T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 3417/2016

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, rappresentati e difesi dagli avv.ti Costanza Acciai e Manuela Ghillino, elettivamente domiciliati in Roma, piazza del Fante, 2, presso lo studio dell’avv. Costanza Acciai;

contro

la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari regionali, il Turismo e lo Sport – il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero degli affari esteri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Collegio Nazionale Maestri di Sci; Fisi - Federazione Italiana Sport Invernali – in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Brunetti, Francesco Scanzano e Alfredo Vitale, elettivamente domiciliata in Roma, Via XXIV Maggio, 43, presso lo studio legale Chiomenti;

per l'annullamento

- del decreto 31 luglio 2013, comunicato in data 8 agosto 2013 con nota prot. n. DAR 0018120 P-4.31.1.3, di conferma del rigetto dell'istanza per il riconoscimento del titolo professionale di maestro di sci, emesso dalla Presidenza del consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport - Ufficio per lo sport;

- dei documenti a esso connessi e/o comunque correlati, nonché di ogni altro e diverso provvedimento assunto comunque incidente sulla valutazione negativa finale data ai ricorrenti, comunque lesivo dei loro interessi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero degli affari esteri e della Fisi - Federazione Italiana Sport Invernali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2016 la dott.ssa Roberta Cicchese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I ricorrenti hanno impugnato, unitamente agli atti presupposti, il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha confermato, all’esisto del riesame, il rigetto dell’istanza per il riconoscimento del titolo professionale di maestro di sci da loro avanzata in ordine a titoli rilasciati dall’albanese Albanian Snowsports Academy.

Il riconoscimento dei medesimi titoli era stato già negato in precedenza, ma, a seguito dell’accoglimento, da parte di questo Tar, dell’istanza cautelare proposta da alcuni degli odierni ricorrenti, l’amministrazione aveva deciso di procedere ad un riesame dell’intera questione dopo aver effettuato un supplemento istruttorio.

Il provvedimento impugnato rappresenta come sia stata acquisita la nota dell’Ambasciata d’Italia a Tirana dell’8 maggio 2013, alla quale è allegata una nota verbale del 23 aprile 2013 del competente Ministero del turismo, della cultura, della gioventù e dello sport albanese, la quale, in risposta a puntuali quesiti, ha confermato che:

- in Albania, le Autorità competenti per il rilascio delle abilitazioni professionali sono, per ciascuno sport, le rispettive federazioni sportive, riconosciute dal Ministro del turismo, della cultura, della gioventù e dello sport albanese;

- la Federazione albanese degli sci non ha abilitato alcuna associazione o altro soggetto al rilascio di tale titolo;

- l’associazione albanese dei maestri di sci non è membro della federazione albanese di sci e, in ogni caso, come nessun altro soggetto, non è stata autorizzata dalla Federazione stessa al rilascio di titoli professionali di maestro di sci;

- ogni aspetto riguardante l’organizzazione e l’esercizio delle professioni nel campo dello sport in Albania è regolamentato dalla legge “Sullo Sport” n. 9376 del 21 aprile 2005 e successive modifiche e integrazioni;

- non esiste alcuna normativa in Albania che definisca o regoli l’esercizio della professione di maestro di sci, né alcun accordo in materia con altri paesi;

- pertanto, i diplomi rilasciati ai cittadini italiani dalla Albanian Snowsport Association non abilitano in alcun modo all’esercizio della professione di maestro di sci in Albania.

Il provvedimento richiama pure gli esiti della conferenza dei servizi indetta per il riesame della questione in data 11 giugno 2013, che si è espressa all’unanimità sulla necessità che il provvedimento conclusivo del procedimento di riesame sia di rigetto delle istanze di riconoscimento per mancanza dei requisiti stabiliti dalla legge per il riconoscimento suddetto.

Avverso il provvedimento impugnato i ricorrenti hanno proposto le seguenti doglianze:

I Violazione e falsa applicazione dell'art. 58, comma 9, c.p.a., oltre che dell'art. 3 della legge n. 241/1990, quanto al mancato adeguamento al dictum delle ordinanze cautelari da parte dell’Amministrazione, difetto di motivazione del provvedimento assunto all’esito della seconda istruttoria, eccesso di potere nelle figure sintomatiche della carenza di istruttoria, trattandosi di mero duplicato della prima, difetto assoluto di motivazione, non essendo stata data contezza delle ragioni del mancato approfondimento istruttorio nei confronti del Ministero del lavoro albanese.

Premesso che l’impugnato provvedimento di riesame prende le mosse dalle ordinanze cautelari del Tar che avevano ritenuto sussistente il difetto di istruttoria e di motivazione in alcuni degli originari provvedimenti di diniego di riconoscimento, i ricorrenti lamentano il fatto che la nuova istruttoria non abbia mirato all’acquisizione di elementi nuovi, ma si sia limitata alla mera conferma di quanto già ritenuto nel precedente diniego.

In particolare i ricorrenti contestano la mancata acquisizione e valutazione del parere del Ministero del lavoro, affari sociali e pari opportunità albanese, che invece, con decisione n. 791 del 12.05.2011, ha espressamente abilitato l’A.S.S. Albanian Snowsports Academy al rilascio dei titoli di maestro di sci in questione.

Inoltre l’amministrazione avrebbe omesso di considerare l’esistenza e il contenuto della nota del 10.10.2011, prot. n. 1363, sempre del Ministero del lavoro albanese, già agli atti della prima procedura, con la quale il Ministero avrebbe riconosciuto la piena validità e il valore legale dei titoli di cui viene ora domandato il riconoscimento in Italia.

In tal modo il provvedimento, oltre ad essere affetto da vizi propri in punto di istruttoria e di motivazione, avrebbe pure violato le ordinanze cautelari richiamate.

II Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990 e dell’art. 49 del d.P.R. n. 394/1999, eccesso di potere nelle figure sintomatiche della contraddittorietà e illogicità manifesta, oltre che del travisamento e della erronea valutazione dei fatti posti a fondamento dell'atto di conferma di diniego impugnato, e della carenza di istruttoria quanto alla presenza di dichiarazione di valore, già agli atti, che comprovava la validità dei titoli di maestro di sci rilasciati dall'A.S.S. Albanian Snowsport Academy, eccesso di potere, altresì, nelle figure sintomatiche della carenza e comunque della contraddittorietà assoluta di motivazione in ordine alle ragioni della conferma del rigetto.

La motivazione dell’atto impugnato, rilevano i ricorrenti, è incentrata sul fatto che i certificati di cui si chiede il riconoscimento non avrebbero alcun valore legale neppure in Albania, senza tuttavia individuare le pretese difformità del percorso formativo seguito in Albania con quello richiesto per l’esercizio della professione di maestro di sci in Italia.

Le affermazioni contenute nel provvedimento poi, sarebbero in contraddizione con quanto sostenuto nel parere pro veritate dello studio legale Tonucci.

Il provvedimento, infine, non avrebbe puntualmente esplicitato le ragioni per le quali la pur copiosa produzione documentale versata in atti dai ricorrenti e le argomentazioni da essi articolate non sarebbero state idonee a produrre il richiesto riconoscimento.

In particolare l’amministrazione non avrebbe tenuto conto di quanto disposto dalla legge n. 8872 del 23 marzo 2002, “Sulla istruzione e la formazione professionale nella Repubblica di Albania”, che “stabilisce i princìpi fondamentali, la struttura, l’organizzazione e la gestione dell’istruzione e della formazione professionale nella Repubblica di Albania” né del contenuto dello stesso Statuto della Federazione albanese di sci.

III Violazione e falsa applicazione degli artt. 49 e 50 DPR 31.08.1999, n. 394, in relazione all'art. 22 D. Lgsl. 206/2007 - eccesso di potere, nelle figure sintomatiche dello sviamento, illogicità, contraddittorietà, omessa valutazione degli esami sostenuti dai ricorrente, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta rispetto ad altre situazioni analoghe, oltre che per travisamento delle risultanze documentali e per erronea valutazione dei presupposti di fatto - violazione dell'art. 97 Cost. - mancata adozione di misura compensativa - carenza assoluta di motivazione.

L’impugnato provvedimento di diniego avrebbe pure violato i principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell’agire amministrativo.

L’atto, inoltre, sarebbe affetto da un palese vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, avendo lo stesso ufficio per lo sport, in situazioni del tutto analoghe, riconosciuto la validità di titoli provenienti da paesi in cui mancava una regolamentazione della professione di maestro di sci.

IV Ulteriore violazione e falsa applicazione dell'art. 49 del d.P.R. n. 394/1999, in quanto non è stata neppure valutata la formazione dei ricorrenti, violazione e falsa applicazione dell'art. 16 comma 2 D. Lgsl. 206/2007, eccesso di potere sub specie di errata valutazione delle risultanze istruttorie e travisamento dei fatti, oltre che per carenza assoluta di motivazione rispetto alle difformità dei percorsi formativi e alla non validità del titolo, violazione del giusto procedimento.

Illegittimamente l’atto gravato non avrebbe proceduto ad un confronto tra i percorsi formativi e professionali seguiti dai ricorrenti e quelli seguiti in Italia, non avendo neppure valutato la possibilità, in caso di riscontrata differenza sostanziale, di condizionare il riconoscimento a misure compensative (prova attitudinale o tirocinio di adattamento).

Ciò sarebbe tanto più grave, in considerazione del fatto che l’Albanian Snowsports Academy aveva inviato all’autorità procedente una dettagliata descrizione del percorso formativo della scuola e i testi adoperati per la parte teorica, puntualmente conformi a quelli utilizzati in Italia.

V Eccesso di potere nelle figure sintomatiche della disparità di trattamento e ingiustizia manifesta rispetto ad altre situazioni analoghe, come rilevato sub III, oltre che per mancato adeguato contemperamento degli interessi in gioco, con particolare riguardo al diritto al lavoro, costituzionalmente garantito ex art. 35 della Costituzione, eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifesta e per travisamento ed erronea valutazione dei fatti posti a fondamento della decisione impugnata, oltre che per carenza e contraddittorietà di motivazione.

Reiterando la formulazione di carenze istruttorie già illustrate in precedenti motivi di doglianza, i ricorrenti sostengono che il provvedimento non avrebbe in alcun modo esternato le ragioni per le quali non ha tenuto in alcun conto le ragioni dei richiedenti, portatori di valori di significativo spessore, alcuni dei quali avrebbero conseguito il titolo con sacrificio.

Il provvedimento, inoltre, avrebbe frustrato l’interesse dei ricorrenti, alcuni dei quali disoccupati o occupati a tempo parziale, a svolgere l’attività professionale di maestro di sci in via esclusiva.

VI Violazione di legge di cui agli artt. 7 e 10-bis della legge n. 241/1990 in combinato disposto con l'art. 3, per omessa notifica sia della comunicazione di avvio del procedimento sia del preavviso di rigetto, eccesso di potere nella figura del difetto di istruttoria e della mancata indicazione delle ragioni che ne hanno giustificato la pretermissione, oltre che del travisamento dei fatti e dello sviamento di potere, carenza assoluta di istruttoria in ordine ai documenti favorevoli al ricorrente - carenza assoluta di motivazione e violazione di legge.

Ai ricorrenti non sarebbero stati inviati né la comunicazione di avvio del procedimento, né il preavviso di rigetto, con consequenziale compressione delle garanzie partecipative a cui avrebbero avuto diritto.

VII Istanza ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. b) del codice del processo amministrativo per la condanna al rilascio in favore dei ricorrenti del provvedimento amministrativo di riconoscimento in Italia, ex d.lgsl. n. 207/2006 e d.P.R. n. 394/1999, del titolo professionale conseguito in Albania.

I ricorrenti hanno, infine, chiesto che venga ordinato all’amministrazione di adottare il provvedimento di riconoscimento a suo tempo richiesto.

Le amministrazioni intimate e la Fisi si sono costituite per resistere al ricorso, del quale hanno chiesto il rigetto.

Alla camera di consiglio del 08 dicembre 2013, l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento è stata respinta con ordinanza n. 4988/2013, confermata dal Consiglio di Stato, con ordinanza del 19 marzo 2014 n. 1197.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente deve respinta la richiesta di rinvio della trattazione avanzata dalla difesa dei ricorrenti in ragione dell’impedimento legittimo a comparire in udienza di uno dei procuratori.

I ricorrenti, infatti, risultano assistiti da due difensori, uno dei quali presente all’odierna udienza.

Nel merito il ricorso è infondato e va respinto.

I cittadini stranieri in possesso di titolo professionale conseguito in un Paese non appartenente all'Unione Europea possono presentare, ai sensi dell'art. 49 del d.P.R. 31/08/1999 n. 394, domanda di riconoscimento del titolo al fine di esercitare la corrispondente professione in Italia.

Ai sensi degli artt. 49, commi 2 e 3, del suddetto D.P.R. n. 394/1999 e dell'art. 60 d.lgs. 9/11/2007 n. 206 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania), per le procedure di riconoscimento dei titoli conseguiti in paesi extra-comunitari si applicano le disposizioni contenute nel titolo III del citato d.lgs. 206/2007.

Come affermato recentemente dalla sezione in fattispecie similare, in riferimento a cittadini italiani che avevano, come i ricorrenti, conseguito il titolo di maestro di sci in Albania presso altra associazione ed ai quali era stata, tuttavia, imposta una prova compensativa, ritiene il collegio che il ricorso vada respinto in quanto i ricorrenti si sono avvalsi dei servizi prestati all'estero (in Albania) da un'associazione di diritto privato al di fuori di un quadro di garanzie equiparabile a quello italiano (cfr. Tar Lazio, Roma, 30 dicembre 2014, n. 13193).

Ha infatti osservato la sentenza come “la sottoposizione dell’esercizio di un’attività professionale ad una previa verifica della formazione conseguita degli operatori può trovare la propria ratio e la propria giustificazione, in un ordinamento quale quello italiano, caratterizzato dal principio di libertà economica ai sensi degli artt. 2 e 41 della Costituzione, unicamente nell’interesse pubblico generale legato alla necessità di un livello di qualità adeguato a garantire l’assenza di danno “alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (art. 41, secondo comma, Cost.), e ciò implica un presidio pubblicistico in sede di abilitazione all’esercizio professionale, di cui è espressione l’esame di Stato previsto dall’art. 33, ultimo comma, della Costituzione. Conseguentemente, nella fattispecie in esame l’ordinamento nazionale, al fine di garantire la sicurezza degli utenti, con la legge quadro 8 marzo 1991, n. 81 rimette l’organizzazione dei corsi e degli esami per maestro di sci alle Regioni, con la collaborazione dei Collegi regionali dei maestri di sci e degli organi tecnici della Federazione italiana sport invernali, secondo modalità stabilite dalle leggi regionali.

Al contrario, secondo la documentazione acquisita agli atti del giudizio, la disciplina dell'attività di maestro di sci in Albania non prevede le medesime garanzie pubblicistiche, in quanto le Autorità competenti per il rilascio delle abilitazioni di allenatore e giudici sportivi sono, per ciascuno sport, le rispettive federazioni sportive riconosciute dallo stesso Ministero, e la Federazione Albanese degli Sci non ha istituto alcuna procedura formalizzata per il conseguimento del titolo professionale di maestro di sci, e si è fatta anzi coadiuvare da soggetti esterni (tra i quali anche la predetta associazione …, ed altri privati) senza che sia possibile evincere con la necessaria ed adeguata chiarezza quale sia il percorso formativo seguito per l'attività di formazione dei maestri di sci”.

Alla luce di tali premesse, dalle quali il collegio non ravvisa motivo per discostarsi, vanno quindi esaminate le censure articolate nel presente ricorso.

Va, in primo luogo, respinto il primo motivo di doglianza, sia nella parte in cui afferma che l’approfondimento istruttorio sia consistito in una nuova acquisizione delle precedenti risultanze, atteso che le informazioni acquisite rivestono indiscutibile carattere di ufficialità, congruenza e sufficienza, sia nella parte in cui, con argomentazioni ripetutamente riprese nel testo di quasi tutte le successive doglianze, ha censurato la mancata valutazione delle note provenienti dal Ministero del lavoro albanese.

Queste ultime, infatti, alla luce del loro letterale tenore, affermano solo che l'associazione di cui trattasi sarebbe abilitata ad operare in Albania nel settore della formazione professionale genericamente intesa e non valgono pertanto a superare la già riportata circostanza per cui in Albania le Autorità competenti per il rilascio delle abilitazioni professionali in ambito sportivo sono soltanto le singole Federazioni, a loro volta riconosciute dal Ministero del turismo, della cultura, della gioventù e dello sport albanese (sul fatto che l’autorizzazione di cui all’atto 12 maggio 2011 n.791 rilasciata alla suindicata Società attiene unicamente a non meglio specificati “corsi di formazione professionale nelle specialità sciatorie”, cfr. ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, n. 1197/2014).

L’assorbente valenza delle ragioni di diniego individuate nell’atto impugnato e la loro idoneità a sorreggere l’adozione del provvedimento rende poi irrilevante la lamentata analitica confutazione delle censure a suo tempo articolate nei provvedimenti oggetto della sospensiva concessa dal Tar, atteso che l’istruttoria e la motivazione rispondono perfettamente alla generale esigenza integrativa manifestata nelle citate ordinanze cautelari, peraltro emesse solo a favore di alcuni ricorrenti.

Le medesime ragioni valgono a respingere anche il secondo motivo di doglianza, con il quale i ricorrenti hanno lamentato la mancata esplicitazione delle pretese difformità del percorso formativo, atteso che la ritenuta e motivata inidoneità del titolo precludeva tale ulteriore fase valutativa.

Dal punto di vista sia logico che metodologico, poi, appare corretto il procedere dell’amministrazione, che ha fatto riferimento a quanto rappresentato dall’Ambasciata italiana a Tirana, all’esito di consultazioni ufficiali, così da non risultare viziante il mancato puntuale esame delle argomentazioni proposte dai ricorrenti e delle conclusioni rassegnate in un parere di uno studio legale dagli stessi consultati.

Assolutamente infondata è poi la lamentata violazione dei principi di buon andamento e imparzialità, articolata con il terzo motivo di doglianza, avendo l’amministrazione correttamente perseguito, come già evidenziato dalla sezione nella sentenza richiamata, la finalità di tutelare la sicurezza degli utenti, ciò che dequota definitivamente la pure lamentata disparità di trattamento.

Quanto alla lamentata violazione dell’art. 49 del d.P.R. 394/99, oggetto del quarto motivo di doglianza, e con la quale i ricorrenti hanno sostanzialmente affermato che il competente dipartimento avrebbe dovuto operare un confronto tra i due percorsi formativi (italiano e albanese) ed, in caso di riscontrata “differenza sostanziale”, condizionare il riconoscimento a misure compensative, deve poi osservarsi come la sottoposizione alla prova compensativa sia solamente una facoltà per l’amministrazione, che intanto la prevede in quanto ravvisa l’idoneità della stessa a colmare le differenze tra titoli comunque astrattamente equiparabili, ciò che non è avvenuto nel caso di specie.

Tale valutazione, poi, non può avvenire sulla sola base di un confronto tra i testi asseritamente utilizzati per la parte teorica, tanto più che, nel caso in esame, a monte del procedimento di verifica si è ritenuta la generale inidoneità del titolo del quale è chiesto il riconoscimento.

Medesima reiezione si impone per il quinto motivo di doglianza, con il quale i ricorrenti hanno lamentato la mancata valutazione dell’interesse dei ricorrenti ad esercitare la professione, in quanto non occupati o occupati part time, atteso che il procedimento dagli stessi attivato non mira a tutelare simili posizioni soggettive, ma solo a garantire ai futuri utenti la competenza degli istruttori.

Neppure rileva la lamentata violazione delle garanzie partecipative, atteso che dalla stessa prospettazione di parte emerge che i ricorrenti avevano già prodotto in atti la documentazione a loro favorevole.

Il ricorso va pertanto respinto in toto, anche con riferimento alla domandata condanna dell’amministrazione all’emanazione del provvedimento di riconoscimento.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate a favore della sola Fisi, nella misura indicata in dispositivo, mentre sono compensate nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero degli affari esteri.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi € 2.500,00 (duemilacinquecento/00), nei confronti della Fisi e le compensa nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero degli affari esteri.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Raffaello Sestini, Consigliere

Roberta Cicchese, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/03/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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