T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 9890/2017

Pubblicato il 25/09/2017

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Stefano Mattii, con domicilio eletto presso Domenico Pavoni in Roma, via Riboty 28;

contro

Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

della decisione della Commissione di disciplina di appello n. 1736/a/t del 27.04.2016 che ha confermato la decisione della Commissione di disciplina di prima istanza che ha sanzionato disciplinarmente il ricorrente con la sospensione per mesi due dalla qualifica di guidatore con multa in relazione alla sua positività a "acido 11 - nor - delta 9 - carbossilico (thc - cooh)" in occasione di corsa di cavalli al trotto a cui aveva partecipato in data 29.04.2014 nonché per la condanna al risarcimento dei danni

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2017 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente impugna la decisione della Commissione di disciplina di appello n. 1736 /a/t del 27.04.2016 che ha confermato la decisione della Commissione di disciplina di prima istanza che ha sanzionato disciplinarmente il ricorrente con la sospensione per mesi due dalla qualifica di guidatore con multa in relazione alla sua positività a "acido 11 - nor - delta 9 - carbossilico (thc - cooh)" in occasione di corsa di cavalli al trotto a cui aveva partecipato in data 29.04.2014.

Espone il ricorrente di essere risultato positivo a sostanze stupefacenti (cannabinolo).

Deduce le seguenti doglianze:

1.illegittimità dell’operato della Commissione di appello per violazione del contraddittorio, in quanto essa aveva chiesto dei chiarimenti al responsabile dell’Ufficio antidoping ma poi ha fondato su di essi la propria decisione senza averli previamente messi a disposizione delle parti;

2. difetto di motivazione e violazione del regolamento per il controllo delle sostanze proibite su cavalieri e guidatori in quanto si sarebbe dovuta effettuare un’analisi quantitativa e non meramente qualitativa della sostanza vietata;

3. illegittimità della procedura e violazione del diritto di difesa perché il difensore del ricorrente non è stato avvisato dell’espletamento delle seconde analisi.

All’udienza camerale del 30 agosto 2016, l’istanza cautelare del ricorrente è stata respinta, con ordinanza n. 5075/2016.

Il Consiglio di Stato, con ordinanza 8588/2016, ha riformato la predetta ordinanza, indicando come punto centrale della controversia la questione se, in base alla disciplina vigente come applicata nella prassi della Commissione di disciplina sia o meno previsto il superamento della soglia di concentrazione della sostanza rinvenuta.

All’udienza pubblica del 21 marzo 2017, il Collegio, con l’ordinanza n. 5753/2017, ha disposto incombenti istruttori, prevedendo l’obbligo per l’Amministrazione di fornire indicazione delle previsioni (normative, convenzionali o amministrative), in forza delle quali il laboratorio in esame è vincolato a certificare la presenza della sostanza proibita solo se rilevata in misura maggiore del dato percentuale sopra specificato, ulteriormente chiarendo mediante quali tecniche il predetto laboratorio, che sulla base degli atti risulta praticare un metodo di indagine solo qualitativo, è in grado di affermare il riscontro di un valore quantitativo quale quello per cui è causa. Con la predetta ordinanza è stata altresì disposta, ai fini di illustrare oralmente la predetta relazione e di fornire eventuali ulteriori chiarimenti che si rendessero necessari, l’audizione del referente scientifico, medico veterinario, dott.ssa OMISSIS, Responsabile Ufficio Veterinaria e Benessere animale, chiamata all’udienza pubblica del 20 giugno 2017.

L’amministrazione ha depositato una relazione illustrativa.

All’odierna udienza, udita la dottoressa OMISSIS, come da verbalizzazione allegata al verbale d’udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.

Va in primo luogo rilevato che sussiste la giurisdizione del giudice adito, come già ritenuto da questa Sezione nella sentenza n. 7098 del 16 giugno 2017.

Dall’esame della disciplina derivante dal RD 24 maggio 1932, n. 624 e l. 24 marzo 1942, nr. 315, risulterebbe poi da considerare la natura di ente strumentale dello Stato, propria dell’UNIRE, in relazione all’attività di vigilanza sulle corse dei cavalli, in ragione della quale il provvedimento sanzionatorio irrogato in tale funzione risulta perseguire finalità di interesse generale (TAR Bolzano, sentenza nr. 186/2011). Da qui, la diversità tra le Federazioni Sportive, tra cui la FISE, che confluiscono nel CONI e l’UNIRE; l’equitazione, sorretta dalla FISE, sarebbe disciplina anche sportiva diversa dall’ippica, che è oggetto di competenze dirette del MIPAAF (dopo la trasformazione dell’UNIRE nell’ASSI e poi la confluenza delle relative competenze in capo alla gestione diretta del Ministero); non troverebbe pertanto applicazione all’Ippica la previsione di cui all’art. 3, comma 1, del DL 220/2003, conv. in legge 280/03 che regola la cognizione delle controversie sportive nell’ambito delle associazioni federate nel CONI.

Osserva il Collegio che le disposizioni che regolano la c.d. “pregiudiziale sportiva” e la connessa limitazione della giurisdizione del giudice amministrativo presuppongono una nozione di “ordinamento sportivo” che non consente di includervi – come prospetta l’avvocatura – anche le sanzioni erogate direttamente dal MIPAAF nell’ambito delle proprie prerogative di controllo del settore dell’Ippica, materia in precedenza affidata alle competenze dell’UNIRE e poi dell’ASSI.

Invero, la norma di cui all’art. 2 e 3 del DL 220/03, nel riconoscere l’autonomia dell’ordinamento sportivo, presuppone a disciplina di quest’ultimo l’istituzione e l’organizzazione del CONI, ente con personalità giuridica di diritto pubblico e delle Federazioni sportive nazionali di cui al d.lgs. 242/1999; per effetto dell’adesione a tali organismi, gli associati si assoggettano all’azione dei relativi organi di controllo e di giurisdizione domestica, entro un ambito che lo Stato riconosce e tutela.

Si tratta, in altri termini, di una evidente condizione di pluralità degli ordinamenti o pluralismo istituzionale, nell’ambito della quale il confine tra l’ordinamento giuridico pubblico e quello sportivo è dato non già da una definizione materiale di competenze - dell’uno e dell’altro - ma dalla dimensione propriamente organizzativa ed istituzionale del secondo, che il primo riconosce e tutela, nel presupposto che un ordinamento si sostanzia non solamente nelle norme che produce, ma anche e prima ancora nell’articolazione della struttura che tali norme pone (appropriato è, in questo caso, il richiamo al noto principio affermato da una qualificata dottrina, risalente ma tutt’ora attuale, secondo cui “ogni ordinamento giuridico è un'istituzione, e viceversa ogni istituzione è un ordinamento giuridico: l'equazione fra i due concetti è necessaria ed assoluta”).

Del resto, anche sotto il profilo strettamente oggettivo delle attività, non può non riconoscersi il dovuto rilievo alla differenza tra l’ippica – intesa come attività volta in generale alla promozione del cavallo e delle relative attività – e l’equitazione – attività propriamente sportiva che, pur rientrando nella nozione più generale della prima, se ne differenzia sotto il profilo della competizione agonistica.

Deve quindi rammentare il Collegio che la competenza del MIPAAF in ordine alla disciplina dell’ippica trova titolo in una strutturata (e risalente) evoluzione normativa.

Più precisamente, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali è subentrato all’ASSI, che a sua volta, era subentrato all’UNIRE, a norma, rispettivamente, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 449 (recante norme circa il riordino dell'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE), ex art. 11 della legge 15 marzo 1997 n. 59), e della legge 15 luglio 2011 n. 111, istitutiva dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI) quale successore ex lege dell'UNIRE; vengono in rilievo, nel prosieguo, il decreto-legge 27 giugno 2012, n. 87, recante, tra l'altro, la soppressione dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, e l’art. 23 quater, comma 9 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 (che, nel prevedere la soppressione dell’ASSI , ne ha ripartito le funzioni tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l'Agenzia delle Dogane e dei monopoli).

In forza di tali presupposti normativi è stato poi adottato il decreto interministeriale 31 gennaio 2013 del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, registrato alla Corte dei Conti il 25 febbraio 2013, reg. 2, fgl. 215, con il quale, tra l'altro, sono state attribuite al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali le funzioni già riconosciute all'ex ASSI dalla normativa vigente ( ad eccezione delle competenze relative alla certificazione delle scommesse sulle corse dei cavalli affidate all'Agenzia delle dogane e dei monopoli); con il successivo DPCM 27 febbraio 2013, n. 105, rubricato «Regolamento recante organizzazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a norma dell'art. 2, comma 10-ter, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 17 settembre 2013», e l’art. 7, comma 2, del precitato decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 449, sono state regolate le norme e le strutture disciplinari già appartenenti agli enti incorporati, in considerazione delle specifiche caratteristiche tecniche delle modalità di gara.

Nel descritto contesto normativo si radicano competenze specifiche ben più ampie ed estese di quelle relative alle competizioni agonistiche in quanto tali, come il compito di concorrere alla tutela dell'incolumità ed al mantenimento dei cavalli sottoposti a “trattamenti dopanti” (art.2 del d.lgs n.499 del 1999) o anche quello che individua tra le finalità (già dell’) UNIRE la ricerca scientifica nel settore dell'allevamento, dell'allenamento e dell'antidoping, oppure il controllo della regolarità di tutte le attività relative alle corse (art.12 del d.P.R. n.169 del 1998); l'organizzazione delle corse dei cavalli; la programmazione dello sviluppo del settore dell'ippicoltura in tutte le sue componenti tecniche, economiche, sociali, culturali e promozionali; la programmazione tecnica ed economica delle corse e delle altre forme di competizione; la predisposizione “del calendario delle manifestazioni ippiche”; il coordinamento dell'attività degli ippodromi; la determinazione degli stanziamenti relativi ai premi ed alle provvidenze; la promozione di iniziative previdenziali e assistenziali in favore dei fantini, dei guidatori, degli allenatori e degli artieri e così via.

Non è senza rilievo, infine, che, in maniera del tutto simmetrica, successivamente all'entrata in vigore d.P.R. 8 aprile 1998 n. 169, recante il regolamento di attuazione dell'art. 3 comma 78 l. 23 dicembre 1996 n. 662 (che, abrogando la precedente riserva all'Unire, ha affidato le competenze per l'organizzazione e la gestione dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli ai ministeri delle finanze e delle risorse agricole, alimentari e forestali, sia pur consentendo loro di provvedervi direttamente ovvero a mezzo di enti pubblici, società o allibratori da essi individuati) è stata devoluta alla giurisdizione tributaria la domanda proposta dal titolare di un'agenzia ippica per ottenere il rimborso di quanto indebitamente versato a titolo di imposta sulle scommesse relative alle corse dei cavalli (cfr. Cassazione civile sez. un. 23 aprile 2009 n. 9672 ), a significare come anche sotto il profilo tributario viene in rilievo un’attività sostanzialmente amministrativa pienamente riconducibile all’autorità ministeriale in quanto soggetto titolare di competenze di interesse generale.

Essendo il complesso di tali interessi di livello tale da costituire una delle funzioni della riserva statale (sia sul piano dell’organizzazione della funzione, sia su quello, correlato, della gestione delle entrate ad essa connesse), ne consegue che le iniziative disciplinari e sanzionatorie non possono che sussumersi nell’ambito di detta riserva di competenze che presuppone l’esercizio di attività pubblicistiche vere e proprie e la cui cognizione, in caso di controversia, seguirà il normale riparto tra interessi legittimi e diritti soggettivi, con conseguente impossibilità di configurare neppure quella riserva di giurisdizione di tipo arbitrale cui, in subordine, si riferisce l’Avvocatura.

Conclusivamente, va affermato il principio secondo il quale l’impugnazione di sanzioni disciplinari irrogate dal MIPAAF a carico di allenatori o fantini o proprietari di cavalli a causa di comportamenti contrari al regolamento sportivo dello stesso Ente in relazione all’attività ippica che lo stesso Ministero è tenuto ad organizzare e sulla quale esercita il proprio diretto controllo attiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di atti adottati da soggetto di diritto pubblico nell’esercizio di una potestà pubblica, estranei all’ambito di applicazione del DL 220/03 ed idonei a produrre modificazioni delle posizioni soggettive del settore di competenza.

II) Nel merito, si osserva quanto segue.

Devono essere anteposte alla trattazione dei motivi di ricorso alcune considerazioni inerenti il rapporto tra il ricorso giurisdizionale ed il gravame domestico di fronte alla commissione di disciplina.

La sanzione disciplinare è assistita da una procedura particolarmente qualificata, all’esito della quale la Commissione di appello può (al pari di quanto avviene nei ricorsi gerarchici) annullare la decisione della Commissione di disciplina ovvero confermarla definitivamente (effetto quest’ultimo che si verifica ovviamente anche ove l’interessato non appelli entro il termine perentorio prescritto; cfr, Consiglio di Stato sez. III 25 settembre 2012 n. 5089 e sez. IV, 22 novembre 2013, n. 5554, secondo cui l'Autorità investita di un ricorso gerarchico ha il potere-dovere di riesaminare integralmente la fattispecie, facendosi carico sia dei profili di legittimità e sia di quelli merito, sicché il suo provvedimento, anche se confermativo, assorbe e sostituisce quello dell'organo sottordinato).

Una volta esperito l’appello domestico (laddove di fronte alla Commissione di appello vanno dedotti tutti i motivi ritenuti idonei a fondare la pretesa di illegittimità dell’atto avversato), l’impugnazione di fronte al GA della decisione della Commissione di appello, non potrà che avere riguardo alla compiutezza di quest’ultimo atto e dovrà essere coincidente con i medesimi motivi dedotti in sede domestica – pena l’inammissibile violazione del termine decadenziale rispetto alla sanzione – con la conseguenza che non potranno essere fatti valere motivi nuovi (cfr. Cons. St. sez. VI, 02/07/2015, n. 3299; Cons. St., sez. V, 15 marzo 2012, n. 1444: in sede di ricorso giurisdizionale proposto contro una decisione adottata a seguito di ricorso gerarchico sono inammissibili i motivi nuovi di ricorso che non siano stati proposti nella predetta sede contenziosa amministrativa; ciò al fine di evitare che la mancata impugnativa di un atto asseritamente illegittimo attraverso il rimedio giustiziale e la sua successiva impugnativa - per saltum- con il rimedio giurisdizionale possa costituire la via attraverso la quale eludere l'onere di impugnare tempestivamente l'atto nell'ordinario termine decadenziale), ad eccezione, ovviamente, di ragioni attinenti a vizi propri della decisione.

Il ricorso è infondato e pertanto esso deve essere respinto.

Quanto alla prima censura, essa, avente natura procedimentale, osserva il Collegio che sebbene la nota del responsabile dell’Ufficio Antidoping sia stata allegata agli atti della Commissione di disciplina dopo il passaggio in decisione (e prima dello scioglimento della riserva assunta dal collegio decidente), senza rendere di essa partecipi le parti, ciò non ha pregiudicato il diritto di difesa e la correttezza della procedura, considerato che la suddetta nota (che riguardava una pluralità di diverse questioni) non si riferisce espressamente al caso in esame e non è stata specificamente posta a fondamento della decisione impugnata.

Peraltro, nemmeno parte ricorrente nell’odierno ricorso, accenna ad una eventuale lesione dei propri interessi derivante proprio da detti chiarimenti.

La censura, quindi, deve essere respinta.

Con il secondo motivo, parte ricorrente contesta che l’analisi sia stata solo qualitativa mentre doveva essere effettuata un’analisi quantitativa in base ai quali la presenza nel campione di una quantità di inferiore a 15 nanogrammi su millilitro di acido 11 - nor - delta 9 - carbossilico (thc - cooh) non deve essere ritenuta rilevante.

La questione a questo punto deve essere esaminata con riferimento alle metodiche utilizzate per effettuare tale rilevazione.

Sostiene in sostanza parte ricorrente che solo tramite l’effettuazione di un’analisi quantitativa i laboratori avrebbero potuto certificare il superamento della soglia dei 15 nanogrammi/ml.

Tale prospettazione non può essere accolta.

Come rilevato dalla difesa del ministero resistente, dalla relazione prodotta e dalla audizione della dottoressa OMISSIS, la procedura per il controllo antidoping prevede che le analisi debbano essere effettuate con il metodo qualitativo per tutte le sostanze, tranne quelle di cui all’allegato 2 del RCSP, per le quali è previsto che si debba effettivamente verificare l’esatta quantificazione della sostanza.

Al fine di consentire il rispetto degli ISL (international screening limits) ed ESL: (european screening limits) ossia dei limiti di concentrazione, il cui non superamento, determina una dichiarazione di negatività del campione pur in presenza del principio attivo i laboratori di analisi autorizzati e accreditati effettuano una analisi cd SEMIQUANTITATIVA. Tali limiti solo rilevanti per le sostanze di cui all’allegato 1 del Regolamento, in quanto dette sostanze, di tipo farmacologico, possono anche essere usate a fini medici e possono quindi essere lecitamente prese In tutti questi casi, i laboratori devono effettuare un’analisi denominata semiquantitativa che consiste esclusivamente nel rilevare il superamento del livello al di sopra della quale è stabilito che la sostanza abbia effetti “dopanti”, senza alcuna necessità di verificarne la quantità esatta.

Con riferimento a molecole di tipo non propriamente farmacologico (tra cui, ad esempio, la Benzoilecgonina BZE) ma rispetto alle quali risultano evidenze scientifiche circa gli effetti dopanti, sono stati introdotti analoghi limiti, gli HSL (Harmonized screening limits), essendosi ravvisata talvolta la possibilità di un inquinamento ambientale o comunque di una presenza talmente marginale della sostanza tale da non determinare alcun effetto dopante.

Per il tetracannabinolo in particolare (acido 11 - nor - delta 9 - carbossilico (thc - cooh)" ) tale limite a livello internazionale è costituito dalla soglia dei 15 ng/ml. Detto limite è previsto anche dal Regolamento per il controllo delle sostanze proibite sui guidatori e cavalieri.

La procedura di analisi prevede che sia effettuato un confronto con un campione di riferimento addizionato ad una concentrazione nota.

Deve dunque ritenersi che pur in mancanza di un’analisi quantitativa il metodo utilizzato consenta di verificare il superamento del limite di rilevanza per la presenza della sostanza dopante, nel rispetto degli standard internazionale fatti propri e rispettati dai laboratori di analisi che seguono i criteri AORC, quali sono i laboratori UNIRELAB di Roma e della ASL di Firenze, che hanno effettuato le analisi nel caso in esame.

Per quanto riguarda le prime analisi, non v’è dubbio che esse siano state svolte mediante dati analitici conformi a criteri di identificazione AORC, che il laboratorio UNIRELAB rispetta.

Le seconde analisi si sono svolte presso il laboratorio antidoping della ASL di Firenze. Esse hanno riportato esito positivo.

Anche le seconde analisi sul campione B, come risulta dalla relazione di controanalisi in atti, si sono svolte con identica metodica (cfr. relazione di controanalisi del 28.8.2014, allegato 3 di produzione di parte ricorrente).

In primo luogo è stata fatta un’analisi di urina bianca negativa; poi l’analisi dell’urina del campione; poi l’analisi di un bianco di sistema; infine l’analisi del campione di riferimento addizionata con cannabinolo. Si è proceduto quindi all’esame dei cromatogrammi. Il confronto tra i cromatogrammi relativi al campione di urina del ricorrente in esame e quelli relativi al campione di riferimento addizionato della quantità limite della sostanza da analizzare (tetracannabinolo ) ha consentito di verificare il superamento della soglia di concentrazione ammessa.

Il laboratorio di Firenze, convenzionato con UNIRELAB, ha dunque verificato per confronto con il campione positivo il superamento della soglia di 15 ng/ml.

Deve dunque ritenersi che pur in mancanza di un’analisi quantitativa il metodo utilizzato consenta di verificare il superamento del limite di rilevanza per la presenza della sostanza dopante, nel rispetto degli standard internazionale fatti propri e rispettati dai laboratori di analisi che seguono i criteri AORC, quale è sicuramente sia UNIRELAB che la ASL di Firenze.

La censura deve pertanto essere respinta.

Quanto al terzo motivo di ricorso, osserva il Collegio che risulta agli atti la nomina del difensore Mattii in data 8 agosto 2014 (cfr. doc. 7 e 8 allegati al ricorso). Egli ha anche inviato le proprie osservazioni circa le modalità di espletamento delle seconde analisi ed è stato comunque reso edotto della data in cui esse si sarebbero svolte (il 19.8.2014), tanto è vero che nella e-mail del 18 agosto 2014 (in atti) egli menziona proprio la data in cui esse si sarebbero svolte.

Il motivo va dunque disatteso.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con la consequenziale domanda risarcitoria.

La complessità e la parziale novità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di lite.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il nome del ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il nome del ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati:

Pietro Morabito, Presidente

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Maria Laura Maddalena, Consigliere, Estensore

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