T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 4086/2019
Pubblicato il 27/03/2019
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Contucci, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie 138;
contro
Ministero dell'Interno, Questura Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia
del provvedimento del Questore della Provincia di Roma del 12 agosto 2017, n. 166/2017, (notificato il 21 agosto 2017), nella parte in cui ha vietato al sig. -OMISSIS- "per anni uno (1) a far data dalla notifica del presente provvedimento, di accedere all'interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello, agonistico od amichevole, calendarizzati e pubblicizzati. Tale divieto viene esteso anche agli incontri disputati all'estero dalle squadre italiane e dalla Nazionale italiana di calcio” prescrivendo altresì “l'estensione del presente divieto, da quattro ore prima e sino a due ore dopo la conclusione delle manifestazioni sportive, a tutte le aree di rispetto dei menzionati luoghi, di volta in volta individuate ed evidenziate con transenne o altro, a cura del responsabile del servizio di ordine pubblico ed a tutti gli altri luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che assistono o partecipano alle suddette manifestazioni sportive, siano essi indicati da apposita segnaletica e dalle forze dell'ordine o siano essi facilmente individuabili da prassi comune o consuetudine”;
di ogni ulteriore atto antecedente, presupposto, successivo e/o comunque connesso ed, in particolare, per quanto possa occorrere:
degli atti redatti dalla locale Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Sociali richiamati al primo capoverso del provvedimento 12.08.2017;
dei verbali delle operazioni di polizia;
delle annotazioni della D.I.G.O.S. indicate nella c.n.r. del 05.07.2017;
degli altri atti e documenti sottratti all'accesso o comunque trasmessi alla locale Procura della Repubblica in quanto pertinenti ad una comunicazione di notizia di reato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2018 la dott.ssa Francesca Romano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato il 19 ottobre 2017 e depositato il successivo 17 novembre 2017, l’odierno ricorrente ha impugnato il provvedimento di Daspo emesso dal Questore di Roma in data 12 agosto 2017, a lui notificato il 21 agosto 2017.
2. Il gravato provvedimento si fonda sui seguenti rilevi:
a) in data 5 luglio 2017 il sig. -OMISSIS-è stato denunciato ai sensi dell’art. 5 della legge 152/1975, in quanto, lo stesso giorno, prendeva parte ad una manifestazione di protesta non autorizzata in prossimità di Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica, dove era in corso la discussione sul disegno legislativo del cosiddetto "-OMISSIS-", ed ivi è stato ripreso mentre, con il volto coperto da un casco brandiva un’asta e colpiva ripetutamente gli operatori di Polizia posizionati a protezione delle strade adiacenti a Palazzo Madama;
b) l’art. 6, comma 1, l. n. 401/1989, prevede l’irrogazione del divieto nei confronti delle persone che risultano anche solo denunciate, tra l’altro, per il reato di cui all’art. 5, l. 22 maggio 1975, n. 152 (“E' vietato l'uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo. E' in ogni caso vietato l'uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino.”)
3. Parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 6, legge n. 401/1989; violazione degli artt. 3, 13, 16, 23, 24 e 27, cost.; violazione dell’art. 6, T.U.E., violazione degli artt. 21 e 67 T.F.U.E.; violazione degli artt. 12, 47, 48 e 49, Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea; violazione degli artt. 6 e 7 Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo – C.E.D.U.; violazione dell’art. 3, legge n. 241/1990; violazione del principio di proporzionalità; difetto di istruttoria e di motivazione; ingiustizia grave e manifesta; irragionevolezza.
L'illegittimità del provvedimento impugnato discenderebbe dal fatto che lo stesso è stato adottato:
a) al di fuori dalle ipotesi indicate dall'art. 6, comma 1, legge n. 401/1989, non essendo nel caso di specie configurabile alcuna condotta commessa "in occasione o a causa di manifestazioni sportive";
b) senza alcuno specifico giudizio di pericolosità sociale riferito alla posizione del ricorrente.
4. La resistente amministrazione si è costituita in giudizio con memoria di mera forma.
5. All’esito della camera di consiglio del 27 febbraio 2018 la causa è stata rinviata al merito ai sensi dell’art. 55, co. 10, c.p.a.
6. Con memoria del 3 ottobre 2018 parte ricorrente ha rappresentato la persistenza dell’interesse alla decisione della causa, nonostante il decorso del termine di efficacia del gravato divieto.
7. Alla pubblica udienza del 9 ottobre 2018 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
La giurisprudenza amministrativa è costante nell’affermare che il cd. daspo integra una misura non repressiva, bensì di prevenzione e precauzione di polizia; appartiene, cioè, al genus di misure che possono essere definite come strumenti ante o comunque praeter delictum, aventi la finalità di evitare che il singolo, che ne è colpito, compia fatti di reato, illeciti o comunque tenga comportamenti lesivi di dati interessi, mediante la rimozione o il contenimento delle cause che si pongono alla base della commissione di tali condotte; più precisamente, il provvedimento di divieto di accesso alle manifestazioni sportive, diversamente dalle misure di prevenzione che sono collegate alla complessiva personalità del destinatario, appare avere natura interdittiva atipica, connessa ad una situazione di pericolosità espressa solamente in occasione di manifestazioni sportive (in tal senso, Tar Molise, sez. I, 11 marzo 2016, n. 114; Tar Umbria, sez. I, 19 febbraio 2016 n. 103).
Secondo i principi generali affermati dalla stessa CEDU (Corte europea diritti dell'uomo, sez. Grande Chambre, 23 febbraio 2017, n. 43395) le misure di prevenzione possono essere applicate solo se la legge fissa in maniera chiara ed esplicita le condizioni per garantirne la prevedibilità e per limitarne l'eccessiva discrezionalità nell'attuazione.
Per individuare il corretto ambito di operatività della norma di cui all’art. 6, l. n. 401/1989, la giurisprudenza amministrativa, alla luce dei sopra richiamati principi, ha dato della norma in questione una lettura costituzionalmente orientata, ritenendo che il divieto sia comminabile ricorrendo le ipotesi di reato ivi elencate, purché presentino comunque un collegamento con un evento o una manifestazione sportiva, il cui pacifico ed ordinato svolgimento la misura preventiva è diretta ad assicurare (così, Tar Toscana, II, 20 dicembre 2016, n. 1792).
Nello stesso senso si è espresso, peraltro, anche il giudice penale, laddove, nell’interpretare la disposizione de qua, ha affermato che: “la L. n. 401 del 1989, art. 6 stabilisce che il Questore possa disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, nonchè a quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati specificamente indicati, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive o che, nelle medesime circostanze, abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza.
Il divieto può anche essere disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse, nonchè nei confronti di minori.
(…)
La richiamata disposizione ha evidenti finalità di prevenzione ed è palesemente collegata allo svolgimento di manifestazioni sportive come chiaramente emerge dal suo contenuto” (Cass. pen. Sez. III, 28 gennaio 2014, n. 3713).
Ebbene, nel caso di specie, al ricorrente è stato comminato il divieto di accesso agli stadi per la durata di un anno per essere stato denunciato per il reato di cui all’art. 5, l. n. 172/1975 commesso in occasione della manifestazione politica conto lo “-OMISSIS-” tenutasi a Roma, in prossimità della sede del Senato, il 5 luglio 2017, all’infuori di qualsivoglia collegamento con un evento o manifestazione sportiva.
Alla luce dell’interpretazione costituzionalmente orientata della norma dell’art. 6, l. n. 401/1989, nella parte in cui elenca le fattispecie di reato per le quali, il soggetto che ne risulta essere stato denunciato nel corso degli ultimi cinque anni, può essere destinatario del cd. daspo, solo se tali fattispecie risultino collegate allo svolgimento di manifestazioni sportive, il gravato provvedimento si palesa, quindi, illegittimo.
2. Per quanto esposto, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento emesso dal Questore di Roma in data 12 agosto 2017.
3. La peculiarità della fattispecie trattata giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il gravato provvedimento.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 9 ottobre 2018, 18 dicembre 2018, con l'intervento dei magistrati:
Germana Panzironi, Presidente
Francesca Petrucciani, Consigliere
Francesca Romano, Primo Referendario, Estensore