T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 9964/2016 Pubblicato il 28/09/2016

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da:

OMISSIS ACFD, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa all'avvocato Irene Bonora C.F. BNRRNI82D67E289Z, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria Tar Lazio in Roma, via Flaminia, 189;

contro

FIGC - Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Medugno C.F. MDGLGU47S03H501H, Letizia Mazzarelli C.F. MZZLTZ62M56H501J, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Panama, 58;

Lega Nazionale Dilettanti, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Gallavotti C.F. GLLMRA48L25F839E, Stefano La Porta, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Po, 9;

Divisione Calcio Femminile, non costituita in giudizio;

nei confronti di

ACF Firenze, non costituita in giudizio;

per l'annullamento:

- del provvedimento di cui al comunicato della Divisione Calcio femminile n. 81 del 16 maggio 2012, relativamente alla composizione delle squadre per la partecipazione ai campionati Juniores/Primavera Femminile;

- del provvedimento sanzionatorio contenuto nel comunicato della Divisione Calcio femminile n. 82

del 23 maggio 2012, recante sanzione disciplinare non contenuta nell’art. 17, comma 5, del codice della giustizia sportiva;

- del provvedimento della Corte di Giustizia Federale, IV sezione, del 25 maggio 2012;

e per la condanna al risarcimento dei danni subiti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Figc Federazione Italiana Giuoco Calcio e della Lega Nazionale Dilettanti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2016 la dott.ssa Francesca Romano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Parte ricorrente, con ricorso notificato il 7 luglio 2012 e depositato il successivo 19 luglio, ha adito questo giudice per l’annullamento degli atti, come in epigrafe specificati, sulla base dei quali è stata lei comminata la sanzione disciplinare della perdita della gara e di € 300 di ammenda per aver schierato, nell’incontro svoltosi contro la società ACF OMISSIS in data 19 maggio 2012, tre giocatrici, che avevano già disputato un numero di gare superiore alla metà di quelle svoltesi, contravvenendo al divieto di cui al comunicato n. 81 del 16 maggio 2012.

La società ricorrente ha proposto, altresì, consequenziale domanda risarcitoria.

2. In fatto espone che, in data 18 maggio 2012 ha presentato ricorso alla Corte di Giustizia Federale avverso la citata delibera n. 81 del 16 maggio 2012 ritenendo l’introduzione della norma tardiva nonché lesiva nei confronti delle società minori.

La norma prevedeva, in particolare, che “le società partecipanti con più squadre a Campionati diversi non possono schierare in campo nelle gare di Campionato di categoria inferiore i calciatori che nella stagione in corso abbiano disputato, nella squadra che partecipa al Campionato di categoria superiore, un numero di gare superiore alla metà di quelle svoltesi”.

In data 19 maggio 2012, nelle more del giudizio, ha partecipato all’incontro di calcio di andata OMISSIS – OMISSIS che si è concluso con il risultato di 2-2.

In data 22 maggio 2012 la Corte di Giustizia ha dichiarato l’inammissibilità del reclamo perché avente ad oggetto un provvedimento amministrativo sottratto alla sua competenza.

Il successivo 23 maggio, sulla base del reclamo presentato dalla società ACF OMISSIS, relativamente alla composizione della squadra schierata, dall’OMISSIS, nella partita OMISSIS – ACF OMISSIS , il giudice sportivo ha, infine, comminato alla ricorrente la sanzione della perdita della gara con il punteggio 0-3 e l’ammenda di € 300,00, nonché la sanzione di una giornata di squalifica alle giocatrici OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS, per aver preso parte alla gara in oggetto in violazione della norma di cui all’art. 34, punto 1, NOIF.

3. Il ricorso avverso i gravati provvedimenti è affidato ad un unico motivo di diritto con il quale si contesta l’eccesso di potere per difetto di motivazione; ingiustizia manifesta; violazione delle norme della Costituzione relative al principio di affidamento e di corretto svolgimento e regolamentazione delle competizioni sportive; lesione dei diversi interessi e diritti soggettivi della ricorrente e delle sue componenti ex art. 2 cost.; erronea applicazione dell’art. 17, comma 5, codice giustizia sportiva, contrarietà all’art. 3 ed all’art. 25 cost.

4. Si sono costituite in giudizio la FIGC e la Lega Nazionale Dilettanti, eccependo, entrambe, l’inammissibilità del ricorso nonchè la sua infondatezza nel merito.

5. Alla pubblica udienza del 4 luglio 2016 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

6. Viene all’esame di questo collegio giudicante il ricorso avente ad oggetto l’impugnativa:

a) del comunicato della Divisione Calcio femminile n. 81 del 16 maggio 2012 nella parte in cui:

Si comunica alle società che partecipano al campionato nazionale Primavera e Juniores che ‘l’art. 34, comma 1, delle N.O.I.F’ che è sotto riportato si ritiene applicato.

Limiti di partecipazione dei calciatori alle gare.

1. Le società partecipanti con più squadre partecipanti a Campionati diversi non possono schierare in campo nelle gare di Campionato di categoria inferiore i calciatori che nella stagione in corso abbiano disputato, nella squadra che partecipa al Campionato di categoria superiore, un numero di gare superiore alla metà di quelle svoltesi”;

b) del provvedimento sanzionatorio contenuto nel comunicato n. 82 del 23 maggio 2012 che ha irrogato la sanzione disciplinare conseguente alla violazione, da parte della società ricorrente, della norma sopra riportata in conseguenza alla partecipazione all’incontro di calcio del 19 maggio 2012 delle tre giocatrici OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS;

c) del provvedimento del 25 maggio 2012 con cui la Corte di Giustizia Federale ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto avverso il provvedimento sanzionatorio.

7. Giova a tale riguardo brevemente rammentare i limiti che incontra la giurisdizione del giudice amministrativo in materia, alla luce delle norme dell’ordinamento sportivo così come interpretate dal giudice costituzionale nel noto arresto del 2011.

Ebbene, ai sensi dell’art. 2, comma 1, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, come convertito in l. 17 ottobre 2003, n. 280, “è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:

a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;

b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”.

Al successivo comma 2, viene precisato che in siffatte materie i soggetti dell'ordinamento sportivo hanno l'onere di adire, ove vogliano censurare la applicazione delle predette sanzioni, «gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo», secondo le previsioni dell'ordinamento settoriale di appartenenza.

L’art. 3, del d.l. n. 220/2003 completa, dunque, il quadro normativo di riferimento, individuando una triplice forma di tutela giustiziale.

Una prima forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra società sportive, associazioni sportive, atleti (e tesserati), è demandata alla cognizione del giudice ordinario.

Una seconda, relativa alle questioni aventi oggetto le materie di cui all'art. 2, comma 1, d.l. cit., nella quale, in linea di principio, la tutela, stante l’irrilevanza per l'ordinamento generale delle situazioni in ipotesi violate e dei rapporti che da esse possano sorgere, non è apprestata da organi dello Stato ma da organismi interni all'ordinamento sportivo, secondo uno schema proprio della cosiddetta "giustizia associativa".

Infine, una terza forma di tutela, di carattere residuale, rimessa alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La Corte Costituzionale come è noto, nella decisione n. 49/2011, ha dunque precisato che sebbene la tutela avverso gli atti con cui sono irrogate sanzioni disciplinari sia rimessa agli organi della giustizia sportiva, pur tuttavia, “laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l'ordinamento giuridico statale, la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell'atto, ma il conseguente risarcimento del danno, debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere”, con la precisazione che “il Giudice amministrativo può, quindi, conoscere, nonostante la riserva a favore della "giustizia sportiva", delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione” (così, Corte Cost. 11 febbraio 2011, n. 49).

8. Applicando le coordinate normative e giurisprudenziali appena delineate alla fattispecie in esame deve, preliminarmente, essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo con riguardo all’impugnazione di tutti i gravati provvedimenti per le seguenti motivazioni:

a) quanto all’impugnativa del comunicato n. 81/2012, nella parte in cui è comunicata, da parte della Divisione Calcio Femminile, la perdurante applicazione della norma di cui all’art. 34, comma 1, delle N.O.I.F., deve innanzitutto osservarsi che l’atto de quo non riveste natura decisoria ma meramente ricognitiva di una norma già presente in seno all’ordinamento sportivo ed attinente al regolare svolgimento dei campionati, precludendo la partecipazione alle gare ai calciatori ovvero alle calciatrici che abbiano disputato, nella stagione in corso, un numero di gare superiore alla metà nella squadra che partecipa al Campionato di categoria superiore.

Il ricorso, in parte qua, ha ad oggetto, dunque, l’osservanza e l’applicazione di una norma regolamentare interna all’ordinamento sportivo e diretta al corretto svolgimento delle attività sportive, come tale priva di rilievo giuridico per l’ordinamento statale e sottratta, come tale, alla cognizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a, d.l. n. 220/2003 cit., essendo riservata la cognizione della predetta materia al giudice sportivo ai sensi del successivo comma 2;

b) quanto all’impugnativa del provvedimento sanzionatorio contenuto nel comunicato n. 82/2012 e della decisione della Corte di Giustizia Federale del 25 maggio 2015, ad esso relativa, deve parimenti essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo essendo riservata al giudice sportivo la cognizione delle controversie aventi ad oggetto l’irrogazione e l’applicazione delle sanzioni disciplinari sportive ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b., d.l. n.220/2003 cit.;

8.1. Fermo restando l’esplicita esclusione della diretta giurisdizione del giudice amministrativo sugli atti attraverso i quali sono irrogate le sanzioni disciplinari, residuerebbe la cognizione del giudice adito, in base alle statuizioni della Corte Costituzionale, sulla consequenziale domanda risarcitoria.

La domanda risarcitoria proposta nel presente giudizio è spiegata, tuttavia, con formulazione del tutto generica ed è sfornita di qualsivoglia allegazione probatoria in ordine agli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano.

Per tali motivi si appalesa del tutto infondata e, come tale, deve essere rigettata nel merito.

9. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione, in parte lo respinge.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite, in favore delle parti resistenti, che liquida nella somma complessiva di € 1.500 (euro millecinquecento/00) ciascuna, oltre oneri ed accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Alessandro Tomassetti, Consigliere

Francesca Romano, Referendario, Estensore

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