T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 2275/2021 Pubblicato il 24/02/2021

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Elisa Burlamacchi, Francesco Pantaleone, Gaetano Terracchio, Francesca Trinchera, Nicola Leone De Renzis Sonnino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Lo Pinto in Roma, via Vittoria Colonna 32;

contro

F.I.G.C. - Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Letizia Mazzarelli, Luigi Medugno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luigi Medugno in Roma, via Po n. 9;

C.O.N.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Angeletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Aldo Ceci, Marcello Clarich, Mattia Grassani, Giuseppe Urbano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Marcello Clarich in Roma, viale Liegi 32;

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

per l'accertamento:

previa adozione di misure cautelari anche monocratiche ex artt. 55 e 56 c.p.a.,

del diritto ad ottenere il titolo sportivo per l'iscrizione al Campionato di Serie A conseguente all'applicazione al -OMISSIS-della sanzione di cui all'art. 17 del C.G.S. (sconfitta c.d. a tavolino) in ragione dei comportamenti tenuti nel corso della gara di ritorno dei play off Serie B disputata il giorno 16 giugno 2018 ed in conformità a quanto statuito dal Collegio di Garanzia dello Sport del CONI con decisione assunta in data 10.8.2018,

nonché per la disapplicazione/annullamento:

delle motivazioni di tale decisione depositate in data 10.9.2018 nella parte in cui si legge che le sanzioni da applicare al -OMISSIS-“non possono essere inflitte su situazioni già cristallizzate, ma devono essere scontate ed inflitte nella stagione corrente”, e per il risarcimento dei danni conseguenti al ritardo con il quale la ricorrente andrà ad ottenere il titolo sportivo per l'iscrizione al Campionato di Serie A imputabile alla erronea applicazione dell'adeguata sanzione da parte dell'ordinamento sportivo;

Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da F.I.G.C. - il 18\10\2018:

per l’annullamento in parte qua, della decisione del collegio di garanzia dello sport, 10.9.2018, n. 56;

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- e di F.I.G.C. - Federazione Italiana Giuoco Calcio e del C.O.N.I.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2021 il dott. Raffaello Scarpato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La-OMISSIS- ha introdotto il presente giudizio, formulando le domande in oggetto.

Si sono costituiti il C.O.N.I. e la F.I.G.C., la quale ha peraltro proposto ricorso incidentale.

Con atto depositato in data 25.02.2020 la F.I.G.C. ha depositato in giudizio la sentenza del Tribunale di Palermo, Sezione IV, n. 112/2019, con cui è stato dichiarato il fallimento della-OMISSIS-..

Con ordinanza pubblicata in data 29/04/2020 il Collegio ha dato atto dell'interruzione del processo, ai sensi degli artt. 79, co. 2, cod. proc. amm., 299 e ss. c.p.c. e 43 comma 3 L.F., a far tempo dal verificarsi dell'evento interruttivo.

In data 15.06.2020 -OMISSIS--ha depositato atto di riassunzione ai sensi dell’art. 80 comma 2 c.p.a., chiedendo la condanna - in solido- delle controparti al risarcimento del danno connesso al mancato ottenimento del titolo a partecipare al campionato di Serie A s.s. 2018/2019.

Con memoria depositata in data 29.04.2020 la F.I.G.C. ha chiesto al Tribunale di dichiarare l’estinzione del giudizio, eccependo la tardività della richiesta di prosecuzione del processo avanzata dal curatore in data 15 giugno 2020, deducendo che la sentenza, che lo ha investito del titolo di legittimazione, è stata pubblicata in data 18 ottobre 2019, determinando sin da tale momento un effetto interruttivo automatico ai sensi dell’art. 43 della Legge Fallimentare. La federazione ha peraltro eccepito il difetto di giurisdizione del T.A.R. e, nel merito, l’infondatezza del ricorso.

Analoghe deduzioni e richieste sono state formulate dal C.O.N.I. con memoria depositata in data 25.09.2020.

Con memoria depositata in data 25.09.2020 il -OMISSIS-ha chiesto l’estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione passiva e, in ogni caso, che il ricorso venga dichiarato irricevibile, inammissibile, improcedibile o, in subordine, che sia respinto, perché infondato nel merito.

Con memoria del 29.12.2020 la curatela-OMISSIS-si è opposta alle eccezioni e deduzioni avversarie, rilevando, in particolare, che il ricorso è stato riassunto nel rispetto del termine di tre mesi dalla conoscenza "legale" della pendenza del procedimento.

La curatela ha pertanto rilevato che: “Con particolare riguardo al caso in cui la riassunzione debba essere operata dal curatore fallimentare, è stato precisato che ai fini del decorso del termine per la riassunzione non è sufficiente la sola conoscenza da parte del curatore fallimentare dell'evento interruttivo rappresentato dalla dichiarazione di fallimento, ma è necessaria anche la conoscenza dello specifico giudizio sul quale detto effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare: conoscenza che deve per l'appunto essere legale, nei termini sopra precisati”. Nel caso di specie, pertanto, “tale momento risulta quello in cui il -OMISSIS- nei procedimenti n. 11791/2018 e 10127/2019, con pec dell'8 maggio 2020 ha comunicato ai Curatori la fissazione di una nuova udienza innanzi a codesto Ecc.mo Collegio, per l’eventuale riunione del procedimento che ci occupa portante n. 10410/2018 con quello dallo stesso legale patrocinato per conto della Curatela. E' dunque da tale data che comincia a decorrere per la Curatela il termine di tre mesi per la riassunzione che, conseguentemente, risulta ampiamente rispettato essendo la costituzione della Curatela risalente al 15 giugno 2020. Peraltro, lo sarebbe anche qualora si tenesse conto della data in cui codesto Ecc.mo Collegio ha dichiarato l’interruzione del processo risalente al 21 aprile 2020.

Nel merito la curatela del fallimento ha ribadito le proprie deduzioni e richieste, opponendosi alle contestazioni avversarie.

All’udienza del 03.02.2021, dopo ampia discussione tra le parti, la causa è stata introitata per la decisione.

Ritiene il Collegio di dover dichiarare l’intervenuta estinzione del presente giudizio.

In base all'art. 300, commi 1e 2, c.p.c., se durante il processo la parte costituita tramite procuratore viene colpita da un evento che determina la perdita della sua capacità di stare in giudizio, il procuratore costituito deve dichiarare l'evento in udienza o notificane la comunicazione alle altre parti. Dal momento dell'avvenuta dichiarazione o notificazione il processo è interrotto.

L'art. 43, ultimo comma, del r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare) detta tuttavia una disciplina speciale riguardante il fallimento, stabilendo che l'apertura di questo determina l'interruzione automatica del processo.

Questa disposizione è stata introdotta dall'art. 41 del d.lgs. 9 gennaio 2006 n. 5, ed è entrata in vigore a decorrere dal 16 luglio 2006.

Secondo la giurisprudenza, la novella legislativa ha comportato l'introduzione nell'ordinamento di una nuova ipotesi di interruzione automatica del processo, che si verifica cioè senza la necessità di alcuna dichiarazione o presa d'atto non appena viene dichiarato il fallimento di una delle parti.

Si sono pronunciate in tal senso, sia la Corte di Cassazione (cfr. Cass. Civ., sez. un., 20 marzo 2008 n. 7443) che la Corte Costituzionale.

Quest'ultima, in particolare, ha chiarito che l'art. 43, ultimo comma, del r.d. n. 267 del 1942, ha introdotto un nuovo caso d'interruzione automatica del processo, conseguente all'apertura del fallimento, che si aggiunge alle ipotesi di cui all'art. 301 c.p.c. (morte o impedimento del procuratore) e di cui all'art. 299 c.p.c. (morte o perdita della capacità della parte prima della costituzione); mentre in precedenza, anche nell'ipotesi di fallimento della parte, trovava applicazione la regola generale di cui all'art. 300, comma 2, c.p.c., in base alla quale, come visto, l'interruzione del processo derivava dalla dichiarazione in giudizio o dalla notificazione dell'evento interruttivo ad opera del procuratore costituito (cfr. Corte Costituzionale sent. 21 gennaio 2010 n. 17).

Nella medesima pronuncia, la Corte, ribadendo un proprio consolidato orientamento riguardante le ipotesi di interruzione automatica, ha altresì affermato il principio secondo il quale, nelle suddette ipotesi, il termine per effettuare la riassunzione del processo interrotto, di cui all'art. 305 c.p.c., ha decorrenza diversa a seconda che si faccia riferimento alla parte colpita dall'evento interruttivo (la quale è a conoscenza della sua esistenza sin dal momento di verificazione del medesimo) ovvero all'altra parte.

Nel primo caso il termine decorre dalla realizzazione dell'evento; nel secondo dal momento in cui la parte ne viene a conoscenza.

Alla luce di tali considerazioni, deve concludersi che l'art. 43, ultimo comma, del r.d. n. 267/1942, modificato dall'art. 41, comma 1, d.lg. n. 5/2006, ha introdotto un nuovo caso d'interruzione del processo (applicabile anche al processo amministrativo, stante la sua portata generale ed il rinvio effettuato dall'art. 79, comma 2, c. proc. amm. alle norme del codice di procedura civile) conseguente all'apertura del fallimento della parte, che si aggiunge alle ipotesi di cui all'art. 301 c.p.c. (morte o impedimento del procuratore) ed all'art. 299 c.p.c. (morte o perdita della capacità della parte prima della costituzione); si tratta di un'ipotesi di interruzione automatica del processo, che si verifica cioè senza la necessità di alcuna dichiarazione o presa d'atto non appena viene dichiarato il fallimento di una delle parti; il termine per effettuare la riassunzione del processo decorre dal verificarsi dell'evento interruttivo (dichiarazione di fallimento) per la parte che ne è colpita, ovvero dalla sua conoscenza per l'altra parte.

Questi principi sono applicabili anche al processo amministrativo, stante la portata generale della disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 43 della legge fallimentare (che non distingue fra processo civile e processo amministrativo), e stante il rinvio alle norme del codice di procedura civile effettuato dall'art. 79, comma 2, c.p.a. e, in precedenza, dall'art. 24, comma primo, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034; le quali peraltro, a differenza delle disposizioni contenute nel primo, stabiliscono espressamente che il termine per dare nuovo impulso al processo interrotto inizia a decorrere dal momento in cui la parte viene a conoscenza dell'evento interruttivo (si veda, per l'applicazione di questi principi al processo amministrativo, TAR Emilia Romagna OMISSIS , 11 maggio 2010 n. 154).

Applicando queste regole al caso concreto, deve rilevarsi che il presente giudizio si è interrotto automaticamente dal giorno di pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento di parte ricorrente, avvenuta in data 18.10.2019, depositata nel presente giudizio in data 25.02.2020; da tale momento, per la parte dichiarata fallita, è iniziato a decorrere il termine per dare nuovo impulso al processo.

Va dunque rilevato che, come ricordato in narrativa, la parte ricorrente non ha notificato l'atto di riassunzione del processo, ovvero l’istanza di fissazione udienza di cui all’art. 80 comma 2 c.p.a., nel termine trimestrale dalla conoscenza dell’evento interruttivo; pertanto, in applicazione delle disposizioni summenzionate il Collegio deve dare atto dell’estinzione del presente giudizio.

Nessun rilievo può attribuirsi al provvedimento del giudice che dichiara la interruzione del giudizio, intervenuto in data 29.04.2020, che ha natura meramente dichiarativa di effetti che si producono ope legis, con decorrenze che variano a seconda del tipo di fatto interruttivo e con la conseguenza che il processo si interrompe anche a prescindere dal provvedimento del giudice che lo dichiara, provvedimento che ha indole non decisoria e come tale non è impugnabile (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, 20 gennaio 2020, n. 447).

In tal senso si è espressa anche la giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Tribunale Roma sez. fallimentare, 04/10/2012, n.270; Trib. Roma 8.3.2011 n. 4979), che ha avuto modo di precisare come, per il curatore fallimentare, il termine per la riassunzione del processo interrotto per effetto del fallimento decorra in ogni caso dalla sentenza dichiarativa, in quanto la mancata conoscenza incolpevole da parte del curatore dell’esistenza di una causa pendente non determina un diverso decorso del termine di riassunzione, ma solo la possibilità di chiedere la rimessione in termini, non richiesta dalla curatela nel presente giudizio.

In conclusione il presente giudizio deve essere dichiarato estinto.

Le spese di lite possono essere compensate tra le parti in ragione della peculiarità della fattispecie oggetto di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara estinto il giudizio.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, con l'intervento dei magistrati:

Francesco Arzillo, Presidente

Anna Maria Verlengia, Consigliere

Raffaello Scarpato, Referendario, Estensore

 

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