T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 3980/2016

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Scalfati, con domicilio eletto presso Alessandro Biamonte in Roma, Via Pistoia, 6;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Per Gli Affari Regionali - Le Autonomie e Lo Sport - Ufficio Per Lo Sport, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; Collegio Nazionale Maestri di Sci, Fisi - Federazione Italiana Sport Invernali.

per l'annullamento

- della nota DAR prot. n. 0021464 P-4. 31.1.3 datata 29.12.2015, spedita il 04.01.2016 e pervenuta il 07.01.2016, nella parte in cui condiziona l'autorizzazione all'esercizio di prestazione occasionale e temporanea della professione di "allenatore di sci" al superamento di una misura compensativa ex D.Lgs. n. 206/07; - di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Per Gli Affari Regionali - Le Autonomie e Lo Sport - Ufficio Per Lo Sport;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2016 il dott. Raffaello Sestini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

1 – Il ricorrente riferisce che, dopo aver concluso l'iter formativo di maestro di sci alpino necessario al successivo passaggio di livello (allenatore), ha conseguito il titolo di "allenatore di sci alpino di 2° livello" il 17.05.2014 (diploma n. 150672/4509) presso la Federazione Nazionale dei Maestri ed Allenatori di Sci Alpino (ZUTS) della Slovenia, valevole nell'ambito dell'Unione Europea e che pertanto, al fine di ottenere l'autorizzazione all'esercizio temporaneo delle prestazioni di servizi di "Allenatore di sci alpino ", ha presentato nel mese di dicembre 2014 un'apposita istanza ex art. 11 del D.Lgs. n. 206/2007 da valere per l'esercizio temporaneo per un anno (il 2015).

2 - La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport - Ufficio per lo sport, prosegue il ricorrente, ha subordinato l’accoglimento dell'istanza ad una imprecisata "prova compensativa". Pertanto l’interessato ha proposto ricorso al TAR Lazio, Roma, Sez. I, RG n. 1586/2015, che ha dapprima accolto l’istanza di misura cautelare, monocratica (Decreto Presidenziale n. 514/2015) e collegiale (Ordinanza n. 895/2015), e poi, con sentenza di merito n. 10355/2015, depositata il 28.07.2015, ha annullato la citata nota della Presidenza del Consiglio in quanto tardiva e carente di motivazione, essendosi ormai formato, al momento della sua adozione, il silenzio-assenso sull’istanza e non possedendo neppure i requisiti motivazionali di un successivo atto adottato in autotutela, sicché il ricorrente riferisce di aver potuto regolarmente svolgere nel 2015 le prestazioni di "allenatore di sci alpino".

3 – Successivamente il ricorrente ha rinnovato l'istanza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport - Ufficio per lo sport, ricevuta il 10.12.2015, al fine di ottenere l'autorizzazione allo svolgimento di prestazioni di servizi di "Allenatore di sci alpino" a carattere temporaneo ed occasionale per l'anno 2016, ai sensi del D.Lgs. 06.11.2007 n. 206, adottato in attuazione della Direttiva 2005/36/CE.

4 – Peraltro, in data 07.01.2016 è pervenuta all’interessato la nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport - Ufficio per lo sport, prot. n.0021464 P-4. 31.1.3 datata 29.12.2015, spedita il 04.01.2016, del seguente tenore: “L'istanza in oggetto presentata dalla S. V., valutati i titoli e la documentazione a corredo, considerate le differenze sostanziali tra la formazione prodotta e quella necessaria in Italia per l'esercizio della professione di maestro di sci, sotto il profilo della durata e dei contenuti formativi, è accolta subordinatamente al superamento della misura compensativa, prevista dal Decreto Legislativo 206/2007.

S'informa che sul sito istituzionale di quest'ufficio www.sportgoverno.it saranno tempestivamente pubblicate le informazioni sulla misura compensativa.

Ove pervenga idonea richiesta di sostenere la predetta prova tecnico-attitudinale, saranno comunicati i necessari elementi di dettaglio."

5 – L’interessato, con il ricorso in epigrafe, ha pertanto impugnato anche la predetta nota, chiedendo l’adozione di misure cautelari monocratiche, accolta con decreto presidenziale n. 428/2016 “con riguardo all’inibizione dell’attività di allenatore di sci ed al suo carattere stagionale”, ed alla camera di consiglio cautelare del 24 febbraio 2016 il Collegio ha ritenuto la questione matura per una decisione con sentenza breve, informandone i difensori di parte presenti in udienza.

6 – In particolare, il ricorrente chiede l’annullamento della citata nota, con declaratoria del proprio diritto a poter immediatamente esercitare la professione di “allenatore di sci” ex art. 11, comma 5, D.Lgs. n. 206/2007, per i seguenti motivi di diritto:

1) violazione e falsa applicazione art. 11, comma 4, d.lgs. n. 206/2007 e artt. 2 e 3 legge n. 241/1990 - eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà, sviamento, ingiustizia manifesta - violazione art. 97 cost.

La censura fa riferimento alla inadeguatezza della motivazione della nota, ritenuta solo “di stile”, e “meramente dilatoria” rispetto ad una decisione definitiva, relativamente al periodo "valutati i titoli e la documentazione a corredo, considerate le differenze sostanziali tra la formazione prodotta e quella necessaria in Italia per l'esercizio della professione di maestro di sci, sotto il profilo della durata e dei contenuti formativi", mostrando l’assenza di una valutazione di merito circa l'ampia documentazione prodotta dal richiedente unitamente alla domanda, circa l'esigenza di un'eventuale integrazione del percorso formativo professionale estero del richiedente rispetto alle prescrizioni dell'ordinamento professionale italiano e circa i contenuti di tale eventuale necessaria integrazione, in violazione non soltanto dell'art. 3 della Legge n. 241/1990, ma anche del comma 4 del citato art. 11 del D.Lgs. n. 206/2007 che recita "in caso di differenze sostanziali tra le qualifiche professionali del prestatore e la formazione richiesta dalle norme nazionali, nella misura in cui tale differenza sia tale da nuocere alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica, il prestatore può colmare tali differenze attraverso il superamento di una specifica prova attitudinale .....".

Inoltre, il ricorrente rileva che sul sito internet della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio per lo Sport - sono presenti solo i riferimenti alle prove dell'anno precedente (2014-2015), non consentendo di integrare - quale motivazione neppure postuma e per relationem - il provvedimento impugnato

A sostegno della fondatezza della censura in esame, il ricorrente richiama altresì la sentenza del TAR del Lazio, Sez. I, n. 10691/2013, che, in una analoga fattispecie, ha ritenuto il ricorso “fondato sotto l'assorbente profilo dell'eccesso di potere per contraddittorietà dell'azione amministrativa e del difetto di motivazione, tenuto conto che l'atto gravato subordina l'autorizzazione dell'esercizio occasionale e temporaneo della professione di maestro di sci al superamento della misura compensativa ex art. 11 d. Igs 206/07 (…) occorre anche rilevare che l'Amministrazione non ha fornito, nel provvedimento impugnato, alcuna motivazione sulle "differenze sostanziali" previste dal citato art. 11 del D.Lgs. n. 206/2007, tra la qualifica professionale acquisita dal ricorrente e la qualifica di Maestro di sci prevista dall'ordinamento italiano. Sotto tali profili, dunque, appaiono fondate le censure sollevate dalla parte ricorrente e, conseguentemente, deve essere annullato il provvedimento impugnato.";

2) violazione e falsa applicazione dell'art. 11 del d.lgs. n. 206/2007 e degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990 - violazione della direttiva 2005/36/CE - violazione del giusto procedimento e delle regole procedurali del "codice di condotta approvato dal gruppo di coordinatori per la direttiva 2005/36/CE" - violazione dei principi di buon andamento, trasparenza, chiarezza e correttezza dell'azione amministrativa di cui all’art. 97 cost.

Al riguardo il ricorrente deduce in particolare che il "Codice di condotta approvato dal gruppo di coordinatori per la Direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali" (in G.U.U.E. L. 255 del 30.09.2005), stabilisce nell'allegato 5, punto 10, lettera C) quale "prassi inaccettabile" quella di "imporre un provvedimento di compensazione senza aver fornito al migrante la possibilità di dimostrare di avere acquisito le conoscenze e le competenze mancanti attraverso l'esperienza professionale, la formazione supplementare, il continuo sviluppo professionale e/o la partecipazione a seminari". Inoltre, nello stesso punto C), l'Amministrazione si obbliga ad evitare di fornire "minor numero di informazioni o meno diritti di quanto previsto” e quindi di consentire al “migrante” di “dimostrare di aver acquisito le conoscenze e le competenze mancanti attraverso l'esperienza professionale, la formazione supplementare, il continuo sviluppo professionale e/o la partecipazione a seminari", informandolo inoltre, ove sia ritenuta necessaria una prova, “in merito alla data, al luogo, al contenuto ed all'organizzazione della prova stessa (durata, forma scritta e orale, opzioni, ecc.). La decisione deve altresì indicare che in caso di mancata conclusione entro un mese di tutte le fasi previste per la prova, ivi i risultati della stessa, il migrante potrà prestare servizio", tutte informazioni mancati nella nota impugnata.

Sarebbe inoltre illegittima la richiesta di una nuova istanza per sostenere l’imposta prova tecnico-attitudinale “nell'evidente intento di ribaltare sull'interessato oneri procedimentali” invece propri dell’Amministrazione in violazione dell’art. 11 del D.Lgs. n. 206/2007, che non prevede un'ulteriore istanza, oltre a quella già inizialmente prodotta;

3) violazione e falsa applicazione art. 11 d.lgs. n. 206/2007, legge-quadro n. 81/1991 - violazione dei principi di cui all'art. 4 septies della direttiva del parlamento europeo e del consiglio 2013/55 del 20.11.2013 - eccesso di potere per illogicità, erroneità, contraddittorietà, sviamento.

Secondo il ricorrente il provvedimento impugnato appare irrimediabilmente viziato anche dal profilo dell'erroneità e della contraddittorietà, in quanto nell'oggetto della lettera indica correttamente l'attività professionale di "Allenatore di sci" conformemente all'istanza dell’interessato tesa a poter esercitare, in via temporanea ed occasionale, l'attività di "allenatore di sci alpino”, ma fa poi riferimento alla diversa e ben distinta qualifica di "Maestro di sci", violando l'art. 11 del D.Lgs. n. 206/2007 e l'art. 4 septies della Direttiva 2013/55 del 20.11.2013, che prevede l'istituto dell'accesso parziale (peraltro già riconosciuto dalla Corte di Giustizia U.E. con sentenza C-330/03 del 19.01.2006 e sentenza C-575/11 del 27.06.2013), nei casi in cui "le differenze tra l'attività professionale legalmente esercitata nello Stato membro d'origine e la professione regolamentata nello Stato membro ospitante sono così rilevanti che l'applicazione di misura compensative comporterebbe per il richiedente di portare a termine il programma completo di istruzione e formazione previsto dallo Stato membro ospitante al fine di avere accesso all'intera professione regolamentata in detto Stato ", trattandosi di unadirettiva di dettaglio di immediata applicabilità (richiamando Corte Costituzionale, ex multis, sentenze n. 64 del 02.02.1990 e n. 168 del 18.04.1991, e Corte di Giustizia delle Comunità Europee (ex multis: 25.05.1993 causa 193/91).

7 – L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, chiede che il ricorso sia respinto per le seguenti ragioni:

1) quanto al primo motivo di ricorso, argomenta l’Amministrazione che il ricorrente ha presentato anche l'anno precedente un'istanza analoga a quella oggetto del presente giudizio, allegando il medesimo titolo straniero, e che in quell’occasione è stata svolta un’ampia istruttoria (ben nota al ricorrente, che a suo tempo ha proposto ricorso, accolto sul mero presupposto dell’intervenuto silenzio-assenso), nel corso della quale i competenti organi tecnici hanno comunicato che: "il titolo prodotto non è di massimo grado, l'istante non è in possesso delle prove Eurotest ed Eurosecurité e, pertanto, la domanda non può essere accolta ". Non ricorrerebbe pertanto l'allegato difetto di istruttoria, e neppure di motivazione, essendo le ragioni del provvedimento chiaramente intuibili e vertendosi in ipotesi di attività vincolata (così: CdS, Sezione V, 27 agosto 2012, n. 4610);

2) quanto al secondo motivo osserva l’Amministrazione che in presenza di un procedimento ad istanza di parte, in cui la parte stessa decide quali titoli sottoporre all'esame dell'Amministrazione, il ricorrente non può dolersi di non essere stato sollecitato a dimostrare ulteriori competenze oltre quelle allegate da lui stesso nell'istanza;

3) quanto al terzo motivo, con il quale il ricorrente sostiene che la richiesta di autorizzazione ad esercitare l’attività di allenatore di sci concreterebbe un accesso parziale, non avendo chiesto l'autorizzazione per esercitare la più complessa professione di maestro di sci, l’Amministrazione obietta che l'istituto dell'accesso parziale, di natura comunitaria, prevede la possibilità di esercitare la propria attività in un altro Stato solo nel settore corrispondente a quello per il quale si è qualificati, mentre nel caso in esame il ricorrente avrebbe chiesto l'autorizzazione a una professione di livello più elevato (ossia quella di allenatore di sci che presuppone già il possesso del titolo di maestro) secondo l'articolo 8 del Regolamento della Scuola Tecnici Federali della FISI, approvato con Delibera n. 90/2013, e secondo il COLNAZ ed i Collegi regionali dei maestri di sci; organi cui l'articolo 13, comma 4, della legge quadro n. 81/1991, in materia di professioni di maestro di sci e guida alpina, attribuisce le funzioni di controllo e vigilanza sull'esercizio della professione dei maestri di sci nelle rispettive Regioni, per i quali la qualifica tecnica di allenatore di sci non dà nessun titolo abilitativo all'esercizio della professione, ma è soltanto una specializzazione federale rilasciata dalla FISI a cui accede solo il maestro di sci abilitato ed iscritto all'albo professionale regionale;

4) sul piano comunitario, l’Amministrazione argomenta infine che già l' art. 14 della direttiva n. 2005/36/CE del 7 settembre 2005, al comma 2, disponeva che ogni Stato membro potesse, in alternativa al tirocinio di adattamento, richiedere, in deroga, di subordinare il riconoscimento del titolo relativo a professioni regolamentari ad una prova idoneativa, ed in forza di tale norma la Commissione, con decisioni del 25 luglio 2000 e del 1 giugno 2001, aveva autorizzato l'Italia (oltre che la Francia, la Germania e l'Austria) ad avvalersi della suddetta deroga, e quindi a imporre lo svolgimento di una prova attitudinale. A propria volta, il D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 206 (recante "Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania") ha previsto la possibilità di subordinare il riconoscimento del titolo a prova attitudinale o a tirocinio adattativo (art. 22), possibilità confermata sia dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 20/01/2014, n. 254 relativamente ai soggetti in possesso di titolo sloveno di maestro di sci, sia dal Dipartimento per le politiche europee, con nota del 2.4.2013, secondo cui ai sensi della Direttiva 2005/36/CE, recepita nel decreto legislativo n. 206/2007, "il cittadino italiano, residente in Italia che abbia conseguito il titolo in altro Stato membro, non può comunque esercitare la professione in regime temporaneo e occasionale sul nostro territorio, in quanto mancherebbe l'elemento caratterizzante la libera prestazione di servizi, cioè quello transfrontaliero". Ciò anche al fine, come riportato conclusivamente dall’Amministrazione nella propria memoria, di scoraggiare “ingannevoli fenomeni di malcostume relativi alla ricerca di "scorciatoie" burocratiche, finalizzate ad ovviare all'incapacità di conseguire titoli professionali in Italia secondo le ordinarie modalità fissate dall'ordinamento nazionale e dagli organismi istituzionalmente competenti, la Federazione italiana sport invernali e il Collegio nazionale dei maestri di sci italiani (…) per esercitare una professione che, si ribadisce, anche in via temporanea e occasionale, riveste delicati profili sia sul piano della salute e della sicurezza della persona, che sul piano della salvaguardia ambientale e della tutela del territorio e il cui riconoscimento di un titolo alternativo esporrebbe le Autorità preposte”.

8 – Nonostante l’ampia dialettica processuale sopra evidenziata, come già indicato il Collegio ritiene di poter prescindere dai predetti complessi profili tecnici e procedimentali e che la controversia sia suscettibile di definizione con decisione di merito succintamente motivata, alla stregua di taluni indefettibili principi di diritto comunitario e nazionale applicabili anche alla fattispecie in esame, nonché degli indicati specifici precedenti di questo TAR.

9 - A giudizio del Collegio, dunque, risultano recessive le dispute fra le parti circa la terminologia dei diversi titoli professionali abilitanti: infatti il ricorrente ha chiesto l'autorizzazione all'esercizio temporaneo delle prestazioni di servizi di "Allenatore di sci alpino” ex art. 11 del D.Lgs. n. 206/2007, e con il ricorso in esame impugna la nota in epigrafe in quanto invece riferita all’attività non temporanea di maestro di sci, mentre per l’Amministrazione la richiesta qualifica, temporanea o meno, di allenatore di sci sarebbe addirittura superiore (di secondo grado) rispetto a quella di maestro di sci, ma il ricorrente ha a propria volta allegato alla propria richiesta temporanea proprio l’avvenuto conseguimento del titolo (non temporaneo) di "allenatore di sci alpino di 2° livello", il 17.05.2014 (diploma n. 150672/4509) presso la Federazione Nazionale dei Maestri ed Allenatori di Sci Alpino (ZUTS) della Slovenia, valevole nell'ambito dell'Unione Europea.

10 – Più semplicemente, proprio alla stregua della delicatezza dell’attività di istruttore (maestro versus allenatore, a titolo temporaneo o meno) di sci, evidenziata dall’Amministrazione con riguardo ai preminenti profili di incolumità e di sicurezza pubblica in relazione a possibili seri rischi di danni, anche letali, a giudizio del Collegio nella fattispecie in esame assume valore dirimente la valutazione della idoneità sostanziale del titolo professionale conseguito a garantire i predetti valori, in rapporto al livello di garanzia assicurato dal titolo professionale conseguito in Italia, e non l’ubicazione nazionale del formatore, che è invece disciplinata dalle norme europee e dalle conseguenti norme nazionali armonizzate in materia di mutuo riconoscimento dei titoli professionali, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi nell’ambito del più generale principio di concorrenza sancito dal Trattato dell’Unione Europea.

11 - Infatti, rispetto alle predette norme tutti i cittadini europei sono posti in condizione di assoluta parità, non potendo quindi patire discriminazioni per il solo fatto di risiedere nel medesimo Paese di svolgimento dell’attività economica, e non essendo quindi consentito ad alcuna amministrazione nazionale di poter sollevare sospetti o pregiudizi circa “ingannevoli fenomeni di malcostume relativi alla ricerca di scorciatoie burocratiche” in presenza di titoli professionali regolarmente rilasciati ai propri cittadini da altri Paesi membriancorché non del tutto conformi, come obiettato, alle “ordinarie modalità” fissate “dagli organismi istituzionalmente competenti, la Federazione italiana sport invernali e il Collegio nazionale dei maestri di sci italiani”, considerato anche che le Associazioni fra professionisti che svolgono attività economiche sono ricondotte dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia alle associazioni d’impresa sotto il profilo del necessario rispetto delle regole di libera concorrenza sul territorio dell’Unione Europea alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità.

12 – Il punto nodale di diritto ai fini della soluzione della controversia in esame si riduce quindi ad un’unica questione (e ciò consente la decisione con sentenza breve), la verifica preliminare della sussistenza della qualifica professionale del prestatore di servizi, che secondo la normativa nazionale di riferimento (commi 3, 4, 5 dell’art. 11 del D.Lgs. n. 206/2007 ) si perfeziona per silenzio-assenso entro un mese dalla presentazione della documentazione, a meno che entro tale termine (salva tempestiva proroga di un altro mese) vengano ravvisate “differenze sostanziali tra le qualifiche professionali del prestatore e la formazione richiesta dalla norme nazionali”. Pertanto, solo ove ricorrano specifiche “differenze sostanziali”, al prestatore di servizi può essere chiesto di “colmare tali differenze attraverso il superamento di una specifica prova attitudinale”, prova che peraltro può essere disposta solo se e “nella misura in cui tale differenza sia tale da nuocere alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica”.

13 - Le predette disposizioni attuative nazionali devono trovare applicazione secondo una interpretazione conforme al Diritto dell’Unione Europea di riferimento, ovvero alla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali", ed a tale riguardo il "Codice di condotta approvato dal gruppo di coordinatori per la Direttiva 2005/36/CE “ (in G.U.U.E. L. 255 del 30.09.2005), stabilisce nell'allegato 5, punto 10, lettera C) quale "prassi inaccettabile" quella di "imporre un provvedimento di compensazione senza aver fornito al migrante la possibilità di dimostrare di avere acquisito le conoscenze e le competenze mancanti attraverso l'esperienza professionale, la formazione supplementare, il continuo sviluppo professionale e/o la partecipazione a seminari", ed obbliga l’Amministrazione ad informarlo “in merito alla data, al luogo, al contenuto ed all'organizzazione della prova stessa (durata, forma scritta e orale, opzioni, ecc.), precisando altresì che “la decisione deve altresì indicare che in caso di mancata conclusione entro un mese di tutte le fasi previste per la prova, ivi i risultati della stessa, il migrante potrà prestare servizio".

14 – Ne consegue il carattere non solo eventuale, ma anche eccezionale, della prova compensativa, in quanto derogatoria rispetto al generalissimo principio comunitario di libera prestazione dei servizi, oltreché rispetto al principio costituzionale di libertà di iniziativa economica dei cui all’art. 41 Cost., e quindi la sua illegittimità, quale “misura nazionale equivalente” di indebita restrizione del mercato, ove non tempestiva, ovvero ove non ragionevolmente rispondente, ovvero non proporzionata, alle superiori esigenze di pubblica sicurezza o sanità pubblica.

15 – Pertanto, ritiene il Collegio che la prova compensativa possa essere legittimamente disposta, centro il termine di un mese dalla presentazione della documentazione, solo qualora siano motivatamente individuate puntuali differenze sostanziali, tra le specifiche qualifiche professionali complessivamente vantate ed allegate dal prestatore e la formazione richiesta dalle norme nazionali, tali da poter nuocere alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica, e peraltro solo fissandone contestualmente la data e le modalità di svolgimento (entro limiti di ragionevolezza e proporzionalità rispetto alle predette esigenze) in modo che la prova si concluda entro l’arco di un mese.

16 – Ciò non è avvento nella fattispecie considerata, discendendone la fondatezza delle dedotte censure di difetto di motivazione, istruttoria, illogicità, contraddittorietà e sviamento, e quindi anche delle censure di violazione e falsa applicazione dei commi 3, 4, 5 dell’art. 11 del D.Lgs. n. 206/2007, come necessariamente interpretato alla stregua del diritto dell’Unione Europea di riferimento, ed in particolare della direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, con il conseguente accoglimento del ricorso, esimendo il Collegio dall’esame delle ulteriori censure di ordine formale e procedurale.

17 – Il ricorso deve essere conseguentemente accolto, quanto alla domanda di annullamento della nota impugnata e meglio individuata in epigrafe, che aveva subordinato al previo superamento di una prova compensativa la prestazione dei servizi professionali in esame, mentre deve essere dichiarato inammissibile quanto alla domanda di accertamento di un diritto, poiché proposta nell’ambito della giurisdizione di legittimità e al di fuori della giurisdizione esclusiva di questo Giudice.

Il tempestivo accoglimento della domanda cautelare monocratica da parte di questo Tribunale (con decreto presidenziale n. 428/2016) osta, infine, all’accoglimento della domanda di risarcimento del danno.

18 – Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, annulla la nota impugnata unitamente agli atti connessi.

Lo dichiara inammissibile quanto alla domanda di accertamento e respinge la domanda di risarcimento del danno.

Condanna l’Amministrazione intimata al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente, liquidate in Euro millecinquecento oltre IVA, CPA ed accessori.

.Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Raffaello Sestini, Consigliere, Estensore

Ivo Correale, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/04/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it