T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 790/2018

Pubblicato il 22/01/2018

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenzo Grassia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via A. Riboty N. 29;

contro

Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del Ministro, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del DECRETO Prot. n. 79740 del 03/11/2017 con il quale il ricorrente non è stato ammesso all’esame pratico previsto dall’art 2 “Organizzazione del corso”, del bando relativo al corso di formazione professionale propedeutico alla concessione della licenza di allievo guidatore di cui al Decreto n. 44432 del 30 maggio 2016 del Dicastero, e di tutti gli atti presupposti e connessi, in particolare la valutazione della relativa COMMISSIONE di ESAME di “NON IDONEO” nell’ “esame teorico” consistito in un “test scritto e in un colloquio orale”.

per la richiesta di misura cautelare tesa ad ammettere OMISSIS alla PROVA PRATICA in PISTA con riserva dell’esito del giudizio di merito sul ricorso giurisdizionale

- per la richiesta del risarcimento del DANNO nel caso di non effettuazione della PROVA PRATICA e riconosciuta illegittimità nel merito degli atti impugnati.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2017 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.in ordine alla regolarità e completezza del contraddittorio e della istruttoria ai fini della decisione sul ricorso nel merito, con sentenza in forma semplificata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Espone l’odierno ricorrente di aver conseguito l’ammissione al test scritto per la selezione indicata in epigrafe, dopo aver seguito 80 ore di lezione; superava il test scritto con media dell’8,5; non superava però i colloqui orali, risultando valutato “non idoneo”; veniva quindi escluso dalla partecipazione all’esame pratico (consistente nella simulazione di una corsa e due false partenze con i nastri); dopo l’esame pratico avrebbe potuto accedere alla successiva fase di selezione, consistente in 12 mesi di tirocinio, con conseguente abilitazione alla professione di guidatore nelle corse al trotto e poi allenatore e guidatore.

Con il ricorso in epigrafe impugna gli esiti dell’esclusione dalla selezione, censurandone il difetto di motivazione e la illogicità sotto diversi profili.

Più precisamente, sull’assunto che il bando preveda lo scritto e l’orale come due momenti di un unico “esame teorico” sulle medesime materie di insegnamento (sei), del tutto illogico sarebbe il mancato superamento del test orale conseguente a tre risposte a sole tre domande, delle quali l’una risposta correttamente, l’altra mal formulata e la terza (“qual è la lunghezza del frustino”) avrebbe dovuto essere valutata con minor incidenza, dato che il ricorrente aveva già risposto a 20 domande del test scritto, vertenti nelle medesime materie orali.

Il ricorso si sofferma sull’analisi della seconda domanda rivolta al OMISSIS (obblighi di collaborazione art. 10 regolamento per il controllo delle sostanze proibite su cavalieri e guidatori”) per evidenziarne la suggestività (derivante dal fatto che il regolamento non indica “obblighi” esprimendosi al singolare) e comunque la circostanza che uno dei commissari (il Presidente della Commissione) ha ritenuto sufficiente la sua risposta.

Inoltre l’esito della prova orale sarebbe espresso con formula avulsa dalle tre domande oggetto di prova orale (“il candidato palesava imprecisioni e lacune diffuse in materia di tecnica delle corse e antidoping”); sarebbero insufficienti le tre domande per misurare la “capacita’ di collegare l’aspetto tecnico delle corse con le disposizioni regolamentari che sovrintendono il settore ippico”.

Conclude per l’annullamento degli atti impugnati e con domanda di risarcimento del danno, in caso di diniego di misura cautelare, per il mancato accesso al corso nella misura di euro 200.000,00 o di quella diversa di giustizia, con interessi e rivalutazione come per legge.

Con decreto monocratico nr. 6120 del 16 novembre 2017 è stata concessa la misura cautelare urgente dell’ammissione provvisoria del ricorrente “con riserva” allo svolgimento dell’esame pratico, impregiudicata ogni decisione, anche in sede cautelare, da parte del Collegio giudicante, con effetti dell’ammissione fino alla camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2017.

Si è costituita l’Avvocatura Generale dello Stato che resiste al ricorso di cui chiede il rigetto.

Parte ricorrente ha replicato alle difese dell’Avvocatura con una propria memoria depositata in vista della camera di consiglio.

Nella camera di consiglio dell’11 dicembre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’art.60 C.p.a. dopo averne dato avviso ai procuratori delle parti presenti i quali non hanno opposto riserva alcuna rimettendosi al Collegio.

L’odierno ricorso, volto ad ottenere l’annullamento dell’esito delle prove orali sostenute dal ricorrente, alla luce delle difese svolte dall’Amministrazione (che le deduzioni difensive di parte ricorrente svolte anche nella memoria conclusiva non consentono di superare) non può trovare accoglimento, essendo affidato a censure sostanzialmente di merito, come tali inammissibili.

Il ricorrente contesta, infatti, la sufficienza e la idoneità delle domande formulate dalla commissione in relazione al fine di saggiare la capacità del candidato; e, quanto alla seconda domanda, formula osservazioni tese a dimostrarne una ritenuta ambiguità.

Le difese dell’Amministrazione pur eccependo l’insindacabilità nel merito delle valutazioni della commissione, offrono numerosi argomenti a sostegno della correttezza del procedimento svolto, che tuttavia non v’è luogo ad approfondire, essendo fondata l’eccezione principale sollevata della difesa dell’Avvocatura.

Nonostante lo sforzo argomentativo, infatti, le deduzioni del ricorrente non sfuggono ai principi che la giurisprudenza ha elaborato, più in generale, in ordine ai limiti del sindacato del giudice amministrativo sulle prove di concorso (v. da ultimo T.A.R. Trento, sez. I 09 dicembre 2016 n. 415) secondo cui “A) la determinazione delle domande da rivolgere ai candidati costituisce espressione di un potere tecnico - discrezionale assai ampio, sindacabile in sede giurisdizionale solo ove esse non risultino effettivamente pertinenti al settore oggetto del concorso; B) qualora il bando di un concorso preveda che la prova orale consiste in un colloquio interdisciplinare sulle materie indicate dal bando stesso, non è necessario che la prova riguardi in modo specifico tutte le materie; c) sui giudizi della Commissione esaminatrice, il sindacato di legittimità è limitato al riscontro del vizio di eccesso di potere per manifesta illogicità, con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza riscontrabile ab externo e ictu oculi dalla sola lettura degli atti. Pertanto, la circostanza che al ricorrente sia stata posta una sola domanda non è sufficiente per ritenere che la stessa fosse insufficiente per verificare il possesso delle competenze richieste dal bando” (in ordine alla natura delle valutazioni delle commissioni di concorso ed al rapporto con il voto numerico, vedasi anche T.A.R. Milano, sez. III, 30 novembre 2016 n. 2270).

Sulla base di tali principi va affermato, anche nell’odierno giudizio, che in sede di prova di concorso, come anche di prove idoneative, svolte per l’accesso agli impieghi pubblici o per l’iscrizione in albi professionali o di genere similare, le competenti commissioni svolgono una attività di accertamento di requisiti e condizioni dei candidati che si traduce in un giudizio di sufficienza o di insufficienza, a sua volta variamente graduato a seconda del parametro numerico attribuito al candidato, che non solo stabilisce se quest'ultimo ha superato o meno la soglia necessaria per accedere alla fase successiva del procedimento valutativo, ma dà anche conto della misura dell'apprezzamento riservato dalla Commissione esaminatrice all'elaborato e quindi del grado di idoneità o inidoneità riscontrato; giudizio che la pacifica giurisprudenza considera assoggettabile al sindacato del giudice amministrativo nei soli limiti della coerenza estrinseca e logica. Altrimenti detto il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile - unicamente sul piano della legittimità - per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e sino tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che con ciò il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione. Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l'apprezzamento tecnico dell'organo collegiale essere sindacabile solo ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà. In applicazione di detto postulato la giurisprudenza del Giudice amministrativo ha affermato e ribadito – dando vita ad un indirizzo di pensiero che può dirsi pacificamente radicato – che deve pertanto ritenersi inammissibile una censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione dell'elaborato, atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell'operato della Commissione una - preclusa - cognizione del merito della questione.

Le censure dedotte a fondamento dell’odierno ricorso sono rivolte, in parte, a contestare il metodo osservato dalla commissione (laddove si reputa insufficiente, nel rapporto tra orale e scritto, il ricorso a sole tre domande e si reputa illogico il valore attribuito alle relative risposte), ed in parte a contestare il giudizio in quanto tale, specie nella sua redazione di sintesi (laddove la commissione ha dato conto delle ragioni della ritenuta insufficienza della preparazione del candidato senza evidenti o manifeste incongruenze), con conseguente ed evidente superamento dei limiti imposti al giudizio del giudice amministrativo, la cui valutazione, stando alle censure di gravame, si vorrebbe sostituire a quello della commissione rinnovandone l’esito.

Il ricorso va dunque respinto in quanto inammissibile e le spese seguono la soccombenza, liquidandosi come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, ai sensi dell’art.60 del C.p.a., lo dichiara inammissibile.

Condanna il ricorrente alle spese di lite che liquida in euro 1.000,00 in favore dell’Amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Pietro Morabito, Presidente

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore

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