T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 6780/2015
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: Associazione Nazionale Ippodromi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Guido Lenza, con domicilio eletto presso Guido Lenza in Roma, Via XX Settembre, 98/E;
contro
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; Federazione Ippodromi Italiani – Federippodromi, in persona del legale rappresentante pro tempore;
per l'annullamento
del Decreto del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali n. 85413 del 19.11.2014, comunicato il 20.11.2014, con il quale è stato definito il "criterio di rappresentatività delle Associazioni costituite dalle Società di Corse ai fini della partecipazione ai tavoli istituzionali di confronto con il Ministero";
della nota DG PQA prot. n. 0085699 del 20.11.2014 di trasmissione del provvedimento impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2015 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm. in ordine alla completezza e regolarità del contraddittorio e dell’istruttoria, ai fini della decisione sul giudizio nel merito, con sentenza in forma semplificata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Nell'odierno giudizio, parte ricorrente è un'associazione senza scopo di lucro preordinata alla promozione, rappresentanza e tutela delle società gerenti ippodromi rientranti nel circuito ippico nazionale soggetto alla gestione del MIPAF.
Riferisce che le proprie associate, che costituiscono realtà di piccole e medie dimensioni, conducono ippodromi in diverse Regioni (Abruzzo, Campania, Marche, Toscana, Basilicata e Lazio), e costituiscono un significativo bacino di utenza rappresentando la maggiore percentuale di cavalli partenti rispetto alle corse organizzate.
Nell'ambito della sua decennale attività, l'Associazione ricorrente espone di avere sempre preso parte ai "tavoli di confronto"istituiti dall'autorità (nel tempo, dapprima l'UNIRE, poi l'ASSI, oggi il Ministero), sui temi di maggiore interesse per il comparto, i quali, riferisce ancora la ricorrente, nonostante abbiano una mera funzione consultiva, costituiscono di fatto la sola opportunità per le associazioni di categoria di poter contribuire attivamente ai processi decisionali della PA che le riguardano più strettamente.
In questo contesto, con il decreto impugnato, l'accesso ai tavoli di confronto è stato ristretto alle sole Associazioni annoveranti "un requisito minimo di rappresentatività pari almeno al 20% degli ippodromi attivi sul territorio nazionale".
Di fatto, argomenta la ricorrente, su un totale di quattro associazioni attive sul territorio nazionale il criterio adottato dal Ministero consegue l'esclusione dai tavoli di confronto della sola ricorrente medesima, che pure rappresenta il 10% degli ippodromi a fronte dei 32 ippodromi gestiti dalle altre tre associazioni.
Da qui le censure dedotte, con le quali si lamenta: incompetenza del Ministero (che spetterebbe alla dirigenza, non costituendo atto d'indirizzo politico amministrativo, con conseguente violazione dell'art. 21 octies della l. n. 241/90, in relazione all'art. 14 e 4 del D.Lgs 165 del 2001, violazione dell'art.4 del DPCM 105 del 27.02.2013 e dell'art. 1 del DM 30.05.2014); eccesso di potere sotto diversi profili (per difetto assoluto di presupposti, istruttoria, motivazione); violazione di legge per difetto di partecipazione al procedimento.
Si è costituito il Ministero che resiste al ricorso, di cui chiede il rigetto.
Alla camera di consiglio del 19 marzo 2015 la causa, chiamata per l'esame della domanda cautelare, è stata trattenuta in decisione per essere risolta nel merito, con sentenza in forma semplificata, sentite le parti in camera di consiglio circa la completezza e regolarità del contraddittorio e dell'istruttoria.
Si osserva, in fatto, che il provvedimento impugnato è costituito da una premessa motiva che espone le ragioni istituzionali dell’atto; e da un “articolo unico”.
Nella premessa, tra l’altro, si legge che “per lo svolgimento delle proprie funzioni attinenti all’organizzazione delle corse ippiche, il Ministero si avvale delle società di corse, provvedendo in particolare, a norma dell’art. 2 del richiamato dlgs n. 449/1999, alla valutazione degli ippodromi, al finanziamento delle società per la gestione dei servizi resi ed al coordinamento dell’attività degli ippodromi”; “deve intendersi per società di corse qualsiasi soggetto che, disponendo di un ippodromo, abbia ottenuto il riconoscimento dell’Amministrazione ai fini della organizzazione di riunioni di corse nell’ambito del circuito ippico nazionale”; viene quindi considerata, sempre nella premessa, “l’esigenza di assicurare, in considerazione del ruolo centrale delle società di corse nell’attuazione delle politiche di settore, la più ampia partecipazione delle stesse ai processi decisionali dell’Amministrazione” ed altresì “l’esigenza di promuovere e mantenere, nell’esercizio delle funzioni istituzionali del MIPAAF, rapporti diretti con le organizzazioni nazionali di categoria che siano effettivamente rappresentative delle società di corse e pertanto di individuare i requisiti di rappresentatività delle Associazioni costituite dalle società di corse”; sulla base di tale premessa, l’articolo unico del decreto impugnato recita “le Associazioni costituite dalle società di corse legittimate a prender parte ai tavoli istituzionali di confronto con il Ministero devono possedere un requisito minimo di rappresentatività pari almeno al 20% degli ippodromi attivi sul territorio nazionale”.
Sulla base del contenuto dell’atto, sin qui succintamente riportato, il primo motivo di ricorso è infondato, perchè l'identificazione di una soglia di rappresentatività in un contesto procedimentale quale quello in esame rappresenta una scelta di merito amministrativo.
La scelta di tenere tavoli di consultazione, frutto di una iniziativa della stessa Amministrazione è, nel caso di specie, interamente regolata dalla discrezionalità organizzativa della PA e si risolve nella organizzazione di moduli di confronto tra enti rappresentativi che hanno un valore istituzionale, oltre che procedimentale in senso stretto, essendo rivolti – anche sulla base di quanto prospettato dalla stessa parte ricorrente – all’adozione da parte dell’autorità, non tanto di provvedimenti puntuali di tipo gestionale, quanto al compimento di scelte di tipo generale e collettivo che sono d’interesse per l’intero settore.
La ritenuta natura di atto di tipo generale, se vale ad escludere la competenza della dirigenza e l'obbligo di una motivazione formale, non esclude però la sindacabilità del provvedimento sotto il profilo della ragionevolezza e della coerenza con i presupposti di merito dell'esercizio del potere, così come espressi e resi percepibili nello stesso provvedimento, ovvero nelle premesse che si sono riportate per quanto d’interesse.
Più precisamente, sebbene la motivazione non sia richiesta per gli atti a carattere generale o di pianificazione e programmazione a norma dell’art 3, comma 2, della L. 241 del 1990, secondo la giurisprudenza questi ultimi sono comunque sindacabili nei limiti della loro coerenza interna e con gli scopi di tutela che sono esplicitamente prefissati dalla norma attributiva del potere o che sono, come nel caso di specie, espressi nello stesso atto, in base a criteri di ragionevolezza e proporzionalità (vedasi ad es. T.A.R. Cagliari, sez. II 27 novembre 2013 n. 763, e sez. I 06 agosto 2013 n. 597; TAR Reggio Calabria, 28 maggio 2014, nr. 225; TAR Roma, II ter, 14 ottobre 2014, nr. 10338 e 13 gennaio 2015 nr. 424; TAR Milano I, 10 luglio 2014, nr. 1805).
Nel caso di specie, la scelta di limitare la partecipazione ai detti tavoli di confronto ai soli enti rappresentativi di categoria che raggiungano una percentuale predeterminata di impianti ippici è in sé una decisione di tipo generale che tuttavia, dato il ristrettissimo numero di soggetti che costituiscono la platea dei destinatari, esplica effetti puntuali facilmente preventivabili ed individualmente lesivi, senza nel contempo assicurare vantaggi all’Amministrazione in termini di celerità ed efficacia delle consultazioni.
Peraltro, non appare privo di rilievo quanto dedotto dalla parte ricorrente, secondo la quale la relativa ristrettezza numerica degli enti rappresentativi corrisponde ad una realtà sul territorio particolarmente eterogenea, in termini di diffusione degli impianti, numero di soggetti coinvolti dalle filiere ippiche (allevatori, proprietari, allenatori, guidatori e così via): sempre secondo ragionevolezza, tale condizione di fatto impone una considerazione più articolata dei criteri di rappresentatività che si vogliano individuare per consentire l’accesso ai tavoli di confronto delle sole associazioni effettivamente capaci di veicolare ed organizzare le esigenze di base al fine di un proficuo e celere rapporto di consultazione con il Ministero.
Sotto questi profili, il provvedimento impugnato – nell’innovare una consuetudine consultiva risalente – incide su interessi partecipativi oggetto di aspettativa da parte dell’associazione odierna ricorrente, senza che ciò risulti giustificato da giudizi di valore o altri elementi di fatto che siano percepibili dal contesto del provvedimento medesimo o da altre condizioni generali dedotte in giudizio; e ciò laddove l’istituto del confronto partecipativo ai tavoli indetti dallo stesso Ministero postula di per sé – e secondo quanto indicato nella premessa del provvedimento - una platea più ampia possibile di referenti per poter acquisire il maggior numero di informazioni ed elementi di giudizio in una logica di contesto improntata al pluralismo rappresentativo ed alla effettiva dialettica tra le parti.
Ne deriva la condivisibilità degli argomenti di censura dedotti al secondo articolato motivo di ricorso, con il quale si lamenta l’irragionevolezza del provvedimento impugnato ed il suo difetto sostanziale di motivazione, sotto il profilo della ragione effettiva dell’atto.
Il ricorso va dunque accolto, conseguendone l’annullamento del gravame, con ogni conseguenza in ordine alle spese di lite che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero resistente alle spese di lite che liquida in euro 1.000,00 oltre accessori come per legge e rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Rotondo, Presidente FF
Mariangela Caminiti, Consigliere
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)