T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 6708/2021

Pubblicato il 07/06/2021

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Madeo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Questura Roma, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

del provvedimento n. 007/2020 adottato dal Questore della Provincia di Roma, datato 13 gennaio 2020, notificato il 16 gennaio 2020, di ogni altro ulteriore atto presupposto, connesso, collegato e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 18 maggio 2021 il cons. Anna Maria Verlengia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso, notificato l’11 marzo 2020 e depositato il successivo 12 marzo, -OMISSIS-, tesserato della -OMISSIS-, impugna il provvedimento adottato il 13 gennaio 2020 con cui il Questore di Roma, ai sensi dell’art. 6 della legge 401/1989 e ss. mm., gli vieta per tre anni l’accesso all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si svolgono incontri di calcio e agli incontri di calcio all’estero delle squadre italiane e della Nazionale italiana calcio.

Avverso il predetto provvedimento il ricorrente articola i seguenti motivi di gravame:

1) violazione dell’art. 13 Cost., violazione degli artt. 63, comma 2, e 64 c.p.p. violazione dell’art. 6, comma 1, l. n. 401/1989 per difetto dei presupposti, eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione, atteso che il ricorrente ritiene che l’attribuzione dei fatti si fondi esclusivamente sulla dichiarazione confessoria del ricorrente nell’immediatezza dei fatti di cui si nega la rilevanza;

2) violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90, eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza istruttoria, irragionevole compromissione del diritto al lavoro, in quanto il Questore non avrebbe valutato le conseguenze del provvedimento per il ricorrente nella sua qualità di partecipante all’attività agonistica quale tesserato;

3) violazione dell’art. 6 della legge n. 401/1989, eccesso di potere per indeterminatezza, in quanto il provvedimento non conterrebbe una precisa indicazione dei luoghi preclusi all’accesso;

4) violazione dell’art. 6, comma 5, della l. n. 401/1989, motivazione carente, eccesso di potere in relazione alla gradualità e proporzionalità della misura applicata in quanto il provvedimento riguarderebbe un unico episodio ed avrebbe, anche a causa della durata fissata, ma priva di motivazione, effetti gravemente ed irragionevolmente restrittivi delle libertà del ricorrente.

Il 1° aprile 2020 si è costituito il Ministero dell’Interno con atto di rito, seguito da una memoria, depositata il 14 giugno 2020, con cui resiste nel merito.

Il 18 giugno 2020 il ricorrente deposita una memoria alle quali allega documentazione relativa alle indagini conseguenti all’episodio dal quale ha avuto origine il provvedimento gravato.

Il 6 aprile 2021 il ricorrente deposita ulteriore memoria in vista dell’udienza con cui insiste nelle proprie difese ed il 5 maggio 2021 chiede il passaggio in decisione della causa sulla base degli scritti.

All’udienza del 18 maggio 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Appare preliminarmente opportuno ricostruire i fatti che hanno dato luogo al D.A.S.P.O..

Nel provvedimento si legge il seguente resoconto della vicenda da cui è scaturito il divieto di accesso agli impianti sportivi:

“verso le ore 16:15, al termine del citato incontro, un giovane tifoso della squadra di calcio locale presente sugli spalti, in seguito identificato per -OMISSIS-, dopo aver inveito con insulti e minaccia nei confronti del guardalinee, lanciava con violenza una bottiglia di plastica da un litro, ancora piena d’acqua, in direzione del componente della terna arbitrale, colpendo invece l’allenatore della Lazio -OMISSIS-. Raggiunto da personale di polizia presente sul posto, alla richiesta di fornire le proprie generalità, lo stesso si rifiutava proferendo frasi oltraggiose e minacciose nei confronti delle forze dell’ordine e ammettendo con strafottenza di essere l’autore del lancio della bottiglia. Poco dopo, in difesa del -OMISSIS-, interveniva un altro soggetto che asseriva di essere il padre, il quale assumeva lo stesso atteggiamento di sfida mostrato dal figlio verso gli operanti omettendo anch’egli di fornire un documento di riconoscimento e proferendo minacce millantando la conoscenza di alti funzionari della Polizia di Stato. Dopo numerosi inviti e richiami da parte del personale operante, il -OMISSIS-, mantenendo la stessa condotta oltraggiosa e ostile, forniva il documento richiesto e una volta identificato, poiché non sussistevano le necessarie condizioni di sicurezza per procedere al contestuale deferimento dello stesso all’Autorità Giudiziaria – nel contempo si era formato un capannello di spettatori tra i quali anche una giocatrice della Lazio -OMISSIS- che, intervenuta, riferiva di essere la sorella del -OMISSIS- – veniva invitato, insieme al padre, a lasciare gli spalti e ad allontanarsi dall’impianto”.

La predetta rappresentazione dei fatti corrisponde a quanto riportato dagli agenti di p.g. che hanno redatto l’annotazione di polizia giudiziaria, in quanto erano in servizio di ordine pubblico in occasione dell’incontro e testimoni, nonché destinatari, delle condotte tenute dal ricorrente e dal padre di quest’ultimo.

L’annotazione di p.g., benchè dotata di fede privilegiata, non risulta impugnata con querela di falso.

Tuttavia, il ricorrente contesta la veridicità dei fatti ivi riportati, asserendo di non avere tenuto nessuna delle condotte a lui attribuite.

Nega di avere inveito o minacciato la terna arbitrale o il guardalinee, non avrebbe gettato la bottiglia d’acqua in campo, non si sarebbe rifiutato di dare le generalità, né avrebbe tenuto una condotta oltraggiosa nei confronti degli agenti.

A sostegno della propria ricostruzione dei fatti, radicalmente opposta a quella contenuta nella predetta annotazione degli Assistenti verbalizzanti, rappresenta che:

- l’allenatore e l’assistente arbitrale sono stati ascoltati in data successiva all’adozione del DASPO e il referto arbitrale è stato acquisito solo un mese dopo l’emissione del provvedimento impugnato;

- gli agenti accertatori non avrebbero visto il -OMISSIS- porre in essere il lancio della bottiglia;

- l’allenatore della Lazio -OMISSIS- smentisce di essere stato colpito, né ha visto chi ha lanciato la bottiglia e precisa che sugli spalti sono presenti tanti tifosi;

- nel referto arbitrale nulla viene riferito in ordine alle presunte ingiurie, invettive e/o minacce al guardalinee o alla terna arbitrale.

La lettura dell’annotazione acquisita agli atti smentisce le difese di parte ricorrente.

I verbalizzanti riferiscono di “un giovane tifoso, (che) dagli spalti inveiva nei confronti del guardalinee con insulti e minaccia sulla sua persona”; che “La condotta del tifoso sopra descritta attirava l’attenzione dei verbalizzanti che a distanza monitoravano la situazione”; lo stesso viene indicato come colui che “improvvisamente” “si chinava per raccogliere una bottiglia di plastica da un litro, ancora piena d’acqua e con violenza la scagliava in campo in direzione del guardalinee, colpendo invece l’allenatore della -OMISSIS- che d’istinto si parava il volto con un braccio”.

Ciò che segue sono ulteriori condotte, anch’esse penalmente rilevanti e ben più gravi, che non risultano smentite.

Il ricorrente si limita a negare di avere minacciato e rifiutato di dare le proprie generalità agli agenti, come anche di essere stato supportato in una condotta illecita dal padre intervenuto a sua difesa.

Le sommarie informazioni di cui ai verbali che il ricorrente assume contenere una smentita dei fatti, non contengono in realtà nessun affermazione che si ponga in contrasto con l’Annotazione di p.g..

Semmai confermano che il lancio della bottiglia proveniva dal quadrante occupato dalla squadra di casa, ovvero quella per la quale tifa il ricorrente, in quanto vi gioca la sorella.

Ciò premesso, la mera negazione dei fatti a fronte di un atto dotato di fede privilegiata, non impugnato per querela di falso, non può rilevare.

Dal resoconto dei verbalizzanti emergono le condotte integranti i reati di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (337 c.p.), rifiuto di indicazioni sulla propria identità personale (651 c.p.), collocamento pericoloso di cose (674 c.p.) in concorso.

Le condotte descritte rientrano nell’ambito di previsione di cui all’art. 6 1° comma lettere a) e c) legge 401/1989, attesa l’intervenuta denuncia per i reati contemplati dal citato comma, cui si aggiunge la circostanza che le condotte di reato di cui si tratta risultano consumate in occasione delle competizioni che si svolgono nell'ambito delle attività previste dalle federazioni sportive.

A seguito delle modifiche apportate dall’art. 2 del d.l. 8 febbraio 2007, nr. 8 al testo dell’art. 6 1. 401/1989 il Daspo “può essere, altresì, disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse”, anche a prescindere dall’accertamento giudiziale delle condotte medesime, richiedendo la legge la mera denuncia per le menzionate fattispecie di reato.

Il ricorrente ha poi dedotto, anche a sostegno della richiesta cautelare, la sua qualità di tesserato che svolgerebbe attività sportiva in favore della -OMISSIS-: ma detta condizione costituisce una aggravante in relazione ai fatti riportati dalle forze di polizia, alla luce delle norme deontologiche che gli sportivi sono tenuti ad osservare, come rilevato anche dall’Avvocatura erariale.

Per quanto concerne la lamentata lesione dell’attività lavorativa in ambito sportivo, si rimanda alle previsioni di cui al comma 5 dell’art. 6 della legge 401/89 ovvero alla possibilità ivi prevista di revoca o modifica “qualora, anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione”.

Il ricorrente, peraltro, solo con il deposito di documenti del 6 aprile 2021 fornisce una dichiarazione dei redditi, presentata a luglio 2020, per prestazioni rese nel 2019 nell’ambito di attività sportive dilettantistiche e la lettera di incarico del 2019, relativa ad una prestazione con scadenza 30 giugno 2020.

Trattandosi di documentazione successiva alla adozione del provvedimento, la Questura non era tenuta, anche se ai soli fini delle prescrizioni di dettaglio, a valutarla, né l’omessa considerazione dell’impegno sportivo dilettantistico del ricorrente è circostanza idonea a viziare la gravata misura anche alla luce di quanto già osservato.

Sono infondate, poiché inapplicabili alla misura preventiva del DASPO, le dedotte violazioni dell’art. 13 Cost. e delle norme che regolano le dichiarazioni rese da persona indiziata di reato, non venendo in evidenza un procedimento penale, né una sanzione penale.

La rivendicazione del gesto, attribuita al ricorrente, peraltro trova ben più significativi riscontri nella relazione di polizia giudiziaria e nella circostanza è solo una delle fattispecie di reato per le quali il ricorrente è stato deferito.

Infondato è anche il terzo motivo di gravame, risultando sufficientemente specificati i luoghi preclusi per i quali si rinvia alla prassi, ma si precisa altresì che si tratta degli spazi entro il raggio di 1000 metri dal perimetro dei luoghi ove si svolgono le manifestazioni sportive e per lo stadio Olimpico sono altresì indicate le strade e le piazze ritenute limitrofe.

La giurisprudenza a tale riguardo ha affermato l’idoneità della limitazione chilometrica a circoscrivere in modo preciso il contenuto dell’interdizione (cfr. T.A.R. Reggio Calabria 20 gennaio 2020 n.53).

Per quanto osservato, la durata della misura preventiva appare proporzionata ai comportamenti posti in essere ed integranti ben tre diverse fattispecie di reato di non lieve entità, in concorso, evidenziando un atteggiamento pervicacemente aggressivo e refrattario alle regole anche di fronte all’autorità di polizia, intervenuta a seguito del lancio pericoloso di un oggetto all’indirizzo della terna arbitrale.

Il ricorrente, in definitiva, oltre ad avere ammesso di avere lanciato la bottiglia, nella immediatezza dei fatti, ha reagito alle forze dell’ordine intervenute, aggravando la sua posizione con atteggiamenti offensivi, verosimilmente consapevole di essere supportato dalla tifoseria di parte e dal padre, così integrando anche il più grave reato di minaccia a pubblico ufficiale, oltre a quello di rifiuto delle proprie generalità, e tutto ciò in un contesto nel quale certi comportamenti sono potenzialmente idonei ad accendere gli animi e a creare situazioni pericolose i cui esiti sono imprevedibili.

Il ricorrente, inoltre, non è del tutto esente da mende, alla luce di quanto sarebbe emerso dalle Banche Dati nella quali lo stesso risulta segnalato in passato dai militari della Stazione Carabinieri Roma-La Storta per una violazione amministrativa-OMISSIS-(art. 75 DPR 309/90) e controllato, in tempi recenti, in compagnia di soggetti gravati da precedenti penali nell'ambito dello spaccio di -OMISSIS-.

Come già anticipato, la natura preventiva del divieto non esige la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, del comportamento violento del soggetto, ma è pienamente supportata anche nel caso in cui il quadro indiziario sia complessivamente univoco, come nel caso di specie.

Per quanto osservato il ricorso va respinto, poiché infondato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte ricorrente e privati.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2021, in collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 25 d.l. 137/2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo della piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13/03/2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa, con l'intervento dei magistrati:

Francesco Arzillo, Presidente

Anna Maria Verlengia, Consigliere, Estensore

Raffaello Scarpato, Referendario

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