T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 1592/2021

Pubblicato il 08/02/2021

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), integrato da motivi aggiunti, proposto da: OMISSIS S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ottavio Grandinetti e Daniele Majori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. Ottavio Grandinetti in Roma, viale Bruno Buozzi, 87;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Antonino Apreda non costituito in giudizio;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

a) della delibera n. 488/18/CONS adottata il 16 ottobre 2018 dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (di seguito, anche solo “Autorità” o “AGCom”), avente ad oggetto «Diffida alla società OMISSIS s.r.l. al rispetto dell'articolo 70 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, in combinato disposto con l'articolo 6, dell'Allegato A, alla delibera n. 519/15/CONS, in relazione alla modifica delle condizioni contrattuali conseguenti alla rimodulazione del pacchetto “OMISSIS Calcio”», provvedimento notificato alla ricorrente in data 25 ottobre 2018 e pubblicato sul sito web dell'Autorità in data 23 novembre 2018 (doc. n. 2);

b) di ogni altro atto presupposto, connesso, coevo o consequenziale, anche non conosciuto, ivi compresi, ove occorra, in partibus quibus e nei limiti dell'interesse: b.1) la nota AGCom prot. n. 71040 del 3 agosto 2018 (Rif. DTC/18/EMC), avente ad oggetto «Modifica delle condizioni contrattuali delle offerte di servizi di pay-tv. Richiesta dati ed informazioni» (doc. n. 3); b.2) la nota AGCom prot. n. 132885 del 19 settembre 2018, avente ad oggetto «Variazioni delle offerte di pay-tv commercializzate per la visione dei contenuti della stagione calcistica 2018/2019» (doc. n. 4); b.3) la delibera AGCom n. 519/15/CONS, del 25 settembre 2015, recante «Approvazione del Regolamento recante disposizioni a tutela degli utenti in materia di contratti relativi alla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche», con i relativi allegati, ivi compreso l'Allegato A e, in particolare, l'art. 6 di cui allo stesso Regolamento, nonché l'Allegato 1 al citato Allegato A (doc. n. 5); b.4) la delibera AGCom n. 223/12/CONS e s.m.i., recante «Adozione del nuovo Regolamento concernente l'organizzazione e il funzionamento dell'Autorità», con il relativo Allegato A; b.5) la delibera AGCom n. 410/14/CONS e s.m.i., con i relativi allegati; b.6) la delibera AGCom n. 401/10/CONS e s.m.i.; b.7) «la relazione del Commissario (…) relatore ai sensi dell'articolo 31 del Regolamento concernente l'organizzazione ed il funzionamento dell'Autorità», non conosciuta, ma menzionata nelle premesse della citata delibera n. 488/18/CONS.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da OMISSIS S.R.L. il 24.6.2019:

per ottenere, previa adozione delle opportune misure cautelari:

I) la dichiarazione di nullità, l'annullamento o la disapplicazione:

[l'ordine alfabetico segue quello del ricorso introduttivo]

c) della delibera n. 154/19/CONS adottata l'8 maggio 2019 dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (di seguito, anche solo “Autorità” o “AGCom”), avente ad oggetto “Ordinanza ingiunzione nei confronti della società OMISSIS s.r.l. per l'inottemperanza alla diffida e all'ordine impartiti con delibera n. 488/18/CONS (Contestazione n. 1/19/DTC)”, con cui l'Autorità ha irrogato la sanzione pecuniaria di 2.400.000 di euro ingiungendo a OMISSIS di pagarla entro 30 giorni dalla notificazione del provvedimento intervenuta il 17 maggio 2019 (doc. 12; la numerazione segue quella del ricorso introduttivo);

d) di tutti gli atti e provvedimenti ad essa comunque presupposti, connessi, coevi e conseguenti, anche non conosciuti, ivi compresi:

- la Contestazione n. 1/19/DTC notificata alla ricorrente il 21 gennaio 2019 (doc. 13);

- ove occorra e nei limiti dell'interesse della ricorrente, le delibere AGCom n. 581/15/CONS («Approvazione del Regolamento di procedura in materia di sanzioni amministrative e impegni») e n. 265/15/CONS («Linee guida sulla quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni»), con i relativi allegati, tutte citate nelle premesse della delibera n. 154/19/CONS;

- in ogni caso, tutti gli atti impugnati con il ricorso principale – nei confronti dei quali, ad ogni buon conto, nuovamente ci si grava – di seguito trascritti con lo stesso ordine alfabetico ivi utilizzato:

a) la delibera n. 488/18/CONS adottata il 16 ottobre 2018 dall'Autorità, avente ad oggetto «Diffida alla società OMISSIS s.r.l. al rispetto dell'articolo 70 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, in combinato disposto con l'articolo 6, dell'Allegato A, alla delibera n. 519/15/CONS, in relazione alla modifica delle condizioni contrattuali conseguenti alla rimodulazione del pacchetto “OMISSIS Calcio”», provvedimento notificato alla ricorrente in data 25 ottobre 2018 e pubblicato sul sito web dell'Autorità in data 23 novembre 2018 (doc. n. 2);

b) di ogni altro atto presupposto, connesso, coevo o consequenziale, anche non conosciuto, ivi compresi, ove occorra, in partibus quibus e nei limiti dell'interesse: b.1) la nota AGCom prot. n. 71040 del 3 agosto 2018 (Rif. DTC/18/EMC), avente ad oggetto «Modifica delle condizioni contrattuali delle offerte di servizi di pay-tv. Richiesta dati ed informazioni» (doc. n. 3); b.2) la nota AGCom prot. n. 132885 del 19 settembre 2018, avente ad oggetto «Variazioni delle offerte di pay-tv commercializzate per la visione dei contenuti della stagione calcistica 2018/2019» (doc. n. 4); b.3) la delibera AGCom n. 519/15/CONS, del 25 settembre 2015, recante «Approvazione del Regolamento recante disposizioni a tutela degli utenti in materia di contratti relativi alla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche», con i relativi allegati, ivi compreso l'Allegato A e, in particolare, l'art. 6 di cui allo stesso Regolamento, nonché l'Allegato 1 al citato Allegato A (doc. n. 5); b.4) la delibera AGCom n. 223/12/CONS e s.m.i., recante «Adozione del nuovo Regolamento concernente l'organizzazione e il funzionamento dell'Autorità», con il relativo Allegato A; b.5) la delibera AGCom n. 410/14/CONS e s.m.i., con i relativi allegati; b.6) la delibera AGCom n. 401/10/CONS e s.m.i.; b.7) «la relazione del Commissario (…) relatore ai sensi dell'articolo 31 del Regolamento concernente l'organizzazione ed il funzionamento dell'Autorità», non conosciuta, ma menzionata nelle premesse della citata delibera n. 488/18/CONS.

II) la revoca della sanzione pecuniaria di Euro 2.400.000,00 irrogata all'odierna ricorrente con la citata delibera AGCom n. 154/19/CONS, o, in subordine e salvo gravame, la modifica di tale delibera, comunque con la riduzione della sanzione irrogata.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2020 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 21.12.2018 e depositato il successivo giorno 28, OMISSIS S.r.l. esponeva quanto segue:

i. a seguito della procedura di gara posta in essere dalla Lega Nazionale Professionisti Serie A (“Lega Serie A”), per l’assegnazione dei diritti audiovisivi relativi alle stagioni 2018-2021 (corrispondenti a tre stagioni calcistiche) - nel rispetto della “no single buyer rule” di cui al d.lgs. 9 gennaio 2008, n. 9 («Disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi e relativa ripartizione delle risorse»: cd. “decreto Melandri”) - OMISSIS si aggiudicava 7 partite di Serie A su 10 per ogni giornata, con 16 “big match” su 20 a stagione, mentre la società Perform Investment Limited (titolare dell’offerta DAZN: di seguito, anche solo “DAZN”), si aggiudicava le 3 partite rimanenti di ciascuna giornata di Serie A; ciò avveniva in base alla formula prescelta dalla Lega per la gara per la gara “de qua” che, nel caso in esame (diversamente da quanto accaduto negli anni precedenti), prevedeva tre distinti “pacchetti” da vendere, in esclusiva, indipendentemente dalla piattaforma utilizzata (precisamente OMISSIS si aggiudicava i primi due dei seguenti “pacchetti” messi a gara: il “pacchetto 5”, aveva ad oggetto i diritti audiovisivi di 3 partite a giornata tra cui quella della domenica sera; il “pacchetto 6”, relativo ai diritti audiovisivi di 4 partite a giornata, tra cui quella del lunedì sera; il “pacchetto 7” (l’unico assegnato a DAZN), relativo ai diritti audiovisivi di 3 partite a giornata, tra cui quella del sabato sera;

ii. con nota prot. n. 71040 del 3 agosto 2018, la Direzione Tutela dei Consumatori dell’AGCOM richiedeva a OMISSIS s.r.l. (di seguito anche soltanto “Sky”), una serie di informazioni, ai sensi dell’art. 98, co. 9, del d.lgs. n. 259/2003 (Codice delle Comunicazioni Elettroniche, ovvero “CCE”), riguardanti la pubblicizzata modifica delle condizioni giuridiche ed economiche delle offerte attivate per la visione delle partite di serie A della stagione 2018/2019, sulla base di un accordo frattanto intervenuto tra OMISSIS e la società DAZN;

iii. ricevute le prime informazioni da Sky, l’Autorità trasmetteva alla società la nota prot. n. 132885 del 19 settembre 2018, nella quale dichiarava di ritenere che le variazioni delle offerte “pay per view” in procinto di essere attuate ricadevano, a suo parere, nell’ambito della normativa di settore, la cui applicazione avrebbe comportato, tra l’altro, il rispetto degli obblighi in tema di informativa nei confronti degli utenti coinvolti, anche al fine di garantire - con un preavviso non inferiore a trenta giorni - il diritto di recesso da parte dei clienti, senza costi di disattivazione né penali, anche in presenza di offerte promozionali. (doc. 4 ric.);

iv. con nota del 25 settembre 2018, Sky, dando riscontro alla suindicata nota dell’AGCOM, formulava ogni più ampia riserva anche in ordine alla stessa configurabilità di effettive modifiche alle proprie condizioni contrattuali e, contestualmente, informava l’Autorità di restare comunque in attesa di ricevere il provvedimento adottato dal Consiglio, anche al fine di poter svolgere le necessarie valutazioni in merito (doc. 8 ric.);

v. il 25 ottobre 2018 la società ricorrente riceveva la notifica della delibera n. 488/18/CONS (impugnata), con la quale l’Autorità resistente diffidava OMISSIS «al rispetto, nei termini di cui in motivazione, delle disposizioni rilevanti di cui all’articolo 70 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, in combinato disposto con l’art. 6, dell’Allegato A, alla delibera n. 519/15/CONS», ordinando altresì all’odierna ricorrente «di provvedere, entro trenta giorni dalla notifica del presente provvedimento, a informare, con le modalità di cui all’art. 6, comma 5 dell’allegato A, alla delibera n 519/15/CONS, tutti gli utenti che abbiano sottoscritto il pacchetto “OMISSIS Calcio” a condizioni diverse da quelle attualmente vigenti dell’intervenuta modifica delle condizioni contrattuali del citato pacchetto e del conseguente diritto di recedere senza costi di disattivazione né penali, anche in caso di offerte promozionali, entro trenta giorni dalla avvenuta comunicazione dell’informativa»;

vi. nella motivazione della delibera n. 488/19/CONS (“diffida”), l’Autorità esternava, principalmente, le seguenti valutazioni (v. doc. 2 ric.): secondo l’AGCOM trova applicazione, nella specie, l’art. 70, comma 4, del Codice delle Comunicazione Elettroniche nonché l’art. 6, dell’Allegato A, alla delibera n. 519/15/CONS, laddove dispone che gli “…operatori informano con adeguato preavviso, non inferiore a trenta giorni, i clienti interessati delle modifiche alle condizioni contrattuali, e del loro diritto, se non accettano le nuove condizioni, di recedere senza penali né costi di disattivazione (…). La comunicazione agli utenti (…) deve avvenire secondo le modalità di cui all’Allegato 1 al presente regolamento.”; - con riguardo alla specifica fattispecie esaminata, ad avviso dell’Autorità, la modifica dei contenuti del pacchetto “OMISSIS Calcio” (rispetto a quelli della precedente stagione di campionato) può ritenersi “oggettiva e rilevante”, atteso che essa ha determinato una “sensibile riduzione del numero di partite del Campionato di Serie A e l’eliminazione completa dell’intero campionato di Serie B (i cui diritti sono stati acquisiti da un operatore concorrente), a fronte dell’aggiunta di alcune partite di Champions League (lo scorso anno assenti), di Europa League e di altri campionati stranieri”; - la modifica del pacchetto “OMISSIS Calcio”, di fatto, ha interessato contenuti oggettivamente determinanti ai fini delle scelte contrattuali degli abbonati (atteso che OMISSIS non ha più i diritti di visione dell’intero Campionato di Serie A né del Campionato di Serie B) e l’operatore, quindi, avrebbe dovuto consentire agli abbonati al suddetto pacchetto di valutare la convenienza della permanenza del rapporto contrattuale con Sky; - con la conseguenza che gli utenti, sottoscrittori del pacchetto alle previgenti condizioni, avrebbero dovuto essere informati, con le modalità di cui all’art. 6, comma 5 dell’Allegato A, alla delibera n 519/17/CONS, del loro diritto di esercitare il recesso senza costi di disattivazione né penali, anche in presenza di offerte promozionali; - l’AGCOM ha pertanto ritenuto di diffidare OMISSIS S.p.a. a rendere edotti i propri clienti, in modo chiaramente e facilmente percepibile in ordine ai seguenti contenuti: “i) l’esatto contenuto delle modifiche alle condizioni contrattuali che sono avvenute; ii) che è garantito loro il diritto di recedere dalla data di comunicazione delle modifiche da parte dell’operatore e fino al trentesimo giorno successivo; iii) che ai fini dell’esercizio del diritto di recesso, ai sensi dell’art. 1, comma 3-bis, del decreto legge n. 7/2007, convertito in legge n. 40/2007, le modalità utilizzabili devono essere semplici e di immediata attivazione e devono comprendere, nel caso di recesso telematico, anche la PEC oltre al web-form, nonché i punti vendita e il canale telefonico; iv) che l’eventuale esercizio del diritto di recesso dal contratto non comporterà l’applicazione di penali né costi di disattivazione e che non saranno addebitati eventuali costi riferiti a contratti con offerte promozionali…” (delibera impugnata, pag. 6).

2. Con il ricorso all’odierno vaglio del Collegio, OMISSIS svolge avverso la delibera dell’AGCOM un’articolata serie di censure, ripartite in nove motivi che, seguendo l’ordine espositivo del gravame, possono essere riassunti nei termini seguenti:

I) con il primo motivo, OMISSIS deduce l’illegittimità della delibera n. 488/18/CONS, poiché con essa l’Autorità - sull’asserito presupposto che «una modifica dei contenuti editoriali comporti l’applicazione dell’art. 70, comma 4, del Codice» - ha sostenuto che la modifica del pacchetto “OMISSIS Calcio” comporta l’applicazione «alla fattispecie in esame, [del]la disciplina sullo jus variandi di cui all’art. 70, comma 4, del Codice …». Sennonché, secondo parte ricorrente, sia alla luce delle definizioni contenute nel Codice, sia in considerazione delle previsioni delle direttive comunitarie in materia (tra cui la direttiva 2002/22/CE, il cui art. 20 è stato recepito nell’ordinamento nazionale con l’art. 70 del Codice), le predette disposizioni sono inapplicabili a Sky, in quanto essa non fornisce «servizi di comunicazione elettronica» (e tantomeno una «rete pubblica di comunicazione»), poiché non svolge attività di «trasmissione di segnali», ma piuttosto commercializza pacchetti di canali televisivi;

II) con il secondo motivo si deduce l’inapplicabilità a OMISSIS della delibera n. 519/15/CONS o, comunque, la sua illegittimità, perché: da un lato, non è sufficiente, per ritenere tale delibera applicabile a Sky, la mera indicazione posta in calce all’Allegato 1 all’Allegato A della citata delibera (ove l’Autorità fa riferimento a non meglio definiti “servizi televisivi a pagamento”), anche perché ogni interpretazione che portasse all’arbitraria estensione della disciplina regolamentare a soggetti del tutto estranei all’ambito di applicazione delle direttive comunitarie in materia e del Codice contrasterebbe apertamente con tali fonti sovraordinate, con conseguente necessità di annullare o, quantomeno, disapplicare la delibera n. 519/15/CONS ed i suoi Allegati A ed 1, e conseguente illegittimità, anche in via derivata, di tutti i provvedimenti impugnati; dall’altro lato – ove, in denegata ipotesi, si accedesse ad una lettura estensiva della delibera n. 519/15/CONS anche alle imprese che forniscono «servizi di televisione a pagamento» ed alla loro identificazione con le imprese che commercializzano pacchetti di canali televisivi – l’Autorità finirebbe in ogni caso con l’ampliare altrettanto illegittimamente le sue competenze ed i suoi connessi poteri sanzionatori, in violazione della direttiva sulle pratiche commerciali scorrette e dello stesso Codice del consumo, che attribuisce la competenza in materia all’AGCM;

III) con il terzo motivo si eccepisce l’illegittimità della delibera n. 488/18/CONS in quanto, con essa, l’Autorità pretenderebbe di applicare a OMISSIS le disposizioni di cui all’art. 70, co. 4, del Codice (e della citata delibera AGCom n. 519/15/CONS) a fronte di un’asserita «modifica dei contenuti editoriali» di un pacchetto di canali televisivi connessa alla mutata titolarità dei diritti audiovisivi della Serie A relativi alle stagioni 2018-2021 (come espressamente previsto nelle condizioni generali di abbonamento di Sky) e comunque non accompagnata da alcuna modifica del prezzo del pacchetto “OMISSIS Calcio”, né dipendente da un’autonoma decisione della ricorrente, bensì da un vincolo esterno direttamente riconducibile alla struttura della procedura di gara posta in essere dalla Lega Serie A nel rispetto della “no single buyer rule” di cui al d.lgs. 9 gennaio 2008, n. 9 (cd. “decreto Melandri”);

IV) OMISSIS deduce, con il quarto motivo, l’impossibilità per l’Autorità di intervenire per contestare a OMISSIS la presunta violazione di cui si tratta, atteso che, a suo dire, nessuna delle disposizioni richiamate dall’AGCOM sarebbe applicabile al caso di specie; ne consegue altresì, “l’assoluta carenza di potere dell’Autorità o, in subordine, la sua incompetenza”;

V) con il quinto motivo si deduce la contraddittorietà con altri provvedimenti della stessa Amministrazione atteso che, in passato, l’Autorità avrebbe costantemente negato qualsiasi responsabilità delle imprese che commercializzano pacchetti di canali televisivi in relazione alla presunta “modifica” dei pacchetti contenenti eventi sportivi (calcistici), conseguente alla mutata titolarità dei relativi diritti audiovisivi, escludendo altresì la sussistenza del diritto ad essere informati individualmente di tali modifiche (già previste nelle condizioni generali di contratto) e, a fortiori, dell’obbligo per le stesse imprese di concedere, in tali ipotesi, il recesso senza spese dai contratti in essere (cita le delibere AGCOM n. 146/16/CIR e n. 153/16/CIR, che hanno riguardato canali facenti parte di pacchetti sportivi di Sky);

VI) vi sarebbe illegittimità della Diffida anche in quanto l’Autorità ha omesso di prendere in considerazione numerose circostanze (indicate da OMISSIS nelle note inviate all’Autorità, oltre che affermate dalla stessa AGCOM) che, ove adeguatamente valutate, avrebbero ragionevolmente condotto ad esiti opposti a quelli a cui è pervenuta l’Autorità nella Diffida;

VII) con il settimo motivo, si denuncia l’omessa considerazione del fatto che – quand’anche un abbonato non avesse avuto più «interesse a fruire del pacchetto Calcio offerto da SKY, in quanto sostanzialmente mutato, rispetto al momento dell’adesione contrattuale, proprio per quella tipologia di contenuto che, invece, ne aveva determinato l’acquisto» – lo stesso abbonato avrebbe potuto procedere ad adattare la composizione del proprio abbonamento a tale presunto, mutato interesse, nello specifico attraverso il cd. downgrade o la sostituzione dei pacchetti;

VIII) in relazione all’art. 1, co. 3-bis, del d.l.. n. 7/2007 ed alla cd. simmetria tra le modalità di sottoscrizione del contratto (e di adesione alle offerte) e le modalità del recesso, si contesta l’inapplicabilità della disposizione a OMISSIS per le stesse ragioni sopra svolte (in particolare, nel primo, nel secondo e nel terzo motivo di ricorso) e comunque l’estraneità della stessa disposizione alla materia delle variazioni contrattuali e all’esercizio del recesso in conseguenza delle medesime, persino nella denegata ipotesi di applicabilità dell’art. 70 del Codice, nonché l’incompetenza dell’AGCOM derivante dalla necessità di disapplicare il comma 3-bis dell’art. 1 del d.l. n. 7/2007 per contrasto con la direttive di armonizzazione massima n. 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali e n. 2011/83/UE sui cd. “consumer rights” (recepite nell’ordinamento italiano con modifiche al Codice del consumo), di competenza dell’AGCM;

IX) con il nono ed ultimo motivo di ricorso è dedotta l’illegittimità della Delibera in quanto, prima dell’adozione di essa, OMISSIS ha ricevuto soltanto note contenenti richieste di «dati e informazioni» e non anche un avviso di avvio di procedimento ai sensi degli artt. 7 e ss. della l. n. 241/1990, né una contestazione ai sensi della l.n. 689/1981. Pertanto, OMISSIS non è stata posta in grado, in particolare: di comprendere che un formale procedimento era in corso (tantomeno di natura sanzionatoria); di chiedere un’audizione ufficiale presso l’Autorità per avere un contraddittorio con l’Amministrazione procedente; di svolgere le numerose argomentazioni contenute nel presente ricorso; e così via. Di qui l’illegittimità della Diffida anche in ragione dei predetti vizi procedimentali.

3. Si è costituita in resistenza l’AGCOM.

4. In corso di causa, l’Autorità, nella riunione del Consiglio dell’8 maggio 2019, ha adottato la delibera n. 154/19/CONS, con la quale: ha ripercorso sinteticamente la pregressa vicenda procedimentale, ha dato conto delle controdeduzioni difensive esposte da OMISSIS nel corso del procedimento (in larga parte coincidenti con i motivi del ricorso sopra esposti), ha replicato a ciascuna di esse, ha richiamato i contenuti del provvedimento di diffida adottato con la delibera n. 488/18/CONS, ha osservato, infine, che le prescrizioni ivi impartite alla società odierna ricorrente “sono rimaste del tutto inattuate”.

Per quanto precede, con la delibera n. 154 del 2019 l’AGCOM ha ritenuto di confermare quanto aveva già contestato a OMISSIS in sede di avvio del procedimento sanzionatorio, con la precedente diffida, in quanto è perdurata l’inottemperanza alla delibera n. 488/18/CONS senza che la Società abbia addotto alcuna giustificazione idonea a escludere la propria responsabilità.

Per quanto precede l’Autorità ha ingiunto alla società OMISSIS S.r.l. di versare entro 30 giorni dalla notificazione del provvedimento, a titolo di sanzione pecuniaria (sotto pena dei conseguenti atti esecutivi a norma dell’art. 27 della legge n. 689/1981), la somma di euro 2.400.000,00 (duemilioniquattrocentomila/00), ai sensi dell’articolo 98, comma 11, del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259.

5. Con atto per motivi aggiunti notificato il 12.6.2019 e depositato il giorno 24.6.2019, OMISSIS ha impugnato il menzionato provvedimento sanzionatorio (ordinanza ingiunzione) articolando i seguenti ulteriori motivi di censura (la numerazione della ricorrente segue quella indicata nel ricorso introduttivo):

X. Illegittimità derivata dei provvedimenti impugnati con i motivi aggiunti, per effetto delle medesime censure già svolte nel ricorso introduttivo del presente giudizio;

XI. Violazione del principio del ne bis in idem, degli artt. 24, 111 e 117, co. 1, Cost., anche in relazione all’art. 4 Protocollo n. 7 CEDU: parte ricorrente menziona la sanzione applicata dall’AGCM il 18 febbraio 2019, la quale, a suo dire, attiene agli stessi fatti oggetto del procedimento avviato dall’AGCOM, con conseguente impossibilità per quest’ultima di proseguire il procedimento sanzionatorio avviato e “a fortiori” di irrogare alcuna sanzione. Con il provvedimento dell’AGCM, OMISSIS è stata già sanzionata nell’ambito del procedimento per pratiche commerciali scorrette PS 11232, per avere asseritamente tenuto una condotta aggressiva nei confronti di clienti già abbonati al Pacchetto Calcio «costringendoli ad optare tra due scelte entrambe svantaggiose, ossia il mantenimento del contratto con la prosecuzione degli addebiti in misura invariata nonostante la diversa e (ridotta) offerta oppure il recesso a titolo oneroso (…)» (§ 54; cit. doc. 17 ric.). La sanzione irrogata dallAGCOM ed impugnata nella presente sede, pertanto, integrerebbe la violazione dell’art. 4 del Protocollo addizionale n. 7 alla CEDU (“Diritto di non essere giudicato o punito due volte”), disposizione che si applica anche in materia di sanzioni amministrative allorché le stesse possano qualificarsi come “sostanzialmente penali” ai sensi del sistema CEDU (cfr. Corte EDU, Grande Stevens c. Italia, 4 marzo 2014, peraltro applicativa dei c.d. criteri Engel elaborati dalla stessa Corte a partire dalla sentenza Engel e altri c. Olanda, 8 giugno 1976; cfr. anche Cons. Stato, Ad. Plen., 9 febbraio 2016, n. 4). Pertanto, conclude la società ricorrente, non soltanto i fatti oggetto dei due procedimenti sono gli stessi ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU e di quella della nostra Corte costituzionale (sentenza n. 200/2016 del 21 luglio 2016), ma anche gli interessi tutelati con i due procedimenti sanzionatori sono, a ben vedere, i medesimi;

XII. Violazione dell’art. 14 l. n. 689/1981; dell’art. 3 l. n. 241/1990; degli artt. 3, 5 e 6 dell’Allegato A alla delibera AGCom n. 581/15/CONS. Eccesso di potere per mancanza dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà intrinseca e rispetto a provvedimenti della stessa Amministrazione: l’Autorità, per sua stessa scelta, era decaduta dalla possibilità di irrogare qualsiasi sanzione per la pregressa violazione dell’art. 70, a causa del decorso del termine di 90 giorni per la notifica della contestazione: quest’ultima sarebbe avvenuta, in concreto, il 21 gennaio 2019, pertanto oltre i 90 giorni decorrenti dal 19 settembre 2018 (data della menzionata nota del Segretario generale), così come rispetto al 18 ottobre dello stesso anno (data di adozione della Diffida); l’Autorità dovrebbe senz’altro considerarsi decaduta dal potere di irrogare sanzioni, in quanto non può ritenersi che la “Diffida” di cui alla delibera n. 488/18/CONS abbia potuto tener luogo della contestazione di cui all’art. 14 Legge n. 689/1981.

Questa (ri)qualificazione della Diffida osta la mancanza di numerosi elementi essenziali della contestazione, che non sono contenuti nella Diffida: in ogni caso sarebbe abbondantemente superato il termine massimo di 150 giorni fissato dall’art. 6, co. 1, del Reg. sanzioni, per la chiusura dei procedimenti sanzionatori dinanzi all’AGCom, poiché la Diffida è stata notificata a OMISSIS il 18 ottobre 2018, mentre la Delibera sanzionatoria è stata notificata a OMISSIS soltanto il 17 maggio 2019, cioè oltre i 150 giorni di cui al cit. art. 6, con conseguente illegittimità della stessa Delibera sanzionatoria;

XIII. Violazione del d.lgs. n. 259/2003; delle direttive 2002/21/Ce, 2002/22/Ce, 2002/20/Ce, 2002/19/Ce. Violazione e falsa applicazione della delibera AGCom n. 519/15/CONS e dell’Allegato Regolamento. Eccesso di potere per mancanza dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà intrinseca e rispetto a provvedimenti della stessa Amministrazione: l’art. 70 del Codice (che recepisce l’art. 20 della direttiva 2002/22/CE, cd. servizio universale) dispone espressamente che gli obblighi ivi previsti riguardano soltanto le «imprese che forniscono servizi di connessione ad una rete di comunicazione pubblica o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico». OMISSIS non fornisce «servizi di comunicazione elettronica» (e tantomeno una «rete pubblica di comunicazione»); il motivo ripercorre, in larga parte, quanto già dedotto nel primo motivo di ricorso anche alla luce di quanto prevedono in tema le direttive quadro europee;

XIV. In subordine e salvo gravame. Violazione, sotto altri profili, degli artt. 1, 2 e 70 del Codice delle comunicazioni elettroniche; delle citate direttive 2002/21/CE, 2002/22/CE, 2002/20/CE, 2002/19/CE e s.m.i. Violazione della delibera AGCom n. 519/15/CONS e dell’Allegato Regolamento. Violazione del d.lgs. n. 9/2008. Eccesso di potere sotto vari profili: parte ricorrente (con motivo espressamente formulato come subordinato alla condizione del mancato accoglimento di uno dei motivi che precedono) muove dalla considerazione che la delibera sanzionatoria ha affermato che l’«art. 70, comma 4, del Codice (…) fa discendere l’obbligo di informativa e il correlato diritto di recesso, dall’adozione delle “mere modifiche delle condizioni contrattuali” operate dal professionista, senza accordare rilevanza alle ragioni che le abbiano occasionate, ma conferendo all’utente il diritto di valutare la convenienza o meno della permanenza del vincolo contrattuale» (p. 14); l’affermazione si porrebbe in frontale contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia formatasi nell’interpretazione dell’art. 20 della direttiva “servizio universale” (di cui l’art. 70 del Codice rappresenta mero recepimento nell’ordinamento nazionale), secondo la quale rimarrebbero al di fuori dell’ambito di applicazione del cit. art. 20 le modifiche contrattuali e/o gli adeguamenti (anche tariffari) non determinati autonomamente dalle imprese, ma da fattori esterni che le abbiano imposte (cfr. anche il considerando n. 27 della direttiva 2009/136/CE); nella specie la modifica dell’offerta per la visione delle partite di calcio è direttamente riconducibile alla formula della procedura di gara indetta dalla Lega Calcio Serie A, basata sulla regola “no single buyer rule” (regola che imponeva che non potesse esservi un solo acquirente); inoltre OMISSIS non avrebbe modificato l’oggetto del contratto di abbonamento (i “Pacchetti”), ma - al più – alcuni singoli programmi/eventi (cioè soltanto alcuni incontri di Serie A ed il Campionato di seconda divisione) dei singoli canali costituenti il complessivo “Pacchetto Calcio”;

XV. In via subordinata e sempre salvo gravame. Violazione dell’art. 1, co. 3-bis, d.l. n. 7/2007, e, sotto altro profilo, della dir. n. 2002/22/Ce; dell’art. 70 del Codice. Violazione degli artt. 3, 23, 41 e 117 Cost. Eccesso di potere: parte ricorrente nega che sia ad essa imputabile la violazione della cd. simmetria tra le forme di conclusione dei contratti (e di adesione alle offerte) e le forme di recesso, simmetria richiesta dall’art. 1, co. 3-bis, del d.l. n. 7/2007. Alla fattispecie per cui è causa, infatti, non sarebbe applicabile il suindicato co. 3-bis introdotto nell’art. 1 del decreto Bersani bis dalla l. n. 124/2017. Spetta poi all’AGCM (e non all’AGCOM) la competenza di vigilanza e sanzionatoria, essendosi preferito concentrare in un unico soggetto il controllo amministrativo su discipline comunitarie caratterizzate da un regime di completa armonizzazione, con conseguente incompetenza dell’AGCOM.

XVI. Violazione della l.n. 689/1981, dell’art. 3 l.n. 241/1990 e delle delibere AGCom n. 581/15/CONS e n. 265/15/CONS nonché degli allegati a queste ultime due delibere. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, carenza di istruttoria, manifesta illogicità, contraddittorietà intrinseca e con altri provvedimenti della stessa Amministrazione, difetto di motivazione: secondo OMISSIS l’applicazione del trattamento sanzionatorio di cui al suindicato co. 11 presupporrebbe l’inottemperanza «agli ordini e alle diffide impartiti ai sensi del Codice», mentre nella specie nessun potere di adottare ordini o diffide è attribuito all’Autorità. Nella Delibera sanzionatoria non vi sarebbe alcuna traccia della “scansione bifasica” nella definizione della sanzione, che è stata invece forfettariamente fissata in euro 2.400.000 di euro. Inoltre, l’Autorità, rinunciando a sanzionare la violazione dell’art. 70, co. 4, avrebbe dovuto giustificare la cospicua sanzione al più con riferimento alla (sola) violazione della Diffida, mentre nella Delibera sanzionatoria si continua a parlare di omessa «osservanza degli obblighi imposti dall’art. 70 del Codice e dall’art. 6, dell’Allegato A, alla delibera n. 519/15/CONS».

Si chiede pertanto a questo Giudice che, anche nell’esercizio della sua giurisdizione di merito in materia di sanzioni amministrative pecuniarie, di voler revocare la Delibera sanzionatoria o, quantomeno, ridurre la sanzione al minimo edittale.

6. Nella camera di consiglio del 17.7.2019, fissata per la trattazione della domanda cautelare, la difesa di parte ricorrente dichiarava di voler rinunciare all'istanza cautelare e chiedeva la fissazione dell'udienza pubblica per la trattazione del merito del ricorso.

7. In vista della pubblica udienza vi è stato tra le parti lo scambio di ampie memorie ex art. 73 c.p.a. e di successive note di replica.

8. Quindi, in data 11 novembre 2020 si è svolta la discussione orale, mediante collegamento da remoto, ai sensi dell'art. 4 del Decreto Legge 30 aprile 2020 n. 28 (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 25 giugno 2020, n. 70) così come richiamato dall'art. 25 del Decreto Legge 28 Ottobre 2020 n. 137.

All’esito della discussione il Collegio ha introitato la causa in decisione.

9. I fatti oggi in esame, nel loro nucleo essenziale, possono così riassumersi: a seguito della gara indetta dalla Lega Calcio Serie A, per l’assegnazione dei diritti televisivi per la trasmissione delle partite della serie A, stagioni 2018-2021, i due soggetti aggiudicatari, vale a dire le società OMISSIS e Perform (titolare di DAZN), addivenivano ad un accordo commerciale volto a consentire agli abbonati della prima di fruire dell’autonoma e distinta offerta commerciale di DAZN a condizioni dedicate. In particolare, i clienti OMISSIS potevano sottoscrivere, in aggiunta ai pacchetti dell’abbonamento, il c.d. “ticket DAZN” a condizioni economiche agevolate e fruire, in tal modo, del servizio sulle medesime piattaforme sulle quali Perform liberamente avrebbe deciso di operare. Nello specifico, i clienti residenziali OMISSIS avrebbero potuto accedere esclusivamente alla piattaforma DAZN per le partite da questa trasmesse, mentre i clienti business di OMISSIS avrebbero potuto vedere le partite acquistate da Perform attraverso la ritrasmissione sulla piattaforma satellitare di Sky. Per la visione dei contenuti inclusi nel “ticket DAZN”, qualsiasi cliente (inclusi i clienti di SKY) avrebbe dovuto accedere alla “piattaforma” di DAZN, registrandosi ed accettando le specifiche condizioni contrattuali di utilizzo di DAZN.

Alla base del procedimento avviato e sfociato nel provvedimento sanzionatorio per cui è causa, vi sono le seguenti criticità ravvisate dall’AGCOM (vedi delibera 488/18/CONS – par. 1):

i) il danno per i consumatori costretti a sottoscrivere due abbonamenti (“OMISSIS Calcio” e “DAZN”) per guardare l’intera offerta televisiva della Serie A, con conseguente maggiore esborso economico e la necessità di una connessione internet a banda larga;

ii) l’invarianza del costo dell’abbonamento a OMISSIS nonostante la riduzione delle partite di Serie A rispetto alla stagione precedente e la mancata applicazione dell’articolo 70, comma 4, del Codice (relativamente al diritto di recesso senza costi di disattivazione né penali in caso di modifiche unilaterali di contratto).

L’argomentazione dell’AGCOM può riassumersi nei seguenti passaggi della delibera di “diffida”, oggetto del ricorso introduttivo: “[…] la modifica dei contenuti del pacchetto “OMISSIS Calcio”, rispetto a quelli della precedente stagione di campionato, può ritenersi oggettiva e rilevante, atteso che essa ha determinato una sensibile riduzione del numero di partite del Campionato di Serie A e l’eliminazione completa dell’intero campionato di Serie B (i cui diritti sono stati acquisiti da un operatore concorrente), a fronte dell’aggiunta di alcune partite di Champions League (lo scorso anno assenti), di Europa League e di altri campionati stranieri. In altri termini, ciò significa che un abbonato che fosse interessato prevalentemente alle partite del Campionato di Serie B potrebbe non avere più alcun interesse a fruire del pacchetto Calcio offerto da SKY, in quanto sostanzialmente mutato, rispetto al momento dell’adesione contrattuale, proprio per quella tipologia di contenuto che, invece, ne aveva determinato l’acquisto. Analogamente, un utente che avesse sottoscritto l’abbonamento per garantirsi la visione di tutte le partite del Campionato di Serie A, oggi si troverebbe costretto, per accedere ai medesimi contenuti dapprima ricompresi nel pacchetto “OMISSIS Calcio”a sottoscrivere anche il pacchetto DAZN, con inevitabile aumento del prezzo pagato a parità di contenuti fruiti. Ne discende, pertanto, che la modifica del pacchetto “OMISSIS Calcio”, di fatto, ha interessato contenuti oggettivamente determinanti ai fini delle scelte contrattuali degli abbonati (atteso che OMISSIS non ha più i diritti di visione dell’intero Campionato di Serie A né del Campionato di Serie B) e l’operatore quindi avrebbe dovuto consentire agli abbonati al suddetto pacchetto di valutare la convenienza della permanenza del rapporto contrattuale con OMISSIS […].”.

L’illecito contestato a OMISSIS deriva dal non avere essa attuato le prescrizioni che le erano state impartitele dalla diffida dell’AGCOM, contenuta nella delibera n. 488/18/CONS, la quale intimava alla società di porre in essere le seguenti condotte (vedi la superiore narrativa): i) comunicare ai clienti l’esatto contenuto delle modifiche alle condizioni contrattuali introdotte; ii) garantire loro il diritto di recedere dalla data di comunicazione delle modifiche da parte dell’operatore e fino al trentesimo giorno successivo; iii) fare in modo che, ai fini dell’esercizio del diritto di recesso, ai sensi dell’art. 1, comma 3-bis, del decreto legge n. 7/2007, convertito in legge n. 40/2007, le modalità utilizzabili fossero semplici e di immediata attivazione e tali da comprendere, nel caso di recesso telematico, anche la PEC oltre al web-form, nonché i punti vendita e il canale telefonico; iv) non contemplare, per l’eventuale esercizio del diritto di recesso dal contratto, l’applicazione di alcuna penale, né costi di disattivazione, né l’addebito di eventuali costi riferiti a contratti con offerte promozionali (v. delibera impugnata, pag. 6).

L’AGCOM configura la condotta inosservante di OMISSIS come violazione dell’art. 70, comma 4, d.lgs. n. 259/2003 (CCE – Codice delle Comunicazioni Elettroniche) a mente del quale “4. Il contraente, qualora non accetti le modifiche delle condizioni contrattuali da parte delle imprese che forniscono reti o servizi di comunicazione elettronica, ha diritto di recedere dal contratto senza penali né costi di disattivazione. Le modifiche sono comunicate al contraente con adeguato preavviso, non inferiore a trenta giorni, e contengono le informazioni complete circa l'esercizio del diritto di recesso. L'Autorità può specificare la forma di tali comunicazioni.”. In attuazione della disposizione primaria l’art. 6 del Regolamento di cui all’Allegato A alla delibera dell’AGCOM n. 519/15/CONS prevede che “2. Gli operatori informano con adeguato preavviso, non inferiore a trenta giorni, i clienti interessati delle modifiche alle condizioni contrattuali, e del loro diritto, se non accettano le nuove condizioni, di recedere senza penali né costi di disattivazione, nonché della possibilità di passare ad altro operatore. La volontà di recedere deve essere comunicata entro la data di entrata in vigore delle modifiche. 3. Il recesso ha efficacia a far data dall’entrata in vigore delle modifiche contrattuali se la relativa comunicazione perviene all’operatore prima di tale data e, in ogni caso, rende inapplicabili all’utente le nuove condizioni.”

La previsione della possibilità per i consumatori di recedere in qualsiasi momento dal contratto, senza alcuna penalità, costituisce strumento a tutela dei medesimi utenti a fronte della riconosciuta possibilità dei fornitori di reti e/o servizi di comunicazione elettronica di modificare le condizioni contrattuali.

Poiché le norme comunitarie in materia (v. Direttiva 22/2002/CE, come modificata dalla Direttiva 2009/136/CE), relative al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica, non attribuiscono agli Stati membri il potere di introdurre limitazioni alla facoltà degli operatori di modificare le condizioni contrattualmente pattuite con gli utenti o le caratteristiche del servizio - mentre il Considerando 27 della Direttiva 136, in ogni caso, riconosce “il diritto per gli abbonati di recedere da un contratto senza penalità [il quale] fa riferimento alle modifiche delle condizioni contrattuali che sono imposte dai fornitori di reti e/o servizi di comunicazione elettronica”, senza esplicitare possibili limitazioni casistiche di tale imposizione (cfr. TAR Lazio, III, 13 dicembre 2016, n. 12421) – deve ritenersi, in primo luogo, che non vi siano particolari limitazioni all'esercizio dello “ius variandi” da parte degli operatori soggetti al Codice delle Comunicazioni Elettroniche, ma anche che a tale potere della “contraente forte” del rapporto di utenza deve necessariamente corrispondere, ai sensi dell'art. 70 del CCE (e delle disposizione comunitaria a cui l’art. 70 dà attuazione), la più ampia facoltà di recesso da parte del consumatore/utente.

10. Ciò premesso, il Collegio ritiene che, stante la loro sostanziale infondatezza, nessuna delle censure articolate nel ricorso e nei motivi aggiunti successivamente proposti da OMISSIS S.p.a. possa condurre all’annullamento degli atti impugnati.

11. Sull’inapplicabilità al caso di specie dell’articolo 70 del Codice (e del Regolamento) in quanto OMISSIS non fornirebbe “servizi di comunicazione elettronica” e tantomeno una “rete pubblica di comunicazione” (Motivo I del ricorso e motivo aggiunto XIII)

Con il primo motivo di ricorso (e, in modo in larga parte sovrapponibile, con il motivo aggiunto sub XIII, che estende le stesse censure al provvedimento sanzionatorio), la società ricorrente contesta la legittimità della Diffida eccependo, innanzitutto, l’inapplicabilità del sopracitato art. 70 CCE a Sky, la quale non sarebbe inquadrabile nella categoria delle “imprese che forniscono reti o servizi di comunicazione elettronica” (vedi il comma 4 dell’art. 70 cit., nonché l’art. 2 dello stesso Codice, dedicato al campo di applicazione del CCE).

La Diffida sarebbe, altresì, illegittima anche da un punto di vista oggettivo in quanto - in aperta violazione del quadro europeo e del Codice di recepimento - l’Autorità avrebbe applicato alla ricorrente le disposizioni di cui all’art. 70, comma 4, del Codice e all’articolo 6, comma 5, del Regolamento AGCOM in materia di tutela degli utenti (Allegato A alla delibera n. 519/15/CONS), con specifico riferimento ad un’asserita “modifica di contenuti editoriali” di un pacchetto di servizi televisivi.

Su tali censure il Collegio ritiene di dover ribadire quanto già affermato in argomento, in modo convincente, da alcuni precedenti giurisprudenziali nazionali oltre che da (almeno) una pronuncia della CGUE che è pertinente al caso in esame.

Si rammenta, infatti, che il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza n. 2009 del 2013, ha affermato che:

i. il Codice delle Comunicazioni Elettroniche non esclude i “servizi radiotelevisivi a pagamento” dalla nozione di “servizi di comunicazione elettronica”, visto che all’art. 1, lett. gg) li definisce come “ servizi, forniti di norma a pagamento, consistenti ……….nella trasmissione di segnali su rete di comunicazione elettronica……..e servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva……”. Quindi ogni attività di fornitura di servizi di comunicazione elettronica, senza distinzione in base all’oggetto, è soggetta alla disciplina dettata per il settore;

ii. “…in secondo luogo per OMISSIS srl la qualità di “fornitore di servizi televisivi a pagamento” si desume anche dal contenuto della stessa Carta servizi DHT in cui l’emittente informa gli abbonati che l’operatore svolge l’attività nel settore della televisione digitale a pagamento, tra l’altro, via satellite, offrendo una serie di servizi accessibili mediante un ricevitore di decodifica del segnale ed una smart card abilitata alla visione dei contenuti offerti dal medesimo operatore”;

iii. pertanto OMISSIS (a differenza di quanto da essa stessa sostenuto) rientra senz‘altro nella categoria dei “fornitori di servizi ad accesso condizionato” e non in quella dei fornitori di meri contenuti (pacchetti), in quanto, ancor prima di consentire la visione del programma televisivo, fornisce all’utente il servizio di accesso propedeutico alla fruizione dei contenuti, costituito da una parabola, un decoder e da una smart card;

iv “premesso che il mero fornitore di contenuti non instaura rapporti diretti con l’utente finale, ai fini dell’applicazione del Regolamento impugnato non risulta in antitesi con le argomentazioni sopra esposte la circostanza che OMISSIS srl svolga al tempo stesso anche attività di fornitura di contenuti televisivi e che per trasmetterli si avvalga della piattaforma Eutelsat (vedi sentenza TAR); tale piattaforma, infatti, non può avere il ruolo di soggetto terzo “ operatore di rete” satellitare , ma funge da semplice piattaforma di passaggio del segnale originato da OMISSIS in modalità criptata, visto che è la stessa OMISSIS a fornire all’abbonato- utente finale i sistemi e gli apparati necessari per vedere in chiaro il segnale criptato” (Cons. Stato, sent. cit., par. 2.7.3)

v. quindi, poiché almeno per alcuni aspetti l’attività svolta dalla ricorrente rientra nella nozione di fornitore di servizi di comunicazione elettronica, come definita dall’art. 1, lett gg) del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, deve concludersi che OMISSIS Italia, “…almeno per l’attività di fornitore di servizio televisivo ad accesso condizionato in rapporto diretto con l’utente finale, è assoggettata alla disciplina dettata dal Codice e dal Regolamento AGCOM recante disposizioni a tutela degli utenti.” (Cons. Stato cit.).

Il TAR Lazio, inoltre, in almeno due occasioni (T.A.R. Lazio, II Sezione, 13 dicembre 2011 n. 9710, nonché id. 5 marzo 2014, n. 2534) ha individuato e ribadito le coordinate che conducono ad assoggettare l’attività di OMISSIS alle disposizioni del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, atteso che “la società ricorrente svolge, indubitabilmente, attività di trasmissione di programmi televisivi via satellite e di distribuzione di film e programmi televisivi, fornendo servizi di accesso condizionato, dovendo escludersi la sua configurabilità quale mero fornitore di contenuti, ricadendo conseguentemente a pieno titolo nella nozione di ‘servizi di comunicazione elettronica’ di cui all’art. 1, lettera gg) del Codice delle comunicazioni elettroniche, il quale ricomprende nel servizio di comunicazione elettronica “i servizi, forniti di norma a pagamento, consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazione elettronica, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva, ad esclusione dei servizi che forniscono contenuti trasmessi utilizzando reti e servizi di comunicazione elettronica o che esercitano un controllo editoriale su tali contenuti…”. Ad escludere la possibilità di qualificare la società ricorrente quale mero fornitore di contenuti, come tale espressamente sottratto alla nozione di servizio di comunicazione elettronica ai sensi della citata norma, interviene il rapporto diretto intercorrente tra la stessa e l’utente finale - mancante in presenza di un mero fornitore di contenuti che si avvale della mediazione di un soggetto terzo – trasmettendo la società, in forma codificata, i pacchetti aggregati direttamente presso l’abitazione dell’utente al quale viene consegnato il kit necessario alla ricezione delle trasmissioni. In tale veste, la società ricorrente risulta pertanto soggetta al regime di autorizzazione generale di cui all’art. 1, comma 11, della legge n. 249 del 1997, in cui ricadono tutti i fornitori di servizi di comunicazione elettronica, ivi compresi i fornitori di servizi di radiodiffusione televisiva a pagamento.

“…Non conduce a diverse conclusioni la circostanza, evidenziata da parte ricorrente, che l’espressione “impresa autorizzata a fornire un servizio radiotelevisivo a pagamento” sarebbe estranea al novero delle figure normativamente individuate nel Testo Unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici e che nell’ambito dell’attività di fornitura di un servizio radiotelevisivo a pagamento agiscano numerose figure e tipologie di operatori, di cui solo alcune trovano una specifica definizione normativa, potendo tra di esse asseritamente farsi rientrare nel novero degli operatori di comunicazione elettronica solo l’operatore di rete, cui solo potrebbe applicarsi la gravata delibera” (così T.A.R. Lazio, II Sezione, 13 dicembre 2011 n. 9710, nonché id. 5 marzo 2014, n. 2534 ).

Tale interpretazione, peraltro, trova supporto nel Considerando 30 della “direttiva servizio universale”, il quale non si riferisce esclusivamente ai servizi di comunicazione telefonica, ma riguarda le reti ed i servizi di comunicazione elettronica complessivamente intesi. Non può dunque revocarsi in dubbio che la società ricorrente svolge (anche) una serie di attività che non sono tutte riconducibili alla semplice aggregazione di pacchetti (che come sarebbe sottratta all’ambito soggettivo di applicazione delle citate norme) ma che si sostanziano, invece, nella fornitura di sistemi di abilitazione alla visione dei programmi, propedeutico alla fruizione dei contenuti offerti.

Attraverso la qualificazione della società ricorrente quale fornitore di un servizio televisivo ad accesso condizionato transita, quindi, l’applicazione, nei suoi confronti, delle norme del Codice delle comunicazioni elettroniche e delle disposizioni di cui al gravato Regolamento, a nulla rilevando la circostanza che la stessa svolga al tempo stesso anche attività di fornitura di contenuti televisivi o attività correlate e strumentali, soggiacendo essa all’applicazione Codice e del Regolamento, nella qualità di fornitore di servizio televisivo a pagamento che intrattiene rapporti con l’utente.

L’interpretazione seguita dal giudice amministrativo nazionale, peraltro, ha trovato piena corrispondenza in quanto affermato a suo tempo dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 30 aprile 2014 (causa C 475/12) secondo la quale un servizio consistente nel fornire, a titolo oneroso, un accesso condizionato a un “bouquet” trasmesso via satellite, che includa servizi di diffusione radiofonica e televisiva, rientra nella nozione di “servizio di comunicazione elettronica”. Come osservato dalla sentenza citata della CGUE, ai punti e 43 e 44 della motivazione, “[…] la circostanza che la trasmissione del segnale avvenga attraverso un’infrastruttura non appartenente è irrilevante ai fini della qualificazione della natura del servizio. Infatti, rileverebbe a tal riguardo solo il fatto che la [n.d.r. la suddetta piattaforma] è responsabile nei confronti degli utenti finali della trasmissione del segnale che garantisce a questi ultimi la fornitura del servizio a cui sono abbonati”; una “…diversa interpretazione ridurrebbe in maniera considerevole la portata” del quadro europeo delle comunicazioni e “pregiudicherebbe l’effetto utile delle disposizioni in esso contenute e comprometterebbe, di conseguenza, la realizzazione degli obiettivi che tale quadro persegue”.

Consegue, da tutto quanto precede, che sia il primo motivo di ricorso ed il motivo aggiunto sub XIII debbono essere entrambi respinti.

12. Sulla asserita inapplicabilità a OMISSIS della delibera n. 519/15/CONS (Regolamento AGCOM per la tutela degli utenti) e sulla indebita sovrapposizione tra l’intervento sanzionatorio dell’AGCOM e le funzioni spettanti all’AGCM in materia di “pratiche commerciali scorrette”, ai sensi del Codice del consumo (Motivo II).

Con il motivo in esame, come si è visto, l’AGCOM, deduce:

- sotto un primo profilo, che non sarebbe sufficiente, ai fini dell’applicazione dell’art. 6 del Regolamento AGCOM (contenuto nell’Allegato A alla delibera 519/18/CONS), la mera menzione, in calce all’Allegato 1 dell’Allegato A cit., dei “servizi televisivi a pagamento”, in quanto sarebbe arbitraria l’estensione della disciplina regolamentare a soggetti del tutto estranei all’ambito di applicazione delle direttive europee e del Codice, il che comporterebbe la necessità di annullare o, quantomeno, disapplicare la delibera n. 519/15/CONS ed i suoi Allegati A ed 1;

- sotto altro profilo, che, ove si accedesse ad una lettura estensiva della delibera n. 519/15/CONS anche alle imprese che forniscono «servizi di televisione a pagamento», identificandole con le imprese che commercializzano pacchetti di canali televisivi, l’Autorità finirebbe in ogni caso con l’ampliare illegittimamente le sue competenze ed i suoi connessi poteri sanzionatori, in violazione della direttiva sulle pratiche commerciali scorrette e dello stesso Codice del consumo, che attribuisce la competenza in materia all’AGCM.

12.1. Sotto il primo profilo è sufficiente, ai fini del rigetto della censura, quanto già ampiamente argomentato nel paragrafo precedente ai fini dell’affermazione della piena applicabilità, alla tipologia di servizio televisivo a pagamento fornita da Sky, sia delle direttive europee di riferimento che del Codice delle Comunicazioni Elettroniche. Poiché, con specifico riguardo al tema controverso, l’art. 6 del Regolamento AGCOM non costituisce altro che una disposizione specificativa ed attuativa di quanto è già puntualmente prescritto dall’art. 70 CCE, non può che concludersi, stante la pacifica applicazione di quest’ultima norma a Sky, per l’altrettanto pacifica (e legittima) applicazione alla medesima società della norma regolamentare.

12.2. Con riguardo, invece, alla presunta sovrapposizione che si verificherebbe, nella specie, rispetto alle funzioni che spetterebbero, in realtà, all’AGCM in materia di pratiche commerciali scorrette, il Collegio osserva che l’art. 70, comma 4, del Codice attribuisce, come si è visto, uno specifico diritto agli utenti (ossia il diritto di recedere senza penali né costi di disattivazione a fronte della comunicazione di una modifica unilaterale del contratto da parte dell’operatore), il quale non è presente, viceversa, nella disciplina del Codice del consumo, la cui applicazione rientra, in effetti, nella competenza dell’AGCM. Ciò significa che, seguendo la tesi della ricorrente e portandola alle sue conseguenze ultime, nessuna Autorità sarebbe competente ai fini dell’adozione delle misure (sanzionatorie e non) da adottare per imporre l’effettivo rispetto del diritto di recesso riconosciuto agli utenti, da parte degli operatori soggetti al CCE, in presenza dei presupposti applicativi di cui all’art. 70 cit.. A ciò si aggiunga che, come osservato dalla difesa erariale, è lo stesso Protocollo d’intesa siglato tra le due Autorità (Agcom e Agcm) il 23 dicembre 2016 ad avere dato il “via libera” all’intervento sanzionatorio dell’AGCOM nei casi in cui ad essere violato sia, come nel caso in esame, l’art. 70, comma 4, del Codice. Dunque, anche per questa ragione specifica, non vi è alcun rischio di sovrapposizione tra gli interventi rispettivamente posti in essere dalle due Autorità nell’esercizio dei rispettivi poteri, ricadendo - la fattispecie de qua – nel campo delle funzioni proprie dell’Autorità settoriale (cioè l’AGCOM), che è tenuta a garantire il rispetto, da parte degli operatori del settore, del citato art. 70, comma 4 del Codice.

12.3. Per le ragioni esposte il secondo motivo va respinto sotto entrambi i profili dedotti.

13. Sulla inconfigurabilità, nelle specie, di una modifica contrattuale delle condizioni di abbonamento e sulla mancata considerazione del fatto che, in ogni caso, il mutamento del “pacchetto” non è dipeso da un’autonoma decisione di Sky, bensì da un vincolo esterno (motivo III ric. e motivo aggiunto XIV).

Il terzo motivo può essere trattato insieme al motivo aggiunto XIV, stante la loro stretta corrispondenza contenutistica. In sintesi, la tesi di fondo della società ricorrente è che non rieleverebbero quelle modifiche che, oltre ad essere già previste e consentite nelle condizioni generali del contratto in precedenza concluso con l’utente, derivino altresì da un meccanismo (esogeno) proprio della sfera pubblica (il riferimento è alla clausola della gara che imponeva, per le stagioni 2018-2021, la necessaria assegnazione di almeno un “pacchetto” di partite ad un secondo “competitor”).

La tesi di OMISSIS non merita accoglimento.

Il Collegio ritiene del tutto condivisibile quanto affermato dall’AGCOM nei due provvedimenti impugnati laddove si evidenzia che, in sostanza, i “vecchi” clienti di Sky, nella precedente stagione calcistica, avendo acquistato il pacchetto “OMISSIS Calcio”, avevano potuto fruire di tutte le dirette del campionato, sia di Serie A che di Serie B, mentre il medesimo pacchetto ha subito per la stagione 2018/2019, una sensibile riduzione (pari al 30%) del numero di partite di Campionato di Serie A e l’eliminazione dell’intero Campionato di Serie B, incidendo pertanto su contenuti di particolare interesse per la categoria di utenti del pacchetto “Calcio” . Sebbene, come rilevato da Sky, il pacchetto “Calcio” non possa identificarsi esclusivamente con la fruizione delle dirette di Serie A, è altrettanto inconfutabile – specie in considerazione del vasto interesse che i campionati di calcio nazionali rivestono presso il pubblico - che, per l’utente sportivo, la possibilità di avere accesso a determinati eventi calcistici che coinvolgono squadre italiane costituisce un contenuto essenziale rispetto alla sua scelta di abbonamento. Occorre, in effetti, evidenziare anche che l’innovativa struttura della gara per l’assegnazione dei diritti relativi alla Serie A ha comportato, diversamente dal passato, che l’aggiudicazione fosse riferita ai prodotti (vedi i pacchetti 5, 6 e 7 di cui alla superiore narrativa) anziché alle piattaforme distributive ed ha comportato, pertanto, che coloro che erano titolari di abbonamenti OMISSIS Calcio già in corso, si sono ritrovati a dover stipulare due diversi abbonamenti, se volevano fruire, come in precedenza, di tutte le partite del campionato di Serie A di una singola squadra. Alla luce di ciò la fattispecie in esame non è assimilabile a precedenti variazioni dei contenuti “premium” menzionati dalla Società, né al caso deciso da CGUE, Sez. IV, (Verein fur Konsumenteninformation c. A1 Telekon Austria AG), causa C326/14, 26 novembre 2015. In realtà la sentenza del Giudice europeo riguardava un’ipotesi particolare e ben diversa da quella all’odierno vaglio, in quanto si trattava di un mero aumento delle tariffe di telecomunicazione in base a un indice dei prezzi al consumo, il quale non consentiva agli abbonati di recedere dal loro contratto, in quanto “non sussiste modifica delle condizioni contrattuali qualora le condizioni generali prevedano la possibilità di aumentare le tariffe in relazione ad un indice oggettivo dei prezzi al consumo stabilito da un istituto pubblico”.

Nel caso di specie, viceversa, è notevolmente mutato, invece, il pacchetto offerto, con drastica riduzione del numero di partite fruibili e, comunque, con essenziale variazione qualitativa sotto un profilo essenziale per la scelta di abbonamento, anche perché OMISSIS (in virtù degli accordi con DAZN) non ha ritenuto di garantire la visione gratuita delle residue partite assegnate a DAZN. Ciò dimostra che l’asserita invarianza del prezzo del pacchetto “OMISSIS Calcio” (rispetto alla precedente stagione) non corrisponde a verità visto che gli abbonati interessati alla visione dell’intero campionato di Serie A e del campionato di Serie B, i quali, in aggiunta al corrispettivo per l’abbonamento “Sky”, (confermato allo stesso prezzo) hanno dovuto assumersi anche l’onere di pagare il “ticket DAZN” (quindi prezzo invariato a fronte di una prestazione che si era sensibilmente ridotta, con obbligo di un esborso aggiuntivo per l’utente che avesse voluto mantenere i contenuti dell’offerta fruita nella stagione precedente).

Non conduce a diversa conclusione il fatto che vi sia stato l’inserimento nel Pacchetto “OMISSIS Calcio” di partite prima non incluse (eventi di Champions League ed Europa League), trattandosi di modifica unilaterale che non corrisponde necessariamente agli interessi dell’utente e che, ancora una volta, conferma come nella specie era logico, oltre che doveroso, fornire una adeguata informativa all’utente consentendogli di esercitare il recesso, ove non interessato alla nuova configurazione di abbonamento.

Non conduce a diversa conclusione l’assunto di parte ricorrente secondo cui, nel caso in esame, la modifica dell’offerta contrattuale (ove ritenuta tale) non sarebbe stata volontaria, da parte di OMISSIS Italia, ma ad essa imposta dal mutato contesto di mercato e dalla struttura della procedura di gara.

Invero dalla lettura dell’art. 70, comma 4, CCE non si evincono appigli per ritenere la circostanza rilevante al fine di escludere l’applicazione della norma, la quale si limita a prevedere, quale presupposto per la nascita del diritto di recesso in capo all’utente (e, prima ancora, dell’obbligo in capo all’operatore di fornire all’abbonato una informativa completa), la predisposizione di “modifiche delle condizioni contrattuali da parte delle imprese che forniscono reti o servizi di comunicazione elettronica…”.

Peraltro nella determinazione della concreta rimodulazione del pacchetto non è dubitabile che vi siano stati atti intermedi imputabili a scelte imprenditoriali della ricorrente (ivi compreso l’accordo commerciale con DAZN), tra le diverse che erano possibili nel nuovo contesto di regole, sicché non può dirsi che gli effetti modificativi incidenti sui contratti, nella loro concreta configurazione, siano discesi in via diretta ed immediata da vincoli esterni.

In conclusione, si ritiene di dover affermare la riconducibilità della operazione posta in essere da OMISSIS nell’ambito delle modifiche delle condizioni contrattuali ai sensi dell’art. 70, comma 4, del Codice.

Vanno dunque respinti entrambi i motivi (III e XIV) qui esaminati.

14. Sulla assoluta carenza di potere dell’Autorità o, in subordine, sulla sua incompetenza. Sulla violazione del principio del ne bis in idem alla luce della sanzione applicata dall’AGCM il 18 febbraio 2019 (procedimento per pratiche commerciali scorrette PS 11232) (motivo IV del ricorso e XI motivo aggiunto).

In ordine alla eterogeneità dei presupposti per l’esercizio dei poteri, da riferire, rispettivamente, all’AGCOM ai sensi dell’art. 70 CCE e all’AGCM, ai sensi di quanto previsto dal Codice del Consumo, in materia di “pratiche commerciali scorrette”, per ragioni di sinteticità il Collegio rinvia a quanto già esposto al superiore par. 12.2., dove si è affermato che le funzioni delle due Autorità sono nettamente distinte a livello normativo e deve ritenersi nella titolarità dell’Autorità di settore (vale a dire l’odierna resistente) il potere di vigilare e di assumere le misure di sua pertinenza al fine di imporre agli operatori di settore il rispetto dell’art. 70 CCE.

Quanto alla violazione del “ne bis in idem” dedotta nel motivo aggiunto XI, si rileva che le condotte oggetto dell’indagine da parte dell’Autorità Antitrust hanno riguardato:

1) una condotta ingannevole per violazione dell’art. 21, comma 1, lett. b), del Codice del Consumo per la modalità di presentazione sul web e mediante promo televisiva del pacchetto OMISSIS Calcio per la stagione 2018/19 (condotta per la quale l’AGCM ha irrogato una sanzione di 3 milioni di euro);

2) una condotta aggressiva in violazione degli articoli 24 e 25 del Codice del Consumo “posta in essere dall’operatore nei confronti dei clienti già abbonati al pacchetto OMISSIS Calcio, per i quali il professionista ha esercitato un indebito condizionamento, costringendoli ad optare tra due scelte, entrambe svantaggiose, ossia il mantenimento del contratto con la prosecuzione degli addebiti in misura invariata nonostante la diversa (e ridotta) offerta oppure il recesso a titolo oneroso” (condotta per la quale ha irrogato una sanzione di 4 milioni di euro). Come dedotto dalla difesa erariale (vedi memoria del 6.3.2020, pag. 7), ciò risultava chiaramente anche dal comunicato stampa del 28 agosto 2018, con cui l’AGCM ha rappresentato di aver dato avvio ad un procedimento per presunte pratiche commerciali scorrette a carico di Sky. Nel comunicato si legge quanto segue: “per quel che riguarda i clienti già abbonati al pacchetto calcio, la condotta di OMISSIS potrebbe presentare profili di aggressività in quanto - a fronte di un significativo ridimensionamento del pacchetto in relazione al numero delle partite trasmesse e in assenza dell’informativa sulla possibilità di recedere dal contratto senza penali, costi di disattivazione e senza la restituzione degli sconti fruiti - il professionista avrebbe indotto tali soggetti a rinnovare l’abbonamento nell’erroneo convincimento che l’offerta non fosse mutata”. Si evidenzia, altresì, che nell’ambito della delibera n. 10/19/CONS, del 10 gennaio 2019, recante “Parere all’Autorità garante della concorrenza e del mercato in merito al procedimento avviato nei confronti della società OMISSIS S.r.l. in materia di pratiche commerciali scorrette PS/11232”, l’Autorità ha precisato “con riferimento alla normativa di settore di cui alla richiesta di parere ai sensi dell’art. 27, comma 1-bis del Codice del consumo, che la condotta, consistente nella mancanza di un’adeguata informativa ai clienti in merito ai contenuti del pacchetto OMISSIS Calcio 2018/2019 e nell’assenza di riconoscimento del diritto di recesso senza costi né penali, risulta riconducibile – fermi restando gli eventuali profili di aggressività e ingannevolezza – al quadro normativo di settore delle comunicazioni elettroniche (enfasi aggiunta)”. Vi è quindi differenza tra gli interventi posti in essere dalle due Autorità coinvolte, ognuna delle quali ha agito nei limiti di quanto era di propria competenza. In particolare la lettura della delibera n. 154/19/CONS consente di perimetrare il suo oggetto con riferimento all’inottemperanza, da parte di Sky, alla diffida e all’ordine di cui alla precedente delibera n. 488/18/CONS, in quanto - come chiarito nell’atto di avvio del procedimento sanzionatorio (cont. n. 1/19/CONS) - la Società non ha adottato, nei confronti degli utenti che abbiano sottoscritto il pacchetto “OMISSIS Calcio”, in base ad un contratto antecedente alle modifiche poi intervenute per la stagione 2018/19, misure adeguate ad assicurare la completezza delle informazioni in ordine all’esatto contenuto delle modifiche intervenute e idonee a garantire l’esercizio del diritto di recedere senza penali né costi di disattivazione, anche in caso di offerte promozionali, secondo le modalità previste dalla normativa di settore.

Va anche detto che la stessa delibera di diffida n. 488/18/CONS (che risale a data anteriore alla conclusione del procedimento avviato dall’AGCM) concerne condotte riconducibili alla disciplina settoriale introdotta dal Quadro europeo delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica e recepita nell’ordinamento nazionale dal Codice delle comunicazioni elettroniche. Con la diffida e il relativo ordine impartiti con la predetta delibera, l’Autorità ha ritenuto che Sky, nella manovra di rimodulazione della composizione del pacchetto “OMISSIS Calcio” per la stagione calcistica 2018/2019, ha violato gli obblighi vigenti in tema di jus variandi di cui all’art. 70, comma 4, del Codice (su cui vedi ampiamente “supra”). La delibera n. 488/18/CONS e la delibera sanzionatoria n. 154/19/CONS riguardano profili non sussumibili nella normativa generale in materia di pratiche commerciali, in quanto integrano violazioni dell’art. 70, comma 4, del Codice e non sono contemplati dalla disciplina nel Codice del consumo. Si è già detto che il Protocollo d’intesa siglato tra le due Autorità il 23 dicembre 2016 riconosce all’AGCOM il potere di disporre l’intervento sanzionatorio in caso di violazione dell’art. 70, comma 4, del Codice.

Per tutte le ragioni sopra esposte, si è trattato di condotte ben distinte a livello normativo oltre che di condotte ontologicamente diverse, giacché il procedimento dell’AGCM non ha riguardato né l’omessa informativa né il mancato riconoscimento del diritto di recesso ai sensi del più volte citato art. 70, comma 4, omissioni, queste ultime, certamente collegate ma anche chiaramente distinte rispetto a quelle vagliate dall’AGCM che ha accertato la realizzazione di pratiche commerciali scorrette.

Cade dunque il presupposto sostanziale per la prospettazione della violazione del divieto di doppia sanzione in relazione ad un medesimo fatto.

I motivi IV e XI sono quindi da respingere entrambi.

15. Sul quinto motivo è sufficiente quanto già esposto in ordine alla infondatezza dei motivi III e XIV. Si rinvia pertanto a quanto già rilevato dal Collegio al superiore paragrafo 13 anche ai fini del rigetto del motivo quinto.

16. Sul motivo VI (relativo alla mancata valutazione di elementi di fatto ed argomenti giuridici che OMISSIS ha regolarmente rappresentato nel corso del procedimento).

Il Collegio osserva che la diffida ed il provvedimento sanzionatorio finale recano ampia traccia delle argomentazioni articolate dalla società ricorrente, su cui si svolgono e sono riportate, altresì, le valutazioni dell’Autorità.

In particolare si osserva che le deduzioni difensive endo-procedimentali svolte da OMISSIS (in larga parte coincidenti con i motivi di gravame oggi in esame) sono state riassunte in modo particolareggiato nelle pagine dalla 5 alla 9 della delibera n. 154/19/CONS (ordinanza ingiunzione) e, nel testo del medesimo provvedimento, tali deduzioni sono seguite dalla diffusa esposizione delle valutazioni dell’Autorità su quanto dedotto dalla società. Non vi è, dunque, alcuna carenza rilevante nella istruttoria e nella motivazione della ordinanza ingiunzione (né nella stessa diffida), la quale appare perspicua ed adeguata allo scopo.

Il motivo è da respingere.

16. Sul motivo VII.

Come sopra rilevato, con questo motivo OMISSIS eccepisce che l’AGCOM avrebbe omesso di considerare che l’abbonato - che non avesse avuto più interesse a fruire del pacchetto Calcio offerto da SKY, in quanto sostanzialmente mutato - avrebbe potuto procedere ad adattare la composizione del proprio abbonamento attraverso gli strumenti negoziali messi a sua disposizione della società, vale a dire il cd. downgrade o la sostituzione dei pacchetti.

La censura non appare concludente dal momento che i menzionati strumenti negoziali, che pure la società ricorrente ha messo a disposizione dei propri abbonati, non possono ritenersi né sostituitivi né equivalenti a quanto è puntualmente prescritto dall’art. 70, comma 4, CCE e che si sostanzia (come più volte rilevato) nella informativa all’utenza, con congruo preavviso, sulle modifiche contrattuali destinate ad incidere sul rapporto contrattuale e sulla possibilità di esercitare il diritto di recesso, in caso di scelta dell’utente di non aderire alle modifiche (quantitative e qualitative) dell’offerta.

Inoltre, come confermato in sede di audizione, tali opzioni non sono necessariamente fruibili gratuitamente, in quanto, ai sensi dell’art. 6.1 delle Condizioni di abbonamento, “in caso di Downgrade, Upgrade e Variazioni, OMISSIS potrà richiedere un contributo per il costo di gestione, come indicato sul listino vigente e riportato sul sito Sky.it o disponibile contattando il Servizio Clienti Sky”.

Per tali ragioni il motivo non è fondato e va respinto.

17. Sulla insussistenza della violazione dell’art. 1, co. 3-bis, del d. l. n. 7/2007, in quanto norma, afferente alle forme di esercizio del diritto di recesso, non applicabile a OMISSIS e alla materia delle variazioni contrattuali in oggetto (Motivo VIII e Motivo agg. XV).

Il citato comma 3-bis prevede che “Le modalità utilizzabili dal soggetto contraente che intenda recedere da un contratto stipulato con operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica, nonché in caso di cambio di gestore, devono essere semplici e di immediata attivazione e devono seguire le medesime forme utilizzabili al momento dell'attivazione o dell'adesione al contratto. In ogni caso, gli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche devono consentire la possibilità per consumatori e utenti di comunicare il recesso o il cambio di gestore con modalità telematiche.”.

Come risulta dal lemma “in ogni caso” all’inizio del secondo periodo del comma citato, la nuova modalità per l’esercizio del diritto di recesso risulta applicabile a tutte le tipologie di recesso, a prescindere dall’essere motivato dall’esercizio dello jus variandi da parte dell’operatore. Come osservato dalla difesa erariale, in quest’ultima ipotesi la previsione di una modalità semplificata per il recesso, in caso di modifica unilaterale dell’offerta, appare giustificata. Le stesse censure su un presunto contrasto con il diritto comunitario non convincono. La direttiva 83/11/UE, di armonizzazione massima, recepita poi nel Codice del consumo, lascia infatti ampia libertà agli Stati nella disciplina delle modalità con cui esercitare il diritto di recesso. In particolare, l’art. 11, co. 1, di detta direttiva prevede che “[…] il consumatore informa il professionista della sua decisione di esercitare il diritto di recesso dal contratto. A tal fine il consumatore può: utilizzare il modulo tipo di recesso di cui all’allegato I, parte B; oppure b) presentare una qualsiasi altra dichiarazione esplicita della sua decisione di recedere dal contratto”. Non è prescritta, dunque, una specifica forma.

Il motivo, dunque, è infondato e, in ogni caso, non concludente ai fini dell’annullamento degli atti impugnati, atteso che, anche nel caso di una sua ipotetica fondatezza, essa non avrebbe potuto far cadere il complessivo impianto motivazionale che ha supportato l’adozione della ordinanza ingiunzione impugnata.

18. Sui dedotti vizi procedimentali (motivo IX).

Anche questo motivo non merita accoglimento.

Come recentemente osservato dal Consiglio di Stato, VI, con la sentenza 4.2.2020, n. 879, “…ancora da ultimo questo Consiglio (cfr., ex multis, Cons. St., IV, 3 dicembre 2018 n. 6824; id., V, 15 luglio 2019 n. 4964) è fermo nel ritenere che le garanzie procedimentali, a partire da quelle degli artt. 7 e segg. della L. n. 241 del 1990, vanno seriamente applicate, nel senso che esse son poste a tutela di concreti interessi ma esse non devono risolversi in inutili aggravi procedimentali, poiché rispondono all'esigenza di provocare l'apporto collaborativo da parte dell'interessato, onde esse non sono violate non solo qualora nessuna effettiva influenza avrebbe potuto avere la partecipazione del privato rispetto alla concreta portata del provvedimento finale (come prevede il successivo art. 21- octies, co. 2) ma anche quando, al di là di forme solenni, la partecipazione procedimentale s'è svolta di fatto e le ragioni del destinatario son state introdotte e vagliate in procedimento, come in definitiva è avvenuto nella specie…”

Lo stesso Consesso (cfr., per tutti, Cons. St., VI, 15 ottobre 2019 n. 7017), affrontando la tematica dell'avviso d'avvio del procedimento e dei suoi destinatari, ha chiarito, con stringente rigore e aderenza al dato testuale, come tal adempimento è dovuto soltanto a coloro rispetto ai quali il provvedimento finale produce effetti diretti, intesi come ampliamento o restrizione rilevante in termini giuridici della propria sfera. Il "pregiudizio", considerato dalla seconda parte dell'art. 7 - ancor prima che si ponga la questione di chi siano gli interessati - dev'essere un pregiudizio giuridicamente rilevante e in qualche misura certo, non soltanto ipotetico ed eventuale.

“Il Collegio è ben consapevole di taluni recenti arresti della CEDU, con riguardo alle istanze di tutela dei diritti fondamentali prescritte dalla relativa Convenzione, a cagione, tra l'altro, dei caratteri di eterogeneità e di differenziazione interna alla normativa nazionale italiana sulle sanzioni irrogate dalle ANR. Vero è pure che il sistema italiano, valutato nel suo complesso e pur se a tratti connotato da un livello non sempre elevato di tutela del destinatario della misura afflittiva o dissuasiva, resiste bene al vaglio della CEDU. E ciò, in primo luogo grazie ad un controllo giurisdizionale effettivo, cioè attento sia agli aspetti procedurali dell'irrogazione della sanzione, sia all'accertamento fattuale della violazione e della sua gravità (ed è ciò che è accaduto nel caso in esame), nonché ad un attento sistema di consultazione pubblica simultanea degli operatori nel mercato da regolare.

Sfugge con ogni evidenza all'appellante che le determinazioni della AGCOM sono frutto non già di un unico procedimento solo sanzionatorio, scaturito ex nihilo, sommario e non accompagnato dalla prescritta interlocuzione tra l'ANR stessa e detta Società, bensì da un insieme di procedure di public enforcement con livelli di avvicinamento progressivo agli obiettivi dell'effettiva tutela….” (Cons. Stato sent. ultima citata).

19. Violazione dell’art. 14 l. n. 689/1981; dell’art. 3 l. n. 241/1990; degli artt. 3, 5 e 6 dell’Allegato A alla delibera n. 581/15/CONS (Motivo agg. XII).

Con riferimento alla dedotta violazione, sotto più profili, dei termini procedimentali, il Collegio rileva che il “dies a quo” da cui decorrono i gg. 90 previsti dall’art. 14 della legge n. 689/81 va individuato nella data di accertamento della violazione da parte dell’Organo competente.

Nel caso in esame, l’AGCOM ha adottato la delibera n. 488/18/CONS il 16 ottobre 2018 ed ha notificato la stessa in data 25 ottobre 2018, con assegnazione a OMISSIS di gg. 30 dalla notifica per conformarsi alle prescrizioni della diffida (i 30 giorni assegnati scadevano dunque il 25 novembre 2018). Pertanto, il termine per l’avvio del procedimento sanzionatorio non poteva che decorrere da una data successiva allo scadere del termine per adeguarsi (quindi non prima del 25 novembre citato).

Anche ove si facesse coincidere la data dell’accertamento con la data assegnata per ottemperare alla diffida in questione, il termine di 90 giorni risulterebbe comunque rispettato atteso che: l’Autorità ha provveduto a notificare la contestazione n. 1/19/DTC (per inottemperanza a diffida) il 21 gennaio 2019, ossia dopo 57 giorni dalla data assegnata per ottemperare (25 novembre 2018).

Il motivo, dunque, è infondato e va respinto.

20. Non risultano infine concludenti le censure svolte in merito alla quantificazione della sanzione pecuniaria, stante la puntuale esposizione delle ragioni poste dall’Autorità alla base di tale determinazione e considerata la discrezionalità che compete all’Amministrazione nel dosare la sanzione pecuniaria entro i limiti (minimo e massimo) edittali fissati dalla legge.

In conclusione nessuno dei motivi articolati merita accoglimento.

Vanno pertanto respinti sia il ricorso che i motivi aggiunti con condanna della società ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore dell’AGCOM, secondo la regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti:

- respinge il ricorso;

- respinge i motivi aggiunti.

Condanna OMISSIS S.r.l. alla refusione delle spese processuali in favore dell’AGCOM che liquida in Euro 7.000,00 (settemila/00) oltre oneri tutti di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2020, in videoconferenza ai sensi dell’art. 25 del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Daniele, Presidente

Ugo De Carlo, Consigliere

Claudio Vallorani, Primo Referendario, Estensore

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