T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 936/2017 Pubblicato il 19/01/2017
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 868 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Codacons, in persona del legale rappresentante p.t., OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, rappresentati e difesi dagli avvocati Carlo Rienzi e Gino Giuliano, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale Nazionale Codacons in Roma, viale Mazzini, 73;
contro
FIGC Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Medugno, Letizia Mazzarelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Medugno in Roma, via Panama, 58; CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Gianfranco Tobia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale G. Mazzini, 11;
Lega Calcio di Serie A, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Pierpaolo Salvatore Pugliano e Ruggero Stincardini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Pierpaolo Salvatore Pugliano in Roma, largo Messico, 7;
Lega Calcio di Serie B, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Berruti e Luca Ferrari, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Paolo Berruti in Roma, via Flaminia, 135;
Lega Italiana Calcio Professionistico, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Bruno Biscotto e Maurizio Marino, con domicilio eletto presso lo studio Studio Legale Biscotto & Associati in Roma, via G. Pisanelli, 40;
nei confronti di
OMISSIS Football Club S.p.a.;
Football Club OMISSIS S.p.a.;
per l'accertamento
del silenzio sull’istanza di accesso ex artt. 22 e ss. L. 241/90 e d.P.R. 184/2006 in merito alla richiesta di atti e documenti relativi all’effettiva procedura ed istruttoria per l’adozione – da parte di tutte le società sportive – del modello organizzativo ex L. 231/2001, con contestuale diffida ex art. 140 D.Lgs. 206/2005;
con motivi aggiunti per l’annullamento
delle successive note della FIGC prot. 5.75 del 10 gennaio 2014 e della Lega Pro del 14 gennaio 2014,
nonché per l’annullamento e declaratoria di illegittimità del comportamento omissivo e rifiuto del Consiglio federale della FIGC a emanare le disposizioni regolamentari contenenti la definizione dei modelli organizzativi e gestionali della L. 231/2001;
per la declaratoria di illegittimità del comportamento omissivo e rifiuto dei resistenti ai sensi dell’art. 18 del Codice di Giustizia Sportiva di adottare i dovuti provvedimenti di esclusione dal campionato di calcio delle squadre non ottemperanti ovvero di disporre sanzioni.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della FIGC, del CONI, della Lega Calcio di Serie A, della Lega Calcio di Serie B e della Lega Italiana Calcio Professionistico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2016 la dott.ssa Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe il Codacons e OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS hanno adito questo Tribunale per l'accertamento della illegittimità del silenzio sull’istanza di accesso agli atti relativi alla procedura per l’adozione, da parte delle società sportive, dei modelli organizzativi ex L. 231/2001, chiedendo altresì il risarcimento dei danni conseguenti all’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa e la pronuncia di misure idonee ad assicurare l’attuazione della sentenza.
I ricorrenti hanno esposto che, a seguito degli scandali e delle indagini penali che avevano interessato in più occasioni i campionati italiani di calcio, il Codacons aveva inviato alla FIGC, al CONI, alla Lega Calcio Serie A, alla Lega Calcio Serie Be e alla Lega Calcio Pro una motivata diffida ex art. 140 D.lgs. 206/2005, con contestuale istanza di accesso, al fine di OMISSIS re visione degli atti della procedura in questione.
Poiché nessuno dei destinatari aveva provveduto sull’istanza, si era formato il silenzio-rigetto avverso il quale era stato proposto il presente ricorso.
I ricorrenti hanno precisato che il Codacons era legittimato a proporre ricorso quale ente rappresentativo degli interessi diffusi dei tifosi delle squadre di calcio acquirenti dei biglietti delle partite e, quindi, qualificabili come consumatori.
A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:
1. violazione degli artt. 22 e ss. L. 241/90, dell’art. 2 D.P.R. 184/2006; violazione dei principi di trasparenza, ragionevolezza, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa;
2. violazione dell’art. 2 L. 241/90, violazione dei principi di conclusione del procedimento e buona andamento dell’azione amministrativa, formazione del silenzio-inadempimento.
Nel merito i ricorrenti hanno dedotto che l’art. 7 dello Statuto FIGC disponeva che le società di calcio, per partecipare al campionato nazionale, dovessero adottare i modelli organizzativi previsti dalla L. 231/2002, mentre l’art. 18, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva prevedeva l’esclusione dal campionato delle società che si fossero rese responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali e di ogni altra disposizione loro applicabile.
Si sono costituiti la FIGC, il CONI, la Lega Calcio di Serie A, la Lega Calcio di Serie B e la Lega Italiana Calcio Professionistico resistendo al ricorso ed eccependo il difetto di legittimazione attiva della parte ricorrente.
Con motivi aggiunti notificati il 10 marzo 2014 i ricorrenti hanno impugnato le note del 10 gennaio 2015 della FIGC e del 14 gennaio 2014 della Lega Pro, che hanno negato l’esistenza di un obbligo di adozione dei modelli di cui alla L. 231/2001, affermando che “l’adozione dei modelli organizzativi ex d.lgs. 231/2001 non rappresenta condizione per l’iscrizione ai campionati e la loro mancata adozione non è annoverata tra le cause di esclusione, non essendo previste a tali fini né dalla L. 91/81, né dalle disposizioni del CONI”.
Le parti resistenti hanno eccepito l’inammissibilità, nel giudizio introdotto avverso il diniego di accesso, della domanda volta all’accertamento del silenzio-inadempimento e dell’obbligo di provvedere in ordine all’adozione delle disposizioni regolamentari in questione, nonché il difetto di procura speciale per la proposizione di tale domanda.
Con separata istanza i ricorrenti hanno chiesto altresì la sospensione dell’efficacia delle note impugnate.
Con nota depositata il 5 maggio 2014 la parte ricorrente ha dichiarato di avere interesse solo all’azione di annullamento, e di non avere più interesse all’accesso ai documenti richiesti.
Alla camera di consiglio del 28 maggio 2014 è stata respinta l’istanza cautelare presentata in via autonoma con riferimento ai motivi aggiunti, evidenziando che la previsione di sanzioni ad hoc in caso di inosservanza dell’asserito obbligo delle società calcistiche di adottare i modelli previsti dallo stesso d.lg. n. 231 del 2001 costituisce espressione dell’autonomia di cui gode l’ordinamento sportivo ferma restando la comminatoria, da parte del giudice penale competente, delle sanzioni previste dal medesimo d.lg. nel caso di compimento dei reati previsti dal medesimo decreto.
Alla pubblica udienza del 21 novembre 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Preliminarmente deve rilevarsi l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso principale, sulla base della dichiarazione resa in tal senso dalla parte ricorrente con la nota depositata il 5 maggio 2014.
I motivi aggiunti devono invece essere dichiarati inammissibili, stante il difetto di legittimazione attiva del Codacons e dei singoli ricorrenti persone fisiche.
Con riferimento a queste ultime, si osserva che, come rilevato dalle parti resistenti, le stesse difettano di legittimazione, non avendo proposto la diffida da cui poi è scaturito il procedimento impugnato.
Quanto al Codacons, deve evidenziarsi che, come più volte affermato dalla giurisprudenza di questo Tribunale, “L'iscrizione del Codacons sia nei registri di cui alla l. 7 dicembre 2000 n. 383 che nel registro riguardante le associazioni di difesa dei consumatori, attiene esclusivamente alla tutela dei consumatori e degli utenti in ordine ai fondamentali diritti previsti dal testo normativo in questione, ma non conferisce, altresì, alle associazioni ivi contemplate una legittimazione ad agire in giudizio così vasta da ricompOMISSIS rvi qualsiasi attività di tipo pubblicistico che si riverberi economicamente in modo diretto o indiretto sui cittadini non in quanto consumatori e/o utenti, ma in quanto contribuenti. La legittimazione del Codacons deve essere, quindi, parametrata agli atti incidenti sulla propria sfera soggettiva e, conseguentemente, idonei a vulnerare con carattere al contempo di specificità e di immediatezza sulla posizione dei consumatori e degli utenti dallo stesso rappresentati. Né può, corrispondentemente, essere riconosciuta alla predetta Associazione una generalizzata legittimazione alla tutela anche dell'interesse (che assume connotazione invero indifferenziata rispetto alla generalità dei consociati) al corretto e regolare svolgimento di una funzione o di un servizio pubblico” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 3 luglio 2012 n. 6028).
Sulla base di tali principi nel caso di specie deve negarsi la legittimazione dell’ente ad impugnare la contestata inerzia della FIGC e delle singole Leghe rispetto all’introduzione dei modelli organizzativi finalizzati a impedire il compimento di condotte criminose, non ravvisandosi alcuna diretta incidenza dell’attività sollecitata sugli interessi diffusi dei consumatori e degli utenti.
Né tale difetto può essere sopperito assumendo che anche i tifosi del calcio debbano essere qualificati come consumatori, in quanto acquirenti dei biglietti delle partite, sia poiché non è ravvisabile alcun legame diretto ed immediato tra la scelta dei modelli organizzativi delle società calcistiche e le posizioni degli acquirenti dei biglietti delle competizioni, sia in quanto la categoria dei tifosi non può essere assimilata, sic et simpliciter, a quella dei consumatori, non essendo la fruizione delle manifestazioni sportive, per le peculiarità che caratterizzano il relativo sistema, sovrapponibile all’acquisto di beni commerciali e di consumo.
I motivi aggiunti vanno quindi dichiarati inammissibili.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, dichiara improcedibile il ricorso principale e inammissibili i motivi aggiunti;
condanna i ricorrenti alla rifusione in favore delle parti resistenti delle spese di lite, che si liquidano in euro 1.500,00 oltre accessori di legge in favore di ciascuna di dette parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Germana Panzironi, Presidente
Rita Tricarico, Consigliere
Francesca Petrucciani, Primo Referendario, Estensore