T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 8686/2017 Pubblicato il 19/07/2017

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da:OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcella Uricchio, con domicilio eletto presso lo studio Antonio Francesco Certoma' in Roma, Circonvallazione Clodia,36/B;

contro

Figc - Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Letizia Mazzarelli, Luigi Medugno, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Medugno in Roma, via Panama, 58;

nei confronti di

Aiac Associazione Italiana Allenatori Calcio non costituito in giudizio;

per l'annullamento

-del mancato conseguimento dell'abilitazione ad allenatore di base - ex art. 119 cpa - risarcimento danni

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Figc - Federazione Italiana Giuoco Calcio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2017 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente partecipava al corso per Allenatori di Base - Uefa B, indetto con C.U. del 20 settembre 2010 e svoltosi a Trieste dal 3 novembre 2010 al 4 dicembre 2010, al fine di ottenere la relativa abilitazione.

Al termine del corso, in data 11 dicembre 2010, il ricorrente sosteneva gli esami finali insieme agli altri partecipanti.

In data 11 gennaio 2011, la FIGC comunicava al ricorrente di non aver superato l’esame sostenuto e, per l’effetto, di non aver conseguito l’abilitazione di Allenatore di Base.

Il ricorrente inoltrava richiesta di accesso agli atti, a fronte della quale la FIGC inviava la documentazione relativa all’esame.

Il ricorrente, convinto della illegittimità della procedura d’esame della FIGC, con lettera raccomandata del 14 febbraio 2011, richiedeva alla stessa la restituzione della quota versata a titolo di partecipazione al concorso, nonché il canone di iscrizione annuale. La FIGC non riscontrava la prima richiesta, ottemperando invece alla seconda, come d’altronde dovuto a seguito della mancata iscrizione per l’esito negativo dell’esame.

Deduce il ricorrente la illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge ed eccesso di potere, sotto plurimi profili.

Si è costituita in giudizio la FIGC, deducendo l’inammissibilità e/o improcedibilità, e in ogni caso l’infondatezza del ricorso, chiedendone pertanto il rigetto.

All’udienza del 20 giugno 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione dal Collegio.

Il ricorso è infondato.

In via preliminare, il Collegio osserva come non possa essere accolta, nel caso in esame, l’eccezione di inammissibilità e/o improcedibilità per omesso adempimento della pregiudiziale sportiva avanzata dalla Federazione.

Infatti, nel caso che ci occupa non si richiedeva, sotto un profilo di ordine soggettivo, che fossero preventivamente aditi tutti i gradi di giustizia sportiva.

Richiamando il proprio orientamento giù espresso nella sentenza 6 giugno 2017, n. 6624, il Collegio rileva che la pregiudiziale sportiva non può che riguardare i soggetti sottoposti alle regole dell’ordinamento sportivo.

Il fondamento dell’autonomia dell’ordinamento sportivo o comunque della sua preferenza, quando non vi sia una vera e propria riserva in suo favore, può essere rinvenuto nelle norme costituzionali di cui all’art. 18 Cost., concernente la tutela della libertà associativa, ed all’art. 2 Cost., relativo al riconoscimento dei diritti inviolabili delle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del singolo.

Sulla base di tali norme costituzionali, i soggetti, al momento della loro affiliazione e tesseramento, accettano la clausola compromissoria contenuta nello Statuto.

Il punto è che il ricorrente non è mai stato tesserato FIGC e, pertanto, non può essere considerato soggetto dell’ordinamento sportivo, tenuto, dunque, a rispettarne le regole derogatorie in ordine alla tutela giurisdizionale.

Tale eccezione di inammissibilità deve, conseguentemente, essere disattesa.

Per quanto attiene al merito, invece, le censure mosse dal ricorrente possono essere trattate congiuntamente.

Esse, pur se sotto profili diversi, finiscono tutte per dirigersi nei confronti della correttezza dello svolgimento della procedura di esame.

Al riguardo, il Collegio osserva preliminarmente come le valutazioni di merito oggetto dell’esame di abilitazione per allenatore di calcio, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, siano sottratte al sindacato di legittimità del Giudice amministrativo, a meno che non siano manifestamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie, ovvero fondate su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti.

Nel caso di specie, violazioni di tal fatta non appaiono sussistenti.

Dai verbali di esame prodotti, infatti, risulta come al ricorrente siano state poste domande attinenti al programma d’esame (“il gioco diretto; il tiro; le tematiche del calcio femminile; principi di tattica individuale”).

Le affermazioni del ricorrente, secondo cui l’esame sarebbe consistito in una “chiacchierata” nel corso della quale “venivano rivolte a tutti i candidati solamente due domande: la prima relativa ad eventuali errori commessi durante la compilazione della scheda tecnica, la seconda sulle impressioni generali formatesi a seguito del corso appena terminato”, da una parte non trovano alcun riscontro, dall’altra non appaiono nemmeno, pur dove si voglia prestar loro fede, in contrasto con quelle risultanti da verbale.

Sotto il primo profilo, infatti, il verbale ufficiale di esame ha, ovviamente, un valore probatorio privilegiato che fa fede ad ogni effetto relativamente a quanto in esso attestato; esso, pertanto, non può essere minimamente scalfito né da quanto sostenuto dal ricorrente nei propri atti processuali, né tantomeno da quanto affermato da altri partecipanti all’esame attraverso semplici dichiarazioni scritte rese al difensore del ricorrente e da questi riportate nel ricorso.

Sotto il secondo profilo, quanto risulta dal verbale non è nemmeno in contraddizione logica con quanto sostenuto dal ricorrente e dalle dichiarazioni degli altri concorrenti, secondo cui le domande d’esame avrebbero avuto ad oggetto principalmente gli errori commessi in sede di compilazione della “scheda tecnica”; il ricorrente, infatti, non precisa mai quali fossero stati, nello specifico, gli errori da lui stesso commessi nella redazione della “scheda tecnica” sui quali si sarebbe poi soffermato l’esaminatore: essi, dunque, ben potrebbero coincidere con quelli risultanti dal verbale i quali, tra l’altro, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, rientrano pianamente negli argomenti del programma d’esame.

Inoltre, priva di fondamento è anche la doglianza relativa al fatto che non siano state rese reperibili, insieme al materiale di esame oggetto di accesso, le schede tecniche compilate dal ricorrente, in quanto “cestinate” dall’esaminatore stesso al termine della procedura.

Tali schede, infatti, rimangono formalmente del tutto estranee alla documentazione relativa allo svolgimento dell’esame, il quale consisteva unicamente in una prova orale.

Tali schede, a quanto chiarito dall’esaminatore e dalla FIGC, sono state fatte compilare ai partecipanti al termine delle lezioni del corso, in modo da permettere al docente di individuare le lacune di ciascun candidato, su cui soffermarsi in sede di vero e proprio esame. Il fatto che, una volta ottenuto il loro scopo, siano state “cestinate” e non rese disponibili agli eventuali interessati non configura alcuna illegittimità della procedura d’esame, il materiale della quale, svolgendosi essa oralmente, è costituito dal solo verbale ufficiale.

Dall’infondatezza della domanda annullatoria consegue, necessariamente, il rigetto della domanda risarcitoria.

Conseguentemente e per i motivi esposti, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

Le spese, in considerazione della sussistenza di giusti motivi, possono essere compensate per intero tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore

Rita Tricarico, Consigliere

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