T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 8601/2019

Pubblicato il 02/07/2019

N. 08601/2019 REG.PROV.COLL.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Contucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno e Questura di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'accertamento

dell’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione sull'istanza di revoca formulata ai sensi dell'art. 6, comma 5, legge 13 dicembre 1989 n. 401, inviata per posta certificata il 12.09.2018 e ricevuta lo stesso giorno con la quale il -OMISSIS- chiedeva la revoca del provvedimento di DASPO emesso dal Questore di Roma in data 2 luglio 2015.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura di Roma e del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2019 la dott.ssa Francesca Romano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato che:

- l’odierno ricorrente è stato attinto da un provvedimento di d.a.s.p.o., emesso dalla Questura di Roma in data 2 luglio 2015;

- con sentenza del G.u.p. del Tribunale di Roma del 21 settembre 2017, passata in giudicato 20 novembre 2017, il ricorrente è stato assolto da tutti i reati contestati nel suddetto provvedimento di d.a.s.p.o.;

- ai sensi dell’art. 6, comma 5, l. 13 dicembre 1989, n. 401, “Il divieto di cui al comma 1 e l'ulteriore prescrizione di cui al comma 2 non possono avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione.”;

-con istanza del 12 settembre 2018, il ricorrente, sulla base della norma su richiamata, ha chiesto alla resistente amministrazione la revoca del d.a.s.p.o. in conseguenza all’intervenuta assoluzione da tutti i reati contestati;

Ritenuto che:

- in base ai generali principi in materia di silenzio (art. 30 c.p.a.), decorso, come in specie, il termine di legge di trenta giorni per la conclusione del procedimento di revoca avviato, su istanza di parte, in data 12 settembre 2018, l’interessato può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere;

- nella fattispecie in esame, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere sull’istanza di parte ricorrente;

Ritenuto, in conclusione, di accogliere il presente ricorso con conseguente declaratoria:

- dell’illegittimità del silenzio serbato dalla Questura di Roma sull’istanza di revoca del provvedimento di d.a.s.p.o., presentata dal ricorrente in data 12 settembre 2018;

- dell’obbligo della Questura di Roma di provvedere sulla suddetta istanza nel termine di giorni trenta dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.

Ritenuto di condannare la resistente amministrazione alle spese di lite in base al principio della soccombenza;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto ordina alla Questura di Roma di adottare una determinazione esplicita e conclusiva in ordine alla istanza in questione, entro il termine massimo di giorni 30 dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.

Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento, nei confronti della parte ricorrente, delle spese processuali, liquidate in complessivi € 1.000,00 (euro mille/00), oltre oneri e accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2019 con l'intervento dei magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Anna Maria Verlengia, Consigliere

Francesca Romano, Primo Referendario, Estensore

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