T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 12905/2014

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), integrato da motivi aggiunti, proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Stefano Mattii, Monica Bonomini, Domenico Pavoni, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. Domenico Pavoni in Roma, Via Riboty 28;

contro

Unire, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento,

della decisione della Commissione di disciplina di appello dell’Unire presa il 09/01/06 nell’appello iscritto al n. 428/a/t, depositata il 20/03/2006, che ha respinto il ricorso amministrativo contro la decisione della Commissione di Disciplina di Prima istanza dell’Unire n. 187 dell’11/07/05, così confermando le sanzioni comminate da questa al OMISSIS, della sospensione da ogni qualifica per mesi sei e della multa di euro 1.500.00, in occasione del prelievo su di esso effettuato il 22/02/2004;

nonché per il risarcimento del danno derivante dall’esecuzione dei provvedimenti gravati, ove non sospesi o non ne siano eliminati gli effetti pregiudizievoli.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Unire;

Visto l’atto di motivi aggiunti depositato il 06 Novembre 2014;

Vista la memoria del ricorrente depositata l’08 Novembre 2014;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2014 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il presente ricorso il Sig. OMISSIS ha impugnato, unitamente agli atti presupposti, la decisione della Commissione di disciplina di appello dell’Unire presa il 09/01/2006 che ha respinto il ricorso amministrativo proposto avverso la decisione della Commissione di disciplina di prima istanza n. 187 dell’11/07/2005, così confermando le sanzioni comminate allo stesso Sig. OMISSIS e relative alla sospensione della qualifica per sei mesi e alla Multa di Euro 1.500,00, in relazione al ritenuto doping del cavallo “OMISSIS”.

Nel ricorso si è evidenziato che lo stesso Sig. OMISSIS era stato rinviato a giudizio disciplinare per doping dalla Procura di Disciplina dell’Unire, relativamente alla corsa tenutasi in data 22/02/2004.

A seguito dei controlli esperiti la Commissione di disciplina di primo grado dell’Unire aveva, infatti, emesso la decisione di condanna per ritenuto “doping”, essendo stata rilevata la positività alla sostanza “Benzoilecgonina” del sopra citato cavallo.

Detta decisione, a seguito della successiva impugnazione, veniva confermata dall’atto ora impugnato del 09/01/2006, con il quale si rigettava il ricorso proposto dal Sig. OMISSIS.

Per ottenere l’annullamento del provvedimento della Commissione di disciplina di appello veniva proposto il presente ricorso, nell’ambito del quale si sosteneva l’esistenza dei seguenti vizi di legittimità:

A) si rilevava la mancata valutazione delle osservazioni del ricorrente in violazione degli artt. 1 e 19 del Regolamento di disciplina dell’Unire e, ciò, unitamente al venire in essere di una disparità di trattamento a fronte di analoghe decisioni assunte sempre dalla Commissione di disciplina dell’Unire;

B) si contestava la violazione degli artt. 1, 19 e 16 del Regolamento di Disciplina dell’Unire, in quanto la Commissione avrebbe omesso di svolgere un’attività istruttoria per verificare se nel campione utilizzato per le analisi vi fosse la presenza di tracce di cocaina;

C) si contestava la violazione dell’art. 11 comma 4 del Regolamento per il Controllo delle Sostanze Proibite dell’Unire, in quanto non risulterebbero esistenti i presupposti per procedere ad una triplicazione della sanzione, così come poi effettivamente posto in essere dall’Unire;

D) si contestava l’utilizzo delle stesse macchine e laboratorio per effettuare sia le prime che le seconde analisi;

E) si sosteneva la violazione dell’art. 21 del Regolamento di Disciplina dell’Unire in quanto il deposito della pronuncia della Commissione di appello sarebbe avvenuto ben oltre i venti giorni e, quindi, in violazione del termine previsto dalla disposizione sopracitata.

Parte ricorrente proponeva, altresì, una domanda di risarcimento del danno, conseguente alla presunta illegittimità dei provvedimenti così impugnati.

Nel corso del giudizio si costituiva solo formalmente l’UNIRE per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato.

In data 06 Ottobre 2014 parte ricorrente depositava motivi aggiunti, con i quali deduceva l’illegittimità dell’impugnata sanzione anche sul rilievo che le analisi erano state effettuate presso un laboratorio non accreditato, accreditamento ritenuto indispensabile dal Tar Lazio, in un caso analogo a quello in esame, con sentenza n. 8280/2014.

All’udienza dell’11 Novembre 2014 il Collegio eccepiva, ai sensi dell’art. 73 comma 3° del cpa, la tardività, e quindi, l’irricevibilità sia dei sopra citati motivi aggiunti sia della memoria depositata dal difensore del Sig. OMISSIS in data 08 Novembre 2014.

Sempre nel corso dell’udienza dell’11 Novembre 2014 l’Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza dell’Unire, dichiarava di rinunciare ai termini a difesa in relazione all’atto di motivi aggiunti sopra citati.

Detta dichiarazione veniva riportata nel verbale di udienza.

In questi termini, uditi i procuratori delle parti ricorrenti, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente il Collegio, come comunicato ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a.,dà atto della tardività della memoria, depositata l’8 novembre 2014, e quindi oltre i termini previsti dal comma 1 del citato art. 73.

Passando al merito dell’atto introduttivo del giudizio, lo stesso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.

Sono innanzitutto infondate le censure, dedotte con il primo motivo, con le quali si sostiene che la decisione di rigetto di seconda istanza non avrebbe preso in considerazione i motivi di impugnazione contenuti nella memoria difensiva del Sig. OMISSIS e che, comunque, sussisterebbero i sintomi dell’eccesso di potere, in quanto sarebbe stata perpetrata una disparità di trattamento con riferimento a diverse pronunce adottate sempre della stessa Commissione di disciplina di secondo grado.

Si sostiene, inoltre, la violazione degli artt. 1 e 15 del Regolamento di Disciplina Unire, eccesso di potere e, ancora, la violazione degli artt. 3 e 10 della L. n. 241/90.

Si contesta, in ultimo, la violazione degli artt. 1 e 19 del Regolamento di Disciplina Unire, anche qui per immotivato contrasto con precedenti decisioni.

Le censure non sono suscettibili di positiva valutazione.

In primo luogo va evidenziato che l’asserito mancato esame della memoria difensiva presentata dal ricorrente si sostanzia in un’affermazione di principio, non supportata da alcuna prova né dall’indicazione di quali argomentazioni e quali censure, nel concreto, non siano state esaminate dalla Commissione di disciplina di 2° grado.

Il ricorrente non può essere seguito neanche allorchè deduce la violazione degli artt. 1 e 15 del Regolamento di disciplina dell’Unire e del rispetto del “diritto di difesa dei soggetti ritenuti responsabili” .

Ed invero, dette disposizioni, al contrario di quanto affermato, sanciscono la necessità di perseguire ogni forma di illecito sportivo mediante appositi organi, tra i quali è menzionata proprio la Commissione di disciplina e, quindi, l’organo che ha emanato il provvedimento di rigetto ora avversato.

Ne consegue come non sussiste la presunta violazione degli artt. 1 e 15, il cui riferimento è peraltro del tutto ininfluente e irrilevante al caso si specie.

Nemmeno sussiste la violazione degli artt. 1 e 19 del Regolamento sopra citato, non potendo essere considerato dirimente il riferimento a precedenti decisioni presumibilmente assunte dalle stesse Commissioni di disciplina.

L’art. 19, infatti, si limita a disciplinare le modalità e i termini per proporre appello avverso la deliberazione della Commissione di disciplina di prima istanza, disposizione che, pertanto, nulla attiene alla presunta mancata valutazione delle osservazioni in precedenza presentate dal ricorrente.

Va respinta, altresì, l’argomentazione diretta a contestare il comportamento della Commissione di disciplina che avrebbe applicato il principio devolutivo dell’Appello, nell’ambito del quale avrebbe assunto a riferimento “lo stesso rapporto sostanziale sottoposto all’attenzione del primo giudice”, esaminando le difese del Sig. OMISSIS fatte in Commissione di disciplina di primo grado.

Al fine di rilevare l’infondatezza della censura sul punto proposta è sufficiente rilevare che l’art. 21 del Regolamento di Disciplina dell’Unire precisa che “la Commissione di Disciplina di Appello giudica sulla base degli atti acquisiti nel procedimento dinanzi alla Commissione di disciplina di prima istanza”, circostanza che non può che legittimare il comportamento della stessa Commissione di secondo grado nel momento in cui ha ritenuto di prendere in esame le tesi difensive proposte nel precedente giudizio.

Deve ritenersi infondata anche la censura, sempre dedotta con il primo motivo, diretta a rilevare il vizio di eccesso di potere sul rilievo che la Commissione di disciplina di Appello avrebbe assunto, nel diverso procedimento n. 340/a/t - e sull’identica censura -, una determinazione differente, non più di rigetto, ma di accoglimento delle istanze del ricorrente.

Sul punto va considerato che secondo un costante orientamento giurisprudenziale, dettato in ipotesi differenti ma i cui principi sono applicabili anche nel caso in esame (si veda Cons. Stato Sez. VI, 01-10-2014, n. 4867), il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento è configurabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato alle stesse, circostanza assolutamente non dimostrata dalla parte ricorrente nel caso di specie.

Sempre la pronuncia sopra citata ha affermato, infatti, che l’eccesso di potere per disparità di trattamento “non può essere dedotto quando viene rivendicata l'applicazione in proprio favore di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo, in quanto, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell'operato della P.A. non può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra situazione. Un'eventuale disparità non può essere risolta estendendo il trattamento illegittimamente più favorevole ad altri riservato a chi, pur versando in situazione analoga, sia stato legittimamente destinatario di un trattamento meno favorevole (L. n. 241/1990)”.

Il primo motivo deve quindi essere respinto.

2. Con il secondo motivo si contesta la violazione degli artt. 1, 19 e 16 del Regolamento di Disciplina dell’Unire, in quanto la Commissione di Appello avrebbe omesso di disporre un’attività istruttoria per verificare se nel campione utilizzato per le analisi vi fosse la presenza di tracce di cocaina.

Sempre a parere della ricorrente la presenza di cocaina sarebbe da ricondurre ad una contaminazione delle provette, circostanza che avrebbe dovuto portare la Commissione di secondo grado ad ammettere la prova istruttoria richiesta, come peraltro sarebbe stato fatto dalla stessa Commissione di appello in un caso analogo a quello in esame.

Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione.

Come si può evincere dal provvedimento di rigetto impugnato la Commissione di disciplina di secondo grado aveva ritenuto di respingere la richiesta di CTU perché non suffragata da alcun indizio circa la presenza di cocaina sul campione.

Detta determinazione risulta conforme ad un costante orientamento giurisprudenziale (per tutti si veda Consiglio di Stato n. 2955/2011) secondo cui il potere del Giudice di disporre un’attività istruttoria presuppone che la parte abbia fornito almeno un indizio di prova, circostanza quest’ultima non rinvenibile nel caso di specie in cui la ricorrente si era limitata ad affermazioni di principio (id est, la contaminazione delle provette) prive di alcun riscontro.

Ciò stante, diventa del tutto irrilevante il riferimento ad una diversa fattispecie, nella quale la Commissione di disciplina avrebbe disposto l’attività istruttoria, non essendo stata dimostrata quell’assoluta identità di situazioni di fatto che, come si è detto sub 1, costituisce presupposto per rilevare l’esistenza del vizio di eccesso di potere rilevato per disparità di trattamento.

3. Analogamente è da respingere il terzo motivo con il quale si deduce la violazione dell’art. 11 del Regolamento per il Controllo delle Sostanze Proibite dell’Unire, che al comma 4 prevede pene triplicate in caso di positività accertata per la “presenza di una sostanza stupefacente o isomero di suo metabolita”.

A parere della ricorrente l’Amministrazione avrebbe errato nella quantificazione della sanzione poiché la triplicazione posta in essere avrebbe potuto essere determinata solo in presenza di un “isomero” e, quindi, non di un metabolita dello stupefacente quale è la Benzoilecgonina rispetto alla Cocaina.

L’argomentazione non è di pregio e va respinta.

La lettura della disposizione di cui all’art. 11 comma 4 consente di rilevare come. ai fini dell’applicazione della sanzione triplicata, sia sufficiente che risulti accertata la presenza di uno stupefacente o di un suo metabolita, presupposti questi ultimi che vanno considerati tra loro alternativi, risultando ammissibile l’applicazione della sanzione così come determinata nell’ipotesi in cui si rinvenga la positività anche ad uno solo di essi.

Nel caso di specie risultava accertata la presenza della Benzoilecgonina, che è un metabolita della Cocaina, circostanza che, come si è detto, è di per sé sufficiente per disporre la triplicazione della sanzione sino a sei mesi di sospensione (così come poi effettivamente avvenuto).

4. Anche il quarto motivo – con il quale si deduce l’identità di macchine e laboratorio utilizzate per le prime e le seconde analisi - non è suscettibile di positiva valutazione,.

L’art. 10 comma 2° del Regolamento per il Controllo delle Sostanze Proibite dell’Unire non richiede, infatti, la necessità che le seconde analisi siano svolte in un laboratorio diverso da quelle dove erano state svolte le prime.

La norma si limita a prevede che le seconde analisi si svolgano in un “laboratorio designato dall’Unire”, senza nulla disporre circa le modalità di effettuazione delle stesse analisi.

In mancanza di un’espressa previsione deve ritenersi ammissibile l’eventualità che uno stesso laboratorio proceda sia ad un primo che ad un secondo esame e, ciò, considerando come la detta duplicazione è prevista tra l’altro solo in determinate ipotesi, tra le quali figura l’eventualità in cui le prime analisi (come nel caso di specie) siano risultate positive per quanto concerne la presenza delle sostanze vietate.

L’intento della disposizione in esame è, pertanto, quello di addivenire ad una determinazione quanto più certa possibile e, ciò, tutte quelle volte in cui sussistano i profili, riconducibili alle presenza di sostanze vietate, suscettibili, di per sé, di alterare la competizione e, quindi, applicare il meccanismo sanzionatorio previsto dal Regolamento per la disciplina.

La conclusione cui è pervenuto il Collegio non è smentita dalla giurisprudenza depositata in atti dal ricorrente, essendo state dette pronunce adottate in fase cautelare, a seguito di una valutazione sommaria della controversia in considerazione del pericolo di un danno grave e irreparabile.

5. Con il quinto motivo si sosteneva la violazione dell’art. 21 del Regolamento di Disciplina dell’Unire in quanto il deposito della pronuncia della Commissione di Appello sarebbe avvenuto ben oltre venti giorni e, quindi, in violazione del termine così previsto dalla disposizione sopracitata.

Al fine di dimostrare l’infondatezza della sopra citata censura è sufficiente richiamare un costante orientamento giurisprudenziale che, con riferimento al termine di redazione e pubblicazione della sentenza del Giudice Amministrativo, ritiene che la violazione dello stesso termine non comporti un vizio di legittimità di quest’ultima (Cons. Stato Sez. V, 23-05-2005, n. 2586), incidendo semplicemente sul mancato decorso dei termini per l'impugnazione.

Ne consegue che anche detta ultima censura è infondata e deve essere respinta.

6. E’ invece tardivo – come comunicato alle parti e riportato a verbale ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. – l’atto di motivi aggiunti, depositato solo il 6 ottobre 2014, con il quale, preso atto di recenti arresti giurisprudenziali della sez. III ter del Tar Lazio, il ricorrente deduce l’illegittimità delle analisi effettuate presso un laboratorio non accreditato.

Ed invero, non può certamente essere una decisione del giudice amministrativo (peraltro reiterativa di un arresto dello stesso Tar Lazio del 14 gennaio 2012, n. 361) intervenuta su ricorso proposto da altro soggetto in relazione ad un diverso provvedimento, per nulla collegato alla vicenda contenziosa in esame, a rimettere in termini il ricorrente che avrebbe dovuto proporre tale censura nei sessanta giorni dalla notifica del provvedimento sanzionatorio.

7. Deve essere rigettata la domanda di risarcimento dei danni e, ciò, sia in considerazione della legittimità dei provvedimenti impugnati sia della mancata produzione della prova del danno asseritamente subito.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: a) respinge l’atto introduttivo del giudizio; b) dichiara irricevibile l’atto di motivi aggiunti.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari di giudizio per una somma pari a Euro 3.000,00 (tremila//00) oltre iva e cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giulia Ferrari, Presidente

Achille Sinatra, Consigliere

Giovanni Ricchiuto, Referendario, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/12/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it