T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 6778/2015

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto dal signor OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Renato Magaldi, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Abbamonte in Roma, Via degli Avignonesi, 5;

contro

il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento, previa sospensione,

a) della decisione della Commissione di Appello dell’ex Assi n. 1556/a/t, con la quale è stata confermata la decisione della Commissione di disciplina di Prima Istanza dell’ex Assi n. 14/2013 e, per l’effetto, disposta la sospensione da ogni qualifica per mesi 6 e € 1500 di multa;

b) della decisione della Commissione di Prima Istanza n. 14/2013, con la quale è stata disposta la sospensione da ogni qualifica per mesi 6 e € 1500 di multa;

c) dell’atto di incolpazione della Procura della disciplina dell’ex Assi;

d) dei verbali relativi all’esito delle prime analisi e seconde analisi svoltesi sui campioni biologici del cavallo “OMISSIS”;

e) di tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali ove e per quanto lesivi degli interessi e diritti del ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;

Vista l’ordinanza n. 3153 del 2014 che ha respinto la suindicata domanda cautelare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2015 il Cons.Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale;

Ritenuto

FATTO e DIRITTO

1. Riferisce il signor OMISSIS che in data 5 agosto 2011 il cavallo OMISSIS  ha partecipato alla 7ª corsa del Premio “OMISSIS”, svoltasi presso l’Ippodromo di OMISSIS. Con nota in data 14 settembre 2011, prot. n. 52216 l’Ufficio Antidoping dell’Assi ha comunicato l’esito positivo alla sostanza Benzoleigconina delle prime analisi antidoping sui campioni biologici prelevati al predetto cavallo.

Con nota del 14 maggio 2012, prot. n. 29429 il medesimo Ufficio ha comunicato, dopo oltre otto mesi dalle prime analisi, la data di svolgimento delle seconde analisi in programma presso un laboratorio in Francia, con conferma dell’esito del risultato delle prime analisi.

Con atto di incolpazione in data 6 luglio 2012 l’Organo requirente della disciplina ha chiesto la condanna del signor OMISSIS  a 6 mesi di sospensione da ogni qualifica e multa di euro 1.500,00.

L’incolpato ha contestato con memoria difensiva tale provvedimento e il Collegio con decisione n.14 del 2013 ha confermato la condanna come richiesta dalla Procura.

Avverso la suddetta decisione ha proposto appello e la Commissione di Appello con decisione n. 1556/a/t, comunicata in data 17 aprile 2014, ha respinto i motivi confermando la decisione della Commissione di Prima Istanza.

Avverso i provvedimenti meglio indicati in epigrafe il signor D’Alessandro ha proposto ricorso e ha dedotto i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 delle norme di procedura disciplinare. Eccesso di potere. Incompetenza: secondo la norma rubricata l’Organo competente alla formulazione dell’atto di incolpazione è il Procuratore della Disciplina e in sua vece, previa espressa delega, il Sostituto nominato Vice Procuratore; nella specie l’atto di incolpazione in data 6 luglio 2012 sarebbe stato formulato da Organo incompetente ossia un mero Sostituto procuratore della disciplina. Conseguentemente l’intero procedimento disciplinare sarebbe viziato in quanto promosso da soggetto senza poteri.

2) Violazione e falsa applicazione degli articoli 122 e 123 c.p.c.. Violazione falsa applicazione dell’art. 109 c.p.p. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria: sarebbe stata utilizzata nel procedimento disciplinare una lingua differente da quella italiana, con riferimento al verbale delle seconde analisi redatto in lingua francese, le cui risultanze sarebbero state poste a fondamento della decisione impugnata, in violazione alle norme del codice di procedura civile e di procedura penale.

3) Violazione falsa applicazione dell’art. 11 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite. Violazione falsa applicazione dell’All. 2 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite. Mancata valutazione delle specificazioni adottate con la seduta del 17 marzo 2009 dal Cda dell’ex Unire. Eccesso di potere. Difetto di motivazione. Difetto di istruttoria: l’intero procedimento disciplinare a carico del ricorrente sarebbe viziato dalla mancata indicazione delle percentuali di sostanza contestata trovata nei campioni biologici del cavallo, in quanto la presenza dei metaboliti della cocaina, quale è la benzoilecgonina, al di sotto di una determinata soglia pari a 20 nanogrammi/ml non sarebbe considerata quale ipotesi di doping, ma di contaminazione ambientale, senza l’attribuzione di volontarietà nell’assunzione della sostanza proibita e conseguente non sanzionabilità del caso. Richiama al riguardo il Consiglio di amministrazione dell’Unire nella seduta del 16 marzo 2009 che avrebbe deliberato di integrare l’Allegato 2 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite, approvato con D.M. n. 797 del 16 ottobre 2002, con la definizione del limite di tolleranza nei cavalli per la sostanza cocaina/ benzoilecgonina in 20 nanogrammi/ml nell’urina. In assenza di certezza dell’assunzione volontaria della sostanza la Commissione di disciplina di appello non avrebbe dovuto applicare la sanzione.

4) Violazione falsa applicazione dell’art. 11, comma 3, del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite. Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto legittimanti la sospensione di tutte le qualifiche. Difetto di motivazione. Manifesta contraddittorietà: la decisione della Commissione di Prima Istanza e quella di Appello di comminare la inibitoria di tutte le qualifiche possedute dal ricorrente - allenatore e guidatore - sarebbe priva di presupposti di diritto. Nell’accertamento della presunta responsabilità del ricorrente dovrebbe tenersi conto anche della allegata dichiarazione del proprietario del cavallo circa la tenuta del cavallo nella propria scuderia, senza l’affidamento al ricorrente se non limitatamente per l’allenamento a mero titolo di cortesia. Nel caso in cui si volesse affermare una responsabilità del ricorrente la sanzione potrebbe eventualmente riguardare la sola qualifica di allenatore, mentre la Commissione di Prima Istanza e la Commissione di appello in assenza di alcuna motivazione hanno esteso la sanzione irrogata anche alla qualifica di guidatore pur in mancanza di qualsivoglia elemento probatorio sulla responsabilità dell’illecito contestato. Inoltre il generico richiamo alla vigente normativa regolamentare in virtù della quale il ricorrente è stato sospeso anche nella sua qualità di guidatore renderebbe illegittima la decisione della sanzione inflitta.

5) Violazione falsa applicazione dell’art. 11, comma 3 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite. Iniquità. Difetto di motivazione: entrambe le decisioni di Prima Istanza che quella d’Appello sarebbero viziate di difetto di motivazione con riguardo alle ragioni giustificative dell’allontanamento per 6 mesi da ogni attività del ricorrente, posto che tale motivazione potrebbe ritenersi congrua in caso di sospensione della sola qualifica rivestita in gara, ossia di allenatore; sarebbero altresì illegittime perché senza alcuna ragione giustificativa di tale severità colpiscono con il massimo della pena tutte le qualifiche, in assenza di recidiva e di alcun procedimento disciplinare attivato. Da qui oltre il difetto di motivazione anche la manifesta iniquità del provvedimento impugnato. Conclude con la richiesta di annullamento dei provvedimenti impugnati previa sospensione degli stessi.

Si è costituito in giudizio il Ministero delle politiche agricole per resistere al ricorso ed ha controdedotto alle censure proposte da parte ricorrente con argomentate considerazioni, concludendo per la reiezione del ricorso.

Con ordinanza numero 3153/2014 stata respinta la suindicata domanda cautelare.

Alla udienza pubblica del 19 febbraio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Nel merito il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

2.1. Il ricorrente ha dedotto con il primo motivo la violazione dell’art. 5 delle norme di procedura disciplinare e, in generale, la incompetenza in quanto l’atto di incolpazione in data 6 luglio 2012 sarebbe stato firmato da un Sostituto Procuratore della disciplina e non dal Procuratore della Disciplina Capo o dal Vice Procuratore eventualmente nominato.

La censura non è condivisibile alla luce anche della interpretazione adottata dalla Sezione in altri casi analoghi (cfr. sent. 31 luglio 2014, n. 8428; idem, 8 luglio 2014, n. 7271) richiamando la normativa in materia e, in particolare, l’art. 5 delle norme di procedura disciplinare il quale prevede che “la Procura della Disciplina è composta da un magistrato … o da un avvocato … che la presiede, con la qualifica di Procuratore della Disciplina, e da un massimo di sedici Sostituti Procuratori … Questi ultimi esercitano le funzioni di indagine e le funzioni requirenti davanti agli organi della giustizia sportiva … Tra di essi il procuratore può nominare due Vice procuratori, di cui uno con funzioni vicarie, ai quali può delegare le proprie funzioni” (comma 2); “la Procura della Disciplina, in persona del Procuratore e dei suoi sostituti, svolge … indagini volte ad accertare casi di violazione di regolamento o di illecito sportivo e decide in merito alla archiviazione o al deferimento degli stessi alla Commissione di Disciplina di prima istanza” (comma 4); “al Procuratore della Disciplina ed ai suoi sostituti è conferito ogni più ampio potere di indagine …” (comma 5); “il Procuratore della Disciplina, all’esito delle indagini, promuove l’azione disciplinare, nei confronti del responsabile, mediante formulazione dell’atto di incolpazione, ovvero dispone con decreto, l’archiviazione del procedimento, quando la notizia di illecito disciplinare risulti infondata” (comma 7).

Osserva il Collegio che dall’esame sistematico delle predette disposizioni deriva che il procedimento disciplinare può essere delegato dal Procuratore disciplinare o da un Vice Procuratore ad un Sostituto Procuratore e quest’ultimo è legittimato a promuovere l’azione disciplinare, interpretando anche con riferimento ad una nozione oggettiva e non soggettiva la locuzione “Procuratore della disciplina” utilizzata al comma 7 del detto articolo.

Tale interpretazione si presenta più idonea e coerente all’efficace accertamento di eventuali illeciti, tra cui quelli che attengono alla presenza di sostanze proibite nei cavalli, che incidono su interessi particolarmente delicati e rilevanti per la tutela delle razze equine e per la regolarità di svolgimento delle gare nonché alla snellezza e rapidità proprie dell’azione disciplinare al fine di renderla incisiva e funzionale al perseguimento degli scopi per la quale è prevista.

La nomina dei Vice Procuratori ai quali il Procuratore può delegare le proprie funzioni, prevista dal comma 2 dell’art. 7, d’altra parte, deve intendersi nel senso che i Vice Procuratori possono svolgere anche le funzioni di cui il Procuratore è titolare in modo infungibile, come l’assegnazione dei procedimenti ai singoli Sostituti Procuratori, per cui, così interpretata, tale norma ha un contenuto sostanziale preciso e ben individuabile.

Nella specie, il Sostituto Procuratore della Disciplina ha disposto l’atto di incolpazione dopo aver “Letti gli atti esaminato il fascicolo”, che è stato assegnato per la funzione di cui al procedimento incardinato al n.087/12 (in relazione alla positività del prelievo sul cavallo OMISSIS).

2.2. Parimenti infondato è il secondo motivo con cui il ricorrente censura la violazione alle norme del codice di procedura civile e di procedura penale perché sarebbe stata utilizzata nel procedimento disciplinare una lingua differente da quella italiana, con riferimento al verbale delle seconde analisi redatto in lingua francese, le cui risultanze sarebbero state poste a fondamento della decisione impugnata.

Al riguardo, si rileva che le disposizioni processualistiche che prescrivono l’uso della lingua italiana in tutto il processo, non esonerano comunque il giudice dall’obbligo di prendere in considerazione qualsiasi elemento probatorio decisivo ancorché espresso in altra lingua diversa da quella italiana, restando affidato al suo potere discrezionale il ricorso ad un interprete a seconda che sia o meno in grado di comprenderne il significato o che in ordine ad esso sorgano contrasti tra le parti (cfr. Cass.civ., sez. lav., 9 settembre 1987, n. 7232; idem, sez. III, 12 marzo 2013, n. 6093). Del resto l’obbligo di usare la lingua italiana si riferisce agli atti da compiere nel procedimento e non ai documenti e atti, già formati, che vengano acquisiti, risultando ammissibile all’interessato, per non pregiudicare il diritto di difesa, la possibilità di richiesta di copia per la traduzione.

2.3. Con il terzo motivo parte ricorrente deduce la violazione delle norme regolamentari in materia e il difetto di istruttoria e di motivazione che avrebbero viziato l’intero procedimento disciplinare a carico del ricorrente, per la mancata indicazione tra l’altro delle percentuali di sostanza contestata trovata nei campioni biologici del cavallo, potendosi escludere l’ipotesi di doping in presenza dei metaboliti della cocaina, quale è la benzoilecgonina, al di sotto della soglia pari a 20 nanogrammi/ml; la presenza della sostanza in tale limite potrebbe configurare secondo parte ricorrente l’ipotesi di contaminazione ambientale, con l’esclusione quindi della volontarietà nell’assunzione (limite di tolleranza così previsto dal Consiglio di amministrazione dell’Unire nella seduta del 16 marzo 2009 con delibera di integrare in tal senso l’Allegato 2 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite, approvato con D.M. n. 797 del 16 ottobre 2002).

Tale censura non è fondata.

Al riguardo occorre preliminarmente osservare che nei controlli antidoping l’Amministrazione effettua un accertamento tecnico consistente nella verifica della sussistenza delle sostanze proibite alla luce dell’applicazione dei principi delle scienze esatte e senza adottare apprezzamenti di natura discrezionale: infatti in tale accertamento non vi è spazio per intravedere profili di discrezionalità tecnica laddove vengono compiute valutazioni in base a parametri opinabili.

Sulla base di ciò il ricorrente sarebbe tenuto a dimostrare il travisamento del fatto a base della decisione, vale a dire un suo erroneo presupposto, non rinvenibile nel caso di specie, tenuto conto della articolata procedura avviata nel rispetto della normativa regolamentare, così come descritta negli atti impugnati, con i riferimenti alle analisi intervenute nonché anche alle comunicazioni all’interessato e alle osservazioni dal medesimo proposte, nel rispetto dei corretti profili di partecipazione procedimentale.

Del resto, va rilevato che le decisioni impugnate riferiscono della presenza della sostanza vietata accertata sia in sede di prime analisi che in sede di seconde analisi, che hanno confermato la positività del cavallo alla predetta sostanza, essendo proibita ai sensi del Regolamento la sola presenza, a prescindere dalla quantità della sostanza stessa (o un suo isomero o metabolita, come nella specie, ai sensi dell’art. 2 del Reg. approvato con DM 16.10.2002). D’altra parte non risulta che sia stata data attuazione al deliberato adottato dal Consiglio di Amministrazione dell’Unire nella seduta del 16.3.2009 – richiamato dal ricorrente - concernente l’integrazione dell’Allegato 2) del Regolamento con la previsione del suddetto limite di tolleranza: in disparte la natura meramente propositiva del deliberato non risulta comunque che esso abbia comportato una modifica in tal senso del predetto Allegato 2), recante l’elenco delle sostanze la cui presenza nei limiti indicati non è considerata proibita.

Conseguentemente deve considerarsi che ai fini disciplinari risulta ininfluente l’analisi quantitativa di tale sostanza vietata, ai fini di un limite di tolleranza, non previsto nella specie.

Peraltro le argomentazioni di parte ricorrente sui limiti della soglia di positività, in disparte la genericità delle stesse, non risultano suffragate da concrete prove documentate dirette a censurare le tecniche utilizzate e le risultanze delle analisi di laboratorio per smentire e contrastare quanto tecnicamente accertato (in modo assoluto all’esito delle due analisi) sulla base della disciplina di cui al Regolamento in materia, né sono state fornite concrete e idonee prove sulla eventuale assunzione inconsapevole della sostanza.

2.4. Parimenti infondato è il quarto motivo con cui il ricorrente censura la illegittimità e contraddittorietà della decisione della Commissione di Prima Istanza e di quella di Appello, perché prive di presupposti di diritto riguardo la sanzione comminata allo stesso di inibitoria di tutte le qualifiche possedute di allenatore e guidatore, in assenza di adeguata motivazione, con il generico richiamo alla normativa regolamentare e senza aver considerato l’allegata dichiarazione del proprietario del cavallo.

Al riguardo, osserva il Collegio che la Commissione di Prima Istanza dal riscontro delle analisi antidoping con risultato positivo alla sostanza vietata (benzoilecgonina), confermato dalle seconde analisi, ha riconosciuto la responsabilità in via oggettiva dell’incolpato, sulla base della vigente normativa regolamentare. Successivamente la Commissione di Disciplina di Appello ha esaminato i motivi di censura ed ha confermato l’atto di incolpazione, nel suo complesso ed ha richiamato in ordine all’applicazione della sanzione la specifica disciplina recata dall’art. 11, comma 3, del Regolamento. Nella specie, l’accertamento della positività del cavallo costituisce il presupposto per l’applicazione della sanzione con riguardo sia alla sospensione temporanea dalla qualifica dei soggetti coinvolti, sia all’irrogazione della sanzione pecuniaria.

In relazione a tale specifica disciplina appare irrilevante la dichiarazione del proprietario del cavallo circa la tenuta dello stesso nella propria scuderia, con affidamento al ricorrente solo per l’allenamento, attesa la genericità dell’affermazione ai fini della prova sulla non assunzione della sostanza, considerati gli esiti delle prime e delle seconde analisi univoci sulla positività del cavallo alla sostanza vietata.

2.5. Con riferimento al quinto motivo di impugnazione riguardo il censurato difetto di motivazione di entrambe le decisioni delle Commissioni di Prima Istanza e d’Appello, per l’assenza di ragioni giustificative della sospensione del ricorrente dalla qualifica sia di allenatore sia di guidatore per 6 mesi, e la manifesta iniquità delle decisioni impugnate, rileva il Collegio che le argomentazioni del ricorrente non appaiono convincenti per vari profili.

Dall’esame del contenuto della decisione della Commissione di Prima Istanza emerge la chiara indicazione della responsabilità oggettiva dell’incolpato nella sua qualità di allenatore a seguito dell’accertata positività alla sostanza vietata del cavallo. Nella motivazione della decisione inoltre è indicato che “in ordine alla quantificazione dell’irroganda sanzione deve tenersi conto della tipologia della sostanza rinvenuta e quindi l’entità di tale sanzione comporta che il provvedimento di sospensione riguardi non soltanto la qualifica di allenatore ma anche quella di guidatore e ciò in base alla vigente normativa regolamentare”. Tale decisione nel dispositivo commina “la sanzione della sospensione dalla qualifica di allenatore e guidatore per mesi sei e della multa di E.1.500,00, in considerazione della tipologia della sostanza rinvenuta”. In sede di appello la Commissione ha confermato la validità dell’atto di incolpazione, anche in ordine alla quantificazione e correttezza della sanzione applicata ai sensi del disposto di cui all’art. 11, comma 3 del Regolamento ed ha altresì motivato che “né sussiste alcun obbligo di indagine essendo la sanzione applicata in esito all’accertamento della positività. Nel caso in oggetto tale presupposto si è verificato e la sanzione è stata correttamente applicata”.

Né varrebbe obiettare il difetto di tale motivazione e la non congruità della sanzione comminata, posto che nelle decisioni impugnate si evince in modo inequivocabile l’indicazione del presupposto per l’adozione della misura disciplinare (l’accertata positività alla sostanza vietata del cavallo), la responsabilità oggettiva del soggetto coinvolto come disciplinata dalla norma regolamentare (art. 11, comma 3 Reg.), la considerazione della tipologia della sostanza rinvenuta (nella specie benzoilecgonina – metabolita della cocaina) ai fini della quantificazione della sanzione.

Va aggiunto altresì che la norma regolamentare (art. 11, comma 3) disciplina le tipologie di sanzioni applicabili al verificarsi del presupposto della positività del cavallo: “la sospensione temporanea nelle autorizzazioni, licenze o patenti ai soggetti coinvolti, da un minimo di due mesi ad un massimo di dodici, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria, da un minimo di E. 500 ad un massimo di E. 6.000 e il distanziamento totale del cavallo dall’ordine di arrivo della corsa imputata …”, con la previsione nei commi successivi dell’aumento delle sanzioni in relazione alla positività accertata riferita alla presenza di particolari sostanze la cui somministrazione è vietata nonché in caso di reiterazione della violazione.

Pertanto la norma non distingue ipotesi alternative di sospensione in relazione all’attività del soggetto coinvolto e la sanzione temporanea comminata al ricorrente non appare contraddittoria alla luce di tale disposizione e non risulta, altresì, incongrua in quanto comminata sulla base della presupposta positività del cavallo “in considerazione della tipologia della sostanza rinvenuta” e, tra l’altro, disposta in misura inferiore alla metà di quella massima stabilita.

3. In definitiva il ricorso in quanto infondato va respinto.

4. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore dell’Amministrazione resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in € 1.500,00 (millecinquecento/00), in favore dell’Amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Mariangela Caminiti, Consigliere, Estensore

Maria Laura Maddalena, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/05/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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