T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 7233/2018
Pubblicato il 28/06/2018
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da OMISSIS e OMISSIS, rappresentati e difesi dall'avvocato Lorenzo Contucci, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie, 138;
contro
Ministero dell'Interno, Questura di Roma non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia
dei provvedimenti d.a.s.p.o. n. 2013000120 e 2013000119, emessi in data 23 maggio 2013 con i quali veniva fatto divieto ai ricorrenti, per la durata di anni tre, di accesso all'interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2018 la dott.ssa Francesca Romano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato il 4 luglio 2013 e depositato il successivo 11 luglio, i sig.ri OMISSIS e OMISSIS hanno impugnato dinanzi a questo Tribunale i provvedimenti emessi nei loro confronti in data 23 maggio 2013 dalla Questura di Roma con cui era fatto loro divieto, per anni tre, di accedere all’interno di stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputino incontri di calcio di qualsiasi livello, per aver esposto durante l’incontro Roma – OMISSIS del 19 maggio 2013 gli striscioni: “VINCETE O SCAPPATE” e “Dopo un’altra stagione con l’amaro in bocca l’unico imperativo è vincere la coppa” che, secondo l’autorità competente, avrebbero avuto contenuto intimidatorio e incitante alla violenza e perché risultano precedenti analoghi a carico di entrambi.
2. Avverso i gravati provvedimenti, di identico contenuto, i due ricorrenti deducono:
I. Violazione dell’art. 6, comma 1, l. n. 401/1989, in quanto i precedenti non sarebbero, nella specie, rilevanti e l’episodio degli striscioni non integrerebbe i presupposti per l’irrogazione del DASPO;
II. Violazione dell’art. 6, comma 1, l. n. 401/1989 ed eccesso di potere per difetto ed indeterminatezza dei presupposti.
III. Violazione degli artt. 3 e 10, l. n. 241/90. Eccesso di potere per difetto di motivazione del provvedimento in relazione al principio di gradualità della sanzione.
3. L’amministrazione non si è costituita in giudizio.
4. All’esito della camera di consiglio del 31 luglio 2013 è stata accolta la domanda cautelare proposta.
5. Alla pubblica udienza del 27 marzo 2018 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
In materia di provvedimenti cd. DASPO la giurisprudenza amministrativa è giunta, ormai concordemente ad affermare che:
a) il divieto di cui al c.d. "daspo" integra una misura non repressiva, bensì di prevenzione e "precauzione di polizia" (cfr. pareri Consiglio di Stato, Sez. I, 25 marzo 2015, nn. 931 e 946): appartiene, cioè, a quel genus di misure che - secondo la dottrina - possono essere definite come strumenti ante o comunque praeter delictum, aventi la finalità di evitare che il singolo che ne è colpito compia fatti di reato, illeciti o comunque tenga comportamenti lesivi di dati interessi, mediante la rimozione o il contenimento delle cause che si pongono alla base della commissione di tali condotte;
b) la valutazione, in concreto, dell'inaffidabilità del soggetto spetta all'autorità amministrativa, la quale è chiamata a un apprezzamento discrezionale nel bilanciamento tra il prevalente interesse pubblico alla tutela dell'ordine e della sicurezza dei cittadini e l'interesse privato ad accedere liberamente negli stadi (così, ancora, i citati pareri nn. 931 e 946/2015);
c) pertanto, "tale misura si connota di un'ampia discrezionalità, in considerazione della sua finalità di tutela dell'ordine pubblico" (Cons. St., Sez. III, 23 dicembre 2011, n. 6808; sez. VI, 2 maggio 2011, n. 2572);
d) la ravvisata natura dei provvedimenti di Daspo, quali misure di prevenzione o di polizia, impone che la loro adozione debba risultare motivata con riferimento a comportamenti concreti ed attuali del destinatario, dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica" (Tar Sicilia, Catania Sez. IV, 13 luglio 2015, n. 1938; Tar Toscana, sez. II, 6 giugno 2013, n. 955).
Ciò posto in generale, nella fattispecie particolare portata all’esame di questo collegio, emerge che l’adozione del provvedimento risulti fondata su una di una motivazione manifestamente erronea per difetto dei presupposti.
2. Innanzitutto, l’esistenza a carico dei ricorrenti di precedenti provvedimenti di Daspo o di precedenti denunce per eventi occasionati nell’ambito di manifestazioni sportive, non può assumere alcun rilievo ai fini della comminatoria di un nuovo Daspo, ma semmai ai soli fini della durata del nuovo divieto, ricorrendone gli autonomi presupposti, e delle ulteriori prescrizioni, secondo quanto disposto dall’art.6, comma 5, l. 401/1989.
3. Il provvedimento di Daspo deve, dunque, sempre aver a presupposto, al di fuori delle ipotesi delittuose indicate nella prima parte del comma primo dell’art. 6, l. n. 401/1989, il fatto di “aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza”.
A giudizio del collegio, come già sottolineato peraltro in sede cautelare, alle frasi contenute negli striscioni (“VINCETE O SCAPPATE” e “Dopo un’altra stagione con l’amaro in bocca l’unico imperativo è vincere la coppa”) non può essere attribuito l’univoco significato di induzione alla violenza, come correttamente dedotto di ricorrenti nel primo motivo di ricorso.
4. L’accoglimento del primo motivo di ricorso, con conseguente annullamento dei gravati provvedimenti per difetto dei presupposti, comporta l’assorbimento del secondo motivo con cui si contesta l’estensione del divieto e del terzo motivo con cui si censura la misura della sanzione in concreto irrogata.
5. Per quanto esposto, in conclusione, il ricorso deve essere accolto e, conseguentemente devono essere annullati i gravati provvedimenti emessi nei confronti di entrambe i ricorrenti in data 23 maggio 2013.
6. Si ravvisano giustificati motivi per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto annulla i gravati provvedimenti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2018 con l'intervento dei magistrati:
Germana Panzironi, Presidente
Francesca Petrucciani, Consigliere
Francesca Romano, Referendario, Estensore