CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 527/2006

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto da OMISSIS CALCIO 1914 SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. prof. Francesco Criscuolo, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma via Barberini n. 86;

contro

CONI – Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Angeletti ed elettivamente domiciliato in Roma via Giuseppe Pisanelli n. 2;

F.I.G.C. – FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Medugno e Mario Gallavotti, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma via Panama n. 12 ;  

CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT PRESSO IL CONI, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;

e nei confronti di

LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI DI SERIE A E B, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Cristina Rosello e dall’avv. Luigi Medugno, ed elettivamente domiciliata in Roma via Panama n. 12, presso lo studio del secondo;

LEGA NAZIONALE DEI PROFESSIONISTI DI SERIE C, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Bruno Biscotto e Lucia Scognamiglio ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma alla via G. Pisanelli n. 40;

LEGA NAZIONALE DILETTANTI, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;

nonché

TUTTE LE SOCIETÀ CALCISTICHE PROFESSIONISTICHE E DILETTANTISTICHE AFFILIATE ALLA LEGA PROFESSIONISTI DI SERIE A E B, ALLA LEGA PROFESSIONISTI DI SERIE C , NONCHÉ ALLA LEGA NAZIONALE DILETTANTI, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, tra cui la A.S. OMISSIS SPA, LA SOCIETÀ OMISSIS, LA  OMISSISCALCIO 1932 SRL, E LA A.C. OMISSIS 1905 SRL, non costituite;

per l'annullamento

della sentenza  del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sez. III ter - n.  2571 del 7/4/2005;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti appellate;         

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla camera di consiglio dell’8 novembre 2005 relatore il Consigliere Giancarlo Montedoro.

Uditi l’avv. Criscuolo, l’avv. Angeletti, l’avv. Medugno e l’avv. Biscotto;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

Con la sentenza impugnata il Tar del Lazio – previa riunione di tre ricorsi proposti dal OMISSIS CALCIO (i ricorsi n. 11193/04, n. 635/05 e n, 2274/05) - ha dichiarato in parte inammissibile ed in parte infondato il primo dei tre ed inammissibili gli altri due.

I ricorsi erano diretti all’annullamento dei provvedimenti emanati dalla FIGC (in data 27 luglio 2004 dal Consiglio Federale della FIGC, in data 29 luglio 2004 dal Presidente Federale FIGC ed in data 12 agosto 2004 dal Consiglio Federale della FIGC) con i quali la società OMISSIS CALCIO 1914 è stata iscritta al campionato di serie D, nonché tutte le decisioni emanate dalla Camera di Conciliazione , in sede di impugnazione di tali provvedimenti.

Con detti ricorsi la società OMISSIS CALCIO chiedeva anche l’annullamento o la  disapplicazione delle norme regolamentari della FIGC (tra cui il comunicato ufficiale n. 151 /A del 28 aprile 2003) che prevedono che una società professionistica non iscritta ad un campionato per ragioni contabili perda definitivamente il proprio titolo sportivo e debba iscriversi ad un campionato dilettantistico nonché dei regolamenti di funzionamento della CAMERA DI CONCILIAZIONE nella parte in cui prevedono, quale condizione di ammissibilità del ricorso, una dichiarazione con la quale ci si impegna a non impugnare la decisione della stessa, nonché nella parte in cui prevedono l’obbligo di pagamento di una ingente somma per avviare il giudizio innanzi alla stessa.

Con detto ricorso n. 11193/2004 si chiedeva anche l’accertamento del titolo sportivo del OMISSIS CALCIO 1914 SPA, a partecipare (previo accertamento dei requisiti contabili ed amministrativi) al campionato professionistico di serie C 1 o, in subordine, al campionato di serie C2, per la stagione sportiva 2004/2005 e , di conseguenza, per la stagione sportiva 2005/2006, e chiedevano la condanna della FIGC ad accogliere la domanda di iscrizione a tale campionato.

Ancora detto ricorso (n. 11193/2004) chiedeva la condanna della FIGC al risarcimento dei danni subiti dal OMISSIS per non essere stata ammessa a partecipare al campionato di serie C1 per la stagione 2004/2005.

Il ricorso n. 635/2005 chiedeva l’annullamento di tutti gli atti  gravati con il ricorso n. 11193/2004 nonché del provvedimento di silenzio-rigetto tacito (formatosi in data 12 novembre 2004) con il quale la CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT DEL CONI, non essendosi pronunciata entro 30 giorni (ex art. 2 della legge n. 241/1990) dalla presentazione del ricorso (c.d. istanza di arbitrato) presentato dal OMISSIS CALCIO 1914 SPA in data 13 ottobre 2004 (per l’annullamento del provvedimento emanato in data 12 agosto 2004 con il quale il OMISSIS non è stato ripescato in serie C 2 ha tacitamente rigettato il ricorso del OMISSIS.

Con detto ricorso si chiedeva l’annullamento del regolamento di funzionamento della CAMERA DI CONCILIAZIONE, nella parte in cui non prevede che il procedimento innanzi alla stessa si concluda entro il termine di trenta giorni dalla proposizione della c.d. istanza di arbitrato.

Con  l’ultimo ricorso n. 2274/2005 si insta per l’annullamento di tutti i provvedimenti già impugnati con i precedenti ricorsi n. 11193/2004, e n. 635/2005 nonché del provvedimento emanato in data 17 gennaio 2005 con il quale la CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT del CONI ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto dal OMISSIS innanzi ad essa, per il riconoscimento del proprio titolo sportivo per il campionato di serie C 1 o, in subordine , del proprio titolo sportivo per il campionato di serie C 2, per non avere la società formulato la dichiarazione con la quale la stessa avrebbe dovuto riconoscere la futura decisione della CAMERA DI CONCILIAZIONE come espressione della propria volontà ad impegnarsi a rispettarla, nonché dei vari regolamenti sportivi (art. 12 Statuto del CONI, regolamenti ad hoc ed ordinario della CAMERA DI CONCILIAZIONE) che attribuiscono esclusiva natura di lodo arbitrale irrituale e non anche natura di provvedimento amministrativo di secondo grado alle decisioni assunte dalla CAMERA DI CONCILIAZIONE, in materie aventi ad oggetto posizioni giuridico-soggettive dei destinatari qualificabili come interessi legittimi e che, sulla base di tale autodefinizione, prevedono – come condizione di procedibilità del ricorso – che la parte sottoscriva una dichiarazione con la quale la stessa riconosce preventivamente la decisione della CAMERA quale espressione della propria volontà e si impegna a rispettarla.

La società OMISSIS ha precisato di avere sempre partecipato a campionati di calcio di livello professionistico, sino a che, con provvedimento del Consiglio Federale della FIGC , in data 31 luglio 2003, è stata esclusa dal campionato di serie C 1, per la stagione 2003/2004, per insussistenza dei requisiti amministrativo –contabili previsti dalla normativa federale.

Quindi , con provvedimento del Presidente della Federazione in data 31 ottobre 2003, veniva dichiarata decaduta dall’affiliazione per inattività.

Quest’ultimo provvedimento, gravato insieme ai precedenti dalla società innanzi al Tar del Lazio, veniva annullato con sentenza n. 2987/2004, confermata dal Consiglio di Stato n. 5025/2004, con diverso percorso concettuale  e motivazionale.

In tale situazione la ricorrente chiedeva di continuare a partecipare ai campionati federali e di vedere confermato il proprio titolo sportivo a partecipare al campionato di serie C 1.

Con i provvedimenti gravati in questo giudizio la FIGC dapprima iscriveva il OMISSIS al campionato dilettantistico di serie D, poi non considerava la società ai fini del ripescaggio in serie C 2, disposto in favore di altre società aventi titolo a partecipare al campionato di serie D.

La CAMERA DI CONCILIAZIONE, adita per l’impugnazione di tali provvedimenti, disattendeva le ragioni del OMISSIS.

Il OMISSIS pone a fondamento dei ricorsi alcune censure preliminari e successivamente questioni di merito.

Questioni preliminari.

1) Illegittimità dei regolamenti della CAMERA DI CONCILIAZIONE ED ARBITRATO PER LO SPORT, per violazione degli articoli 24, 97, 103 e 113 della Costituzione, e degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990, nella parte in cui , in base all’erronea presupposizione della natura arbitrale del relativo giudizio, impongono di presentare, come condizione di ammissibilità del ricorso, una dichiarazione di riconoscimento e di successiva non impugnazione della relativa decisione ed oneri di giudizio (a titolo di diritti amministrativi e di onorari in favore del collegio arbitrale) notevoli , nella parte in cui non prevedono che la decisione finale indichi il termine ed il giudice alla quale la stessa è impugnabile, e nella parte in cui (il solo Regolamento ordinario) impone una fase obbligatoria di conciliazione.

2) Illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge n. 280/2003 ( per violazione degli artt. 24, 97, 103, 113 Cost. ) nella parte in cui prevede, pur in assenza di un sistema di tutela cautelare ante causam, che per l’impugnazione di provvedimenti emanati dal CONI o dalle Federazioni sportive nazionali innanzi al giudice amministrativo, debbano essere preventivamente esauriti i gradi di giustizia sportiva.

Questioni di merito.

Illegittimità di tutti i provvedimenti impugnati per violazione degli artt. 24, 97, 103 e 113 Cost. e degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990, e dell’art. 12 della legge 23 marzo 1981 n. 91. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto, per carenza dei presupposti di diritto, per travisamento dei fatti, per contraddittorietà, per illogicità manifesta, per carenza ed erroneità della motivazione, per carenza ed insufficienza dell’istruttoria, per manifesta irragionevolezza della sanzione applicata, per disparità di trattamento, per sviamento di potere.

a) Le decisioni della CAMERA DI CONCILIAZIONE sono illegittime per vizi propri e per vizi derivati dall’illegittimità dei provvedimenti della FIGC impugnati presso la CAMERA DI CONCILIAZIONE.

Sono illegittime per vizi propri le decisioni che hanno ritenuto inammissibili i relativi ricorso presentati dal OMISSIS, per non avere la società accettato di formulare la dichiarazione di non impugnazione della decisione finale della CAMERA DI CONCILIAZIONE innanzi alla giustizia ordinaria, tali decisioni sono state adottate in esecuzione di norme regolamentari illegittime, per violazione della superiore di grado legislativo e costituzionale.

Le decisioni della CAMERA DI CONCILIAZIONE sono illegittime anche per violazione dell’art. 3 comma 4 della legge n. 241/1990, in quanto in nessuna di esse è indicato il termine , né l’autorità giudiziaria alla quale le stesse sono impugnabili.

Sono egualmente illegittime nella misura in cui impongono il pagamento di somme ingenti per l’iscrizione a ruolo e per il pagamento degli onorari degli arbitri, trattandosi di provvedimenti amministrativi (adottati in sede di ricorso gerarchico obbligatorio) e non già di lodi arbitrali.

b) Illegittimità dei provvedimenti federali impugnati.

Una volta affiliata (e cioè ammessa a fare parte dell’ordinamento sportivo federale) la società ha titolo a fare parte dell’ ordinamento federale nel livello agonistico conquistato sul campo (c.d. titolo sportivo); a tale titolo corrisponde poi la sotto affiliazione alla relativa Lega (che è l’associazione delle società che partecipano ai vari campionati).

Nell’ambito di tale rapporto le federazioni hanno un potere disciplinare, al cui esercizio è preposto tutto il sistema di giustizia sportiva della FIGC, avente un potere di controllo sull’equilibrio finanziario delle società conferitogli ai sensi dell’art. 12 della legge n. 91/1981, al cui esercizio è preposto l’organo di direzione politica della federazione (il Consiglio Federale).

L’eventuale insussistenza in capo alla società del requisito amministrativo- contabile determina l’emanazione di un provvedimento federale di non iscrizione al campionato di competenza, per la relativa stagione sportiva e non la revoca del titolo sportivo.

La posizione giuridico-soggettiva, connessa alla titolarità del titolo sportivo, rileva non solo all’interno dell’ordinamento sportivo, ma anche all’esterno, nell’ordinamento statale, incidendo sulla capacità economica della società stessa.

Ne consegue che il provvedimento di revoca del titolo sportivo è emanato dalla Federazione nell’esercizio di una propria potestà autoritativa di carattere esclusivamente disciplinare, che incide sulla posizione giuridica del destinatario, qualificabile come interesse legittimo.

Nel caso di specie si è invece realizzata, in modo del tutto illegittimo, una revoca tacita del titolo sportivo per la serie C 1, del quale il OMISSIS era ancora titolare.

1) I provvedimenti impugnati sono dunque illegittimi per carenza dei presupposti, ovvero per la mancata emanazione, in precedenza, di alcun provvedimento, con il quale sia stato revocato alla società il titolo sportivo per la serie C 1. Né tale titolo sportivo può essere venuto meno (con conseguente retrocessione fra i dilettanti) per il semplice fatto che il OMISSIS, per un solo anno, non ha posseduto il requisito contabile amministrativo.

2) L’illegittimità provvedimentale si manifesta anche sotto il profilo della grave parzialità e della grave disparità di trattamento perpetrata in danno del OMISSIS, rispetto ad altre società neocostituite, che, in quegli stessi giorni, si sono viste ex novo assegnare il titolo sportivo per la serie C 1, sebbene non affiliate alla FIGC, e dunque titolari del titolo sportivo di base, cioè valido per la partecipazione al campionato provinciale dilettantistico di terza categoria.

3) Né il fondamento della retrocessione può rinvenirsi nella normativa di cui al comunicato ufficiale n. 151/A il quale prevedeva che, nel caso di diniego di iscrizione ad un campionato per una singola stagione agonistica, per ragioni amministrativo-contabili, la società avrebbe potuto iscriversi ad un campionato dilettantistico, sì da non rimanere inattiva per la stagione agonistica.

Tale norma non poteva che avere portata transitoria, limitandosi a regolare il destino della società non ammessa esclusivamente per la durata di tale stagione agonistica. Del resto, ove non interpretata in tali termini, la norma risulterebbe manifestamente illegittima sotto molteplici profili.

4) I provvedimenti impugnati appaiono, in via subordinata, illegittimi ed illogici anche nella parte in cui non hanno assegnato alla ricorrente quanto meno la serie C 2.

Ed infatti, a tutto concedere, il diniego di iscrizione ad un campionato agonistico può determinare la perdita del titolo sportivo per la categoria di appartenenza, dunque comportare la riduzione di una categoria commutandosi, per la stagione successiva, in un titolo sportivo per la partecipazione alla categoria inferiore.  

5) Alla stregua di quanto premesso, appare davvero illegittimo il provvedimento del 12 agosto 2004, con cui la FIGC ha del tutto ignorato la società ai fini quanto meno del ripescaggio in serie C 2, tanto più in considerazione del fatto che era medio tempore entrata in vigore la normativa di cui al lodo Petrucci, che consente, in caso di diniego di iscrizione al campionato professionistico di una società che ad una società della stessa città sia assegnato un titolo sportivo di categoria immediatamente inferiore rispetto a quello di cui è titolare la società non iscritta.

6) Appare quindi illegittimo il provvedimento del 29 luglio 2004, che, nell’assegnare alla ricorrente il titolo sportivo per la serie D, indica l’obbligo di depositare , contestualmente alla domanda di iscrizione a tale campionato, una dichiarazione con la quale il legale rappresentante della società si sarebbe dovuto impegnare a saldare tutti i debiti della società entro il mese di marzo 2005.

Appare chiaro il carattere vessatorio e discriminatorio di tale richiesta, specie se letta alla luce della normativa federale, che prevede che le società possono iscriversi ai vari campionati, anche con forti esposizioni debitorie purché depositino una fideiussione a garanzia dell’indebitamento.  

Il Tar del Lazio, con la sentenza impugnata, ha disatteso il decisum CdS n. 5025/2005, ritenendo che la CAMERA DI CONCILIAZIONE  sia un vero e proprio arbitro irrituale, ma, ciò nondimeno, inquadrato nella c.d. “pregiudiziale sportiva” di cui alla legge n. 280/2003, con la conseguenza, che, a prescindere dall’esito della procedura arbitrale, ove la natura giuridica della posizione giuridica soggettiva vantata lo consenta, la parte potrà sempre impugnare il provvedimento amministrativo originario innanzi al giudice amministrativo.

Con ciò il Tar ha salvato il c.d. vincolo di giustizia, previsto nell’ambito dell’ordinamento sportivo e, nel contempo, non ha escluso la giustiziabilità delle posizioni giuridiche soggettive esistenti e rilevanti nell’ordinamento giuridico statale, che solo si limita a chiedere che la parte ricorrente abbia percorso ed esaurito i gradi della giustizia sportiva, ma consentendo di definirla a prescindere dagli esiti di detto procedimento.

Il Tar ha quindi dichiarato infondate le questioni di legittimità dei regolamenti di procedura della CAMERA DI CONCILIAZIONE, irrilevante la questione di costituzionalità della legge n. 280/2003, essendosi ormai concluse le procedure arbitrali, inammissibili le censure avverso i lodi non formulate in termini di vizi del negozio.

Nel merito il Tar ha ritenuto infondato il ricorso, osservando che la FIGC aveva comunque riservato al OMISSIS un trattamento di favore, consentendo l’iscrizione della società al campionato nazionale dilettanti e non a quello regionale o provinciale,senza che ciò comportasse revoca del titolo sportivo, trattandosi, in sostanza, di uno status che esiste nella misura in cui è riconosciuto dall’organizzazione sportiva nel cui contesto il relativo valore è destinato a realizzarsi.

Il Tar del Lazio ha anche richiamata decisione del CdS VI n. 5364 del 2005, con la quale, in sede di ottemperanza alla sentenza n.5025/2004, si è chiarito che la pretesa del OMISSIS di essere iscritto al campionato di serie C 1, per la stagione 2004/2005, non può in alcun modo essere proposta quale obbligo conformativo derivante dalla sentenza n. 5025/2004 con la quale è stata accertata la legittimità della non ammissione del OMISSIS alla serie C 1.

Il Tar  ha poi rigettato nel merito anche le censure di illegittimità dei provvedimenti della FIGC proposte in via subordinata.

D I R I T T O

L’appello è  infondato.

In primo luogo va rilevato che l’appellante non ha violato il combinato disposto degli artt. 3 comma 2 della legge n. 280/2003 e 23 bis comma 2 della legge n. 1034/1971, non osservando il termine perentorio per il deposito del ricorso presso il Consiglio di Stato.

Per C. Stato, ad. plen., 31-05-2002, n. 5 nelle controversie assoggettate allo speciale rito previsto dall’art. 23 bis l. n. 1034 del 1971, anche il termine per il deposito del ricorso in appello al Consiglio di Stato deve ritenersi ridotto alla metà ed è, pertanto, di quindici giorni.

L’impugnativa in esame è stata notificata alla Federazione resistente, alla Lega Professionisti ed alle altre parti in data 10 giugno 2005, ed è stata depositata in data 7 luglio 2005, dunque, con riguardo a tali parti,  ben oltre il termine dimidiato fissato dalla legge.

Tuttavia, nella specie, l’ultima delle molte notifiche necessarie per integrare il contraddittorio in appello è avvenuta in data 28 giugno 2005 (con riguardo alle società calcistiche non costituite evocate quali controinteressate).

Per C. Stato, sez. VI, 14-01-2002, n. 149 (che ha ritenuto che l’analogo dimezzamento dei termini previsto dall’art. 19 d.l. 25 marzo 1997 n. 67, conv. in l. 23 maggio 1997 n. 135, per la notifica dei ricorsi contro provvedimenti di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, si applichi anche al termine - ordinariamente stabilito in trenta giorni - per il deposito del ricorso notificato) nel caso di una pluralità di notifiche, va considerato come dies a quo il giorno dell’ultima notifica (ed è vero altresì che il OMISSIS ha notificato il ricorso ad alcune società calcistiche in data 30 giugno 2005, con consegna all’ufficiale giudiziario avvenuta il 28 giugno 2005) .

Se indubbiamente gli effetti della notificazione a mezzo posta devono, dunque, essere ricollegati - per quanto riguarda il notificante - al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari (quale appunto l’agente postale) sottratta al controllo del notificante, e se è altresì vero che resta  fermo, per il destinatario, con scissione degli effetti della notifica, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza, da quella stessa data, di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo (Corte Costituzionale - sentenza 26 novembre 2002 n. 477), va tuttavia rilevato che non c’è alcun principio processuale che imponga al notificante di concentrare uno actu la consegna all’ufficiale giudiziario dei documenti da notificare, con la conseguenza che, nel caso di pluralità di notifiche deve aversi riguardo all’ultima consegna (avvenuta utilmente nel termine per appellare) per la determinazione del dies a quo del decorso del termine fissato per il deposito del ricorso in appello.

Venendo alle questioni preliminari, ritiene il Collegio che vada confermata la natura amministrativa del giudizio della CAMERA DI CONCILIAZIONE che si svolge “in forma arbitrale” a seguito della legge n. 280/2003 (già ritenuta da CdS VI n. 5025/2004 e successive come CdS VI, ordinanze 9 agosto 2005 n. 3853, n. 3856, n. 3857, n. 3860, n. 3865, n. 3866), e ciò in ragione , essenzialmente , della natura di interesse legittimo della posizione giuridica azionata e della nota incompromettibilità in arbitri di tali posizioni giuridiche soggettive (su cui cfr. art. 6 della legge n. 205/2000).

Gli interessi legittimi sono esclusivamente nella disponibilità dell’amministrazione, solo l’attività amministrativa li fa sorgere e ne determina l’entità, essi sono anche indisponibili in relazione all’ indisponibilità del potere amministrativo, di per sé inesauribile ed irrinunciabile, contestabile nel termine decadenziale (termine, di fatto, non conciliabile con la lunghezza delle incombenze necessarie per la costituzione dei giudici arbitrali) e annullabile solo in forza di decisioni dei giudici amministrativi od ordinari (art. 113 ult. comma della Cost.).

Va ricordato che la qualificazione della posizione azionata in termini di interesse legittimo è costante nella giurisprudenza del Consiglio.

Essa data, in sostanza, dalla nota decisione 30 settembre 1995 (C. Stato, sez. VI, 30-09-1995, n. 1050), con la quale ha accolto l’appello proposto dalla S.p.A. Club Calcio OMISSIS e, per l’effetto, ha annullato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla non iscrizione al campionato Serie C/1, ed ha rinviato la controversia al giudice amministrativo di primo grado.

In tale decisione il Consiglio  ha così enunciato le ragioni della declaratoria della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla controversia sulla non ammissione del OMISSIS Calcio al Campionato Serie C/1 - 1993/1994:

“ In forza della L. 23 marzo 1981 n. 91, le Federazioni Nazionali Sportive sono soggetti giuridici non soltanto privati, ma altresì, pubblici.

In particolare, la conclusione circa la loro natura di soggetti anche pubblici è imposta dalle norme che attribuiscono ad esse Federazioni poteri pubblici. Si tratta, nel dettaglio, soprattutto - per quel che rileva nella specie - dell’art. 12 che attribuisce alle Federazioni "il potere di controllo sulle società sportive affiliate e sulla loro attività gestionale. infatti, la circostanza secondo cui tali controlli debbono essere svolti, per legge, "secondo modalità approvate dal CONI" postula necessariamente che dette modalità debbano essere stabilite dalle Federazioni mediante norme alle quali non può non riconoscersi il carattere pubblico, essendo volte a disciplinare l’esercizio di una potestà amministrativa attribuita da una norma di legge statale al C.O.N.I., da questo ente delegata alle Federazioni, e tendente alla realizzazione di interessi fondamentali ed istituzionali dell’attività sportiva.

Correlativamente, gli atti - quali appunto quelli di controllo ex art. 12 L. n. 91/1981 - posti in essere dalle Federazioni in qualità di organi del C.O.N.I., sono esplicazioni di poteri pubblici e partecipano alla natura pubblica dello stesso C.O.N.I. Quindi, hanno la natura di atti amministrativi che rimangono soggetti alla giurisdizione del giudice amministrativo allorché incidano su posizioni di interesse legittimo.

Ne consegue che un provvedimento di non ammissione ad un campionato, nei limiti in cui si fondi sulla carenza, non già del c.d. "titolo sportivo", sebbene di altri requisiti prescritti dalla F.I.G.C. in attuazione ed estrinsecazione del suo potere (delegato) di controllo gestionale imposto dall’art. 12 L. n. 91/1981 - e, dunque, in forza della sua posizione di soggetto pubblico e nell’esercizio di una sua potestà amministrativa - non può non rimanere assoggettato al regime degli atti amministrativi e, quindi, alla loro impugnabilità davanti al giudice amministrativo.

Nei detti limiti, infatti, detto provvedimento - che riveste i caratteri della discrezionalità e che è fondato su regole affatto discrezionali - attiene non alla sfera dell’organizzazione interna e, come tale, irrilevante per l’ordinamento, bensì a quella della discrezionalità amministrativa della F.I.G.C., rispetto alla quale la posizione giuridica soggettiva delle società sportive, si configura come interesse legittimo, tutelabile davanti al giudice amministrativo.

Nel contempo, a precludere la giurisdizione del giudice amministrativo e a determinare il difetto assoluto di giurisdizione non può valere il c.d. "vincolo sportivo", ossia la clausola compromissoria di cui all’art. 24 dello Statuto F.I.G.C. che impone a tutte le società sportive di accettare la piena e definitiva efficacia di tutti i provvedimenti generali, e di tutte le decisione adottate da quella Federazione, dai suoi organi e soggetti delegati sulle materie attinenti alla attività sportiva.

Si tratta, infatti, di un vincolo che può liberamente operare o nell’ambito strettamente tecnico-sportivo e, come tale, irrilevante per l’ordinamento dello Stato; ovvero nell’ambito in cui sia consentito dall’ordinamento dello Stato e, cioè, nell’ambito dei diritti disponibili. Non può operare, perciò, nell’ambito degli interessi legittimi - quale quello che ne occupa - i quali a causa del loro collegamento con un interesse pubblico, e in forza dei principi sanciti dall’art. 113 Cost. sono insuscettibili di formare oggetto di una rinunzia - preventiva, generale e temporalmente illimitata - dalla tutela giurisdizionale.

D’altra parte, la soluzione non cambierebbe anche ad ammettere (il che peraltro è da escludere) che il potere della Lega e quello della Federazione abbiano carattere vincolato. Per vero, ciò non comporterebbe che rispetto ad essi la posizione delle società rivesta natura di diritto soggettivo con conseguente eventuale giurisdizione del giudice ordinario, posto che la "posizione di interesse legittimo non si configura solo necessariamente in relazione ad atti discrezionali, ben potendo esistere posizioni di interesse legittimo anche in presenza di provvedimenti vincolati, ove questi siano emanati in via primaria ed immediata per la cura di interessi pubblici", appunto come nella specie” (la questione è peraltro suscettibile di diversa lettura dopo la legge n. 280/2003, che prevede la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, e demanda all’ordinamento sportivo solo i provvedimenti disciplinari).

Analogo insegnamento è stato espresso da CdS VI n. 22546 del 2001.

Ciò premesso, sulla natura della posizione giuridica azionata, deve, conseguentemente affermarsi la natura amministrativa della decisione della CAMERA ARBITRALE.

D’altra parte essendovi nell’ordinamento sportivo un obbligo di accettazione della decisione della Camera arbitrale (c.d. vincolo di giustizia di cui all’art. 27 dello Statuto della FIGC) tanto osta alla configurabilità di una vera e propria clausola compromissoria, dovendosi altrimenti dubitare della legittimità costituzionale di un arbitrato obbligatorio (ciò non toglie che, se dovesse attenuarsi in futuro tale vincolo, il Consiglio potrebbe rimeditare la propria giurisprudenza, ammettendo tale natura , quantomeno in relazione a veri e propri diritti soggettivi delle società sportive azionabili in giurisdizione esclusiva al di fuori dei casi delle controversie, devolute al giudice ordinario e relative ai rapporti patrimoniali tra società , associazioni ed atleti).

E se è vero che la legge n. 280/2003  ha rafforzato l’obbligatorietà del giudizio camerale (tanto che, in base alla comunicazione della Corte Federale della FIGC n. 16/ Cf del 16 aprile 2004, i rimedi innanzi alla CAMERA DI CONCILIAZIONE costituiscono l’ultimo grado della giustizia sportiva) ciò è sul presupposto di una natura del procedimento e dell’atto che ne assicuri la conformità al diritto costituzionale, altrimenti risolvendosi la norma nella legittimazione ex post di una forma di arbitrato obbligatorio.

Tuttavia la natura amministrativa della decisione, non comporta l’ammissibilità, nella specie, dell’impugnativa dei provvedimenti camerali per vizi propri (che non deve ritenersi ammissibile al di fuori della deduzione, non avanzata nella specie dall’appellante, di un autonomo interesse strumentale alla rinnovazione del giudizio camerale).

Va ricordato, in proposito, l’insegnamento –  condiviso dal Collegio ed applicabile analogicamente alla fattispecie in esame - per cui non sussiste l’interesse a proporre un gravame in sede giurisdizionale avverso il provvedimento che ha dichiarato inammissibile un ricorso gerarchico, allorquando nel ricorso presentato al giudice amministrativo siano proposti anche motivi contro l’originario provvedimento della p.a. (T. sup. acque, 22-07-1993, n. 85); pertanto  vanno dichiarati inammissibili le censure proposte avverso le decisioni della CAMERA DI CONCILIAZIONE  per vizi propri di tali provvedimenti, avendo il OMISSIS gravato i provvedimenti sottostanti emessi dalla FIGC la cui contestazione, in ipotesi di accoglimento, sarebbe integralmente satisfattiva dell’interesse azionato, mentre in ipotesi di reiezione, renderebbe inutile la rinnovazione del giudizio camerale.

Ciò non contrasta con la consueta impostazione dei rapporti fra decisione su ricorsi amministrativi e provvedimento sottostante perché se va considerato (con Cons. giust. amm. sic., sez. giurisdiz., 24-06-1991, n. 282) che la decisione del ricorso gerarchico, proprio o improprio, specialmente quando è confermativa del provvedimento impugnato, sostituisce ed assorbe il provvedimento stesso; va anche rilevato che, nella giurisprudenza amministrativa, si è sempre ritenuto che, nel caso di successivo esperimento della tutela giurisdizionale, si determinano effetti devolutivi che consentono al giudice non solo di pronunciarsi sulla decisione gerarchica, ma altresì di sindacare il provvedimento sottostante ( con conseguente carenza di interesse alla contestazione dei vizi propri della decisione giustiziale quando siano stati dedotti, con effetto devolutivo, vizi , in astratto risolutivi per la soddisfazione dell’interesse del ricorrente, che affettano il provvedimento sottostante ) considerando legittimo contraddittore l’autorità che ha emanato il provvedimento impugnato e non quella che ha adottato la decisione giustiziale.

Né costituisce ragione sufficiente a sostenere l’interesse all’impugnazione autonoma delle decisioni camerali l’onere finanziario sopportato dalle società per lo svolgimento dei giudizi camerali, atteso  che tale onere non appare nemmeno precisato e contestato in punto di proporzionalità.

Nel merito va rilevato che la società OMISSIS CALCIO, lamenta, in sostanza, l’illegittimità, sotto vari profili, dei provvedimenti della FIGC che hanno assegnato la stessa al campionato nazionale dilettantistico per l’anno 2004/2005, assumendo che le vicende di carattere economico-contabile della società non possano riflettersi sul c.d. titolo sportivo (ossia sulla posizione giuridica soggettiva acquistata dalla società sul campo, nel corso del campionato, per merito sportivo).

Il Collegio rileva che i provvedimenti impugnati vanno ascritti nell’ambito delle ammissioni amministrative (ex plurimis C. Stato, sez. VI, 09-06-1994, n. 979; C. Stato, sez. VI, 30-09-1995, n. 1050; C. Stato, sez. VI, 16-09-1998, n. 1257; C. Stato, sez. VI, 10-10-2002, n. 5442) adottati dalle federazioni sportive, che rivestono natura di soggetti privati, nell’esercizio di attività amministrative funzionali ed oggettive, che vedono le stesse operare quali organi del CONI.

Naturalmente non vi è un diritto soggettivo all’ammissione, perché nel disporre l’ammissione al campionato la FIGC   fa applicazione di regole finalizzate al perseguimento degli interessi pubblici esistenti nel mondo sportivo, quali l’ordinato svolgimento delle attività sportive e la solidità economico-finanziaria delle società sportive che è necessaria per lo svolgimento regolare dei campionati, non meno della capacità o del c.d. merito sportivo.

Il titolo sportivo va ricostruito in questo quadro come una posizione di status nell’ambito dell’ordinamento sportivo, che, naturalmente vive ed è conformata dalle regole dell’ordinamento sportivo, complessivamente considerato, ivi comprese le regole sulla solidità patrimoniale e finanziaria delle società sportive che si riflettono, inevitabilmente , intrecciandosi ad esse, sulle regole che governano lo svolgimento dei campionati escludendo che la partecipazione agli stessi sia collegata solo al merito acquisito per così dire “sul campo”; in particolare, per quanto qui interessa, tale posizione risulta disciplinata dal C.U. n. 151 /A del 28 aprile 2004 quanto agli effetti (sportivi) della mancata ammissione di società sportive professionistiche ai campionati per mancanza dei prescritti requisiti economico-finanziari.

Tale comunicato prevede la eventuale iscrizione ad un campionato organizzato dalla LND in ambito regionale mentre l’ art. 52 punto 6 delle NOIF prevede, a far data dalla stagione calcistica 2004/2005, la iscrizione al campionato di III categoria in ambito provinciale.

Già il decisum CdS VI n. 5364 del 2004 aveva chiarito che l’annullamento del provvedimento di decadenza dall’affiliazione, disposto illegittimamente ai danni del OMISSIS, non comportava alcuna tutelabilità dell’interesse alla partecipazione a campionati professionistici in assenza dei requisiti economico-finanziari.

Né può ipotizzarsi che la mancata ammissione al campionato professionistico si risolva in una sospensione (e diversa  conformazione) del titolo sportivo - conquistato sul campo - per una sola stagione , poiché tanto sarebbe contrario proprio all’ordinato svolgimento dei campionati, legittimando un soprannumero delle società illimitato ed istituzionalizzato.

Non è inoltre  ipotizzabile che il titolo sportivo possa rivivere, dopo l’anno di quiescenza , a detrimento di altre società legittimamente ammesse al campionato di appartenenza ed ormai legittimate a rimanervi.

Né sussistono i presupposti per l’applicabilità del c.d. “lodo Petrucci” considerando che non si è verificato che una società della stessa città (OMISSIS), diversa dall’attuale appellante, abbia chiesto di “conservare” il titolo sportivo in un campionato di categoria inferiore.

Non vi è alcun provvedimento immotivato di revoca del titolo sportivo, come giustamente rilevato dal Tar, ma solo la disciplina di una vicenda meramente consequenziale alla mancata ammissione, per motivi economici e finanziari, al campionato di appartenenza, al quale, per regola indiscussa dell’ordinamento sportivo, si può accedere solo in condizioni di regolarità economico-finanziaria.

Se è vero poi che il titolo sportivo costituisce anche un bene patrimoniale immateriale va rilevato che esso tuttavia è dotato di tale natura in modo del tutto assimilabile alle concessioni amministrative, che sono conformate dal diritto pubblico ed sopportano incisioni da parte di provvedimenti autoritativi dell’amministrazione.

Quindi tale bene non può essere per generiche ragioni pubblicistiche sottratto ai privati senza il rispetto delle condizioni di legalità  relativa alle ablazioni, esso tuttavia è conformato dal diritto sportivo che ben può atteggiarlo in modo particolare in relazione alle concrete evenienze della vita delle società sportive fra cui vi sono anche le insorgenze di crisi economico-finanziarie che precludano l’ordinaria ammissione al campionato di appartenenza.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Sussistono giusti motivi per compensare  le spese del giudizio. 

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello per le causali di cui in parte motiva.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, l’8 novembre 2005 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Claudio VARRONE                          Presidente

Sabino LUCE                                    Consigliere

Giuseppe ROMEO                            Consigliere

Rosanna DE NICTOLIS          Consigliere

Giancarlo MONTEDORO                Consigliere Est

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it