TRIBUNALE DI NAPOLI – SEZIONE LAVORO – SENTENZA N. 8110/2017 DEL 24/11/2017
IL TRIBUNALE DI NAPOLI,
sez. lavoro
nella persona della dott.ssa Amalia Urzini ha pronunciato all’udienza del 24/11/2017 la seguente nella causa iscritta al n rg. 3365/2016
SENTENZA
TRA
(…) rappresentato e difeso dall’avv. Rosario Santella.
RICORRENTE
COMITATO REGIONALE CAMPANIA - LEGA NAZIONALE DILETTANTI - FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO -, in persona del l.r.p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Amalia Falcone e dall’avv Gianluca Ranaldi.
RESISTENTE
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO - LEGA NAZIONALE DILETTANTI, in persona del l.r.p.t, rappresentata e difesa dall’avv. Amalia Falcone.
TERZO CHIAMATO
oggetto: spettanze. Conclusioni: come in atti
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
Con ricorso depositato in data 17/2/2016 il ricorrente in epigrafe ha convenuto in giudizio il Comitato Regionale Campania - Lega Nazionale Dilettanti FIGC e ha dedotto di essere stato assunto in data 1 settembre 2004 da (…) , all’epoca segretario del Comitato Regionale Campania, e di aver lavorato alle dipendenze dello stesso Comitato
fino al 14 gennaio 2016, allorché è stato licenziato oralmente da (…) , senza alcuna regolarizzazione della sua posizione lavorativa, nello svolgimento delle mansioni di segretario del Giudice Sportivo Territoriale, di responsabile tecnico organizzativo dell’archivio cartaceo dei referti arbitrali, di responsabile della banca dati dei tesserati sanzionati dal Giudice Sportivo; di avere sempre rispettato le direttive di lavoro del convenuto; di avere osservato l’orario di lavoro nei giorni di lunedì e martedì, dalle 9.00 alle 14.30, di mercoledì, dalle 9.00 alle 21.00, di giovedì e venerdì, dalle 9.00 alle 14.30; di avere percepito la retribuzione mensile di € 120,00 fino a dicembre 2006, poi di € 450,00 fino al dicembre 2010, di seguito di € 700,00 fino al dicembre 2015 e di € 450,00 fino al dicembre 2014, senza percepire il compenso per il lavoro straordinario prestato e la 13° mensilità; di non avere goduto di ferie e permessi, di essere stato licenziato oralmente da (…) .
L’istante, prospettata l’intercorrenza di un rapporto di lavoro subordinato e dell’inadeguatezza dei compensi percepiti, alla stregua del CCNL Coni servizi FSN, ha chiesto la condanna del convenuto al pagamento in suo favore dell’importo di € 252.054,53 o della diversa somma ritenuta di giustizia, oltre accessori, spese vinte.
In conseguenza della deduzione della carenza di legittimazione passiva del Comitato, è stata disposta, su istanza attorea, la chiamata in causa della Federazione Italiana Giuoco Calcio - Lega Nazionale Dilettanti che si è costituita tempestivamente in giudizio eccependo la prescrizione quinquennale dei crediti e contestando la fondatezza delle domande di cui ha chiesto il rigetto, spese vinte.
Dopo il libero interrogatorio del ricorrente e l’espletamento della prova testimoniale, all’odierna udienza, acquisita ulteriore documentazione, la causa è stata decisa con sentenza di cui è stata data pubblica lettura.
In via preliminare, va ritenuta la legittimazione passiva concorrente della Federazione Italiana Giuoco Calcio - Lega Nazionale Dilettanti e del Comitato Regionale Campania. E’ vero che, in base alle norme regolamentari prodotte in giudizio dal Comitato Regionale, costui risulta essere un’articolazione funzionale della FIGC Lega Nazionale Dilettanti, a cui fa capo la titolarità di tutti i rapporti di lavoro e/o di collaborazione instaurati sia all’interno della propria sede, sia presso tutte le proprie articolazioni funzionali territoriali attraverso cui la stessa esplica, in modo decentrato, il suo ruolo istituzionale, così come l’intera gestione del personale dipendente dalla LND è di competenza esclusiva della Lega Nazionale Dilettanti. È anche vero che nella gestione delle sedi periferiche la LND le riconosce centri autonomi dal punto di vista sia amministrativo che patrimoniale e finanziario e all’art. 14 del regolamento prodotto, è previsto che … “in ogni caso, la L.N.D. favorisce e riconosce ai Comitati Regionali l’autonomo reperimento di risorse finanziarie e di contributi finalizzati al sostegno della propria attività e delle proprie Società, con vincolo di destinazione di tali risorse e contributi al medesimo Comitato”. Ciò comporta che seppure la titolarità dei rapporti è formalmente in capo alla LDN, può affermarsi la responsabilità solidale del Comitato per le obbligazioni scaturenti da tali rapporti.
Il vizio di nullità del ricorso non sussiste. Il ricorso, al pari della citazione (art. 163, nn. 1, 2, 3, cpc), è nullo se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti dai numeri 1, 2 e 3 dell’art. 414 cpc. La carenza, infatti, della individuazione del giudice adito, della parte e dell’oggetto della domanda si risolve nella mancanza di elementi indispensabili per il conseguimento dello scopo dell’atto (art. 156 cpc).
In forza di questo stesso principio viene sanzionata da nullità la mancata “esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda" (art. 414, n. 4, cpc), non operando in quest’ultimo caso l’analogia con la previsione dell’art. 164 cpc, perché nel rito del lavoro il difetto del ricorso sul punto dell’esposizione dei fatti pregiudica l’assolvimento dei rigorosi oneri posti a carico del convenuto ed il giudice non potrà mai disporre l’integrazione di un elemento essenziale se questo manca nel contesto dell’atto (cfr. Cass. lav. n. 5586 del 7.6.99).
Sicchè, ove il ricorso sia privo dell’esatta determinazione dell’oggetto della domanda
o dell’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto (art. 414, nn. 3 e 4, cpc), esso – avendo la norma carattere imperativo – è affetto da nullità, in applicazione delle norme generali di cui agli artt. 164 e 156 cpc, non sanabile nemmeno dalla costituzione della controparte (Cass. n. 13066 del 29.12.97; Cass. n. 6778 del 15.6.91).
Sotto il profilo dell’individuazione delle carenze sanzionabili è noto il consolidato orientamento della Cassazione che subordina la nullità dell'atto introduttivo del giudizio di lavoro all'omissione, ovvero all'assoluta incertezza, sulla base dell'esame complessivo dell'atto, del petitum, sotto il profilo sostanziale e procedurale, nonchè delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della pretesa (tra le tante: Cass., 1.3.2000, n. 2257; Cass., 1.7.1999, n. 6714; Cass. 29.1.1999, n. 817; Cass., 27.2.1998, n. 2205; Cass., 27.4.1998, n. 4296; Cass. 30.12.94 n. 11318; Cass. 30.8.93 n. 9167).
In particolare la nullità deve essere esclusa ove, come nel caso in esame, con la domanda avente per oggetto spettanze retributive l’attore abbia indicato il periodo di attività lavorativa, l’orario di lavoro, le mansioni svolte, la somma complessiva pretesa ed i titoli posti a fondamento ( Cass. lav. 29.1.99, n. 817).
Ciò premesso, la questione controversa tra le parti è la qualificazione del rapporto intercorso dal 1/9/2004 al 14/1/2016 all’interno della sede locale di Napoli del Comitato Regionale Campania, via Strettola Sant’Anna alle Paludi n.115. Quanto alla data finale del rapporto, il ricorrente allega di essere stato licenziato oralmente dal sig. (…) in data 14/1/2016 mentre parte convenuta, oltre a contestare la qualificazione del rapporto, deduce che il ricorrente, presente dal 1/9/2004 presso la sede napoletana, ha abbandonato spontaneamente la collaborazione a dicembre 2015.
In ordine all’accertamento del tipo di rapporto svoltosi tra le parti, è condivisibile il richiamo attoreo alla giurisprudenza formatasi in materia di elementi distintivi tra il rapporto di lavoro subordinato e il rapporto di collaborazione facente parte del più ampio genus del rapporto autonomo. In proposito, possono valorizzarsi i principi costantemente espressi dalla Corte di Cassazione, secondo cui: "Costituisce requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato, ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo, il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall'emanazione di ordini specifici, oltre che dall'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni lavorative" ( Cass.16.1.96 n.326). Ed ancora, Cass.14.12.96 n.11178: "la nozione giuridica della subordinazione si ha nell'assoggettamento della prestazione lavorativa al potere del datore di lavoro di disporre secondo le mutevoli esigenze di tempo e di luogo proprie dell'organizzazione imprenditoriale e di determinarne le concrete modalità con l'imposizione di decisioni ed istruzioni alle quali il lavoratore è obbligato ad attenersi, nella permanenza dell'obbligazione del medesimo di mantenere nel tempo la messa a disposizione delle proprie energie lavorative".
Di recente la Cassazione (cfr. sentenza sez. lav. 11/10/2017 n. 23846) ha ulteriormente ribadito tali principi osservando che “…l'esistenza del vincolo di subordinazione va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell'incarico conferito dal lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto di un rapporto di lavoro sia autonomo sia subordinato. … costituisce accertamento di fatto, incensurabile in tale sede se sorretta da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale (tra le numerose decisioni si vedano Cass. n. 224/2001; Cass. n. 16697/2002; Cass. n. 9251/2010).
Secondo i giudici di legittimità (nella citata sentenza n. 23846/17) “... nei casi in cui la distinzione tra lavoro autonomo e subordinato è di più complessa enucleazione in relazione al tipo di incarico conferito al lavoratore e al contesto in cui è svolta la prestazione, è legittimo ricorrere ad indicatori sussidiari, quali la presenza della pur minima organizzazione imprenditoriale ovvero l'incidenza del rischio economico, l'osservanza di un orario, la forma di retribuzione, la continuità della prestazione. E' stata, di conseguenza, enucleata la regula juris, alla quale s'intende dare continuità, secondo la quale, sia nel caso in cui le mansioni inerenti alla prestazione siano elementari, ripetitive, e predeterminate nelle modalità di esecuzione, sia in quello opposto, in cui le stesse mansioni, per lo più intellettuali, siano tali da essere dotate di notevole elevatezza e/o creatività, il criterio rappresentato dall'assoggettamento del prestatore all'esercizio del poteredirettivo, organizzativo e disciplinare può non risultare significativo per la qualificazione della natura del rapporto, occorrendo in tal caso far ricorso a criteri distintivi sussidiari quali la continuità e durata dello stesso, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell'orario, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale e la sussistenza di un reale potere di autorganizzazione in capo al prestatore.
E’ evidente che nel diverso caso in cui le mansioni si collochino in un’area intermedia tra la ripetitività e la notevole elevatezza e/o creatività, quale quello in esame ove il ricorrente deduce di avere svolto compiti di segretariato, non vi è ragione di fare ricorso ai criteri sussidiari, dovendo in via principale conseguire o escludere la prova della natura subordinata dall'assoggettamento del prestatore all'esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare.
Rispetto a tali elementi probatori, da valutare in giudizio con estremo rigore, non è dirimente l’accertamento della presenza del prestatore, eventualmente stabile nei locali aziendali nell’orario di apertura degli uffici e neanche l’utilizzo di attrezzature dell’imprenditore ben potendo, qualsiasi attività che rechi un’utilità all’imprenditore, essere svolta sia nelle forme della subordinazione che dell’autonomia.
Di contro, al fine di escludere la natura subordinata del rapporto, non è sufficiente valorizzare, come sembra fare parte convenuta, la natura del servizio di giustizia sportiva, essenziale al corretto funzionamento ed al perseguimento del concreto scopo istituzionale della LND, e lo "spirito volontaristico" e il "titolo gratuito" delle prestazioni nonché l’assenza di indirizzi formali e sostanziali dati dai vertici amministrativi tali da poter essere qualificati alla stregua di ordini gerarchici. Non è parimenti dirimente la digressione che le convenute fanno nelle note difensive in ordine al funzionamento della Lega Nazionale Dilettanti e degli Organi di Giustizia Sportiva e al regime lavorativo e fiscale delle collaborazioni di cui si avvale, essendo valutabile sul piano fattuale se quelle collaborazioni, eventuale intrattenute con soggetti terzi, rispondano ai requisiti legali o si atteggino come reali ed effettivi rapporti di natura subordinata.
A tal fine, ciò che rileva, è bene ribadirlo, è essenzialmente la verifica del se vi sia stata un’eterodirezione del ricorrente da cui possa conseguire la sua sottoposizione al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del Comitato locale.
Gli esiti della prova espletata a mezzo di due testi per ciascuna parte, conducono al rigetto del ricorso, essendo emerso con un adeguato livello di certezza che tra le parti è intercorsa una collaborazione svincolata da obblighi di orario e di presenza.
Il teste (…) indotto da entrambe le parti convenute, è risultato essere un collaboratore del Comitato dal 1994 al 1998 e, di seguito, un dipendente con l’incarico di segretario dal 2012. Egli ha riferito circostanze a sostegno della loro prospettazione difensiva nella parte in cui ha dichiarato “….l’(…) ha svolto attività di collaborazione solo per l’ufficio della giustizia sportiva. Ho visto l’(…) sicuramente il martedì ed il mercoledì in cui non aveva obblighi di presenza e di orario. L’(…) non aveva necessità di chiedere autorizzazione ad andare via dal centro essendo libero di allontanarsi quando voleva e si procedeva alla sostituzione con altro collaboratore presente o contattabile”. Inoltre, ha collocato la fine del rapporto del ricorrente a dicembre 2015 allorquando “(…) dal dicembre 2015 non si è reso più disponibile ed ha chiesto un incontro con la gestione commissariale per intensificare la sua collaborazione e percepire maggiori compensi”. Il (…) in ragione della perduranza del suo rapporto di lavoro con il Comitato, va valutato con indubbia cautela tanto più che il ricorrente l’ha individuato come colui che l’avrebbe licenziato. Tuttavia l’attendibilità delle dichiarazioni del teste (…) , oltre che derivare dalla precisione delle circostanze riferite e dalla conoscenza diretta dei fatti di causa, riceve conferma anche dalle complessive deposizioni degli altri testi delle parti convenute, i sigg. (…) e (…), considerate nella loro unitarietà e reciprocità, nei seguenti termini.
Il teste (…) , dipendente della federazione italiana gioco calcio con compiti di responsabile ufficio segreteria dal 1995, addetto alla sede di via Strettola Sant’Anna fino al 2016, ha riferito “ho riscontrato che egli si è sempre occupato della giustizia sportiva in veste di collaboratore. Come dipendente, io ho sempre avuto obblighi di presenze e di orario, e mi avvalgo di un badge per attestare la mia presenza giornaliera. Ho sempre avuto altresì la necessità di essere autorizzato per assenze o permessi. Ho avuto modo di riscontrare che il ricorrente era presente di martedì in tarda mattinata, per affiancare il giudice sportivo in tale giorno, che era il giorno deputato per la composizione della giustizia sportiva di primo grado. Era altresì presente qualche volta il mercoledì perché in tale giorno qualche giudice sportivo veniva per completare le operazioni laddove arrivava in ritardo il referto. Inoltre, era presente in modo sporadico il venerdì, per qualche ora di mattina per effettuare eventuali rettifiche di errori riscontrati nei comunicati. Alla mia presenza nessuno dei responsabili del comitato né io ho mai mosso contestazioni al ricorrente per ritardo o imposto obblighi di presenze ed orario”. La deduzione e prova del ricorrente di avere trasmesso una denuncia nei confronti del (…) alla Procura della Repubblica per il reato di cui all'art. 372 c.p. non rende inutilizzabile allo stato la deposizione né impone la sospensione del processo in attesa dell’accertamento penale. Non è revocabile in dubbio che il ricorrente rinviene la falsità del (…) nel contrasto tra le dichiarazioni rese dal teste nel presente giudizio rispetto a quelle rese in data 24 giugno 2016 dinanzi al Procuratore Federale Avv. (…) e al Sostituto Procuratore Federale Avv. (…) indagini della Procura Federale nel procedimento con numero di protocollo 1085PF15/16 di talché l’indagine penale per il reato di falsa testimonianza richiederà una valutazione in ordine al contenuto delle dichiarazioni e non già in ordine a fatti materiali.
Il (…) ha chiarito la sua posizione all’interno del Comitato riferendo che “dal 1991 al 2001 sono stato componente del comitato provinciale Napoli, attualmente delegazione provinciale, facente parte della lega nazionale dilettanti. Durante il periodo in cui sono stato componente ho svolto compiti di segretario del comitato provinciale napoli e non percepivo una retribuzione, ma un rimborso spese, parametrato al costo dell’abbonamento dei mezzi pubblici. A partire dal 2002, dopo un’interruzione di un anno, dal mese di settembre, sono rientrato facendo parte della segreteria della commissione disciplinare di secondo grado. Ho svolto questo ruolo fino a settembre 2016. Da tale data a tutt’oggi svolgo sempre attività di collaborazione, presso l’ufficio tesseramenti del cr campania, appartenente alla lega nazionale dilettanti” Egli ha dichiarato per se stesso che in conseguenza del suo ruolo di collaboratore “Io ero … presente gli altri giorni della settimana, ma non avevo vincoli di orario o obblighi di presenza. In caso di mio impedimento mi limitavo a telefonare segnalando che non potevo andare… Il ricorrente era presente sicuramente il martedì allorquando lo vedevo presso il comitato, mentre il lunedì riscontravo che veniva saltuariamente. Vedevo altresì che il ricorrente anche nei giorni di mercoledì giovedì e venerdì, ma non so riferire in concreto cosa facesse, perché io mi disinteressavo del suo lavoro… So che il ricorrente ha dismesso i suoi rapporti collaborativi con il comitato e con la lega a gennaio 2016, perché a tale data è stato affidato a me il compito di controllare i reclami di primo grado, in aggiunta al mio ruolo. È subentrato al ricorrente il sig. (…), anch’egli con il ruolo di collaboratore, mentre al mio posto, a settembre 2016, è subentrato come collaboratore il sig. (…)”.
Da tali deposizioni emerge che il Comitato era ed è solito avvalersi sia di collaboratori che di dipendenti per l’affiancamento ai giudici sportivi di primo e secondo grado nella gestione dei referti calcistici e nella digitalizzazione delle decisioni (cfr. (…) “I dipendenti facevano la digitalizzazione dei referti. Di tale digitalizzazione se ne occupava in parte pure l’ (…). I dipendenti sono (…), (…), (…), (…) ed altri dipendenti. Poi c’erano i collaboratori come (…), (…), (…), (…), (…)”); che il ricorrente ha agito a supporto dell’Ufficio del Giudice Sportivo Territoriale, nell’attività di segreteria, provvedendo alla predisposizione dei fascicoli (cd. camicie di gara) che contenevano i referti arbitrali su cui i giudici sportivi dovevano prendere le loro decisioni (cfr teste (…) ); che tali operazioni sono svolte (per la giustizia di primo grado) il martedì e solo eventualmente il mercoledì (nel caso i referti giungono in ritardo) e il venerdì (nel caso di eventuali correzioni da apportare alle sentenze), che la presenza dei collaboratori, ivi compresa quella del ricorrente coincide con tali giorni. Da tali circostanze non è tuttavia possibile inerire tout court che il ricorrente avesse l’obbligo di esserci e non potesse sottrarsi alla regolamentazione dell’orario di lavoro, che dovesse trattenersi per l’intera durata delle operazioni di istruttoria e decisione della pratica, dovendo essere autorizzato ad andare via prima; che dovesse giustificare la sua eventuale assenza.
Neanche i testi attorei, sigg. (…) e (…), hanno riferito esattamente tali circostanze. In particolare, il (…), che ha lavorato come sostituto giudice sportivo dal 1992 al 2000 e come titolare giudice sportivo dal 2000 al 2012, presso la sede del Comitato in Napoli strettola S. Anna alle paludi, ha riferito di essere stato presente per l’intero periodo dal 1992 al 2012 sempre il martedì del mese per istruire ed elaborare la decisione, il mercoledì solo di passaggio per controllare i referti di gara giunti in ritardo, e solo eccezionalmente il venerdì per correggere eventuali errori nelle decisioni; quanto al ricorrente, egli ha dichiarato “mi ricordo di (…) solo nella seconda fase (leggi: 2000/2012), quando ero giudice sportivo e mi coadiuvava come fa il cancelliere con il giudice. Di martedì ero solito recarmi presso la sede del comitato tra le 12 e le 13 e mi trattenevo almeno fino alle 19,00-19,30 e riscontravo che il ricorrente era già presente quando io arrivavo ed era ancora lì quando andavo via. Ricordo di aver visto sempre il ricorrente il mercoledì quando mi trattenevo tra le 12 e le 13,30 mentre ricordo vagamente di aver visto il ricorrente quando andavo sporadicamente il venerdì quando mi trattenevo tra le 12 e le 13,30. Il teste (…) ha dichiarato di non conoscere i rapporti che il ricorrente aveva intrattenuto con il comitato e di non sapere se il ricorrente era tenuto a chiedere i giorni di permesso o a giustificare assenze, di vederlo recarsi in segreteria ma non sapere riferire quale fosse il contenuto dei colloqui che il ricorrente aveva con i responsabili del comitato, che è capitato che il ricorrente gli abbia comunicato di andare via a metà del lavoro dicendogli che avrebbe proseguito il lavoro più tardi o all’indomani, di non sapere riferire se il ricorrente era retribuito per l’attività che svolgeva, che alla sua presenza il ricorrente era chiamato in segreteria diverse volte durante la giornata, a volte dicendo di terminare presto le operazioni preparatorie alla pubblicazione delle decisioni del giudice sportivo. Infine, il (…) ha riferito che ”dopo il 2012 mi sono recato presso la sede del comitato molto raramente, circa una volta all’anno e non ricordo di aver visto il ricorrente ancora presente presso il comitato. Sono andato l’ultima volta al comitato nel 2015 circa”. È evidente che il teste in quanto estraneo alla compagine del comitato, si è limitato ad avvalersi del supporto lavorativo del ricorrente, ignorando quali fossero i rapporti tra costui e il Comitato per cui la percezione del teste che il ricorrente l’ha aiutato “come fa il cancelliere con il Giudice” attiene all’attività svolta dal ricorrente in suo favore e non già ai rapporti del ricorrente con il Comitato.
Quanto alla deposizione del teste (…) , la pacifica pendenza al momento della deposizione, di un procedimento disciplinare a suo carico intrapreso dalla Procura Federale innanzi alla Commissione di garanzia della FIGC per irregolarità riscontrate nello svolgimento dell’attività di giudice sportivo presso il comitato regionale della Campania, impone una cautela valutativa nei confronti del teste, irrilevante a tal fine l’archiviazione del procedimento, poi sopravvenuta (per quanto dedotto e comprovato dal procuratore del ricorrente). Comunque neanche la deposizione del teste (…) giova in sé alla tesi attorea.
Infatti, il (…) , che ha svolto l’attività di giudice sportivo dalla stagione sportiva
1993/1994 fino al 19 aprile 2016 allorquando è stato sospeso, si è limitato a confermare sostanzialmente la presenza del ricorrente nei giorni di operatività dei giudici sportivi.
Il teste (…) ha fornito una sua qualificazione del rapporto intercorso tra il ricorrente e il Comitato laddove ha affermato “Il comitato si avvaleva di collaboratori e di dipendenti e tra questi ultimi includo il ricorrente, per quanto sopra riferito” ossia per avere il teste riscontrato che “da dicembre 2012 (…) , quando era diventato segretario, impartiva l’ordine di fare presto a digitare i provvedimenti dei giudici ad (…) perché (…) aveva l’obbligo di digitare i risultati delle decisioni…ho solo riscontrato che in conseguenza del sollecito del (…) di fare presto, l’(…) consumasse il pasto presso il Centro per accelerare le operazioni.. Alla mia presenza il ricorrente era chiamato in segreteria diverse volte durante la giornata, a volte dicendo di terminare presto le operazioni preparatorie alla pubblicazione delle decisioni del giudice sportivo”. In effetti, ciò che il teste ha riscontrato è solo un sollecito rivolto al ricorrente a concludere l’operazione di digitazione delle decisioni arbitrali e una convocazione del ricorrente in segreteria, coerenti con i tempi di lavorazione della procedura da parte sia dei collaboratori che dei dipendenti e non idonee in quanto tali a comprovare l’imposizione di disposizioni di lavoro tipicamente datoriali, se non congiunte agli altri elementi di qualificazione della subordinazione. Tra l’altro, il teste, a specifica domanda, ha poi dichiarato “Non ho riscontrato se il ricorrente fosse sanzionato in caso di ritardo nell’arrivo sul posto di lavoro né so riferire se chiedeva l’autorizzazione per andare via”. La valorizzazione da parte del ricorrente della misura fissa del compenso percepito non è condivisibile essendo essa, peraltro indimostrata, elemento solo indiziario in quanto compatibile anche con una prestazione lavorativa di natura collaborativa. In via ulteriore, va evidenziato che è difettata del tutto la prova che il ricorrente fosse stabilmente presente il lunedì o il giovedì o il venerdì, dalle 9.00 alle 14.30; che fosse presente di mattina (Rianna e (…) affermano di non averlo visto almeno prima delle ore 12.00); che il ricorrente fosse presente di mercoledì fino alle 21.00, in quanto nessuno dei testi lo ha visto dopo le ore 15.00/16.00.
Pertanto, la chiave di lettura dell’istruttoria da parte del ricorrente non merita
condivisione nella parte in cui fa discendere dalla natura dei compiti di segretariato svolti dal ricorrente e dalla collocazione di tali operazioni nei giorni di operatività dei giudici sportivi, la conseguente qualificazione subordinata del rapporto. Per tutte le considerazioni sopra enunciate, l’assenza dell’assoggettamento del ricorrente al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del comitato conduce al rigetto delle domande formulate, tutte presupponenti l’auspicata intercorrenza di un rapporto di lavoro subordinato.
Pertanto, il ricorso, assorbita ogni ulteriore valutazione, va respinto. La complessità
delle questioni trattate, la natura della controversia e la qualità delle parti consentono di accedere ad una compensazione delle spese di lite, alla stregua di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 92 c.p.c.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; compensa le spese. Napoli, 24/11/2017
il giudice del lavoro
dott.ssa Amalia Urzini