CORTE D’APPELLO DI MILANO – SEZIONE CIVILE – SENTENZA N. 1073/2020 DEL 11/05/2020

                                    LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

                                          PRIMA SEZIONE CIVILE

composta dai magistrati:

  • dott.ssa Carla Romana Raineri                - presidente
  • dott.ssa Maria Iole Fontanella                 - consigliere
  • dott. Lorenzo Orsenigo                         - consigliere relatore
  • ha pronunciato la seguente
SENTENZA

 

nella causa civile promossa in grado d’appello e posta in delibazione sulle conclusioni precisate dalle parti all’udienza del 4/12/2019

TRA

(...) S.R.L. (C.F. ….), con il patrocinio dell’avv. BANDIERA ANNA e dell’avv. SALADINO MAURIZIO, elettivamente domiciliata in Viale Regina Margherita N. 43, 20122, MILANO, presso il difensore avv. BANDIERA ANNA.

APPELLANTE

E

 

(...)(C.F.: …), con il patrocinio dell’avv. ROSITANI SUCKERT NICCOLO’ ed elettivamente domiciliato in VIA SAFFI N. 10, 20123, MILANO, presso il difensore avv. ROSITANI SUCKERT NICCOLO’.

APPELLATO

 

 

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come segue:

per (...) S.R.L.

Voglia la Corte di Appello adita, in accoglimento del presente appello, riformare l’impugnata sentenza, Tribunale di Milano, sez. I, n. 6919/2018, nella parte in cui, in parziale accoglimento delle domande attoree di primo grado, ha dichiarato l’abusivo sfruttamento commerciale del ritratto, del nome e dell’identità personale di (...), posto in essere da (...) SRL; ha condannato (...) SRL al pagamento in favore dell’attore, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, di € 200.000,00; ha inibito alla società convenuta la prosecuzione della esposizione;

e per l’effetto, dunque, in via principale, ritenere infondata in fatto e in diritto, e quindi respingere, ogni contraria domanda e in subordine, ove risultasse accertato l’abusivo sfruttamento commerciale del ritratto, del nome e dell’identità personale di (...), individuare nell’ordine di inibizione l’unica sanzione applicabile al caso di specie, rigettando ogni ulteriore richiesta in punto danni patrimoniali; nonché in ulteriore subordine, dichiarare incongrua la liquidazione del danno; disponendo, in ogni caso, la restituzione dell’importo di  200.000,00 medio tempore versato in esecuzione della sentenza di primo grado.

Rinviando, occorrendo, alle istanze istruttorie formulate nel corso del giudizio di primo grado

e riformulate nell’odierno contesto.

Con vittoria delle spese e dei compensi di entrambi i gradi di giudizio.

per (...)

Per parte appellata Sig. (...):

Voglia  l’Ecc.ma  Corte  d’Appello  di  Milano,  respinta  ogni  contraria  istanza,  eccezione  e

deduzione:

  • rigettare integralmente l’appello spiegato da (...) S.r.l., in persona del suo Legale Rappresentante pro-tempore, contro l’impugnata sentenza perché infondato, in fatto e in diritto e per l’effetto confermare la sentenza di primo grado;
  • condannare (...) S.r.l. al pagamento di spese, diritti e onorari dei due gradi di giudizio.

IN FATTO E IN DIRITTO

La società (...) s.r.l. ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano N. 6919/2018 pubblicata in data 20/6/2018 con la quale, nell’ambito di una causa contro di essa introdotta dal sig. (...)al fine di conseguire una serie di tutele a fronte del lamentato abusivo sfruttamento commerciale della propria immagine fattone dalla convenuta, è stato così deciso:

1) in parziale accoglimento delle domande attoree dichiara l’abusivo sfruttamento commerciale del ritratto, nome e dell’identità personale di (...)posto in essere dall’odierna convenuta (...) s.r.l.; 2) condanna (...) s.r.l. al pagamento in favore dell’attore, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, di € 200.000,00; 3) inibisce alla società convenuta la prosecuzione degli illeciti, prescrivendo quale somma da pagarsi in favore dell’attore per ogni giorno di mancato adempimento all’inibitoria quella di euro 250,00; 4) spese compensate”.

  1. Giudizio di primo grado

1) nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado veniva dedotto quanto segue:

  • che il sig. (...), conosciuto nel mondo dello sport come (…), era stato “tra i più grandi se non il più grande campione presente nel panorama del calcio italiano e mondiale”; che lo stesso, nel corso della sua ventennale e mirabile carriera sportiva (iniziata nel 1958, allorchè aveva 15 anni, con la maglia dell’Alessandria, e conclusa nel 1979, con la conquista del decimo scudetto del Milan) aveva conseguito molteplici successi sia con la maglia del Milan che con quella della nazionale italiana; che nel 1987 aveva, poi, iniziato l’impegno nel campo politico che lo aveva portato, nel corso degli anni, a ricoprire i ruoli di deputato alla Camera, segretario alla Presidenza della Camera, sottosegratario alla Difesa, deputato del Parlamento europeo, membro della “Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori”, consigliere per le politiche sportive del Comune di Roma nonché presidente del “Settore Giovanile e Scolastico della Federazione Italiana Giuoco Calcio;
  • che (...)aveva sempre sfruttato economicamente la propria immagine mentre svolgeva la professione di calciatore e, successivamente, aveva gestito la propria immagine di uomo politico con precisi criteri volti a farne acquisire sempre un preciso maggior valore di comunicazione; che lo stesso non aveva mai esitato ad opporsi alle illegittime utilizzazioni della sua immagine laddove non risultasse debitamente autorizzata ed a chiedere, ed ottenere, il giusto ristoro del pregiudizio economico subito;
  • che questo valore strumentale dell’immagine del sig. (...)era stato illegittimamente sfruttato dalla convenuta (…) s.r.l. la quale, senza consenso dell’attore, avendo allestito un’esposizione permanente di numerosi ritratti fotografici e poster dell’atleta unitamente ad altri oggetti riproducenti la sua firma ed il suo nome, aveva sfruttato per scopi commerciali l’immagine, il nome e l’identità di (…);
  • che, in particolare, la parte convenuta, in evidente violazione dei diritti spettanti al sig. (…), di cui agli artt. 10 e ss. c.c. e 96 e ss. L.633/41 e, quindi, senza alcuna autorizzazione, all'interno dello Stadio di San Siro di Milano, in un apposito spazio allestito, aveva esposto ai visitatori (che vi accedevano con il pagamento del prezzo di € 7,00 a persona) numerosi ritratti di (...)sia di tipo cartaceo in grande formato “poster” sia di piccole dimensioni collocati a margine delle maglie del Milan, nonché una statua riproducente la sua effige oltre ad altri oggetti a lui riconducibili;
  • che (...), venuto a conoscenza della summenzionata operazione commerciale, che vedeva abusivamente coinvolti i suoi ritratti e la sua immagine, aveva diffidato la convenuta (...) s.r.l. a cessare l’illegittimo sfruttamento della sua immagine;
  • che la convenuta aveva respinto la contestazione sostenendo che (...)era un personaggio pubblico e che all'iniziativa era sotteso un interesse pubblico con scopi scientifici, didattici o culturali;
  • che, peraltro, la convenuta doveva essere consapevole di svolgere un’operazione a carattere essenzialmente lucrativo e di trarre illegittimi ed ingiustificati vantaggi economici dallo sfruttamento commerciale dell’immagine di (...).

Ciò premesso e dedotto, l’attore (...)chiedeva: A) che fosse dichiarata abusiva ed illegittima la pubblica esposizione e lo sfruttamento commerciale del ritratto, del nome e dell’identità di (...)posto in essere dalla parte convenuta in violazione dell’art. 2 Cost., degli artt. 7 e 10 C.C. nonché dell’art. 96 L. 633/1941; B) che fosse dichiarato che la convenuta si era arricchita senza giusta causa ai sensi dell’art. 2041 C.C.; C) che fosse inibita alla parte convenuta la prosecuzione degli atti illeciti in questione con la fissazione della penale di € 100.000,00 per ogni successiva violazione e di € 2.000,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine; D) che fosse condannata la convenuta al risarcimento del danno patrimoniale per una somma pari ad3.800.000,00; E) che fosse condannata la convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale per una somma pari ad € 2.500.000,00;

F) che fosse ordinata la pubblicazione del dispositivo della sentenza sul Corriere della Sera e sulla Gazzetta dello Sport.

  1. Costituendosi in giudizio la convenuta (...) s.r.l., una società costituita dalle società calcistiche Inter e Milan per la gestione dello Stadio Meazza (meglio noto come Stadio San Siro) di proprietà del Comune di Milano, contestando le domande di parte attrice sia sotto il profilo dell’an che del quantum debeatur, chiedeva il rigetto di ogni domanda contro di essa proposta.

In comparsa di costituzione e risposta veniva dedotto, in  punto di fatto,  che la  società convenuta aveva il dovere di garantire la gestione e cura dello Stadio anche nell’interesse della collettività, tutelando il valore storico del bene e facendosi portatore della  cultura sportiva di cui lo Stadio era permeato grazie alle due squadre milanesi protagoniste del calcio italiano e internazionale; che, in questa prospettiva di cura del patrimonio culturale, il Museo di San Siro aveva lo scopo di rendere conoscibile al pubblico, attraverso cimeli, ricordi, premi e immagini di chi ne era stato protagonista, la storia delle squadre milanesi nel tempio del calcio di Milano; che nell’esposizione allestita all’interno dello Stadio di San Siro trovava, quindi, spazio una collezione di cimeli sia dell’Inter che del Milan composta da più di 2.5003.000 pezzi e che lo spazio nel quale erano stati collocati i cimeli relativi a (...)era stato calibrato in base al peso attribuito agli eventi storici di cui il campione era stato fra i protagonisti; che, in particolare, i cimeli che coinvolgevano la figura di (...)(fotografie pubblicate a mezzo stampa, riviste dell’epoca, figurine per album, libri editi all’epoca in cui il calciatore era in attività ed un busto artistico) erano pari a meno del 2% del totale esposto nel museo.

  1. Con la sentenza oggetto di impugnazione, il Tribunale ha, anzitutto, considerato, con riguardo alle circostanze documentate o pacifiche in causa, quanto segue:
  • che alla luce di quanto emerso in atti, tutte le immagini dell’attore ed oggetti connessi alla sua persona (firma, indumenti indossati etc) espressione della propria identità personale sono collocati pacificamente in apposite teche all’interno di un Museo che annovera vari reperti relativi alla storia delle due squadre di calcio storiche della città di Milano, Milan ed Inter”; che “non si trovano fotografie che ritraggono l’attore in momenti della propria vita privata o riferiti ad altri contesti che non siano la sua partecipazione alla squadra di calcio del Milan;

che “il Museo ove tali immagini ed oggetti sono esposti, inoltre, pacificamente contiene solo oggetti ed immagini relative ai giocatori di calcio delle due squadre non essendo prevista la contestuale presenza di altre opere il cui avvicinamento alla figura dell’attore potrebbe costituire offesa o dileggio. Si tratta quindi di un contesto assolutamente in linea con la professione dell’attore quale calciatore e relative a momenti spesso celebrativi di tale attività”; cherisulta pacifico tra le parti (oltre che documentato dalla produzione dei biglietti di ingresso da parte della attrice) che per accedere alla visione della Collezione sia necessario pagare un biglietto di ingresso che ha il valore di euro 7 ( euro 14,00 per tour stadio e museo). Il biglietto risulta emesso da (...) con la conseguenza che il ricavato del biglietto deve ritenersi ricavo della convenuta”;

che “non vi è prova che l’attore (...)abbia mai prestato un espresso consenso alla

esibizione pubblica dei numerosi oggetti esposti”.

- Ciò considerato in punto di fatto, il giudice di primo grado, nell’affrontare il merito delle domande attoree, ha rilevato che “esse attengono al duplice profilo di tutela del diritto all’immagine: quello che pertiene alla espressione della identità personale e  quello  che attiene allo sfruttamento economico della stessa”; che, in base all’art. 97 della legge n. 633/41 sul diritto d’autore, non è necessario il consenso dell’interessato alla pubblicazione della sua immagine quando la pubblicazione è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico ricoperto, da necessità di giustizia o polizia, da scopi scientifici didattici o culturali o quando sia collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico sempre che la diffusione del ritratto non comporti pregiudizio all’onore alla reputazione od al decoro della persona ritratta”; che, peraltro, l’interpretazione dei casi che giustificano l’assenza di consensova condotta con rigore e restrittivamente”.

- Nella sentenza impugnata è stato, quindi, affermato, quanto segue:

che “da un punto di vista della lesione alla identità personale la esibizione delle immagini, firme, oggetti riferibili all’attore all’interno del Museo San Siro non si ritiene comporti alcuna lesione”, in quanto tutti gli oggetti esposti menzionati dall’attore in citazione sono relativi alla attività professionale e non privata dell’attore e ne esaltano oltre che ravvivare il ricordo quale campione sportivo”;

che diversamente deve ritenersi avuto riguardo al profilo della violazione del diritto all’immagine per lo sfruttamento commerciale dell’immagine. Sebbene possa dirsi rilevante il profilo “culturale” della esposizione della collezione la circostanza che per la sua visione sia necessario il pagamento di un biglietto di ingresso rende evidente come l’esposizione sia destinata al perseguimento anche di un interesse economico.

Proprio il fine di lucro consente di ritenere non operante la previsione normativa di cui all’art. 97 l. 633/1941… La finalità commerciale, infatti, priva il soggetto interessato del godimento del lucro derivante dallo sfruttamento della propria immagine … Può quindi affermarsi che chiunque pubblichi abusivamente il ritratto di una persona notoria, per finalità commerciali, è tenuto al risarcimento del danno… quando comporta la perdita, da parte del titolare del diritto, della facoltà di offrire al mercato l'uso del proprio ritratto”.

  • Quanto alla liquidazione del danno risarcibile, per ciò che riguarda il danno patrimoniale, in sentenza è stato rilevato che l’attore ha altresì dedotto la necessità di determinare l’entità del danno tenendo conto del c.d. prezzo del consenso ovvero di criteri equitativi che prendono come riferimento i corrispettivi usualmente richiesti dal soggetto ritratto per lo sfruttamento della propria immagine, basati su riferimenti documentali pregressi che indichino dei parametri effettivi delle “quotazioni di mercato” per lo sfruttamento, a scopi di lucro, dell’immagine dell’attore (...)(c.d. lucro cessante)”;

che, in proposito, l’attoreha quantificato tale danno in una somma complessiva di € 3.800.000,00”; che, peraltro,nel caso di specie, l’attore, non ottemperando in tutto al disposto normativo dell’art. 2697 c.c., si è limitato a dedurre l’esistenza di un danno, omettendo di fornire qualsivoglia indicazione quanto ai corrispettivi dallo stesso usualmente richiesti per lo sfruttamento della propria immagine, e ciò nonostante l’esposta consuetudine dello sfruttamento remunerato della sua immagine”; che “l’unico riferimento concreto utilizzato quale parametro per una liquidazione del danno è stato offerto con riguardo al prezzo del biglietto per l’ingresso al Museo”; che, peraltro, il riferimento non appare congruo…il prezzo del biglietto non corrisponde ad un utile ma ad un semplice ricavo, concetto molto diverso… inoltre il prezzo del biglietto si riferisce a tutto il materiale esposto nelle due collezioni”;

che, pertanto, “in assenza di diverse produzioni ed allegazioni non può che procedersi ad una liquidazione in via equitativa che tenga conto della notorietà del personaggio, del numero e delle caratteristiche dei cimeli esposti, della modalità e tipologia di esposizione” così da potersi stimare equo liquidare l’importo complessivo di € 200.000,00 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale”.

Per ciò che riguarda il danno non patrimoniale, è stato rilevato che “parte attrice si è limitata ad affermare genericamente l’esistenza di un danno non patrimoniale omettendo di allegare e, dunque, non provando, quelle specifiche e circostanziate ripercussioni negative patite per effetto della lesione al proprio diritto all’immagine”, con la conseguenza che “non potendosi dare per contato un danno non patrimoniale, la domanda di risarcimento di danno non patrimoniale va respinta”.

Quanto alle ulteriori domande, è stata esclusa la ricorrenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.; è stata respinta la domanda di pubblicazione della sentenza ex art. 120 c.p.c.; è stata accolta la domanda di inibitoria ex art. 156 L. 633/1941, con la fissazione dell’importo di euro 250,00 al giorno per ogni inadempimento o ritardo nell’esecuzione dell’ordine di inibitoria; è stata, infine, disposta la compensazione delle spese di lite tra le partialla luce della drastica riduzione delle somme dovute a titolo risarcitorio come accertate rispetto a quelle richieste a vario titolo”.

  1. Giudizio di appello

 

 

    1. Proponendo appello avverso tale sentenza l’appellante (...) s.r.l., censurando le conclusioni a cui è giunto il giudice di primo grado in ordine alla intervenutaviolazione del diritto all’immagine per lo sfruttamento commerciale dell’immagine ed alla sussistenza di un danno patrimoniale liquidato nell’importo complessivo di € 200.000,00”, ha chiesto la riforma dell’impugnata sentenza nelle parti in cui, in parziale accoglimento delle domande attoree di primo grado, ha dichiarato l’abusivo sfruttamento commerciale del ritratto, nome e dell’identità personale di (...)posto in essere da (...) s.r.l.”; ha condannato (...) s.r.l. “al pagamento in favore dell’attore, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, di € 200.000,00”; ha inibito alla società convenuta la prosecuzione dell’esposizione; e, per l’effetto, ha chiesto di rigettare ogni contraria domanda.

L’atto di appello è stato articolato sulla base dei seguenti due motivi:

  • “Violazione di legge: mancanza /falsa applicazione dell’art. 97 Legge n. 633/1941”.

Tale motivo è stato, a sua volta, sviluppato con alcuni argomenti relativi; A) alla mancanza di un fine commerciale o interesse economico da parte di (...), dovendosi ritenere irrilevante il pagamento del biglietto rispetto all’affermato sfruttamento commerciale del ritratto di (...), specie a fronte della pacifica finalità culturale svolta dal museo e riconosciuta in sentenza; B) all’insussistenza del carattere abusivo dell’esposizione dell’immagine, pur nell’ipotesi di un fine di lucro, ove comunque ricorra una delle situazioni scriminanti previste dall’art. 97 L. 633/1941 (come il soddisfacimento di un interesse pubblico o collettivo); C) all’assenza di un danno, dovendosi escludere, nel caso, l’esistenza di un danno per la perdita, da parte del titolare del diritto, della facoltà di offrire al mercato l’uso del proprio ritratto.

  • “Violazione di legge: mancato rispetto dei principi in materia di onere della prova in capo alla parte attrice”.
    1. Costituendosi in giudizio l’appellato, contestando la fondatezza dei motivi di appello, ha chiesto il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
  1. Motivi della decisione

L’appello è fondato e va accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata, dovendosi escludere che l’esposizione dei cimeli riferibili a (...), effettuata dalla parte appellante negli spazi del Museo allestito all’interno dello Stadio San Siro, sia caratterizzata dal perseguimento di una finalità lucrativa tale da determinare l’illegittimità della stessa esposizione, pacificamente carente di un espresso consenso da parte dell’interessato odierno appellato (...); né, ad avviso del collegio,  tale  finalità lucrativa può ritenersi, nel caso, integrata dalla circostanza che l’ingresso al Museo di San Siro sia consentito previo pagamento di un prezzo fissato nell’importo di euro 7,00.

Va, anzitutto, richiamato che è pacifico in causa che le immagini ed i cimeli riconducibili a (...)e presenti all’interno del Museo di San Siro rappresentano una minima percentuale degli oggetti esposti nel museo in questione che, come risulta dalla rassegna stampa prodotta dallo stesso (...), “racconta la storia di Inter e Milan attraverso una serie di cimeli unici al mondo: maglie storiche, coppe e trofei, palloni, scarpe, oggetti d’arte, ricordi di ogni genere che sono entrati nella leggenda del calcio mondiale, ma soprattutto nel cuore degli appassionati di calcio” (cfr. l’allegato B alla relazione di (...), sub doc. 5 (...)); che, inoltre, è pacifico che tutte le immagini ed i cimeli riferiti a (...)in detta mostra ritraggono lo stesso nella sua veste di calciatore e rimandano ai successi di squadra ed ai momenti gloriosi della carriera calcistica del noto campione con la maglia rossonera.

Invero, dalle fotografie prodotte in causa dallo stesso (...)si evince che gli oggetti ad esso riferibili e presenti nel Museo sono essenzialmente costituiti da una fotografia che ritrae (...)mentre innalza una coppa affiancato dal presidente del Milan, da una copia della rivista “Forza Milan” che riporta in copertina l’immagine di (...)con accanto la scritta “Grazie G….” (quale attestato di riconoscenza per l’addio al calcio da parte del campione), da una maglietta rossonera con il numero 8, da un pallone e due scarpette da calcio, nonchè da un busto e da alcune fotografie che ritraggono lo stesso insieme ai compagni di squadra o in azioni di gioco.

Al riguardo, il giudice di primo grado ha esattamente rilevato chetutte le immagini dell’attore ed oggetti connessi alla sua persona (firma, indumenti indossati etc)  espressione  della propria identità personale sono collocati pacificamente in apposite teche all’interno di un Museo che annovera vari reperti relativi alla storia delle due squadre di calcio storiche della città di Milano, Milan ed Inter”; che “non si trovano fotografie che ritraggono l’attore in momenti della propria vita privata o riferiti ad altri contesti che non siano la sua partecipazione alla squadra di calcio del Milan; l’attore è sempre raffigurato mentre indossa la maglietta rossonera e spesso in contesto di squadra.”

Va, poi aggiunto che è altrettanto pacifico che anche tutti gli altri oggetti e cimeli presenti nel Museo riguardano esclusivamente i protagonisti e gli episodi salienti della storia sportiva delle due squadre di calcio milanesi, come osservato dal giudice di primo grado laddove ha rilevato che “il Museo ove tali immagini ed oggetti sono esposti, inoltre, pacificamente contiene solo oggetti ed immagini relative ai giocatori di calcio delle due squadre non essendo prevista la contestuale  presenza  di  altre  opere  il  cui  avvicinamento  alla  figura  dell’attore  potrebbe costituire offesa o dileggio. Si tratta quindi di un contesto assolutamente in linea con la professione dell’attore quale calciatore e relative a momenti spesso celebrativi di tale attività”. Del  resto,  proprio  in  ragione  dell’oggetto  dei  cimeli  esposti  e  delle  modalità  della  loro esposizione, è stato escluso nella sentenza impugnata che l’esibizione delle immagini e degli oggetti riferibili a (...)e presenti all’interno del Museo di San Siro sia tale da configurare una qualche lesione all’identità personale dell’attore, e, ciò, sul rilievo che tutti gli oggetti esposti menzionati dall’attore in citazione sono relativi alla attività professionale e non privata  dell’attore  e  ne  esaltano  oltre  che  ravvivare  il  ricordo  quale  campione  sportivo; “l’esposizione in un Museo dedicato ai grandi della storia del calcio esprime la massima evidenza della identità personale della persona effigiata che in tale modo viene ricordata anche per il futuro in termini come già detto celebrativi e quindi tali da sottolinearne la portata piuttosto che a produrne un vulnus”.

Ciò richiamato quanto alle caratteristiche del Museo di San Siro ed alla natura degli oggetti relativi a (...), ivi esposti, va a tal punto detto che nella sentenza impugnata è stato giustamente riconosciuto (e non contestato da alcuna delle parti) il “rilevante il profilo “culturale” della esposizione della collezione”, dovendosi indubbiamente ritenere che l’iniziativa museale sita all’interno dello Stadio di San Siro, e dedicata alla storia delle squadre di calcio Inter e Milan, assolva ad una finalità didattico - informativa con valenze celebrative, ossia ad un’attività svolta, con tipiche modalità museali, per rispondere ad un diffuso interesse degli appassionati di calcio e per soddisfare la curiosità e la sete di conoscenza degli amanti del calcio, sia di quelli che, già di una certa età, desiderano rinverdire i ricordi di un tempo, sia di quelli che, più giovani, non hanno avuto il piacere di veder giocare i campioni del passato e dei quali, in tal modo, hanno la possibilità di conoscerne le gesta.

Tale essendo il contesto in cui sono esposte le immagini e i cimeli per cui è causa, ad avviso del collegio non può ritenersi condivisibile la valutazione svolta nella sentenza impugnata secondo cui la sola circostanza del pagamento di un biglietto di ingresso possa rendere evidente come l’esposizione sia destinata al perseguimento anche di un interesse economico e, quindi, tale da far ritenere che l’esposizione della collezione sfrutta dunque per scopi commerciali tra le altre cose anche l’immagine, nome ed identità personale del campione (...)”.

Sotto tale ultimo profilo, pare opportuno osservare che è pacifico in causa che le immagini di (...) non siano state utilizzate dall’odierna appellante per pubblicizzare la propria attività né per assolvere alla funzione di richiamo o di incentivo per altra attività commerciale, non risultando nemmeno affermato in causa che presso il Museo di San Siro sia svolta una qualche attività di vendita di “gadgets” e oggetti ricordo che, in ipotesi, possa dirsi indirettamente promossa dalla presenza delle immagini per cui è causa.

può ritenersi che la semplice circostanza del pagamento del prezzo di un biglietto possa essere tale da far emergere, in modo assorbente, una finalità lucrativa da parte dell’odierna appellante, dovendosi considerare, in senso contrario, che, trattandosi di una iniziativa privata, sia pur diretta ad un interesse della collettività (nei termini sopra esposti), non si vede come la stessa possa essere svolta senza chiedere il contributo del prezzo di un biglietto a quanti ad essa fossero interessati, essendo evidente, in tale ambito, la necessità di coprire quanto meno i costi di allestimento, di gestione e del personale ad essa dedicato; che, oltre tutto, la modesta entità del prezzo del biglietto, pari all’importo di euro 7,00, non consente, di per sé, di evidenziare un’intenzione lucrativa o speculativa, né di far venir meno la finalità didattico culturale svolta dal Museo e di cui s’è già detto; che, inoltre, dalla documentazione prodotta dallo stesso (...)si apprende che “i ragazzi al di sotto dei 14 anni e gli anziani oltre i 65 anni hanno accesso gratuito alle strutture, condizione prevista anche per i possessori della tessera del tifoso e dei soci del Touring Club Italiano” (cfr. la relazione di (...) sub doc. 5 parte (...)); che tale ultimo rilievo ridimensiona vieppiù la portata del prezzo del biglietto nella valutazione dell’attività museale in questione ed avvalora ulteriormente la finalità informativa ed istruttiva di detta attività che pare essere stata impostata in modo da favorirne la fruizione da parte della più ampia platea di interessati con la massima riduzione del costo di accesso alle strutture museali.

Per le considerazioni svolte, dovendosi escludere la finalità lucrativa o commerciale nello svolgimento dell’attività museale in cui sono coinvolte le immagini dell’odierno appellato, va conseguentemente esclusa la ritenuta illegittimità dell’esposizione dei cimeli riconducibili a (...)presenti nel Museo gestito dall’odierna appellante, sì da doversi ritenere infondata la pretesa risarcitoria per danno patrimoniale dallo stesso richiesta, così come devono ritenersi infondate le ulteriori conseguenti domande (di inibitoria e di relativa penale) accolte nella sentenza impugnata, nella quale, peraltro, non solo è stata esclusa la ricorrenza di un danno non patrimoniale in capo all’appellato (...), ma è stato anche evidenziato come l’esibizione delle immagini all’interno del Museo di San Siro, ad esso riferibili, non configuri alcuna lesione all’identità personale di (...)di cui, anzi, ne esaltano oltre che ravvivare il ricordo quale campione sportivo”.

Del resto, considerato che il Museo di San Siro è caratterizzato dall’illustrazione della storia calcistica di Inter e Milan, e, ciò, anche attraverso la rievocazione dei suoi protagonisti come risulta dalla rassegna stampa prodotta dallo stesso (...), ove è riferito che in una sala all’interno del museo sono presenti 24 statue a grandezza naturale di detti protagonisti (precisamente: Zenga, Bergomi, Facchetti, Mazzola, Suarez, Vieri, Zanetti, Matthaus, Meazza, Picchi, Rummenigge, Herrera, Cuducini, Gullit, Van Basten, Rijkaard, Liedholm, Nordahl, Paolo e Cesare Maldini, Baresi, Rivera, Trapattoni, Rocco), pare ragionevole ritenere che, ove mai non fosse stato inserito alcun cimelio o ricordo di (...)in detto museo, questi avrebbe avuto motivo di che dolersene, sembrando evidente che lo stesso, per il valore che gli è riconosciuto nella storia del calcio in maglia rossonera, avrebbe subito un vulnus al proprio prestigio per non essere stato accostato al ricordo di tanti altri campioni che, prima e dopo di lui, hanno calcato con onore la scena della “Scala del Calcio” di Milano.

- Per le considerazioni svolte, in accoglimento dell’appello ed in parziale riforma della sentenza impugnata, vanno respinte le domande proposte dall’appellato (...)accolte in detta sentenza.

Secondo il criterio della soccombenza l’appellato (...)va condannato a rimborsare all’appellante (...) s.r.l. le spese di lite per entrambi i gradi di giudizio, spese da liquidarsi facendo applicazione dei criteri di cui al D.M. 10/3/2014 n. 55, tenendo conto del differente valore del giudizio di primo grado (euro 6.300.000,00, come indicato dallo stesso (...), in ragione del “petitum” delle varie domande dallo stesso proposte) e di quello di secondo grado (euro 200.000,00, come indicato da entrambe le parti, in ragione dell’impugnazione proposta dalla sola (...) rispetto alla limitata pronuncia di condanna di cui alla sentenza appellata) ed effettuando la liquidazione dei compensi ai minimi di tariffa per ciò che riguarda il giudizio di primo grado (già caratterizzato dall’esorbitante valore delle domande ivi proposte da (...)) ed ai livelli medi per ciò che riguarda il giudizio di secondo grado (e con esclusione di quanto tabellarmente previsto per la fase istruttoria che non si è svolta in detto grado) .

P.Q.M.

la Corte d’Appello di Milano, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano N. 6919/2018 pubblicata in data 20/6/2018, così provvede:

    1. accoglie l’appello proposto dall’appellante (...) s.r.l. e, per l’effetto, rigetta le domande, accolte nella sentenza impugnata, proposte dall’appellato (...) nei confronti della parte appellante;

2) condanna l’appellato (...)a rimborsare all’appellante (...) s.r.l. le spese di lite per entrambi i gradi di giudizio, liquidate, quanto al primo grado, in complessivi euro 35.000,00 per compenso, oltre 15 % per rimborso spese forfettarie, oltre IVA e C.P.A. come per legge, e, quanto al secondo grado, in complessivi euro 9.500,00 per compenso, oltre 15% per rimborso spese forfettarie oltre IVA e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 27/2/2020.

Il consigliere est.                                                                 Il presidente

dott. Lorenzo Orsenigo                                               dott.ssa Carla Romana Raineri

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