T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 12153/2014
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Simone Pagano, con domicilio eletto presso Tar Lazio Segreteria Tar Lazio in Roma, via Flaminia, 189;
contro
il Ministero dell’Interno – Questura di Roma - in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso la quale è domiciliato per legge in Roma Via dei Portoghesi 12;
per l'annullamento
del provvedimento n. 000229/2012, emesso dal Questore di Roma il 24 luglio 2012, recante divieto per anni tre di accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle intimate amministrazioni;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa
Data per letta alla pubblica udienza del 30 ottobre 2014 la relazione del Consigliere Linda Sandulli ed uditi gli avvocati di cui al verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con atto ritualmente e tempestivamente notificato il signor OMISSIS ha chiesto l’annullamento del provvedimento emesso dal Questore di Roma, recante divieto per anni tre di accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati.
Ha dedotto i seguenti motivi:
1) Violazione dell’articolo 6 bis della legge 401 del 1989. Eccesso di potere per travisamento dei fatti presupposti e difetto di motivazione.
2) Violazione dell’articolo 3 della legge n. 241 del 1990. Difetto di motivazione in relazione all’eccessiva durata del provvedimento.
3) Violazione dell’articolo 3 della legge n. 241 del 1990 – Eccessiva genericità e vaghezza dell’ambito di applicazione del provvedimento.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata la quale ha presentato una memoria di stile.
Con Ordinanza 4306/2012 questa Sezione ha accolto la domanda di tutela cautelare, disponendo il riesame del provvedimento gravato nella parte in cui ha stabilito una durata del diniego di accesso pari a tre anni ed esteso la misura a luoghi diversi dagli stadi.
Nessuna notizia circa il disposto riesame è stata fornita dall’Amministrazione intimata.
Il ricorrente, dopo aver contestato l’applicabilità dell’articolo 6 bis della l. 401 del 1989, lamenta con tre censure, un preteso difetto di motivazione; l’eccessiva durata della misura di divieto di accesso agli stadi e la sua indeterminatezza.
Per poter valutare l’applicabilità o meno della norma su evocata occorre partire dal fatto contestato al ricorrente dalla Questura di Roma.
Quest’ultima riferisce che in occasione dell’incontro di calcio “Città di Marino – Cynthia 1920”, valevole per il campionato di serie D, disputatosi il 1.4.2012 presso il campo sportivo Fiore di Marino, il ricorrente è stato visto accendere e lasciar cadere un fumogeno e inveire con frasi minacciose contro i tifosi della squadra avversaria.
Alla luce del fatto contestato sembra indubitabile che si verta proprio in una delle fattispecie disciplinate dall’articolo 6 bis della legge n. 401 del 1989 il quale dispone che: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito, o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime o, comunque, nelle immediate adiacenze di essi, nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva, e a condizione che i fatti avvengano in relazione alla manifestazione sportiva stessa, lancia o utilizza, in modo da creare un concreto pericolo per le persone, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l'emissione di fumo o di gas visibile, ovvero bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.”
In altri termini, si tratta di una delle ipotesi espressamente previste dalla norma al fine esclusivo di fronteggiare il fenomeno della violenza negli stadi.
Le argomentazioni svolte dal ricorrente non inficiano la correttezza dell'operato dell'Amministrazione anche perchè non si riferiscono a elementi oggettivi e concreti, capaci di comprovare la sua estraneità ai fatti contestati.
Il ricorrente denuncia, poi, l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione del provvedimento gravato che impone un divieto di accesso agli stadi Olimpico e Flaminio e tutte le zone limitrofe ai grandi stadi mentre l’ incontro per il quale è stato irrogato il DASPO rientra nella serie D che si disputa in piccoli centri sportivi di periferia.
Anche tale censura non è meritevole di positivo riscontro.
Non è rinvenibile, infatti, alcun obbligo per l'Amministrazione di correlare il divieto di cui trattasi allo svolgimento di partite di calcio in determinati stadi; ciò che viene in rilievo è soltanto la condotta di colui che con il suo comportamento, rientrante un una delle ipotesi tipizzate, ha dimostrato un grado di pericolosità idoneo ad incidere sull’ordine pubblico.
Si tratta di un potere chiaramente sindacabile dal giudice amministrativo entro precisi limiti, quali quello dell'irragionevolezza e della illogicità, i quali non appaiono riscontrabili nel caso in esame.
Restano da valutare sia la durata del divieto che la genericità dello stesso.
Quanto al primo profilo osserva il Collegio che la durata del divieto, rimesso al prudente apprezzamento dell’Amministrazione intimata, in tanto può essere censurata e ritenuta illegittima in quanto abnorme.
A tale proposito il Collegio, rimeditando la posizione espressa in occasione dell’esame della richiesta tutela cautelare, ritiene che tale ipotesi non ricorra nel caso in esame atteso anche il carattere “educativo” della sanzione contestata.
A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi in ordine alla valutazione dell'eccesso di potere per "difetto ed indeterminatezza dei presupposti".
Tal divieto se riferito all’ "accesso all'interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio", non sembra affetto dal vizio denunciato dal ricorrente posto che in tale ipotesi le competizioni dallo stesso interessate risultano determinabili in modo certo sulla base di precisi elementi di identificazione indicati nel provvedimento, quali i calendari ufficiali e pubblicizzati (cfr., tra le altre, sent. 3 maggio 2011, n. 3774).
In tal senso - del resto - ha avuto modo di pronunciarsi anche la Corte di Cassazione, (cfr., tra le altre, sent. n. 8435 del 2011; n. 12127 del 2009 e n. 11151 del 2008).
Va, invece, condivisa la doglianza relativa all'estensione del divieto oltre gli stadi Olimpico e Flaminio.
In proposito, è opportuno ricordare che, ai sensi del citato art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989, il divieto disposto dal questore deve riguardare luoghi "interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano alle manifestazioni medesime" "specificamente indicati".
Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, la necessità di indicare specificamente i luoghi ai quali si estende il divieto (diversi dagli impianti sportivi e coincidenti con quelli interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di persone che partecipano od assistono alle competizioni) risponde, dunque, ad un ben preciso obbligo di legge, la cui imposizione è ispirata da esigenze di conciliazione con la libertà di circolazione, costituzionalmente riconosciuta (art. 16), ma anche di garanzia della stessa esigibilità del comando (cfr., tra le altre, TAR Campania, Napoli, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403; TAR Toscana, Firenze, Sez. II, 19 maggio 2010, n. 1527; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 16 giugno 2009, n. 4022).
Nel caso di specie, tale obbligo risulta violato, tenuto conto della genericità che caratterizza l'individuazione dei luoghi interessati dall'estensione divieto, la quale - con l'unica eccezione dei riferimenti allo stadio Olimpico ed allo stadio Flaminio - è palesemente inidonea a delimitare in modo adeguatamente preciso i limiti spaziali del divieto stesso, con conseguente illegittimità della relativa prescrizione provvedimentale.
In ultimo il ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 3 della legge n. 241/90.
Tale motivo è infondato.
Il Collegio ritiene, infatti, che la motivazione dell’atto gravato sia sufficiente a dare conto del percorso logico seguito dall’Amministrazione intimata nel determinarsi nel senso contestato.
La peculiarità della controversia e la difesa- di stile- svolta dall’Amministrazione intimata giustificano la compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio sez. I^ ter
Accoglie il ricorso proposto OMISSIS nella parte indicata in motivazione, riguardante la specificazione dei limiti spaziali del divieto stesso; lo respinge per la parte restante.
Compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Linda Sandulli, Presidente, Estensore
Carlo Taglienti, Consigliere
Rita Tricarico, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)