disputate (decisione n. 152/2015). Proposto appello alla Commissione Disciplinare di Appello, la suddetta pronuncia è stata confermata con decisione n.1738/a/g e, per l’effetto, respinta l’impugnazione proposta dal Sig. OMISSIS.
Avverso tale decisione di appello, egli ha proposto ricorso avanzando le seguenti, articolate censure: 1. Illegittimità per violazione dei principi di logicità, ragionevolezza, coerenza, completezza – Violazione del Contraddittorio procedimentale – Eccesso di potere sotto i profili di sviamento, errore di fatto, travisamento, difetto di istruttoria – Ingiustizia manifesta – Irragionevolezza: la Commissione di disciplina di appello avrebbe recepito acriticamente i risultati dei laboratori di analisi, senza interpellare alcun altro organo (tranne la Dirigente Veterinario del Ministero) in violazione del principio del contraddittorio; lamenta il ricorrente che, ai sensi dell’art. 10 del Regolamento di controllo delle Sostanze Proibite, l’Amministrazione avrebbe potuto trasmettere la documentazione alla Commissione Scientifica (che ex art. 15 del medesimo Regolamento svolge attività consultiva e propositiva in materia di antidoping ed esprime il proprio parere su questioni di natura scientifica) la quale, a sua volta, avrebbe potuto richiedere al laboratorio qualsiasi documento o analisi già effettuata o approfondimenti analitici da svolgere sul campione di seconda analisi; il Collegio di Appello avrebbe fatto propri i risultati della relazione in data 24 maggio 2016 del Dirigente del Ministero, secondo cui la fissazione della soglia di 20ng/ml sarebbe stata decisa dalla Comunità internazionale; i risultati ottenuti dai laboratori inoltre sarebbero carenti entrambi sotto il profilo quantitativo, e quello francese lo sarebbe anche sotto il profilo qualitativo: essi non avrebbero valutato, secondo il ricorrente, il superamento del limite di 20 ng/ml di benzoilecgonina (la cui presenza sarebbe pacificamente ammissibile nelle urine degli equini sotto alla predetta quantità secondo quanto stabilito in vari documenti della Commissione Scientifica dell’Unire e dalla Delibera 16 marzo 2009 del Consiglio di Amministrazione dell’Unire, che ha previsto quale soglia di punibilità un valore di 20ng/ml, Delibera che seppur non approvata sarebbe tuttavia formalmente efficace), ma avrebbero stabilito meramente la sua presenza, senza dimostrare che il cavallo fosse effettivamente dopato; la Commissione di appello avrebbe rigettato il motivo di impugnazione relativo al profilo quantitativo, sulla considerazione che il risultato delle analisi effettuato da Unirelab sarebbe proveniente da un laboratorio aderente alle linee AORC (Association of Official Agricultural Chemists), in forza delle quali se la sostanza avesse avuto una concentrazione inferiore a 20 ng/ml non sarebbe stata neanche rinvenuta: tale considerazione non sarebbe condivisibile non contenendo i criteri di identificazione AORC alcuna norma che preveda che la sostanza vietata non sarebbe rinvenibile in una concentrazione inferiore a quella testé richiamata; inoltre, sotto il profilo qualitativo, il laboratorio di I analisi avrebbe richiamato i criteri di identificazione AORC rispettandoli mentre il laboratorio francese di II analisi, pur continuando a richiamare i suddetti criteri, avrebbe omesso di indicare lo standard interno non rispettando le linee guida richieste (linee ISO 025, norma ILAC G 7/2009, punto 25.4, norma AORC punto 4, perché avrebbe indicato solamente il tempo di ritenzione della molecola in 13,57); a questo riguardo, il ricorrente chiede una consulenza tecnica d’ufficio per chiarire la corretta esecuzione delle seconde analisi rispetto alle linee del WADA (World Anti Doping Agency), dell’AORC, dell’ILAC G 7/2009 e del GTFI (Gruppo Italiano di Tossicologia Forense), dallo stesso laboratorio scelte e richiamate.
2. Difetto, erroneità e illogicità della motivazione – Violazione del principio di proporzionalità – ingiustizia manifesta: il provvedimento impugnato sarebbe altresì viziato perché non congruamente motivato, non avendo la Commissione di Disciplina esternato in modo completo i motivi della sua scelta discrezionale: nella decisione impugnata il richiamo alla relazione del Dirigente Medico Veterinario del MIPAAF e al suo contenuto, non conosciuti dal ricorrente, sarebbero violativi del principio del contraddittorio e di quello secondo cui se esistente una soglia stabilita, dovrebbe essere effettuata anche un’analisi quantitativa, che nel caso di specie non sarebbe intervenuta. Conclude con la richiesta di annullamento degli atti impugnati previa sospensione dell’efficacia degli stessi.
Si è costituito il MIPAAF per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato, per resistere al ricorso ed opporsi all’accoglimento dello stesso.
Con ordinanza n.3990/2016, è stata disposta istruttoria eseguita dall’Amministrazione resistente con deposito in giudizio di documentata relazione con la quale, sulla portata della Delibera n.104/2009 del Consiglio di Amministrazione dell’Unire, ha richiamato la pronuncia del Cons. di Stato (Sez. VI, n. 6492/2012) secondo cui la delibera in quanto non approvata sarebbe da ritenersi non efficace sotto un profilo giuridico formale, ma comunque espressione di una valutazione tecnico scientifica escludente la certezza di effetto dopante per concentrazioni inferiori a 20 ng/ml e la cui plausibilità sarebbe avvalorata dalla circostanza che il valore limite dei 20 ng/ml coincide in modo assolutamente eloquente con quello approvato dall’EHSLC (European Horserace Scientific Liaison Committee). Precisa l’Amministrazione che i criteri AORC sarebbero criteri meramente analitici, mediante i quali verrebbe confermata o meno la positività alla sostanza, non sussistendo alcuna correlazione con la concentrazione della sostanza stessa e comunque allega la nota pervenuta da Unirelab S.r.l. in merito alla valutazione del quantitativo di cocaina effettivamente rinvenuto nell’organismo del cavallo, a seguito di un’analisi semi-quantitativa tramite il confronto con un campione di riferimento addizionato ad una concentrazione nota, presente nel campione di I analisi (pari 70 ng/ml). Riguardo la seconda analisi e il mancato riscontro del documento del referto da parte del laboratorio francese, riferisce l’Amministrazione che oltre il decorso del tempo rileverebbe la circostanza che in qualità di laboratorio occasionale per l’effettuazione delle seconde analisi su richiesta dell’interessato, esso non sarebbe obbligato contrattualmente a mantenere la documentazione per un determinato periodo.
2. Con atto recante motivi aggiunti parte ricorrente ha impugnato la predetta relazione depositata dall’Avvocatura Generale dello Stato in adempimento all’Ordinanza n. 3990/2016 e della nota di Unirelab del 3 agosto 2016, avverso le quali ha dedotto oltre i motivi già avanzati in via principale anche le seguenti ulteriori censure: 1. Illegittimità per violazione dei principi di ragionevolezza, adeguatezza ai fini proposti, logicità, partecipazione, efficacia, tutela dell’affidamento: il MIPAAF conclude la relazione affermando che nel caso di controlli antidoping dovranno ritenersi incolpevoli i soggetti nel caso in cui l’assunzione di benzoilecgonina produca nei liquidi biologici un valore inferiore ai 20 ng/ml, come espressione di una valutazione tecnico-scientifica da sola idonea ad escludere la certezza di un effetto dopante per concentrazioni inferiori; il Ministero avrebbe perciò aderito meramente di fatto e non formalmente alla Delibera del CdA dell’Unire n. 104/2009, la quale non essendo stata approvata non potrebbe ritenersi valida dal punto di vista giuridico, non avendo valenza giuridico formale di criterio di rango regolamentare vincolante per la Commissione di disciplina, consistendo nella mera enunciazione di una massima teorico-scientifica; da ciò sarebbe facilmente desumibile l’obbligo di una necessaria quantificazione della sostanza proibita rinvenuta per poter comminare le eventuali sanzioni disciplinari, tenuto conto della Delibera dell’Unire e in osservanza ai suggerimenti dell’Organismo Internazionale EHSLC, nell’individuare la soglia limite dei 20 ng/ml sarebbe tenuto altresì alla quantificazione della sostanza dopante; la relazione della Dirigente del Ministero posta a fondamento della decisione della Commissione di Disciplina di Appello (laddove è precisato che “le analisi quantitative com’è noto possono essere svolte solo per le sostanze presenti nell’Allegato 2 del Regolamento per il Controllo delle Sostanze Proibite”) contrasterebbe con la relazione prodotta in adempimento all’ordinanza istruttoria perché se la benzoilecgonina sarebbe presente nell’Allegato 2 del Regolamento dovrebbe essere necessariamente sottoposta ad analisi quantitativa oppure se non presente nell’Allegato, come sostenuto nella relazione, non sarebbe sottoponibile ad analisi quantitativa (affermazione non sostenuto da alcun documento ufficiale).
2.Illegittimità per violazione dei principi di ragionevolezza, non contraddittorietà, logicità: le norme AORC citate dai laboratori di prime e seconde analisi dimostrerebbero solo la presenza e non il superamento dei 20 ng/ml di benzoilecgonina, non essendo state effettuate analisi quantitative.
3.Illegittimità per violazione del principio di immediatezza e di continuità del procedimento amministrativo – Violazione del divieto di aggravamento, in contrasto con l’art. 1, comma 2 della legge n. 241/1990: la nota pervenuta da Unirelab S.r.l. - relativa alla valutazione del quantitativo di cocaina a seguito di un’analisi semiquantitativa tramite il confronto con un campione di riferimento addizionato ad una concentrazione nota, presente nel campione di I analisi (70 ng/ml) - allegata alla relazione ministeriale non sarebbe stata mai comunicata né direttamente al ricorrente, né alla sua difesa e sostituirebbe l’analisi effettuata in data 12 agosto 2014, quale terzo tipo di analisi, ed emessa in difformità dalla normativa Accredia sul rapporto di prova; pertanto, le originarie analisi sarebbero prive di qualsiasi riferimento alla quantità, individuando la mera presenza/assenza della sostanza proibita: nella nota del 3 agosto 2016, il laboratorio Unirelab avrebbe indicato di aver effettuato solo analisi quantitativa, senza citare le modalità seguite durante la procedura, né l’ente certificatore.
4. Difetto, erroneità e illogicità della motivazione: il Collegio di Appello avrebbe esternato le ragioni della decisione in modo incongruo e incompleto anche in assenza di analisi quantitative e conclude per l’accoglimento del ricorso introduttivo e dell’atto recante motivi aggiunti, previa sospensione dell’efficacia degli stessi.
Con ordinanza nr. 7818/2016 è stata respinta la suindicata domanda cautelare.
L’Amministrazione resistente, in vista dell’udienza di merito, ha prodotto memoria difensiva sostenendo l’inammissibilità del ricorso per difetto assoluto di giurisdizione, stante la riserva in favore della giustizia sportiva ex art. 2 lett. b) del D.L. n. 220/2003, conv. nella legge n.280 del 2003, trattandosi di controversia avente ad oggetto l’applicazione di un provvedimento disciplinare emesso dagli organi di giustizia sportiva del MIPAAF in materia di ippica. In ogni caso, il ricorso con motivi aggiunti sarebbe infondato in quanto: non sarebbe stata eseguita una terza analisi da parte del laboratorio secondo una procedura non disciplinata bensì in esecuzione dell’adempimento richiesto con l’ordinanza; riguardo la specifica richiesta del giudice, il laboratorio avrebbe indicato la quantità di sostanza dopante nelle prime analisi, tra l’altro risultante superiore (70ng/ml) al limite di rilevanza (20ng/ml); la procedura seguita consisterebbe in un calcolo matematico da effettuare sui dati risultanti dalle analisi effettuate già, senza la necessità di un nuovo campione (procedura chimico analitica).
Parte ricorrente, nel replicare alle difese dell’Amministrazione, ha sostenuto la giurisdizione del giudice amministrativo ed insistito con ulteriori argomentazioni sulla propria posizione difensiva.
Le parti si sono scambiate ulteriori memorie di replica.
Alla odierna udienza, come attestato a verbale, la difesa di parte ricorrente a seguito della rilevata tardività del deposito delle note di udienza presentate ha, su invito del Presidente, illustrato il contenuto delle stesse ed insistito sulle conclusioni rassegnate.
L’Avvocatura si è opposta insistendo sull’eccezione del difetto di giurisdizione.
Alla pubblica udienza del 16 maggio 2017, la causa è stata trattenuta in decisione riservata; sciolta definitivamente la riserva nella camera di consiglio del 7 novembre 2017(all’uopo riconvocata), il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
1.Preliminarmente, occorre scrutinare l’eccezione di carenza della giurisdizione di questo Giudice sollevata dall’Amministrazione resistente.
A sostegno del rilievo processuale, la difesa erariale osserva che dovrebbe aversi riguardo all’art. 1, comma 2, del DL 220/03 che regola il riparto di giurisdizione tra l’ordinamento statale e quello sportivo – in tutte le sue articolazioni, inclusa l’ippica – secondo un principio di piena autonomia “salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”, nell’ambito delle quali non rientrerebbero le sanzioni di cui si discute nell’odierno giudizio, come sembrerebbe ritenere la giurisprudenza più recente sulla base della considerazione che la norma non distingue gli effetti economici (cfr. Cons.Stato, n. 5782/2008) e che il Legislatore del 2003 non può non aver tenuto presente e considerato la rilevantissima entità di tale contenzioso. Al riguardo, l’Avvocatura richiama taluni precedenti di questo Tribunale (cfr. ex multis sez. I ter n.3370, 3371, 3375 del 2017; idem n.869 del 18.1.2017) nonché la sentenza n. 5782/2008 del Consiglio di Stato che in vicende simili avrebbe trattenuto la giurisdizione in ordine alla (sola) pretesa risarcitoria, azione questa non esperibile di fronte alla giustizia sportiva e che, pertanto, ove non ammessa rischierebbe di creare un vuoto di tutela.
A sostegno della giurisdizione militerebbe, invece, l’orientamento consolidato della giurisprudenza, secondo il quale l’impugnazione di sanzioni disciplinari irrogate a causa di comportamenti contrari al regolamento sportivo dell’Ente attiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di atti adottati da soggetto di diritto pubblico nell’esercizio di una potestà pubblica, idonei a produrre modificazioni delle posizioni soggettive del settore di competenza, affievolendole in posizioni di interesse legittimo (così Cons. Stato, sez.VI, 20 dicembre 1993, n. 996; Tar Lazio, Roma, sez.III, 14 novembre 2003, n.1591; Tar Marche, n. 16/2017).
In senso favorevole al secondo indirizzo, anche la tesi che muove dall’esame della disciplina derivante dal RD 24 maggio 1932, n. 624 e dalla L. 24 marzo 1942, nr. 315, secondo cui andrebbe considerata la natura di ente strumentale dello Stato, propria dell’Unire, in relazione all’attività di vigilanza sulle corse dei cavalli, in ragione della quale il provvedimento sanzionatorio irrogato in tale funzione perseguirebbe finalità di interesse generale (cfr. Tar Trentino Alto Adige, Bolzano, n. 186/2011). Da cui, la diversità tra le Federazioni Sportive, tra le quali la FISE, che confluiscono nel CONI e l’Unire; l’equitazione, sorretta dalla FISE, sarebbe disciplina anche sportiva diversa dall’ippica, che è oggetto di competenze dirette del MIPAAF (dopo la trasformazione dell’Unire nell’Assi e poi la confluenza delle relative competenze in capo alla gestione diretta del Ministero); non troverebbe pertanto applicazione all’ippica la previsione di cui all’art. 3, comma 1, del d.l. n.220/2003, conv. in legge n.280/2003, che regola la cognizione delle controversie sportive nell’ambito delle associazioni federate nel CONI.
Il Collegio ritiene che le disposizioni che regolano la c.d. “pregiudiziale sportiva” e la connessa limitazione della giurisdizione del giudice amministrativo presuppongano una nozione di “ordinamento sportivo” che non consenta di includervi – come invece prospettato dall’Avvocatura erariale – anche le sanzioni erogate direttamente dal MIPAAF nell’ambito delle proprie prerogative di controllo del settore dell’Ippica, materia in precedenza affidata alle competenze dell’Unire e poi dell’Assi.
Invero, la norma di cui all’art. 2 e 3 del d.l. n.220/2003, nel riconoscere l’autonomia dell’ordinamento sportivo, presuppone a disciplina di quest’ultimo l’istituzione e l’organizzazione del CONI, ente con personalità giuridica di diritto pubblico e delle Federazioni sportive nazionali di cui al d.lgs. n.242/1999; per effetto dell’adesione a tali organismi, gli associati vengono assoggettati all’azione dei relativi organi di controllo e di giurisdizione domestica, entro un ambito che lo Stato riconosce e tutela.
Si tratta, in altri termini, di una evidente condizione di pluralità degli ordinamenti o pluralismo istituzionale, nell’ambito della quale il confine tra l’ordinamento giuridico pubblico e quello sportivo è dato non già da una definizione materiale di competenze - dell’uno e dell’altro - ma dalla dimensione propriamente organizzativa ed istituzionale del secondo, che il primo riconosce e tutela, nel presupposto che un ordinamento si sostanzia non solamente nelle norme che produce, ma anche e prima ancora nell’articolazione della struttura che tali norme pone (appropriato è, in questo caso, il richiamo al noto principio affermato da una qualificata dottrina, risalente ma tutt’ora attuale, secondo cui “ogni ordinamento giuridico è un'istituzione, e viceversa ogni istituzione è un ordinamento giuridico: l'equazione fra i due concetti è necessaria ed assoluta”).
Del resto, anche sotto il profilo strettamente oggettivo delle attività, non può non riconoscersi il dovuto rilievo alla differenza tra l’ippica – intesa come attività volta in generale alla promozione del cavallo e delle relative attività – e l’equitazione – attività propriamente sportiva che, pur rientrando nella nozione più generale della prima, se ne differenzia sotto il profilo della competizione agonistica.
Più in generale, il Collegio deve rammentare che la competenza del MIPAAF in ordine alla disciplina dell’ippica trova titolo in una strutturata (e risalente) evoluzione normativa.
Più precisamente, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali è subentrato all’Assi che, a sua volta, era subentrato all’Unire in forza, rispettivamente, del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 449 (recante norme circa il riordino dell'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE), ex art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), e della legge 15 luglio 2011, n. 111, istitutiva dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI) quale successore ex lege dell'Unire ai quali hanno fatto seguito il d.l. 27 giugno 2012, n. 87, recante, tra l'altro, la soppressione dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, e l’art. 23 quater, comma 9 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, conv. con mod. dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 (che, nel prevedere la soppressione dell’Assi, ne ha ripartito le funzioni tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l'Agenzie delle Dogane e dei Monopòli).
In forza di tali atti normativi è stato poi adottato il decreto interministeriale 31 gennaio 2013 del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il quale, tra l'altro, sono state attribuite al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali le funzioni già riconosciute all'ex Assi dalla normativa vigente (ad eccezione delle competenze relative alla certificazione delle scommesse sulle corse dei cavalli affidate all'Agenzia delle dogane e dei monopoli); con il successivo DPCM 27 febbraio 2013, n. 105, rubricato «Regolamento recante organizzazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a norma dell'art. 2, comma 10-ter, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135” e l’art. 7, comma 2, del predetto d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 449, sono state inoltre regolate le strutture disciplinari già appartenenti agli enti incorporati, in considerazione delle specifiche caratteristiche tecniche delle modalità di gara.
Nel descritto contesto normativo si radicano competenze specifiche ben più ampie ed estese di quelle relative alle competizioni agonistiche in quanto tali, come il compito di concorrere alla tutela dell'incolumità ed al mantenimento dei cavalli sottoposti a “trattamenti dopanti” (art.2 del d.lgs n.499 del 1999) o anche quello che individua tra le finalità (già) dell’Unire la ricerca scientifica nel settore dell'allevamento, dell'allenamento e dell'antidoping, oppure il controllo della regolarità di tutte le attività relative alle corse (art.12 del d.P.R. n.169 del 1998); l'organizzazione delle corse dei cavalli; la programmazione dello sviluppo del settore dell'ippicoltura in tutte le sue componenti tecniche, economiche, sociali, culturali e promozionali; la programmazione tecnica ed economica delle corse e delle altre forme di competizione; la predisposizione “del calendario delle manifestazioni ippiche”; il coordinamento dell'attività degli ippodromi; la determinazione degli stanziamenti relativi ai premi ed alle provvidenze; la promozione di iniziative previdenziali e assistenziali in favore dei fantini, dei guidatori, degli allenatori e degli artieri ed altro.
Non è senza rilievo, infine, che, in maniera del tutto simmetrica, successivamente all'entrata in vigore d.P.R. 8 aprile 1998 n. 169, recante il regolamento di attuazione dell'art. 3 comma 78, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (che, abrogando la precedente riserva all'Unire, ha affidato le competenze per l'organizzazione e la gestione dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli ai ministeri delle finanze e delle risorse agricole, alimentari e forestali, sia pur consentendo loro di provvedervi direttamente ovvero a mezzo di enti pubblici, società o allibratori da essi individuati) sia stata devoluta alla giurisdizione tributaria la domanda proposta dal titolare di un'agenzia ippica per ottenere il rimborso di quanto indebitamente versato a titolo di imposta sulle scommesse relative alle corse dei cavalli (cfr. Cass.civile SS.UU.23 aprile 2009, n. 9672), ciò a significare come anche sotto il profilo tributario viene in rilievo un’attività sostanzialmente amministrativa pienamente riconducibile all’autorità ministeriale in quanto soggetto titolare di competenze di interesse generale.
Orbene, essendo il complesso di tali interessi di livello tale da costituire una delle funzioni della riserva statale (sia sul piano dell’organizzazione della funzione, sia su quello, correlato, della gestione delle entrate ad essa connesse), ne consegue che le iniziative disciplinari e sanzionatorie non possono che sussumersi nell’ambito di detta riserva di competenze che presuppone l’esercizio di attività pubblicistiche vere e proprie la cui cognizione, in caso di controversia, non potrà che scontare l’ordinario riparto della giurisdizione basato sulla diversa natura della posizione soggettiva posseduta ed azionata, ossia la distinzione tra interessi legittimi e diritti soggettivi.
Ne consegue, in adesione al principio già affermato dalla Sezione nella sentenza n. 7098 del 2016, che l’impugnazione di sanzioni disciplinari irrogate dal MIPAAF a carico di allenatori, fantini e/o proprietari di cavalli per comportamenti contrari al regolamento sportivo dello stesso Ente in relazione all’attività ippica che lo stesso Ministero ha in cura e sulla quale esso esercita il proprio, diretto controllo pubblicistico, attiene alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, trattandosi di atti adottati da soggetto di diritto pubblico nell’esercizio di una potestà pubblica, estranei pertanto all’ambito di applicazione del d.l.n. 220/2003, ed idonei a produrre modificazioni delle posizioni soggettive del settore di competenza le quali assumono, dunque, consistenza di interesse legittimo .
Sulla base delle predette argomentazioni va disattesa l’eccezione del difetto di giurisdizione di questo Giudice avanzata dall’Amministrazione resistente.
2. Passando all’esame delle censure dedotte in ricorso (introduttivo e motivi aggiunti), il Collegio ne rileva l’infondatezza per le ragioni che seguono.
Parte ricorrente contesta sostanzialmente, come anticipato in fatto, la legittimità della decisione della Commissione di disciplina di Appello per irragionevolezza, violazione del contraddittorio, travisamento, erroneità e illogicità della motivazione: l’organo di disciplina avrebbe recepito acriticamente i risultati dei laboratori di analisi. A dire del ricorrente, si tratterebbe di un comportamento contraddittorio in quanto il laboratorio francese, che aveva eseguito le seconde analisi su richiesta dello stesso, non avrebbe verificato il superamento della soglia di rilevanza di 20ng/ml di sostanza, stabilita con Delibera del CdA dell’Unire in data 16.3.2009, n.104. L’interessato sostiene che l’analisi eseguita dal laboratorio francese, oltre ad sarebbe stata qualitativa e non anche quantitativa, come invece dal medesimo richiesto, non avrebbe rispettato la procedura tecnica prevista dalla normativa specifica (primo e secondo mezzo ricorso introduttivo). Inoltre, la relazione ministeriale depositata in data 9 settembre 2016 in esecuzione dell’ordinanza istruttoria e la nota Unirelab in data 3.8.2016, gravate entrambe con l’atto recante motivi aggiunti, sarebbero illegittime per irragionevolezza, illogicità, contraddittorietà, aggravamento del procedimento (primo, secondo e terzo mezzo) nonché difetto ed erroneità della motivazione (quarto mezzo) poiché con le analisi eseguite in ottemperanza della ordinanza il laboratorio avrebbe effettuato una sorta di “terza analisi” adottando una procedura non disciplinata dalla normativa di riferimento.
2.1. La questione dirimente involge le metodiche utilizzate per effettuare la rilevazione della sostanza in contestazione.
Come correttamente rilevato dalla difesa erariale e precisato nella relazione di servizio prodotta dall’Amministrazione, la procedura per il controllo antidoping prevede che le analisi debbano essere effettuate con il metodo qualitativo per tutte le sostanze, tranne quelle di cui all’allegato 2 del RCSP, per le quali è previsto che si debba effettivamente verificare l’esatta quantificazione della sostanza.
Al fine di consentire il rispetto degli ISL (International screening limits) ed ESL (European screening limits), ossia dei limiti di concentrazione, il cui non superamento determina una dichiarazione di negatività del campione pur in presenza del principio attivo, i laboratori di analisi autorizzati e accreditati effettuano un tipo di analisi cd. semiquantitativa. Tali limiti sono rilevanti per le sostanze di cui all’allegato 1 del Regolamento, in quanto dette sostanze, di tipo farmacologico, possono anche essere usate a fini medici e possono quindi essere lecitamente presenti in quantitativi minimi.
Con riferimento a molecole di tipo non propriamente farmacologico (tra cui, ad esempio, la Benzoilecgonina BZE), ma rispetto alle quali risultano evidenze scientifiche circa gli effetti dopanti, sono stati introdotti analoghi limiti - gli HSL (Harmonized screening limits) - essendosi ravvisata talvolta la possibilità di un inquinamento ambientale o comunque di una presenza talmente marginale della sostanza tale da non determinare alcun effetto dopante.
Per la cocaina, in particolare (Benzoilecgonina BZE), tale limite a livello internazionale è costituito dalla soglia dei 20 ng/ml.
Il protocollo prevede che, in tutti questi casi, i laboratori debbano effettuare un’analisi denominata semiquantitativa che consiste esclusivamente nel rilevare il superamento del livello al di sopra del quale è stabilito che la sostanza abbia effetti “dopanti”, senza alcuna necessità di verificarne la quantità esatta. La procedura prevede, in particolare, che sia effettuato un confronto con un campione di riferimento addizionato ad una concentrazione nota.
Al riguardo, appaiono pertinenti le indicazioni contenute nella Delibera del C.d.A. Unire n. 104/2009, invocata dallo stesso ricorrente nelle proprie difese; detta delibera, pur non avendo portata precettiva (in quanto essa non è stata mai approvata dal MIPAAF), può comunque ritenersi - in ragione degli specifici apporti tecnici – ragionevole e congruente parametro tecnico-scientifico di riferimento, in grado di corrispondere alle indicazioni fornite dal Ministero all’Unirelab.
Sotto questo profilo, va annotato che l’Amministrazione si è uniformata alle indicazioni veicolate dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 1096/2015, menzionata dallo stesso ricorrente nel primo motivo del ricorso introduttivo, secondo cui la menzionata Delibera n. 104/2009 deve ritenersi idoneo parametro di valutazione tecnico scientifico, tale dunque da far escludere l’effetto dopante per concentrazioni inferiori alla soglia di 20 ng/ml d sostanza.
In punto di fatto, ed a confutazione delle contrarie argomentazioni attoree, va poi soggiunto che il Dossier analisi del campione “A” del cavallo presso Unirelab sito in Settimo Milanese in atti (all. 4 al ricorso) chiarisce come si siano svolte le prime analisi.
In primo luogo, è stata fatta un’analisi di urina bianca negativa; poi l’analisi del campione di urina identificato; ed ancora l’analisi di un bianco di sistema; infine, si è proceduto con l’analisi del campione di riferimento: un’urina addizionata con Benzoilecgonina. Successivamente, si è passato all’esame dei cromatogrammi. Il confronto tra i cromatogrammi relativi al campione di urina del cavallo in esame e quelli relativi al campione di riferimento addizionato della quantità limite della sostanza da analizzare (Benzoilecgonina BZE ) ha consentito di verificare il superamento della soglia di concentrazione ammessa.
Si tratta di dati analitici conformi a criteri di identificazione AORC, che il laboratorio Unirelab ha comprovato di avere rispettato, anche nell’assumersi la responsabilità della relativa dichiarazione di scienza nelle conclusioni del referto.
Quanto alle seconde analisi, che come richiesto dal ricorrente (vedi modulo allegato 5 al ricorso che indica nel riquadro la specifica di analisi qualitativa) si sono svolte presso il laboratorio francese Laboratoire des Courses Hippiques di Verrieres le Buisson- Francia, il Collegio osserva che anch’esse hanno sortito esito positivo (Benzoylecgonine in urine).
Il dossier di analisi del campione B (cfr. all. 6 al ricorso), relativo alle seconde analisi svolte dal laboratorio francese mostra che il criterio utilizzato è lo stesso delle prime analisi (pag. 4). Nelle conclusioni in calce al referto di analisi è indicato il riferimento al rispetto dei criteri AORC.
Deve dunque ritenersi che, pur in mancanza di un’analisi quantitativa, il metodo utilizzato abbia consentito di appurare obiettivamente il superamento del limite di rilevanza per la presenza della sostanza dopante, nel rispetto degli standard internazionale fatti propri e rispettati dai laboratori di analisi che seguono i criteri AORC, tra questi il primo laboratorio Unirelab e il laboratorio francese, quest’ultimo scelto, si ripete, liberamente dal ricorrente per l’effettuazione delle seconde analisi.
Le censure articolate dal ricorrente non si palesano pertanto, in parte qua, fondate.
Quanto alla contestata indicazione del solo tempo di ritenzione della molecola (indicazione picco di ritenzione di 13.56 minuti dal laboratorio italiano e di 13.57 minuti dal laboratorio francese), il Collegio ritiene la circostanza irrilevante in considerazione del fatto che detta contestazione, afferente i dati relativi alla cromatografia ovvero alla spettrometria, avrebbe potuto essere sollevata immediatamente se parte ricorrente si fosse avvalsa del proprio diritto di partecipazione alle analisi in loco (ai sensi dell’art. 10 del Regolamento Sostanze Proibite Unire, essa avrebbe potuto infatti assistere all’esecuzione delle stesse personalmente o per il tramite un tecnico da lui prescelto); ad ogni modo e comunque, neppure è stato dimostrato dal ricorrente, tramite idonea documentazione tecnica, che i picchi rilevati da entrambi i laboratori sarebbero stati compatibili con un quantitativo inferiore alla soglia limite di 20 ng/ml.
Di contro, va apprezzata in senso dirimente la circostanza che, tanto in sede di prime analisi che di seconde analisi, è stato fatto uso della metodica dell’analisi semiquantitativa, che ha consentito di verificare il superamento della soglia limite di rilevanza dopante della sostanza.
Consegue a tanto, l’infondatezza complessiva del primo motivo del ricorso introduttivo.
La circostanza, attestata dagli uffici ministeriali nella relazione in atti e risultante dall’esame delle analisi dei laboratori, come sopra specificati, per cui la positività riscontrata corrisponde al superamento della soglia di 20 ng/ml, consente di ritenere superata la censura di cui al secondo motivo del ricorso introduttivo (omessa pronuncia sulle circostanze da parte della Commissione di disciplina di appello), ragion per cui la relativa censura deve essere disattesa.
Altrettanto infondati s’appalesano i rilievi censori mossi avverso il procedimento seguito dal laboratorio francese in ragione della presunta difformità dell’analisi alla normativa Accredia sul rapporto delle prove, tenuto conto della diversità di accreditamento rispetto a quello AORC cui ha aderito invece il laboratorio francese.
Il ricorrente lamenta che, per controllare la correttezza delle analisi, occorreva conoscere quale standard interno fosse stato utilizzato, disporre altresì di un cromatogramma, avere infine contezza della presenza dei dati di spettrometria di massa che rendono certa l’identificazione dello standard interno.
Anche tali doglianze non sono persuasive.
Il laboratorio francese, che ancora una volta si ribadisce parte ricorrente ha liberamente scelto per l’effettuazione delle seconde analisi, è accreditato AORC, segue i criteri di rilevazione delle sostanze proibite secondo gli standard internazionali e non è tenuto, secondo il protocollo di riferimento, a rilasciare il cromatogramma né a riportare una indicazione dello standard interno (come ad esempio accade per i laboratori italiani).
Tali circostanze, in considerazione del fatto che è stata proprio parte ricorrente ad indicare il laboratorio in esame e a non essersi avvalsa del diritto di partecipare alle analisi in loco, non sono in grado dunque di revocare in dubbio l’attendibilità dei criteri AORC e non possono pertanto, a fortiori, rappresentare un motivo di illegittimità del procedimento.
In definitiva, il Collegio ritiene che i criteri AORC siano idonei e rilevanti al fine di stabilire l’attendibilità dell’analisi e della rilevazione delle sostanze proibite nel rispetto degli standard internazionali.
In conclusione, per tutto quanto sin qui argomentato, il ricorso originario è infondato e va, pertanto, respinto.
3. Si può passare all’esame dei motivi aggiunti, mediante i quali parte ricorrente ha impugnato la relazione resa dall’Amministrazione in esito alla ordinanza istruttoria di questa Sezione, unitamente alla nota Unirelab ad essa allegata recante una determinazione quantitativa della sostanza rinvenuta nel campione esaminato, indicazioni queste ultime che sono state elaborate attraverso un’analisi di tipo semiquantitativo, “tramite il confronto con un campione di riferimento addizionato ad una concentrazione nota”. Da dette analisi è emersa la presenza della Benzoilecgonina BZE in misura di 70 ng/ml nel campione A e 140ng/ml nel campione B.
L’Avvocatura Generale dello Stato ha evidenziato che tale ultima analisi è stata svolta ex post, non essendo più disponibile alcun campione di urina, semplicemente confrontando i cromatogrammi presenti in atti con quelli di un campione di riferimento di urina bianca addizionato di quantità note di sostanza. Si tratta di una sorta di analisi semiquantitativa più precisa perché volta ad individuare, sempre in maniera induttiva e comparativa, la quantità di sostanza presente.
Con riferimento alla metodologia e alle condizioni in cui sono state effettuate tali analisi, parte ricorrente ha svolto varie censure di natura procedimentale e sostanziale, contestando l’analisi effettuata dal laboratorio in ottemperanza alla ordinanza ritenendola una sorta di “terza analisi”, con l’adozione di una procedura non disciplinata dalla normativa di riferimento.
Ritiene tuttavia il Collegio che tali censure presentano profili di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse alla luce della reiezione del ricorso originario per le ragioni sopra indicate.
Infatti, una volta che la sanzione confermata dalla Commissione di disciplina di appello è stata ritenuta da questo Tribunale fondata su analisi idonee a comprovare il superamento della soglia dei 20ng/ml invocata da parte ricorrente, nessun interesse può vantare la parte all’annullamento di una successiva nota di Unirelab recante una quantificazione della sostanza (effettuata peraltro con metodo induttivo e comparativo), posto che di tale accertamento non è stato fatto uso nel procedimento né esso è stato ritenuto rilevante da questo Collegio ai fini di stabilire la validità e correttezza delle prime e seconde analisi effettuate.
Il ricorso per motivi aggiunti, pertanto, va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
4. La complessiva infondatezza dell’azione di annullamento comporta, altresì, la reiezione della domanda risarcitoria e dell’ istanza di condanna per mancanza di danno ingiusto, ossia di un elemento costitutivo della fattispecie illecita.
Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti in ragione della complessità e particolarità della vicenda contenziosa nonché per la parziale novità delle questioni affrontate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sull’atto recante motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, così dispone:
- respinge il ricorso originario;
- dichiara improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso per motivi aggiunti.
Compensa le spese del giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 16 maggio 2017, 7 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Rotondo, Presidente FF
Mariangela Caminiti, Consigliere, Estensore
Maria Laura Maddalena, Consigliere